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Il dibattito sulla natura: la Corte in difesa dello jus litigatoris

Nel documento Il "fatto" in Cassazione (pagine 123-132)

5. Il dibattito in sede Costituente

5.2. Il dibattito sulla natura: la Corte in difesa dello jus litigatoris

Giunti quindi alle note finali di quest’analisi, non rimane che soffermarsi su di un’ultima considerazione – sub b) – che si è detto potersi trarre dai lavori preparatori dell’Assemblea Costituente, ossia quella relativa alla possibilità che in Costituzione sia stata inserita una norma la cui interpretazione potrebbe portare a rivedere sia lo scopo sia l’assetto della

335 Così l’On. PORZIO nel suo intervento alla seduta antimeridiana del 14 novembre 1947, in La Costituzione della Repubblica nei lavori preparatori della Assemblea Costituente, vol. V, op. cit., p. 3863.

336 La previsione circa l’emanazione di una nuova legge sull’ordinamento giudiziario, che riformasse quella

emanata nel 1941, è provata anche dal disposto della VII disposizione transitoria e finale della Costituzione, la quale, al primo comma, prevedeva – e prevede tutt’ora – che: “Fino a quando non sia emanata la nuova legge sull’ordinamento giudiziario in conformità con la Costituzione, continuano ad osservarsi le norme dell’ordinamento vigente”. Come noto, la VII disposizione transitoria e finale rimase inattuata essendo, il nostro attuale ordinamento giuridico, disciplinato dal R.D. 30 gennaio 1941, n. 12.

Magistratura suprema. Il riferimento è ovviamente al comma settimo – precedentemente, il secondo – dell’art. 111 cost. il quale prevede che «Contro le sentenze e contro i provvedimenti sulla libertà personale, pronunciati dagli organi giurisdizionali ordinari o speciali, è sempre ammesso ricorso in Cassazione per violazione di legge. Si può derogare a tale norma soltanto per le sentenze dei tribunali militari in tempo di guerra».

La portata che, nell’ordinamento giuridico e più in particolare nell’assetto della Magistratura suprema, riveste la formulazione dell’art. 111, co. 7 cost. discende esclusivamente dal significato che ad essa si voglia attribuire, un significato, occorre precisarlo, sul quale però la dottrina non è assolutamente concorde. Della norma si sono infatti proposte due diverse interpretazioni, tra loro antitetiche, che mirano rispettivamente ad individuare nel dettato costituzionale due differenti concezioni circa la funzione di garanzia esercitata dalla Cassazione: l’una, configura la garanzia di legalità in termini oggettivi; l’altra, in termini soggettivi. A fini di chiarezza espositiva ci si riferirà a queste due diverse concezioni nei rispettivi termini di: “interpretazione oggettiva” ed “interpretazione soggettiva” dell’art. 111, co. 7 cost.

Nell’ottica di quella che è l’interpretazione oggettiva dell’art. 111, co. 7 cost., l’oggetto della garanzia data dal controllo in Cassazione sarebbe il “sistema delle norme”, la legalità dell’ordinamento stesso. La Corte tutelerebbe quindi il cd. jus constitutionis provvedendo affinché sia repressa la violazione delle norme, la quale metterebbe in crisi la legalità del sistema, tenendo come “punti di riferimento” i valori dell’ordinamento medesimo e quindi, secondo TARUFFO 337, valori quali l’uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge, la

certezza dell’interpretazione e la coerenza delle soluzioni interpretative. In questo senso, rileva sempre l’a., «il controllo di legalità sul singolo caso rappresenta (…) un aspetto specifico di una funzione di ordine più generale: è l’occasione che viene sfruttata per attuare la garanzia di legalità dell’ordinamento, ma non è più che questo. Il sistema si serve dell’iniziativa dei privati nel singolo caso, per fare emergere i problemi di legittimità secondo un criterio di selezione che è appunto l’interesse delle parti nella singola controversia: ma l’obiettivo istituzionale che viene perseguito è di dimensione diversa e si svincola dall’interesse specifico del ricorrente, poiché attiene all’attuazione della legge in quanto tale»338. Da tale impostazione discendono ovviamente una serie di conseguenze di

337 Cfr. TARUFFO M., Il veritce ambiguo, op. cit., p. 18. 338 Ivi, p. 18-19.

sistema: in primis, una diversa concezione del ruolo che l’interpretazione della legge rivestirebbe nell’attività della Suprema corte e, in secondo luogo, una concezione solo parziale di quello che sarebbe il fine della stessa funzione giurisdizionale. Individuare nell’ufficio della Corte di cassazione la tutela dello jus constitutionis porterebbe infatti, da un lato, a guardare all’interpretazione della legge non solo come ad un’attività rivolta al futuro, nella quale il caso concreto fungerebbe solo da caso paradigmatico per l’estrapolazione di una massima in diritto, ma anche come la principale attività della Corte, individuando nell’interpretazione della legge il fine dell’ufficio di Cassazione: la Corte, in altre parole, avrebbe il precipuo scopo di tutelare il significato astratto della norma, scegliendone uno tra i possibili ed elevandolo a regola generale di riferimento per la risoluzione pro futuro di casi analoghi. Dall’altro lato, l’interpretazione oggettiva dell’art. 111, co. 7 cost. verrebbe, a nostro avviso, a tenere conto solo di uno dei fini cui si ispira la funzione giurisdizionale, ossia «lo scopo oggettivo di attuare i precetti dell’ordinamento»339 nel cui contesto, «il potere giudiziario», afferma il BIAVATI, «è visto (…) come la cinghia di trasmissione dell’ordinamento, che ha uno specifico interesse a vedere regolate dalle sue norme (e quindi dai suoi valori, civili e politici) le controversie fra i propri cittadini»340.

Nell’ottica invece di quella che è l’interpretazione soggettiva dell’art. 111, co. 7 cost., oggetto della garanzia data dal controllo in Cassazione sarebbero le situazioni giuridiche individuali: secondo tale interpretazione, rileva TARUFFO, «ogni soggetto coinvolto in una

controversia avrebbe per ciò stesso un diritto individuale al controllo di legalità sul caso che lo riguarda, ossia – in sostanza – un diritto soggettivo individuale al giudizio della Cassazione. Si tratta cioè di garantire il singolo cittadino contro le violazioni di legge (…): ciò che va garantito sono i diritti soggettivi, mentre la legalità dell’ordinamento rimane sullo sfondo o non viene presa in considerazione»341.

Anche, e soprattutto, da tale impostazione, che individua l’ufficio della Corte a difesa dello jus litigatoris, discendono notevoli conseguenze di sistema: l’interpretazione della legge sarebbe infatti in questo senso rivolta al passato, nel senso che il controllo operato dalla Corte avrebbe esclusivo interesse a valutare la legittimità della pronuncia di merito sulla sola fattispecie già verificata, e sarebbe poi intesa solo come mezzo per verificare che,

339 Cfr. BIAVATI P., Argomenti di diritto processuale civile, op.cit., p. 32. 340 Idem.

nella decisione impugnata, tra le varie interpretazioni lecite sulla questione, il giudice di merito abbia applicato una di queste, non necessariamente quella idonea ad assurgere il carattere di regola generale ma quella che rispetti criteri di minima compatibilità con il sistema e con i canoni generali dell’interpretazione della legge342.

In tal senso, il fine della giurisdizione di Cassazione non sarebbe solo quello oggettivo di attuazione della legge, ma anche quello di garantire un diverso e nuovo significato che potrebbe essere attribuito alla giurisdizione civile ossia quello che individua, nella funzione giurisdizionale, un servizio pubblico dello Stato343. Sotto questa prospettiva potrebbe essere letto anche lo stesso art. 24, co. 1 cost. che, col garantire a tutti la possibilità di agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi, offrirebbe libero accesso al servizio pubblico della giustizia.

Alla luce di tali considerazioni è possibile ora affrontare con occhio critico le due diverse impostazioni che, premettendo entrambe l’iter legislativo che ha portato all’attuale formulazione dell’art. 111, co. 7 cost., sono state prospettate in dottrina.

Innanzitutto occorre precisare che entrambe le impostazioni concordano sul fatto che, alla II sottocommissione per la Costituzione, furono presentati due progetti i quali contemplavano due diverse concezioni della Corte e del ricorso presso di essa: l’uno, presentato dall’On. LEONE, individuava nel ricorso per cassazione un’impugnazione a

garanzia individuale, e quindi in tutela dello jus litigatoris; l’altro, presentato dall’On. CALAMANDREI, era invece incentrato, rileva AMOROSO, «sulla funzione della Corte di cassazione quale garanzia istituzionale (a tutela dello jus constitutionis)»344.

Se infatti l’art. 17 del progetto LEONE disponeva che «1. In ogni causa devono essere

osservati tre gradi di giurisdizione. La legge, tuttavia, può stabilire il divieto del solo grado di appello in alcune cause civili di competenza del conciliatore, ed in alcune cause penali per reati contravvenzionali punibili con la sola pena pecuniaria 2. Nessuna sentenza può essere sottratta al controllo della Corte Suprema di cassazione. 3. Per le sentenze emanate da qualsiasi autorità giudiziaria precedentemente alla presente Costituzione non soggette ad impugnazione sarà consentito, con le forme e nei termini

342 Ivi, p. 13.

343 Su tale concezione circa i fini della giurisdizione v. BIAVATI P., Argomenti di diritto processuale civile, op. cit., p. 33.

stabili con legge speciale, il ricorso per cassazione»345; l’art. 12 del progetto CALAMANDREI prevedeva: «1. L’esercizio del potere giudiziario in materia civile, penale

e amministrativa appartiene esclusivamente ai giudici ordinari, cioè ai giudici singoli (conciliatori e pretori), ai tribunali ed alle corti istituiti e regolati dalla legge sull’ordinamento giudiziario. 2. Al vertice dell’ordinamento giudiziario, unica per tutto lo Stato, siede in…la Corte di cassazione istituita per mantenere l’unità del diritto nazionale attraverso la uniformità della interpretazione giurisprudenziale e per regolare le competenze fra i giudici»346.

Ora, nessuna delle due formulazioni fu testualmente approvata: l’On. LEONE ritirò infatti, nella seduta antimeridiana del 20 dicembre 1946, l’art. 17 del suo progetto a seguito delle constatazioni di alcuni membri della Sottocommissione – in particolare, gli Onorevoli AMBROSINI e DI GIOVANNI – i quali, pur dimostrandosi favorevoli ad assicurare tre gradi di giurisdizione, rilevarono come tale affermazione dovesse rientrare, più che in Costituzione, nella legge sull’ordinamento giudiziario347. Nettamente contrari erano invece gli Onorevoli CALAMANDREI e BOZZI, secondo i quali «la Cassazione non è un grado»348. Anche il secondo comma dell’art. 12 del progetto CALAMANDREI fu ritirato dal suo stesso proponente nella seduta pomeridiana del 20 dicembre 1946.

All’Assemblea Costituente giunse infatti, il 31 gennaio 1947, l’art. 102 del progetto di costituzione il quale recitava: “Contro le sentenze o le decisioni pronunciate dagli organi giurisdizionali ordinari o speciali è sempre ammesso il ricorso per cassazione secondo le

345 Cfr. Relazione del deputato LEONE GIOVANNI sul Potere giudiziario e sulla corte di garanzia costituzionale, p. 8, in Commissioni per la Costituzione, II Sottocommissione, Relazioni, consultabile online

alla pagina web dell’Archivio storico della Camera dei deputati, http://archivio.camera.it/resources/atc04/pdf/CD1700000388.pdf, p. 120.

346 Cfr. Relazione del deputato PIERO CALAMANDREI sul Potere giudiziario e sulla corte di garanzia costituzionale, p. 2, in Commissioni per la Costituzione, II Sottocommissione, Relazioni, consultabile online

alla pagina web dell’Archivio storico della Camera dei deputati, http://archivio.camera.it/resources/atc04/pdf/CD1700000388.pdf, p. 127.

347 «Pur riconoscendo che le esigenze contemplate nell’articolo 17 del progetto Leone sono giustissime, non

ritiene che possano essere prese in considerazione nella Costituzione, ma che debbano rientrare nella legge sull’ordinamento giudiziario» in questi termini il verbale della seduta del 20 dicembre 1946 fa riferimento all’intervento dell’On. AMBROSINI, rispetto al quale l’On. DI GIOVANNI ritiene di concordare. Cfr. La

Costituzione della Repubblica nei lavori preparatori dell’Assemblea Costituente, vol. VIII, p. 1957,

consultabile online: Commissione per la costituzione, II Sottocommissione, Seconda sezione, http://archivio.camera.it/resources/atc04/pdf/CD1700000367.pdf, p. 69.

348 In questi termini l’intervento dell’On. CALAMANDREI, al quale l’On. BOZZI si associa. Cfr. seduta

antimeridiana del 20 dicembre 1946, in La Costituzione della Repubblica nei lavori preparatori

dell’Assemblea Costituente, vol. VIII, p. 1958, consultabile online: Commissione per la costituzione, II

norme di legge”349 la quale fu nuovamente – e definitivamente – riformulata dalla Commissione, il 27 novembre dello stesso anno nella sua attuale versione (“Contro le sentenze o le decisioni pronunciate dagli organi giurisdizionali ordinari o speciali è sempre ammesso ricorso in cassazione per violazione di legge”).

Ebbene, è proprio su questo punto che la dottrina è discorde: se infatti, secondo quello che è il parere di SCARSELLI, in «assemblea costituente, dunque, giunge il progetto di

Leone, e non quello di Calamandrei»350, secondo AMOROSO, coll’emendare l’inciso “secondo le norme di legge” in quello “per violazione di legge” si ebbe una modifica per cui «la tesi del ricorso per cassazione a tutela dello jus constitutionis, piuttosto che dello jus litigatoris, finì di fatto per prevalere, anche se non nella formulazione di Calamandrei»351. Negli stessi termini RUSCIANO secondo cui «la genesi storica dell’art. 111 cost., nella parte in cui prevede la garanzia del ricorso per cassazione per violazione di legge, dimostra, quindi, che l’intento dei Costituenti era proprio quello di attribuire valore costituzionale alla funzione oggettiva del controllo di legittimità, di affermare la nomofilachia della Corte di cassazione e di consacrare la funzione del giudice di legittimità nell’ambito della Costituzione. Ciò non implica anche il ripudio di una funzione soggettiva del ricorso per cassazione, probabilmente ancorata all’art. 24 comma 1, cost., e coessenziale alla tutela giuridica dei diritti, bensì il riconoscimento che quest’ultima, secondo i Costituenti, appare recessiva e secondaria rispetto alla garanzia dell’esatta osservanza ed uniforme interpretazione della legge ad opera della Corte Suprema»352. Quindi, in sostanza, l’art. 111, co. 7 cost. privilegia lo jus constitutionis o lo jus litigatoris? Nella discordia a chi dare ragione? Certo la formula definitiva della norma sembrerebbe propendere di più verso quella che era la formulazione dell’art. 17 del progetto Leone ma, al contempo, occorre precisare la portata dell’emendamento che, secondo il parere di

AMOROSO e RUSCIANO, hanno determinato la costituzionalizzazione dello jus

349 Cfr. La Costituzione della Repubblica nei lavori preparatori della Assemblea Costituente, vol. V, op. cit.,

p. 4158. Il testo è parzialmente mutato dalla formulazione adottata, ex art. 6, dalla II sottocommissione nella seduta antimeridiana del 20 dicembre 1946, – “Contro le sentenze pronunciate in ultimo grado da qualsiasi

organo giudiziario ordinario o speciale è sempre ammesso il ricorso alla Corte di cassazione” – in La Costituzione della Repubblica nei lavori preparatori dell’Assemblea Costituente, vol. VIII, p. 1958,

consultabile online: Commissione per la costituzione, II Sottocommissione, Seconda sezione, http://archivio.camera.it/resources/atc04/pdf/CD1700000367.pdf, p. 70.

350 Cfr. SCARSELLI G., La crisi della Cassazione civile e i possibili rimedi, in Giust. proc. civ., 2010, pp. 655

ss, spec. p. 666.

351 Cfr. AMOROSO G., Il giudizio civile di cassazione, op. cit., p. 8.

constitutionis. A tal fine occorre guardare a quello che fu l’intervento dell’On. COLITTO,

alla seduta dell’8 novembre del 1947, nel quale afferma:

«L’art.102 è così redatto: “Contro le sentenze o le decisioni pronunciate dagli organi giurisdizionali ordinari o speciali è sempre ammesso il ricorso per cassazione secondo le norme di legge”.

Io penso che debba essere un po’ emendato. Non è il caso anzitutto di parlare di sentenze ed insieme di decisioni, bastando parlare di decisioni, tale parola abbracciando, nella sua ampiezza, anche le sentenze.

Ritengo poi, che alle parole “secondo le norme di legge” si debbano sostituire le parole “per violazione di legge”. L’articolo102 potrebbe, quindi, essere così redatto: “Contro le decisioni di ogni giudice ordinario o speciale è concesso il ricorso alla Cassazione per violazione di legge”. Indico subito le ragioni dell’emendamento. Soprattutto in conseguenza dell’ordinamento di larghissima autonomia ed autarchia regionale, adottato dal progetto di Costituzione, l’ordinamento giuridico così decentrato esige, ove si voglia evitarne lo sfaldamento, un organo giurisdizionale centrale unico, di larga autorità e di larghi poteri. Senonché si afferma che il ricorso è ammesso “secondo le norme di legge”. Ora io penso che, demandandosi alla legge la fissazione dei limiti di ricorribilità, potrebbe la legge bene limitarli (…). Tale limitazione non sarebbe, invece, più possibile, ove costituzionalmente si sancisse il diritto al ricorso per violazione di legge, perché così si darebbe il diritto di ricorrere sia per inosservanza delle garanzia processuali concesse ai cittadini, sia per errata applicazione al singolo caso delle leggi di diritto sostanziale»353

L’intervento dell’On. COLITTO, così come quello dell’On. CORTESE354 e dell’On. ROSSI355 – quest’ultimo in particolare riassumeva con esso il parere della Commissione – parrebbero individuare a motivo dell’emendamento più la difesa dello jus litigatoris che

353 Cfr. intervento dell’On. COLITTO alla seduta dell’8 novembre 1947, in La Costituzione della Repubblica nei lavori preparatori della Assemblea Costituente, vol. V, op. cit., p. 3723.

354 «L’art.102 dice che contro le sentenze o le decisioni pronunciate dagli organi giurisdizionali ordinari o

speciali è sempre ammesso il ricorso per cassazione secondo le norme di legge. Secondo le norme di legge, può significare anche soltanto per incompetenza o eccesso di potere. Io vorrei che fosse con precisione stabilito nella Costituzione che contro tutti i provvedimenti giurisdizionali di qualunque magistratura è dato ricorrere per cassazione “per violazione” di legge. Le parole “per violazione di legge” le vorrei sostituite a quelle “secondo le norme di legge”. I codici di procedura stabiliranno poi le modalità, ma il principio è questo: per qualunque sentenza di giudici speciali o ordinari deve essere consentito il ricorso per Cassazione per eccepire una violazione di legge sostanziale o processuale» in questi termini l’intervento dell’On. CORTESE alla seduta antimeridiana del 12 novembre 1947, in La Costituzione della Repubblica nei lavori

preparatori della Assemblea Costituente, vol. V, op. cit., p. 3797.

355 «Successivamente, nella seduta di oggi, dopo aver sentito ulteriori dichiarazioni e spiegazioni da parte

dei presentatori di emendamenti, abbiamo ancora introdotto qualche modificazione, e questo specialmente ad opera dell’onorevole LEONE, i cui suggerimenti sono stati in gran parte accettati» cfr. La Costituzione

quella dello jus constitutionis. A sostegno di quanto appena affermato si ricorda infine che non mancarono proposte relative ad una sorta di costituzionalizzazione dell’art. 65 ord. giud.356, la cui indifferenza però non potrebbe che dimostrare una tendenza, in sede Costituente, ad un’interpretazione certamente più soggettiva che oggettiva dell’art. 111, co. 7 cost.

356 In tal senso gli emendamenti proposti dall’On. ROMANO [“La Corte di cassazione è unica nello Stato ed ha sede in Roma. Essa ha il compito di assicurare la esatta osservanza e la uniforme interpretazione delle leggi da parte degli organi giurisdizionali”]; dall’On. MERLIN [“La Corte di cassazione è unica nello Stato

ed ha sede in Roma. Essa ha il compito di assicurare l’esatta osservanza e la uniforme interpretazione delle leggi da parte degli organi giurisdizionali”] e dall’On. CALAMANDREI, insieme agli Onorevoli MAGRASSI, PAOLUCCI, MAGRINI, MACRELLI, SCHIAVETTI, CIANCA, MASTINO, VALIANI E PERASSI [“Al vertice

dell’ordinamento giudiziario, unica per tutto lo Stato, siede in Roma la Corte di cassazione, istituita per mantenere l’unità del diritto nazionale attraverso l’uniformità dell’interpretazione giurisprudenziale e per regolare le competenze tra i giudici”] in La Costituzione della Repubblica nei lavori preparatori della Assemblea Costituente, vol. V, op. cit.

Capitolo III

DIVIETO DI ACCESSO AL FATTO: UNO STRASCICO ANACRONISTICO?

1. Il “fatto” in Cassazione: lo stato dell’arte

Sono trascorsi oltre settant’anni dal dibattito in Assemblea sulla natura e sul ruolo della Corte di cassazione, eppure il tempo non pare scalfire la discussione che, mai sopita, torna oggi a far (ri)sentire la propria voce nella domanda “a cosa serve la Corte di cassazione?”.

Questo è l’interrogativo che RORDORF pone come spunto di riflessione in un recente

numero della rivista trimestrale Questione giustizia357, cercando di sollecitare il dialogo tra gli operatori del diritto su un tema rispetto al quale, a timore dell’autore, si starebbe creando un solco tra le opinioni di chi, in dottrina o quantomeno in parte di essa, propende per una visione particolaristica della giurisprudenza della Corte e chi invece enfatizza e valorizza, primo tra tutti il Legislatore, l’aspetto nomofilattico dell’agire del supremo consesso.

Si torna quindi a parlare della Cassazione come di un «Giano bifronte (…) con un volto rivolto all’indietro, che guarda a ciascuna specifica controversia ed al modo in cui essa è stata decisa in sede di merito, ed un altro rivolto al futuro, che dà indicazioni destinate a fungere da riferimento per ogni successiva decisione implicante la soluzione dei medesimi problemi giuridici»358; ci si chiede, nuovamente, se la convivenza di queste due anime possa ritenersi effettivamente possibile o, addirittura, auspicabile.

Il discorso non è affatto estraneo al tema oggetto di questo studio ed anzi ne rappresenta

Nel documento Il "fatto" in Cassazione (pagine 123-132)