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Il dispositivo monofocale dell’Apoteosi di Venezia

3.2.1. L’APOTEOSI DI VENEZIA DEL PALAZZO DUCALE DI VENEZIA Il Palazzo Ducale, uno dei simboli della città di Venezia, sorge nell’area monu-mentale di piazza San Marco, tra la Piazzetta e il Molo. Antica sede del Doge e delle magistrature veneziane, già nella seconda metà del Trecento accoglieva di-verse sale istituzionali, fra le quali la più vasta e maestosa era quella del Maggior Consiglio. In quest’aula si tenevano le assemblee della più importante magistra-tura dello stato veneziano, il Maggior Consiglio, un antico organismo costituito da tutti i nobili veneziani. I duemila membri che lo componevano, si riunivano sotto la presidenza del Doge che sedeva al centro di una tribuna, mentre i consi-glieri occupavano dei seggi disposti secondo la lunghezza della sala in file dop-pie ma contrapposte.

La sera del 20 dicembre 1577, un incendio divampato nel Palazzo distrusse in poche ore le sale del Senato, dello Scrutinio e del Maggior Consiglio. Nel rogo andarono perdute anche le pitture che le decoravano, opera dei più famosi arti-sti dell’epoca.

La ristrutturazione dell’edificio, avviata nel gennaio del 1578 a seguito di un articolato processo di consultazioni e compiuta secondo la proposta di Antonio da Ponte, portò l’intero fabbricato all’odierno assetto architettonico. Per il nuovo apparato decorativo, contrariamente a quanto era accaduto per i cicli pittorici

andati perduti tra le fiamme24, si decise che i dipinti delle sale istituzionali dove-vano seguire un piano iconografico volto a magnificare la Repubblica attraverso

delle historie25 scelte da una apposita commissione26 nominata dal Senato. A tale

programma gli artisti, chiamati a realizzare i grandi teleri del palazzo, avrebbe-ro dovuto rigoavrebbe-rosamente attenersi.

Per ordinare la ripartizione delle decorazioni pittoriche a soffitto della Sala del Maggior Consiglio fu decisa l’esecuzione di una partitura lignea. L’incarico

fu assegnato al veronese Cristoforo Sorte27 che tra il 1578 e il 1582 disegnò il

nuovo soffitto piano frazionando la sua vasta superficie (maggiore a 151 x 70 piedi e corrispondente a 52,70 x 24,65 metri) in figure semplici e composite di differenti dimensioni e forme collegate da nastri, volute, conchiglie e cartigli (fig. 3.53).

I trentacinque reparti delineati dall’intreccio della cornice dorata furono organizzati secondo tre ordini di importanza e commissione: venti settori mo-nocromi rappresentanti fatti storici dovevano essere dipinti da artisti minori, mentre dodici reparti riguardanti avvenimenti memorabili e tre campi maggio-ri a tema allegomaggio-rico, si dovevano affidare a quattro maestmaggio-ri.

Dopo aver stabilito l’assetto delle pitture vennero contattati per l’assegnazio-ne dei vari comparti Paolo Caliari, Jacopo Robusti (detto il Tintoretto), Jacopo Palma il Giovane, Francesco Bassano, Andrea Vicentino e Gerolamo Gambarato.

In seguito, come ci riporta Carlo Ridolfi:

ogn’uno degli eletti procuravano con molta sollecitudine la parte loro, solo Paolo con ammirazione di tutti giammai lasciavasi vedere al Magistrato, quando incon-trato dal Contarino, uno de’ Signori, fu acremente ripreso, eli’ essendo annoverato tra primieri Pittori, non comparisce come gli altri per la parte sua, come se poco cu-rasse l’onore fattogli ed il pubblico servizio. A cui Paolo rispose, che riputava a som-ma som-mantiene sua avventura l’aver a servire al suo Principe ogni volta che ne fosse richiesto, ma che non aveva di mestieri di cercar novelli impieghi de’ quali si trovava assai ben provveduto: né ciò ascrivesse a mancamento di quell’affetto che come buon cittadino portava alla patria. Ma persuaso dolcemente dal Contarino comparve il seguente mattino al Magistrato, e gli fu allogato l’ovato maggiore sopra il tribunale nella maggior sala con due dei quadri dalle parti28.

Fu così che per il soffitto della Sala del Maggior Consiglio Paolo Veronese realiz-zò, oltre alla Difesa di Scutari e la Presa di Smirne, il telero ovale intitolato L’Apoteosi di Venezia (fig. 3.54).

Quest’ultimo meglio degli altri dipinti della sala, si adatta all’elaborata cor-nice progettata dal Sorte: infatti l’imponente scenario architettonico sembra ri-prendere le fantasiose strutture lignee del sontuoso telaio.

L’opera costituisce il compimento delle altre due grandi tele del soffitto, ese-guite da Palma il Giovane (Venezia, incoronata dalla Vittoria, accoglie i popo-li vinti e le province soggette che circondano il suo trono regale) e Tintoretto (Venezia, circondata da deità marine, porge un ramo d’ulivo al doge Nicolò Da Ponte che le presenta gli omaggi del senato e i doni delle province soggette) illu-stranti gli esiti derivanti dagli atti eroici dei veneziani.

L’Apoteosi di Venezia è l’ultimo telero a tema allegorico dipinto tra il 1579 e il 1582 dal Caliari. La grande tela misura quasi 26 piedi sull’asse maggiore (9,04 metri) e circa 17 (5,80 metri) su quello minore e rappresenta un contri-buto determinante al processo di esaltazione della Serenissima, giacché celebra fastosamente l’esito delle imprese eroiche dei veneziani, come prescritto dal programma iconografico. In particolare per questo telero le prescrizioni da os-servare erano le seguenti:

Il terzo quadro ch’è sopra il tribunale douera hauere medesimamente una venetia che sedendo sopra Citta et terre (variante: sedendo sopra scetri, et Troni) à imitatione della Roma sedente sopra il mondo habia sopra la sua testa vna piccola vittoria alata che uoli et che incoroni di lauro intorno la qual vittoria siano la Pace, l’abbondan-tia, la fama, la felicita, l’honor, la securta, la liberalita tutti rappresentanti (sic), con gli habbiti et insegni che si uedono formare dall’Antiqui con moltitudine di populi festeggianti di diversi habiti et forme come huomini vecchi puti et donne et siano separatamente dipinti, li quattro fanciulli che significano li quattro stagioni