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Il «Pil dell’immigrazione»

Nel documento 5.1 Introduzione (pagine 83-89)

Abbiamo già osservato che il 10,5% dei lavoratori presenti in Italia ha cittadinanza non italiana e che, tra gli immigrati, il tasso di occupazione è più elevato di quello degli autoctoni. Dai dati Istat possiamo anche calcolare che i 2,4 milioni di occupati immigrati producono l’8,9% della ricchezza nazionale, per una cifra complessiva di oltre 130 miliardi di euro. Si tratta, cioè, della ricchezza prodotta dai lavoratori immigrati in Italia che potremmo anche definire il «Pil dell’immigrazione» [Fonda- zione Leone Moressa 2015b]3.

Quasi la metà dei 130 miliardi di «Pil dell’immigrazione» deriva dal settore dei servizi. Su questo dato incide chiaramente la composizione dell’occupazione immigrata, in cui i lavoratori dei servizi rappresentano ben il 46,4%. Il secondo settore è quello delle manifatture, con un quinto della ricchezza prodotta dagli immigrati. Il terzo settore per valore di ricchezza prodotta è quello delle costruzioni.

Se invece osserviamo per ciascun settore l’incidenza del «Pil dell’immigrazione» sulla ricchezza complessivamente prodotta, l’incidenza maggiore si registra negli alberghi e ristoranti [Ian- nuzzi e Sacchetto 2016; Cillo e Perocco 2012]. In questo caso, gli stranieri producono il 18,3% del valore aggiunto totale. Se-

3 Il calcolo del «Pil dell’immigrazione» è realizzato a partire dal valore aggiunto prodotto dagli occupati in Italia, ipotizzando che, a parità di settore e regione, la produttività degli occupati immigrati sia uguale a quella degli autoctoni. Sono stati utilizzati i dati Istat relativi al valore aggiunto (riferito al 2015, ultimo anno per il quale l’Istat presenta i dati sulla contabilità regionale aggiornati per settore), ripartiti per gli occupati rilevati dall’Istat per cittadinanza [Indagine Rcfl 2016]. I dati relativi agli occupati sono stime della Fondazione Leone Moressa sui dati Istat Rcfl, in quanto, a partire dal primo semestre 2014, l’Istat fornisce micro-dati pubblici sulla Rcfl, basati su un sotto-campione pari a circa il 60% del campione osservato nell’indagine.

guono le costruzioni [Perrotta 2011; Cillo e Perocco 2012], con il 17,3% della ricchezza, e l’agricoltura il 16,5% [Cillo e Pe- rocco 2012; Colloca e Corrado 2013; Cretu et al. 2014; Perrotta e Sacchetto 2014].

Osservando lo stesso dato da un punto di vista territoriale, emerge che oltre un quarto della ricchezza prodotta dagli stra- nieri si concentra in Lombardia (27,1%). Rispetto a ciò, va sot- tolineato che le prime quattro regioni per ricchezza prodotta dagli immigrati producono il 63% della ricchezza totale, coe- rentemente con quella che è già stata definita la coincidenza della distribuzione territoriale degli immigrati in Italia con la «geografia produttiva» del paese [Basso 2006]. Altre tre regioni, infatti, superano quota 10%: Lazio (10,4%), Emilia-Romagna (12,0%) e Veneto (10,1%).

Osservando l’incidenza del «Pil dell’immigrazione» sulla ricchezza complessiva a livello regionale, cinque regioni del Centro-Nord superano il 10%. I valori più bassi, invece, si re- gistrano in tre regioni del Sud, dove l’incidenza non raggiunge il 4%.

4.2.1. Il fondamentale contributo economico degli immigrati «irre- golari»

Il legame tra immigrazione ed economia sommersa è diven- tato, negli ultimi anni, un tema di grande attualità in Italia [Am- brosini 1999; 2013; Ambrosini e Buccarelli 2009; Cillo 2010; 2011; Sacchetto e Vianello 2016].

Tab. 4.1. Valore aggiunto prodotto dagli occupati stranieri per settore di attività

Settori Occupati immigrati

2016 (%) «Pil dell’immigrazione» (mln di euro) % del v.a. immigrati su v.a. totale

Alberghi e ristoranti 10,7 9.818 18,3 Costruzioni 10,0 12.115 17,3 Agricoltura 6,1 5.463 16,5 Manifattura 17,5 26.151 9,4 Commercio 9,3 11.830 7,0 Servizi 46,4 65.234 7,5 Totale 100,0 130.611 8,9

Il 4 novembre 2016 è entrata in vigore la legge sul contra- sto al lavoro nero in agricoltura4. Anche l’opinione pubblica ha

cominciato a mobilitarsi a seguito delle denunce di alcune situa- zioni, registrate specialmente in alcune regioni del Meridione [Bsa et al. 2012; Cillo e Perocco 2012; Colloca e Corrado 2013; Cretu et al. 2014; Medu 2015; Omizzolo 2015; Perrotta e Sac- chetto 2014]. Dal punto di vista della ricerca, gli studi finora condotti in Italia si concentrano prevalentemente sulle condi- zioni di sfruttamento dei lavoratori [Ibidem], chiedendo un ri- pristino della legalità e una maggiore tutela dei lavoratori stessi.

In realtà, oltre alla prospettiva soggettiva, il fenomeno ha numerose ripercussioni anche sul sistema economico nel suo in- sieme: queste attività non solo generano occupati non regolari

4 Legge 1999, 29 ottobre 2016, Disposizioni in materia di contrasto ai

fenomeni del lavoro nero, dello sfruttamento del lavoro in agricoltura e di riallineamento retributivo nel settore agricolo.

Tab. 4.2. Valore aggiunto prodotto dagli occupati stranieri per regione

Regioni Occupati immigrati

2016 (%) «Pil dell’immigrazione» (mln di euro) % del v.a. immigrati su v.a. totale

Emilia-Romagna 10,8 16.074 12,0 Lombardia 22,8 35.413 11,1 Lazio 14,0 17.013 10,4 Veneto 10,0 13.747 10,1 Umbria 1,9 1.923 10,0 Toscana 7,8 9.678 9,8

Friuli Venezia Giulia 2,3 2.944 9,2

Trentino-Alto Adige 1,8 3.292 9,2 Piemonte 8,5 10.223 9,0 Liguria 2,7 3.529 8,3 Marche 2,4 2.839 7,8 Valle d’Aosta 0,2 247 6,3 Abruzzo 1,6 1.780 6,1 Campania 4,6 4.157 4,6 Calabria 1,5 1.340 4,6 Molise 0,2 225 4,2 Sicilia 3,0 1.195 4,1 Basilicata 0,4 375 3,7 Puglia 2,5 2.112 3,3 Sardegna 1,1 2.503 3,2 Italia 100,0 130.611 8,9

che sono completamente esclusi dai diritti sociali, lavorativi e talvolta anche umani, ma anche una distorsione della concor- renza tra le imprese e un disincentivo gli investimenti [Omiz- zolo 2015]. L’impatto dell’economia sommersa sui sistemi locali si manifesta anche in termini di peggiori condizioni generali di lavoro. La mancata tutela dei diritti e il mancato rispetto delle normative genera un circolo vizioso al ribasso, obbligando an- che la componente regolare  –  e anche quella autoctona  –  ad accettare condizioni sempre più al ribasso [Basso e Perocco 2003]. Il lavoro irregolare si traduce anche in mancato gettito fiscale per le casse dello Stato, il quale a sua volta dovrà decur- tare i servizi pubblici e di conseguenza aumentare la pressione fiscale, riducendo ulteriormente l’incentivo a permanere nell’e- conomia legale.

Il presente paragrafo, quindi, intende affrontare il tema dell’economia sommersa in termini analitico-quantitativi, sti- mando il peso del lavoro straniero irregolare e il suo rapporto con i sistemi economici; inoltre, si intende quantificare i risvolti positivi che la diminuzione del lavoro irregolare porterebbe non solo ai lavoratori, ma anche all’economia generale.

Il presupposto da cui ci si muove è che la regolarizzazione dei lavoratori immigrati e l’innalzamento delle condizioni lavo- rative possano portare un beneficio non solo per i lavoratori, ma per tutti gli attori coinvolti: le imprese, attraverso un mi- glioramento della qualità della produzione, lo Stato, che riceve- rebbe un gettito fiscale e contributivo finora eluso, e tutti gli oc- cupati (compresi quelli già in regola), che vedrebbero innalzarsi le proprie garanzie.

Innanzitutto, si tenterà di quantificare gli occupati immigrati amministrativamente irregolari5 per settore e per area geografica.

I conti nazionali analizzano l’occupazione irregolare attraverso

5 L’Istat [2016] fornisce una distinzione tra «economia non osservata», «sommerso economico», «economia illegale», «sommerso statistico» ed «eco- nomia informale». In questa sede si farà riferimento solamente alla compo- nente «lavoro irregolare», ovvero «le prestazioni lavorative che non rispettano la normativa vigente in materia fiscale-contributiva, quindi non osservabili direttamente presso le imprese, le istituzioni e le fonti amministrative (lavoro nero). Rimangono escluse le diverse forme di irregolarità parziale (lavoro gri- gio)».

gli occupati interni6; è da precisare che questi occupati non sono

confrontabili con gli occupati che emergono dall’indagine delle forze lavoro Istat. L’indagine forze lavoro e i conti nazionali uti- lizzano diverse definizioni sottostanti alla stima degli occupati e quindi arrivano a quantificare valori diversi. Tali differenze sono da imputare anche al metodo di stima utilizzato dai contabili na- zionali che, integrando l’indagine forze di lavoro con altre fonti informative dal lato delle famiglie, determina una discrepanza tra il dato rilevato dalle forze di lavoro e la stima degli occupati in- terni, non attribuibile per intero agli aspetti definitori. Attraverso i dati dei conti nazionali sul lavoro regolare ed irregolare è pos- sibile quantificare e analizzare il fenomeno a livello settoriale e territoriale. Come è stato sottolineato a più riprese [Fondazione Leone Moressa 2015; 2016], il mercato del lavoro degli immigrati è molto segregato, ovvero gli immigrati trovano impiego in pochi settori e canalizzati verso specifiche mansioni: i cosiddetti «lavori delle 5 p» [Ambrosini 2005]. Partendo da questo presupposto, una prima stima degli irregolari è effettuata integrando i dati Istat sull’occupazione irregolare con i microdati della rilevazione sulle forze lavoro per gli stranieri7. Il dato che si ottiene viene corretto

grazie ad un’altra stima dell’Istat, secondo cui il 18,6% dei lavo- ratori irregolari totali non ha cittadinanza italiana [Istat 2015], ot- tenendo una stima degli occupati immigrati in condizione di irre- golarità amministrativa al 2016: a livello nazionale si tratta di 643

6 I conti nazionali analizzano l’occupazione irregolare attraverso gli occu- pati interni, ovvero chi presta la propria attività lavorativa presso unità pro- duttive residenti sul territorio economico del paese (senza riferimento alla re- sidenza della persona occupata). Gli occupati rilevati dall’indagine Istat Rcfl, invece, si riferiscono a tutte le persone residenti occupate in unità produttive sia residenti che non residenti, ad esclusione dei militari di leva e delle per- sone occupate che vivono in convivenze  –  alcuni tipi di convivenza sono, ad esempio, gli istituti assistenziali, quelli religiosi e quelli penitenziari). Tra gli occupati interni sono incluse anche le persone temporaneamente non al la- voro che mantengono un legame formale con la loro posizione lavorativa sotto forma, ad esempio, di una garanzia di riprendere il lavoro o di un accordo circa la data di una sua ripresa – ad esempio, i lavoratori in cassa integrazione guadagni.

7 «Le precedente condizioni prescindono dalla sottoscrizione di un con- tratto di lavoro e gli occupati stimati attraverso l’indagine campionaria sulle Forze di lavoro comprendono pertanto anche forme di lavoro irregolare» [Istat 2016, 13].

mila lavoratori, pari al 24% degli occupati immigrati totali. A li- vello territoriale, in termini assoluti quasi la metà di loro (45,9%) si trova al Nord. L’incidenza maggiore sugli occupati immigrati è, invece, come presumibile, al Sud, dove gli irregolari rappresen- tano oltre un terzo (39,6%).

A livello settoriale, invece, il 73% degli occupati irregolari lavora nei servizi. Vanno sottolineate le altissime percentuali che caratterizzano l’agricoltura, dove ben il 41,4% è irregolare, le costruzioni (27,3%) e i servizi (25,5%).

Attraverso i conti economici nazionali si può stimare il vo- lume economico da imputarsi al lavoro irregolare degli immigrati. Dividendo il valore aggiunto per settore e regione per il numero di lavoratori per regione e settore, si individua il valore aggiunto «pro-capite» per occupato. Nell’ambito della contabilità nazio- nale, l’Istat [2016] fornisce una stima ufficiale del lavoro non re- golare fino al 2014, in cui si evidenzia come il lavoro irregolare produca circa 77 miliardi di euro di valore aggiunto, ovvero il 5% del valore aggiunto complessivo (1.456 miliardi) nello stesso anno. A questo punto è possibile stimare il valore aggiunto pro-

Tab. 4.3. Stima degli occupati immigrati irregolari per area geografica, 2016

Area Stima immigrati

irregolari % % su totale occupati immigrati

Nord 295.000 45,9 19,3

Centro 183.000 28,5 27,0

Sud 165.000 25,7 39,6

Totale 643.000 100,0 24,5

Fonte: Elaborazioni Fondazione Leone Moressa su dati Istat.

Tab. 4.4. Stima occupati immigrati irregolari per settore, 2016

Settore Stima immigrati

irregolari % % su totale occupati immigrati

Agricoltura 65.000 10,1 41,4

Manifattura 42.000 6,5 11,0

Costruzioni 68.000 10,6 27,3

Servizi 468.000 72,8 25,5

Totale 643.000 100,0 24,5

dotto dagli occupati stranieri irregolari: si tratta di 14,9 miliardi di euro, pari al 19% del volume irregolare e all’1% del valore ag- giunto complessivo del 2015 (ultimo dato disponibile).

Si tratta, dunque, di un contributo strutturale e fondamen-

tale per l’economia nazionale.

Tuttavia, oltre alla mancata tutela dei diritti dei lavoratori e alla distorsione del mercato, lo sfruttamento lavorativo conna- turale al lavoro irregolare  –  in questo caso di forza-lavoro im- migrata  –  determina anche una perdita per le casse dello Stato sotto forma di mancato gettito fiscale. Considerando il coeffi- ciente della pressione fiscale fornito dall’Istat (43,3%), si può stimare che il mancato gettito fiscale per le casse pubbliche sia di 6,5 miliardi di euro.

4.3. I contributi previdenziali versati dai lavoratori immigrati

Nel documento 5.1 Introduzione (pagine 83-89)