• Non ci sono risultati.

IL RUOLO DI BENEDETTO CALIARI NELLA REALIZZAZIONE DELLE ARCHITETTURE PROSPETTICHE

Il modus operandi dell’officina Caliari

1.4.1. IL RUOLO DI BENEDETTO CALIARI NELLA REALIZZAZIONE DELLE ARCHITETTURE PROSPETTICHE

Le prime attestazioni sulla attività artistica di Benedetto Caliari risalgono al 16 gennaio 1556 e sono trascritte in una ricevuta stilata per certificare il paga-mento delle tele a soffitto della chiesa di San Sebastiano: accanto al nome di Paolo viene più volte nominato un “Benedecto da Verona” identificabile nella persona

del fratello minore del Caliari27. Nel documento viene definito “pitore”, per

de-notare il grado di autonomia posseduta all’epoca dal giovane nello svolgimento delle mansioni che gli erano state affidate.

Quindi, se all’età di diciannove anni lo si considerava già avviato al mestiere,

Benedetto, nato nel 153728, doveva essere entrato come allievo nella bottega di

Paolo appena dodicenne29, dal momento che il garzonato durava da cinque a sette

anni, e da due a tre la condizione di lavorante.

Descritto principalmente come esperto nella tecnica dell’affresco, nonché

abile nell’esecuzione di architetture dipinte30, fu a fianco di Paolo fin dai primi

anni in cui questi si stabilì a Venezia e nel 1588 prese il suo posto nella direzione

della loro officina31. Considerava il fratello un “eccellentissimo pittore” del cui

talento era consapevole, come documentano le due disposizioni testamentali

datate 11 gennaio 159132, nelle quali descrive il maggiore «come quello che

Sebbene Ridolfi insista più volte sulla mancanza di ambizione di Benedetto, sottolineandone la posizione di subalterno nei confronti di Paolo, va invece evi-denziata la sua avvedutezza e capacità di costruirsi una duplice carriera, divisa tra il lavoro di assistente e l’attività di disegnatore e pittore indipendente.

I principali compiti da lui svolti per l’officina di famiglia erano vari e com-prendevano la direzione e la realizzazione delle imprese decorative a fresco in Terraferma, l’impostazione delle opere e l’esecuzione di brani periferici nelle grandi tele del fratello.

Di tutti gli affreschi che gli sono attribuiti33 se ne sono conservati solo

alcu-ni, per altro in parte restaurati.

Dopo il successo della campagna illusionistico-decorativa di Maser, molti patrizi ambivano a ripeterne gli esiti nelle proprie ville: è questa tipologia di in-carichi che fu svolta dall’atelier sotto la guida di Benedetto. Egli infatti, da fidato coadiutore del capobottega, sovraintendeva i molti cantieri aperti dall’officina Caliari nell’entroterra tra il settimo e il nono decennio. La quantità ingente di commissioni che in quegli anni impegnavano Paolo, gli impedivano di

compie-re fcompie-requenti spostamenti nel territorio per controllacompie-re l’attività dei fcompie-rescanti34,

quindi tale incombenza veniva demandata ad un membro esperto della

botte-ga35, e Benedetto – quale pratico frescante – era certo il più idoneo per la gestione

attiva di simili imprese.

Figura 1.52 – Paolo Caliari.

Nozze di Cana (1563).

Rivestì indubbiamente questo ruolo nella decorazione della villa Giunti a

Magnadola di Cessalto36, negli affreschi di Palazzo Vescovile di Treviso37 e in

quelli di villa Soranzo a Sant’Andrea oltre il Muson. Ma, oltre a dirigere i sopraci-tati cantieri, Benedetto realizzò anche parte delle suddette pitture ornamentali. A Magnadola di Cessalto, progettò e affrescò la stanza delle Virtù, inquadran-do con un colonnato ionico panorami (simili a quelli di Maser) e nicchie illusio-nistiche ove stazionano le personificazioni delle allegorie alle quali è dedicato il vano. Nella stessa villa, dipinse altri due comparti, in uno dei quali, il Convito di Cleopatra e Marc’Antonio (fig. 1.53), il riferimento ai banchetti evangelici è eviden-te dalla rilevaneviden-te presenza archieviden-tettonica con cui si delinea il coneviden-testo, e dalla rilettura di alcuni particolari ripresi dai più famosi teleri (come la piattaia, ana-loga a quella del Convito in casa di Levi, la viola a gamba del suonatore, strumento già raffigurato nelle Nozze di Cana, e il levriero, presente in più Cene).

L’anno seguente a Treviso, nella Sala Vescovado (fig. 1.54), dipinse personal-mente il finto loggiato addossandolo ad un basamento, la cui decorazione ri-porta la replica di un motivo proposto nella volta della sala dell’Olimpo di villa Barbaro, mentre le colonne composite incorniciano, alternandoli, illustrazioni di parabole a nicchie occupate dalle Virtù teologali e cardinali al di sopra di ri-quadri monocromi a tema biblico. Anche le sovrapporte presentano non poche affinità con le analoghe affrescate a Maser.

Nella villa Soranzo di Sant’Andrea oltre il Muson, Benedetto dimostra, af-frescando la facciata (fig. 1.55), la sua abilità nel riprodurre in maniera illusio-nistica elementi architettonici. Sue sono inoltre le pitture dell’atrio e del salone principale (fig. 1.56).

Figura 1.53 – Benedetto Caliari.

Figura 1.54 – Benedetto Caliari. Affreschi della sala del Vescovado (1574)

Figura 1.55 – Benedetto Caliari.

Come accennato in precedenza, a Benedetto spettava, oltre alla gestione e all’ese-cuzione pittorica delle campagne decorative in Terraferma, anche il compito di impostare le opere, pratica che richiedeva, indubbiamente, spiccate competenze in termini di disegno architettonico. L’abituale adempimento di quest’incarico, unitamente all’effettiva concretizzazione pittorica degli apparati scenografici, avvalora quanto sostenuto da fonti e storiografia circa la sua dimestichezza con le grandi impalcature architettoniche.

Di fatto, nelle imponenti composizioni veronesiane, il maestro demandava a Benedetto la preparazione degli sfondi architettonici perché in quest’ambito egli era certo il suo più fedele interprete di pensiero, dal momento che Paolo stesso aveva provveduto all’istruzione del suo primo allievo di bottega. In tutti questi contesti concedeva al fratello libertà di invenzione, a condizione che la messa in opera avvenisse soltanto dopo il suo assenso.

Dunque, Paolo accennava mediante schizzi veloci lo schema di una visione spaziale, mentre Benedetto proporzionava, perfezionava e restituiva prospetti-camente ogni impianto architettonico abbozzato dal fratello: per adempiere a questi incarichi egli doveva avere una notevole consapevolezza teorica, sia ri-guardo i precetti proporzionali degli ordini sia in merito alle modalità con le quali organizzare un dispositivo prospettico.

Figura 1.56 – Benedetto Caliari. Affreschi del Salone di Villa Soranzo (1580 c.a.)

Quindi se a Paolo è riconducibile l’idea alla base della genesi spaziale degli sfondi, a Benedetto va attribuita la loro concreta precisazione e riproduzione.

È interessante notare come nelle pitture di Paolo lo stile nell’allestire le am-bientazioni muti repentinamente dall’opera decorativa di San Sebastiano, ovve-ro da quando viene certificata la prima partecipazione di Benedetto alle imprese artistiche del fratello.

Se si presume l’intervento di Benedetto nella realizzazione delle tele a sof-fitto per la chiesa gesuita dell’Umiltà, la presenza del più giovane Caliari nella campagna decorativa di Maser, rimane attualmente una questione ancora irri-solta, benché si ritenga certo un suo intervento manuale guidato dalle direttive

di Paolo38. È invece documentata la collaborazione di Benedetto nella

decorazio-ne della sala del Maggior Consiglio del castello di Udidecorazio-ne39 e nell’esecuzione del

1.5.