Uno dei primi fattori che sta portando a una diminuzione della popolazione italiana è dato dalla bassa natalità. Da tempo, ormai, l’Istat segnala la continua diminuzione di nascite registrata nel nostro paese; se, nel 2008, erano 576 mila i nuovi nati, cinque anni dopo si registra una contrazione di oltre 90 mila nascite2.
2 https://www.istat.it/it/archivio/193362 consultato il 20 aprile 2017.
Tab. 3.3. Previsioni di crescita demografica al 2050, con e senza saldo migratorio Popolazione prevista
2050 Crescita prevista dal 2016 al 2050 (%)
Crescita con saldo migratorio pari a zero
(%) Unione europea 528.567.808 3,6 –4,1 Germania 82.686.973 0,6 –10,9 Francia 74.376.832 11,4 7,4 Regno Unito 77.568.588 18,6 7,9 Italia 58.968.137 –2,8 –13,7 Spagna 49.257.477 6,1 –2,6 Polonia 34.372.849 –9,5 –10,1 Romania 16.331.359 –17,4 –11,5 Olanda 19.235.467 13,3 2,5 Belgio 13.273.155 17,3 3,5 Grecia 8.918.545 –17,3 –16,6 Repubblica Ceca 10.478.190 –0,7 –6,6 Portogallo 9.116.350 –11,8 –15,6 Svezia 12.681.084 28,7 9,9 Ungheria 9.287.196 –5,5 –11,6 Austria 10.247.691 17,9 –2,1
Il confronto europeo è impietoso nei confronti del nostro paese. L’Italia, infatti, è agli ultimi posti per tasso di fecondità, ovvero per numero medio di figli per donna3. Al primo posto
troviamo la Francia, le cui politiche familiari sembrano favorire la natalità. Il regime di protezione sociale francese a livello fami- liare è molto alto, tanto da rispettare quasi il cosiddetto «tasso di ricambio naturale», che consente a un paese di mantenere la popolazione totale invariata al netto dei flussi migratori. In Francia, le politiche familiari attuate non prevedono solo delle prestazioni generali di mantenimento (assegni familiari), vi sono anche prestazioni legate alla nascita e alla custodia della prima infanzia, che vanno dal premio di nascita, all’assegno di base (erogato mensilmente fino ai 3 anni del bambino), ad altre pre- stazioni legate alla gestione del bambino dopo la nascita. Rien- trano in questa categoria la prestazione condivisa di educazione del bambino (erogata per i bambini nati o adottati dal 2015) e l’integrazione di libera scelta d’attività (erogata per bambini nati o adottati prima del 2015), non subordinate a requisiti reddi- tuali, permettono al genitore di sospendere la propria attività lavorativa o di ridurla per occuparsi del bambino. O come l’in- tegrazione di libera scelta del modo di custodia (Cmg) essa è erogata, per la custodia del bambino di età inferiore ai 6 anni, alla coppia o alla persona alle cui dipendenze dirette lavora un’assistente materna abilitata o una baby-sitter a domicilio o che ricorre a un’associazione o azienda abilitata o a micro-asili nido. Seguono i paesi del Nord Europa, da sempre attenti alle politiche di conciliazione tra lavoro e e famiglia.
Chiara Saraceno [2013] avanza una sintesi delle politiche fa- miliari presenti a livello europeo, distinguendo tra i paesi che fanno una politica esplicita destinata alle famiglie e quelle impli- cite, ma con «sotto-politiche» familiari, legate alla conciliazione e ai servizi familiari pubblici. Nei paesi mediterranei, tra i quali l’Italia, non ci sono politiche legate alla famiglia, ma solo azioni frammentarie e di breve periodo, oltre a una forte dipendenza dal welfare familiare e intra-generazionale – in linea col modello
3 Il numero medio di figli per donna o tasso di fecondità totale (Tft) si calcola sommando i quozienti specifici di fecondità (calcolati rapportando, per ogni età feconda, ossia compresa tra i 15 e i 50 anni, il numero dei nati vivi) all’ammontare medio annuo della popolazione femminile.
«mediterraneo» [Esping-Andersen 1991], appunto – e questo si rispecchia sul tasso di fecondità tra i più bassi europei.
In Italia la politica familiare è basata su un modello di sussi- diarietà allargata, ovvero nella famiglia vengono riposte aspetta- tive di solidarietà, che vedono in primis le donne prendersi cura del lavoro riproduttivo: la casa e i lavori domestici, i figli e gli eventuali genitori anziani. Il welfare state per la famiglia in Italia è improntato a un modello che sostiene più gli anziani (pensio- nati) che le famiglie (con figli); la redistribuzione delle risorse italiana va appunto nella direzione delle pensioni, mentre la quota destinata alla famiglia è ancora esigua [Saraceno 2003]. La situazione italiana è peraltro tipica dei paesi mediterranei
Tab. 3.4. Tasso di fecondità nei principali paesi europei, 2015
Paesi europei Tasso di fecondità Var. 2007
(%) Francia 1,96 –1,0 Irlanda 1,92 –4,5 Svezia 1,85 –1,6 Regno Unito 1,80 –3,2 Danimarca 1,71 –7,1 Belgio 1,70 –6,6 Lettonia 1,70 10,4 Lituania 1,70 25,0 Olanda 1,66 –3,5 Finlandia 1,65 –9,8 Unione europea 1,58 1,3 Estonia 1,58 –6,5 Romania 1,58 9,0 Repubblica Ceca 1,57 8,3 Slovenia 1,57 13,8 Bulgaria 1,53 2,7 Germania 1,50 9,5 Austria 1,49 8,0 Lussemburgo 1,47 –8,7 Ungheria 1,45 9,8 Malta 1,45 7,4 Croazia 1,40 –5,4 Italia 1,40 –5,4 Slovacchia 1,40 10,2 Grecia 1,33 –5,7 Spagna 1,33 –3,6 Cipro 1,32 –8,3 Polonia 1,32 0,8 Portogallo 1,31 –3,0
[Esping-Andersen 1991; Vogliotti e Vattai 2015], che spendono poco sia per i trasferimenti monetari che per i servizi di cura, considerando tali spese come un costo e non come un investi- mento nel futuro del paese.
Il confronto con la spesa pubblica europea colloca l’Italia al diciassettesimo posto per spese legate alla famiglia, mentre è al primo posto per le spese di vecchiaia e reversibilità. A conferma di quanto visto in precedenza si spende poco per la famiglia e
Tab. 3.5. Politiche familiari in sintesi Area
socio-geografica Politiche familiari Sotto-politiche familiari Strumenti
Paesi
francofoni Esplicita politica sociale destinata alle famiglie – Politica demo-grafica – Sostegno econo-
mico al costo dei figli
– Parità fra i sessi
– Trasferimenti monetari – Servizi per l’in-
fanzia Paesi
scandinavi Politiche familiari non esplicite – Politiche per l’eguaglianza di genere – Diritti di cittadi- nanza universali – Politiche di conciliazione famiglia-lavoro – Servizi pubblici – Politiche di conciliazione Paesi
germanofoni Politiche familiari non esplicite: l’intervento dello Stato è sussidiario quello che spetta alle famiglie e alla società civile
Aumento delle donne attive sul mercato del lavoro
– Trattamenti fiscali – Servizi per l’in-
fanzia Paesi
anglosassoni Politiche familiari di stampo liberale: non intervento sulle questioni familiari
La famiglia è una sfera privata e i de- stinatari di politiche familiari, come di quelle sociali, sono i bisognosi
– Reddito minimo garantito per i genitori con figli
Paesi
del Sud Europa Non vi sono politiche esplicite ma interventi frammentati e in alcuni nemmeno un sistema uni- versale di servizi familiari (scarsa presenza di servizi pubblici e scarse politiche di conciliazione famiglia- lavoro)
Modello della sussi- diarietà dello Stato e forte ruolo della solidarietà familiare e parentale
– Sgravi fiscali – Servizi per l’infan-
zia (in aumento)
la mancanza di una politica lungimirante fa diminuire le nascite [Esping-Andersen 1991; Saraceno 2013].
In questo quadro si inserisce la componente migrante che in parte sembra arginare l’emorragia di nascite, anche se, dal 2012, i nati da genitori immigrati sembrano aver subito una contra- zione. Sempre l’Istat, nel 2015, riporta come queste nascite siano scese a 72.096 (quasi 3 mila in meno rispetto al 2014 e quasi 8 mila in meno rispetto al 2012).
I dati Eurostat affermano che, se a livello europeo le nascite della componente «immigrata» pesano per l’8%, per l’Italia tale valore è quasi raddoppiato, raggiungendo il 15%. Nei primi cinque paesi per natalità, la componente immigrata è minorita- ria e non spiega quindi la crescita di natalità. Fa eccezione solo l’Irlanda, in cui si registra una elevata quota di immigrati com- patibile con i processi migratori irlandesi e col 12,4% della po- polazione immigrata nel paese.