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Il framework organizzativo nazionale dell’accoglienza

Capitolo 3. Il sistema di accoglienza italiano

3.1. Il framework organizzativo nazionale dell’accoglienza

I cittadini stranieri entrati nel territorio Italiano in modo irregolare vengono accolti nei centri per l’immigrazione allestiti per offrire prima assistenza ed effettuare l’identificazione. Successivamente, per coloro i quali non presentano domanda di protezione internazionale il prefetto dispone l’espulsione internazionale, che prevede di lasciare il territorio dello Stato entro quindici giorni; per chi invece fa richiesta di protezione, si procede con il trasferimento nei centri adibiti all’accoglienza.

Sul territorio nazionale sono presenti diverse tipologie di centri per l’immigrazione e non sempre ruoli e funzioni si presentano in modo chiaro.

Nel luglio del 2014 è stato approvato un Piano Nazionale per fronteggiare il flusso straordinario di cittadini extracomunitari, adulti, famiglie e minori stranieri non accompagnati.60

Con l'Intesa si è preso atto della necessità di un sistema unico di accoglienza che viene ordinatamente strutturato nel Piano Operativo.

Il Piano Operativo Nazionale, introdotto nel 2014, si basa sull'idea che sia “necessario operare su due piani contemporanei coniugando, da un lato, la necessità di dare risposte immediate alle impellenti esigenze di accoglienza delle persone che arrivano in numeri molto elevati sulle coste meridionali e nei luoghi di frontiera e, dall'altro, l'assoluta e indifferibile necessità di impostare subito un “piano strutturato” che permetta di ricondurre a gestione ordinaria e programmabile gli interventi relativi sia agli adulti che ai minori non accompagnati. I due piani devono essere perseguiti contemporaneamente e coerentemente”. 61

Il sistema unico di accoglienza è strutturato in tre fasi: una prima fase di soccorso; una seconda fase di prima accoglienza e qualificazione; una terza fase di seconda accoglienza e integrazione. I passaggi da una fase all’altra devono essere tempestivi, la gestione delle strutture deve essere omogenea e bisogna realizzare un piano condiviso di ripartizione 60 Il Piano Nazionale è stato approvato dalla Conferenza Unificata, sede congiunta della Conferenza Stato-

Regioni e della Conferenza Stato-Città ed autonomie locali. Viene convocata dal presidente del Consiglio dei Ministri ed opera al fine di favorire la cooperazione tra l'attività dello Stato e il sistema delle autonomie e per esaminare la materia e i compiti di comune interesse.

61 Presidenza del Consiglio dei Ministri, Piano Operativo Nazionale per fronteggiare il flusso straordinario di cittadini extracomunitari, Intesa tra governo, regioni e enti locali, 10 luglio 2014

dei profughi sul territorio nazionale per favorirne il rapido ricollocamento.

Nell’Intesa si prende atto che il Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati (SPRAR) “è perno del sistema di accoglienza” quindi si deve tendere in via prioritaria al suo ampliamento; per quanto riguarda le soluzioni attivate in via d'urgenza, queste “dovranno avere un ruolo residuale e comunque tendere ai requisiti SPRAR.”

Per l’attuazione delle tre fasi sopracitate è operata una divisione dei compiti tra i vari centri, che, una volta a regime, dovrebbero essere organizzati nel seguente modo:

Prima fase – Soccorso e prima assistenza

I Centri di primo soccorso e assistenza, nelle regioni di sbarco e limitrofe, sono incaricati al soddisfacimento delle esigenze di prima necessità, quali il vitto e l’alloggio. Inoltre dovranno provvedere alle procedure di identificazione e a un primo screening sanitario; dovranno dare risposta ai primi bisogni materiali, quali l’igiene e l’abbigliamento, svolgere attività di informazione e individuare nuclei famigliari o soggetti vulnerabili.

I tempi di permanenza in questi centri governativi dovranno essere contenuti, favorendo l’invio degli stranieri nei centri di prima accoglienza dislocati nelle varie regioni, garantendo il tourn over ed evitando la saturazione.

In favore di ciò l’Intesa prevede di valutare la possibilità di un diverso utilizzo dei Centri di accoglienza per richiedenti Asilo (CARA), introdotti nel 2008 con lo scopo di fornire accoglienza ai richiedenti asilo per il tempo necessario alla loro identificazione e all'avvio delle procedure relative alla protezione internazionale. • Seconda fase – Prima accoglienza e qualificazione

Per l’implementazione di questa fare è prevista la realizzazione di Centri chiamati Hub Regionali e/o Interregionali che abbiano la funzione di regolare l’afflusso verso i centri SPRAR delle persone che provengono dalla prima fase, che sono già state sottoposte a fotosegnalamento e che hanno espresso la volontà di chiedere asilo.

Sarà il Ministero dell’Interno con propri finanziamenti che provvederà all’attivazione, tenendo conto “delle caratteristiche socio-economiche del territorio e di eventuali problematiche di ordine e sicurezza”.

formalizzazione della domanda di protezione e poi alla conclusione della procedura d’esame oppure all’individuazione della migliore collocazione possibile nel sistema SPRAR.

I Centri Hub regionali dovranno assorbire tutte le altre attività attualmente svolte nei CARA.

Terza fase – Seconda accoglienza e Integrazione

Il sistema SPRAR viene considerato come “sistema unico di accoglienza delle persone richiedenti o titolari di protezione internazionale”, estendendolo anche all’accoglienza dei minori non accompagnati. Si prevede quindi un ampiamento dei posti, anche attraverso il riassorbimento di validi progetti attivanti in via d’urgenza dalle Prefetture.

Nel caso si verifichino situazioni di emergenza con flussi di arrivi molto consistenti e la capienza del sistema SPRAR risulti insufficiente, si programma la ripartizione regionale dei migranti “secondo contingenti progressivi di 10.000 unità”. Al Tavolo di coordinamento il compito di elaborare una ipotesi di ripartizione sulla base dei criteri previsti dall’Intesa.

Il Piano Operativo Nazionale non è ancora stato realizzato in tutte le sue parti. Le tre fasi che compongono il sistema unico di accoglienza non sono ancora state messe a punto e i centri di accoglienza attualmente in funzione non sono ancora stati riadattate alle nuove funzioni previste.

3.2.

La declinazione nella pratica: i centri per