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Il linguaggio di piazza

Nel documento Critici del Novecento (pagine 164-168)

della piazza in Rabelais, sottolinea che non bisogna parlare di azioni tipiche per la piazza del Medioevo, giudicando come se fosse la nostra attuale piazza o quella dell’età contemporanea. La piazza medioevale aveva i suoi “riti” e le sue particolarità, come ci svela Bachtin. Seguendo tutti i cambiamenti che sono avvenuti nel corso degli anni e con lo sviluppo delle città possiamo vedere e attestare quanto siamo lontani dalla piazza medioevale, dalla piazza come veicolo della cultura popolare6.

Il linguaggio di piazza

Ciascuno dei cosiddetti “elementi di piazza” aveva il suo linguaggio, il suo modo di parlare. In una piazza, infatti, si possono osservare tanti “attori”, ognuno con i suoi modi di fare e con attività particolari. Tutti questi mestieri-attività hanno caratteristiche uniche ma insieme formano il genere “di piazza” del quale ora parleremo.

In piazza invece risuonava anche un linguaggio particolare: quello familiare che istituiva quasi una lingua a sé, impossibile in altri luoghi, molto diversa da quella della chiesa, della corte, dei tribunali, degli uffi ci pubblici, dalla lingua della letteratura uffi ciale e dalla lingua parlata dalle classi dominanti (l’aristocrazia, la nobiltà, l’alto e medio clero, il fi or fi ore della borghesia cittadina), sebbene elementi della lingua di piazza siano penetrati anche qui, in determinante circostanze7.

Bachtin allude spesso all’immagine del “basso” corporeo e materiale, ma noi possiamo anche aggiungere il “basso” linguistico, il linguaggio tipico per queste immagini del basso sociale. Non è aff atto strano che questo linguaggio sia caratteristico della piazza perché, come sappiamo, il linguaggio si trova in diretto rapporto con la posizione sociale del parlante.

6 Della piazza come veicolo della cultura popolare cfr. M. M. B, L’opera di

Rabelais e la cultura popolare, cit., p. 163.

Il linguaggio di piazza quindi è libero e non limitato da nessun tipo di regole sociali perché ciò che non era legittimato nel linguaggio uffi ciale era consentito in piazza: improperi, spergiuri, bestemmie. Bachtin sottolinea anche che la cultura non uffi ciale popolare ha come base la divisione in classi sociali. «La formazione di un’ideologia non uffi ciale presuppone, in generale, la divisione in classi e rifl ette i contrasti di classe. Ciò vale anche

per le forme dei riti e degli spettacoli organizzati nel mondo della comicità.

La comicità non uffi ciale è espressione di una visione di classe alternativa a quella uffi ciale e seria, imposta dalla classe dominante»8. Questa

opposizione si esprimeva nel modo di passare il tempo libero, di divertirsi, di comunicare e di esprimersi.

Improperi, spergiuri, bestemmie, imprecazioni sono defi niti da Bachtin generi orali della piazza come anche elogi ed esaltazione, che sono tipici della parlata degli imbonitori e dei mercanti. Bachtin nel suo articolo sui generi testuali9 distingue due tipi di generi, “primario o secondario” ovvero

“semplice o complesso”. Il genere orale è primario (semplice). Lo stile di piazza è caratterizzato dalla schiettezza, dalla libertà, non dall’uffi cialità. La comunicazione interpersonale non conosce la gerarchia: tutto è bifronte e tutto ha il suo opposto. Le lodi sono simili agli spergiuri; le ingiurie possono essere scambiate con gli elogi. Le volgarità e le ingiurie hanno una valenza doppia, sono sia elogiative che dispregiative. Bachtin trova e descrive moltissimi doppioni in piazza.

Elogi, esaltazione sono tipici della parlata degli imbonitori e dei mercanti che sono attori di piazza molto importanti, sono pieni di comicità, hanno un carattere popolare, ironico e giocoso. Proprio da loro

8 A P, Michail Bachtin. Alle origini della semiotica sovietica, Bari, Dedalo, 1980, p. 134.

9 M M B, Estetika slovesnogo tvorchestva, Moscow, Iskusstvo, 1979 (trans. eng.: Speech Genres and other late Essays, trans. by V W. MG, ed. by C E and M H, Austin, University of Texas Press, 1986).

IL “LINGUAGGIO DI PIAZZA” NEL RABELAIS DI BACHTIN

sentiamo la pubblicità popolare pronunciata e gridata in piazza, le proposte delle scomesse e delle sfi de che sono i loro mezzi per fare la propaganda di strada. Uno degli elementi tipici è il superlativo che Bachtin caratterizza come «il superlativo del realismo grottesco».

In piazza si sentono molto spesso anche le enumerazioni. Queste «enumerazioni di carattere popolare» sono destinate al popolo e spesso hanno anche come agente il popolo o i rappresentanti del popolo. Per Bachtin ogni personaggio della piazza ha la sua voce e ha il suo messaggio per il resto della popolazione. La voce immette grida dal carattere elogiativo oppure dispregiativo, ma anche ambivalente e riceve risposte sempre provenienti dalla folla. La situazione comunicativa, descritta da Bachtin, ha un parlante spersonalizzato che emette la voce e come interlocutore la folla, che immette le grida di risposta. In piazza non osserviamo la comunicazione diretta tra due persone ma la comunicazione del tipo voce- folla oppure le voci all’interno della folla.

«Il ruolo del suono, della parola ad alta voce dunque, nella vita culturale e quotidiana era molto più considerevole di quanto lo sia oggi, epoca della radio. [...] La cultura della lingua volgare era in gran parte quella della parola pronunciata ad alta voce e a pieni polmoni, sulle piazze e sulle strade»10. Esistevano i generi orali della strada che erano essenziali

per la vita della strada ed erano “le grida di Parigi” che Rabelais stesso ha visto e sentito a Parigi durante una delle sue visite e in seguito ha inserito nel suo romanzo.

Le grida sono il genere di piazza più semplice, sono formate da una quartina. Bachtin fa il paragone con la pubblicità moderna e valuta le grida di Parigi come un genere orale più ricco e molto più vicino alla letteratura. Ogni mercante aveva il suo stile e il suo modo di fare la pubblicità, in realtà una vera arte di vendere. Le grida sono le voci dei venditori ciarlatani, medici ecc. e il contenuto delle grida è la promozione dei loro prodotti.

È molto interessante la descrizione di Bachtin della voce dei venditori: la voce viene dalla folla ed è indirizzata alla folla (la situazione comunicativa di piazza descritta sopra). La pubblicità è spesso ritmata e pronunciata ad alta voce, assume valore quasi di poesia. Se non è in sintonia con la piazza, con il popolo, il parlante ha comunque sempre il tono allegro, giocoso e libero di esprimersi davanti alla gente. Bachtin fa un solo esempio di personaggio che parla alla piazza, ma che non le appartiene, ed è il messaggero dell’esercito che rappresenta la cultura uffi ciale.

Un altro elemento del linguaggio familiare sono le bestemmie e gli spergiuri che sono di solito pronunciate al nome di Dio, o su temi sacri. La piazza era “piena” di questi jurons. Ogni individuo aveva il suo repertorio di jurons ed erano di tantissimi tipi.

I diversi gruppi sociali e persino i diversi individui avevano ognuno il proprio repertorio particolare o il loro juron favorito che usavano regolarmente. […] Ogni gruppo sociale e professionale aveva le sue bestemmie tipiche e favorite. Con l’aiuto di esse Rabelais dà un sorprendente quadro dinamico della piazza del suo tempo con la sua multiforme composizione. Quando il giovane Gargantua, arrivato a Parigi, si stufa della curiosità inopportuna della folla parigina, comincia a inondarla di urina. Rabelais non descrive la folla, ma riporta le bestemmie e le imprecazioni con le quali essa si scatena e noi sentiamo la sua composizione sociale11.

Con questo Bachtin ci introduce anche il gergo di piazza tipico di ogni mestiere. Bachtin crea il quadro generale della parlata di piazza e fa un’analisi quasi sociolinguistica studiando tutti i parlanti della comunità e la loro appartenenza sociale. La classe popolare di piazza, svolgendo anche diverse professioni e provenendo da diverse attività, è unita dallo stesso spazio e dal linguaggio o gergo appartenente solo a loro. Utilizzando

IL “LINGUAGGIO DI PIAZZA” NEL RABELAIS DI BACHTIN

questo gergo essi si distinguono dalla classe sociale alta e, all’interno della folla, in piazza. La coscienza della comunità linguistica permette loro di restare insieme e di mantenere il senso del gruppo, confrontandosi con la cultura alta.

Nel documento Critici del Novecento (pagine 164-168)