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Le ragioni circa l’insindacabilità del fatto: esigenze di nomofilachia

Nel documento Il "fatto" in Cassazione (pagine 132-137)

5. Il dibattito in sede Costituente

1.1. Le ragioni circa l’insindacabilità del fatto: esigenze di nomofilachia

La ragione che, si è avuto modo di vedere, fonda l’insindacabilità del “fatto” dinnanzi alla Suprema corte poggia sulla c.d. funzione nomofilattica istituzionalmente attribuita all’organo di legittimità dall’art. 65 dell’ordinamento giudiziario.

Ma cosa si intende per “nomofilachia”?

Da un punto di vista etimologico il termine, dal greco νόμος (nòmos, “legge”) e

φυλάσσω (pʰylàsso, “custodire”), significa letteralmente “custodire la legge”. Sennonché,

come molte parole della lingua italiana (e le parole sono importanti, sosterrebbe un noto regista), il verbo “custodire” veicola un significato ambivalente: “custodire” significa non solo “proteggere o curare” ma anche “rinchiudere, vincolare”.

L’anfibologia svela due diversi modi di intendere l’ufficio della Suprema corte, entrambi presenti nella storia dell’istituzione: alle origini, lo si è sostenuto nel corso della

trattazione, la finalità principale dell’organo di cassazione era quella di reprimere la minaccia che l’ufficio del giudice, latamente inteso, poteva rappresentare per colui che, diversamente a seconda del periodo storico di riferimento, si costituiva come l’epicentro del sistema politico. Tanto la disciplina del Conseil des parties che quella del Tribunal de cassation, erano infatti tese a “custodire” il volere di colui che si presentava come il detentore del potere legislativo: la volontà del sovrano prima, e del legislatore poi, doveva rimanere cristallizzata, rinchiusa nel testo del comando così come scritto; in questo senso, s’intende, il divieto di accesso al “fatto” si calava perfettamente tra le prerogative del sistema.

Con l’infrangersi dei postulati ideologici post-rivoluzionari ed il riconoscimento della natura giurisdizionale dell’organo di cassazione, non viene a mancare la funzione nomofilattica, ma si trasforma in qualche cosa di propositivo. Il dovere, anche per il giudice di legittimità, di motivare le proprie decisioni e l’ampliamento del suo sindacato alla falsa interpretazione e applicazione di legge nonché, ultimo ma non meno importante, la sua collocazione al vertice dell’ordinamento giudiziario, ha certamente colorato di sfumature positive il concetto di “nomofilachia”, trasformando una costrizione statica in una opportunità dinamica. La legge non deve essere protetta solo da “attacchi esterni”, come interpretazioni aberranti o false applicazioni, ma anche da se stessa, dai limiti derivanti dalla sua tendenziale immodificabilità: l’adattamento ai mutamenti sociali cui essa si presta, data la generalità e l’astrattezza caratterizzanti la sua formulazione, può e deve essere favorito dall’operato del giudice (si badi, qualsiasi giudice, non solo la Cassazione!).

Si avrà modo di approfondire in seguito360 questo secondo significato, rispetto al quale,

lo si anticipa già da ora, non si vede a nostro avviso alcuna incompatibilità con una cognizione anche in fatto delle questioni che, anzi, garantirebbe un fermo ad una eventuale deriva nomopoietica dell’agire del supremo consesso. In questa sede basti rilevare che tale funzione di garanzia attribuita alla Corte di cassazione dall’art. 65 ord. giud. (assicurazione circa «l’esatta osservanza e l’uniforme interpretazione della legge, l’unità del diritto oggettivo nazionale (…)») è stata con il tempo, e l’influenza di alcune correnti

dottrinali361, tradotta in quell’esigenza oggi nota come “uniformità della giurisprudenza”.

360 v. oltre, § 3.2.

Puntualmente, come in un eterno ritorno, la teoria viene a scontrarsi con la realtà: la Cassazione non può, nel concreto, assicurare l’uniformità della giurisprudenza intesa in senso assoluto, ossia quale prodotto consequenziale all’individuazione da parte della Corte

della esatta interpretazione della legge362 e ciò in ragione del fatto che ad essere messa in

dubbio è l’esistenza stessa di una interpretazione che possa definirsi “esatta”.

Si fa quindi strada la teoria della nomofilachia “tendenziale” (o “dialettica”), frutto di

una riflessione condotta da FRANCESCHELLI tra le pagine di Giustizia e costituzione ed

ancora oggi ripresa in alcuni recenti contributi363, secondo la quale la funzione

nomofilattica dovrebbe intendersi in senso «a) tendenziale in quanto non può che tendere a risultati relativamente stabili; b) dialettico, in quanto non può che risultare da tentativi di composizione di conflitti emergenti da una società e un ordinamento fondato sul pluralismo; c) collettivo, in quanto deve emergere da una operazione che interessa sia l’intera magistratura, sia le varie funzioni dell’organo giudicante; d) tecnologicamente attrezzato»364.

La riflessione di FRANCESCHELLI parte dal semplice presupposto secondo il quale «il

bene supremo della giustizia non è – e non può essere – una staticità e uniformità di giurisprudenza – il cui dettato goda della presunzione di “esatta osservanza” della legge ma è, al contrario, una disponibilità all’intendere il nuovo e ad interpretare il pluralismo, e quindi ad un confronto continuo di posizioni, nessuna delle quali può considerarsi dotata di forza di resistenza superiore a quella che un armonico sviluppo dell’ordinamento

consenta»365. L’idea è quindi quella di un percorso dinamico che si estende non solo

“dall’alto verso il basso”, in forza dell’autorità delle pronunce del supremo consesso, ma

362 Questa versione della nomofilachia, sostitene TARUFFO ne Funzioni e problemi attuali della Corte di Cassazione in Il vertice ambiguo, cit. pp. 160-161,«è insostenibile sul piano teorico generale: non esistendo

a priopri alcuna right answer interpretativa rispetto ad alcuna norma (…) non si può configurare la funzione

della Cassazione come determinazione e scoperta di un “significato esatto” della norma, che in realtà non esiste».Per approfondimenti sulla crisi del formalismo interpretativo nell’impianto dell’art. 65 ord. giud., v. Id., La Corte di Cassazione e la legge, cit., pp. 73 e ss.

363 La tesi, condivisa in quegli anni anche da parte di altri esponenti della magistratura (v., in particolare,

SENESE S.,Funzioni di legittimità e ruolo di nomofilachia, in Foro It., 1987, V, c. 256 e ss.), viene ancora

oggi citata (v. PASSANANTE L., Il precedente impossibile. Contributo allo studio del diritto giurisprudenziale

nel processo civile, Giappichelli, Torino, 2018, pp. 4 e ss.) e ripresa, sempre da componenti del corpo della

magistratura, in alcuni saggi pubblicati nel citato numero della rivista trimestrale Questione giustizia (v., in particolare, CATALDI G.,Ruolo e funzione della Corte di Cassazione: il punto di vista del giudice d’appello,

in Questione giust., n. 3/2017, pp. 14 e ss.; RIZZARDI B.,Il giudice di merito e la Corte di cassazione: alla ricerca della nomofilachia perduta, ivi, pp. 19 e ss.).

364 cfr. FRANCESCHELLI M.,Nomofilachia e Corte di cassazione, cit., p. 41 365 Ivi, p. 40

anche “dal basso verso l’alto”, attraverso l’operato dei giudici di merito dinnanzi ai quali «si formano le prime decisioni sulle nuove leggi o sulle pressioni che le mutate realtà

sociali esercitano rispetto all’interpretazione delle vecchie leggi»366. L’autorevolezza della

giurisprudenza della Cassazione, conclude FRANCESCHELLI, «sarà tanto maggiore quanto

più essa è aperta e disponibile a questa sorta di grande “dialogo” e quanto più, dal confronto delle varie posizioni, essa saprà coglier[n]e e affermar[n]e le tendenze di fondo» in modo da rendere «“razionale” e non “casuale” il pluralismo che sta nelle cose o che si manifesta

nel complessivo prodotto giudiziario»367.

La tesi di FRANCESCHELLI non può certo essere definita l’ultima interpretazione attorno

al concetto di nomofilachia, e nemmeno la più seguita: le ben note critiche di cui è stata oggetto, in particolare quella sollevata da DENTI368, non sono infatti del tutto prive di fondamento e, come si avrà presto modo di vedere, le teorie sul significato del ruolo svolto dalla Suprema corte non si sono arrestate a tale definizione. Ciononostante, con delibera del 3 maggio 2017, il plenum del Consiglio superiore della magistratura ha istituito un gruppo di lavoro finalizzato alla riattivazione di un archivio informatizzato (denominato Merito) presso il sistema ItalgiureWeb gestito dal C.E.D. della Cassazione369: il progetto,

sostiene DI CERBO, «nasce dalla convinzione che il corretto esercizio della giurisdizione

possa trarre grande beneficio dal costante dialogo fra legittimità e merito. Si tratta cioè di realizzare un rapporto che non può essere unidirezionale (dalla Corte di legittimità ai giudici di merito) ma bidirezionale, nel senso che le decisioni dei giudici di merito devono essere rese reperibili a tutti gli altri giudici di merito e anche a quelli di legittimità. Occorre in altre parole realizzare la circolarità dell’informazione concernente il dato giuridico relativo alle decisioni. E ciò vale soprattutto in quei settori dell’ordinamento che si

366 Ivi, p. 41. 367 Idem.

368 La tesi della nomofilachia tendenziale o dialettica è stata oggetto di una accesa critica da parte di DENTI

nel rilievo per cui «sottrarre alla Cassazione il compito di unificazione della giurisprudenza comporta necessariamente sottrarle anche quello di individuare l’esatta interpretazione della legge. Non si tratta, quindi, di intendere diversamente la funzione di nomofilachia, bensì di cancellarla, puramente e semplicemente dal nostro ordinamento, riducendo la Cassazione al livello di un qualsiasi giudice, cui i repertori di giurisprudenza somministrano i materiali per ricostruire quella che ritiene la più plausibile interpretazione della norma» (cfr. DENTI V., A proposito di Corte di cassazione e di nomofilachia, in Foro

It., 1986, V, c. 417 e ss.).

369 Il verbale della seduta è reperibile online all’indirizzo: https://www.csm.it/web/csm-internet/lavori-del-

consiglio/dal-plenum (v. pp. 274-275). Con delibera del 31 ottobre 2017 sono state approvate le linee guida predisposte dalla commissione incaricata; il testo è consultabile online all’indirizzo: https://www.csm.it/documents/21768/87311/Linee+guida+banca+dati+giurisprudenza+merito+31+ottobre +2017/1cd0bfb3-fe4a-679d-a570-37dcb15a1778.

caratterizzano per essere oggetto di molteplici interventi legislativi, spesso fortemente innovativi e quasi sempre implicanti notevoli sforzi interpretativi e sistematici per l’applicazione delle nuove norme. Ed infatti la giurisprudenza di merito interviene immediatamente sul contenzioso “nuovo” introdotto, in particolare, da nuove leggi o da decisioni della Corte costituzionale o, ancora, da importanti mutamenti giurisprudenziali; intercetta i nuovi filoni concernenti cause seriali; costituisce una costante occasione di verifica, anche per la giurisprudenza di legittimità, della correttezza ed efficacia delle

proprie decisioni»370.

Cosa si intenda oggi per “nomofilachia”, non è ad ogni modo ancora chiaro: c’è chi, come si è avuto modo di vedere, si limita a riconoscere una nomofilachia solo tendenziale; chi ritiene invece che si possano individuare tre diverse accezioni del concetto, tra loro

indivisibili371; e chi, infine, conclude che «quel che viene in rilievo non è tanto quel che la

nomofilachia è, cioè cura della “legge” e sua protezione da attentati esterni, quanto quello che essa non è, cioè cura e considerazione del caso particolare nel quale, e per il quale,

viene in discorso la concreta interpretazione ed applicazione della legge»372.

Tale ultimo rilievo è, del resto, ciò che accomuna tutte le interpretazioni sul concetto di nomofilachia e, più in generale, sull’interrogativo attorno al ruolo ed alle funzioni della Suprema corte. Si torna quindi al principio: per realizzare le esigenze nomofilattiche, la Cassazione non può curarsi del caso concreto, non può conoscere del “fatto”, non può, per

usare le parole di CATALDI, scendere in «quel mondo di “carne e sangue” in cui la vicenda

reale si è dipanata innanzi ai giudici di merito»373.

370 Cfr. DI CERBO V.,Banche dati di giurisprudenza, nomofilachia e trasparenza dell’attività giurisdizionale. L’esperienza del Ced della Corte di cassazione, in Quest. giust., 3/2017, pp. 93 ss., p. 95.

371 Cfr. ALPA G.,CARBONE V., Giurisdizioni di legittimità e regole di accesso. Esperienze europee a confronto, Il Mulino, 2011. Secondo l’opinione di ALPA è possibile individuare una nomofilachia “ideologica

o direzionale”, «che stabilisce i limiti di creatività del giudice» nel conflitto tra le due esigenze di «continuità nell’applicazione dei paradigmi interpretativi, che assicura la certezza del diritto» e di «libertà dell’interprete, che senza la cappa dei precedenti o degli orientamenti del giudice di legittimità, riesce non solo a far giustizia nel caso singolo ma anche ad adeguare le regole alle nuove circostanze o ai nuovi valori emergenti da una società in veloce mutamento»; una nomofilachia “pragmatica o funzionale”, che «si preoccupa di assicurare l’eguaglianza di trattamento, la ragionevolezza delle decisioni, la prevedibilità delle decisioni e la rapidità delle procedure»; ed, infine, una nomofilachia “tecnica”, «che si ricava dalla volontà del legislatore, espressa nelle formule testuali del codice di procedura civile e delle sue disposizioni di attuazione» (ivi, pp. 17-18).

372 Cfr. MAZZARELLA F.,Analisi del giudizio civile di cassazione, 3° ed., Cedam, Padova, 2003, pp. 15-16,

nota 7. In tal senso, rileva MAZZARELLA, «la nozione richiama la contrapposizione tra ius litigatoris e ius

constitutionis che, nata ad altri fini e in un diverso ordinamento, viene estrapolata per contrapporre l’interesse

del privato litigante all’interesse pubblico, cioè, di tutti, allo svolgimento della funzione della Cassazione» (ivi, nota 7, p. 16).

373 Cfr. CATALDI G., Ruolo e funzione della Corte di cassazione: il punto di vista del giudice d’appello, cit.,

Eppure, come noto, esistono casi in cui la Suprema corte scende dall’empireo del diritto e tocca il “fatto”. Si tratta di episodi che si realizzano nel quotidiano operare della Corte e che, per esigenze di completezza nell’esposizione dello stato dell’arte, meritano di essere trattate.

Seppur sommariamente, data la diversa finalità di questa trattazione, veniamo quindi ad analizzare i casi in cui la Cassazione opera, o rischia di operare, nel terreno del fatto.

Nel documento Il "fatto" in Cassazione (pagine 132-137)