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Il lupo e il suo significato tanatologico

CAPITOLO III: ASKA E IL LUPO

3.1. Il lupo e il suo significato tanatologico

Il vecchio lupo è l’evidente antagonista del racconto di Andrić, colui che rappresenta la minaccia e la morte all’interno della narrazione. Il significato tanatologico del lupo, nelle tradizioni degli Slavi meridionali e nella fattispecie dei serbi, è stato a lungo studiato dai

72 La capra di Monsieur Séguin viene sbranata dal lupo al termine del racconto, dopo un’estenuante lotta.

73 Un altro macrotema rintracciabile all’interno del racconto è quello della danza. Chiaramente, infatti, la danza compiuta da Aska ha un fondamento popolare e mitico che attinge al filone delle danze propiziatorie e apotropaiche, dal momento che porta al trionfo della vita sulla morte. Ciononostante, non si può dire che la danza sia l’elemento più marcatamente popolare fra quelli presenti nel testo di Andrić. In primo luogo, la danza di Aska è codificata solo a livello iniziale, mentre successivamente diventa una mera improvvisazione, così da scontrarsi con accurate istanze della ritualità. Dato che i movimenti compiuti dalla protagonista non vengono descritti in maniera dettagliata, approfondirne le caratteristiche sarebbe potuto risultare non solo ostico, ma anche poco produttivo; in altre parole si potrebbe rischiare di evocare motivi globali e non focalizzati sulla tradizione folclorica presa in considerazione. L’assenza dell’elemento performativo musicale, poi, non aiuta l’ermeneutica del testo. Più in generale, la danza di Aska è sprovvista della tradizionale coralità che caratterizza la maggior parte dei balli tribali: essa dà voce ad un’espressione individuale, piuttosto che porsi come rievocazione di un sapere collettivo.

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mitologi e filologi, i quali si sono serviti dei lavori di folcloristi e etnografi per certificare le proprie idee.

Il lupo è un animale che ha un significato chiave nel simbolismo della tradizione culturale e folclorica dell’area balcanica: a conseguenza di ciò, la figura del lupo è ricorsiva nella cultura ed espressione letteraria degli Slavi meridionali. La ricerca etnolinguistica atta a decifrare il simbolismo della figura del lupo mutua l’aiuto dalla prospettiva etnopoetica, fondamentale per poter analizzare le produzioni letterarie popolari in una prospettiva poetica, linguistica e culturale. L’etnopoetica rivela molteplici espressioni che coinvolgono il lupo: credenze riguardanti il ciclo vitale, usanze e riti di protezione contro i lupi, rituali che coinvolgono il lupo in lotta contro i demoni, canti e usanze contro i vučari (lupi mannari), ovvero, infine funzioni del lupo in quanto animale “ibrido”. L’ipotesi più accreditata, a proposito della figura del lupo, è quella dello studioso Veselin Čajkanović, secondo cui il lupo riveste un ruolo principe nel culto della morte, incarnando gli antenati e gli avi illustri. Il lupo così assume la connotazione di animale totemico, rappresentando il pantheon delle divinità precristiane della morte e dell’aldilà nella loro forma primaria teriomorfa. Čajkanović struttura la sua teoria sulle narrazioni e credenze legate al culto di San Sava (Čajkanović 1941: 17-19, 32-3, 68, 98-9), spesso associato al lupo nella mitologia e agiografia serba. Lo studioso ritiene che queste credenze siano l’anello di congiunzione fra la Cristianità e le divinità ctonie indoeuropee.

Nel racconto di Andrić il lupo viene evocato nella sua dimensione di animale mortifero e mosso da intenzione malvagie, caratterizzato da connotati spaventosi e insidiosi:

Era un vecchio lupo, esperto ed arrogante, appena arrivato in quel luogo dove i suoi compagni non scendevano mai in quel periodo dell’anno. Il suo pelo rovinato, tra il verdastro e il marrone, gli permetteva di mimetizzarsi tra le foglie autunnali e l’erba ce in quel punto cominciava già ad appassire (Andrić 2011: 1284).

Andrić si sofferma su alcune caratteristiche particolarmente paurose dell’animale:

Davanti a lei c’era il lupo con la coda piegata, gli occhi di fuoco e i denti lunghi come in una smorfia di sorriso più terribile degli ammonimenti della madre messi insieme […] La morte era davanti a lei invisibile ma unica e spaventosa, orribile e incredibile nel suo orrore (Andrić 2011: 1284).

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Evidentemente l’autore vuole porre sotto la lente d’ingrandimento la carica altamente mortifera dell’animale, richiamandosi al sapere popolare degli Slavi meridionali: l’agnellina Aska, alla sola visione del vecchio lupo, è già conscia che il suo destino potrebbe essere giunto ad una tragica conclusione.

Il lupo è soggetto a variegati giudizi, sia negativi che positivi. In questa sede, analizzeremo il lato distruttivo e mortifero del lupo, ma non bisogna dimenticare che esiste anche visione positiva e benefica dell’animale. In prima istanza va presa in considerazione una concezione tanatologica del lupo. Le testimonianze che supportano questa teoria sono scarse e marginali, risultando spesso secondarie e non particolarmente fruttifere. A tal proposito lo studioso Aleksandr Gura (1968) ha lavorato a lungo sulla relazione fra il lupo e la morte, dimostrando come interno del retaggio popolare slavo il lupo diventi spesso un’esemplificazione della morte.74

In merito alla connessione fra morte e lupo, una narrazione risalente alla metà dell’Ottocento attribuisce al manifestarsi della morte connotazioni proprie del lupo. Il testo, ritrovato a Lonja in Croazia, descrive la morte dei peccatori in questo modo:

When a [sinful] man is dying, death rushes to him on dragon’s wings; following it permanently are six dire hounds, hungry like the grey wolves in the woods […]. When it arrives at the house, it sits down on the fence and gapes like a vainglorious wolf. […]. The man gasps, his soul appears [from his mouth], the hounds grab it, and in the sack it goes - (Plas 2011: 3).

La citazione evidenzia, tra l’altro, un altro particolare affatto trascurabile: l’opposizione di due aldilà differenti, riconducibile ad un’influenza cristiana nelle credenze religiose popolari, sia ad una concezione ultraterrena che evoca un duplice mondo, destinato rispettivamente agli uomini retti e agli uomini malevoli75. Il lupo diviene così un animale psicopompo, ovvero un traghettatore di anime verso l’aldilà.

Le credenze popolari legano la morte dei peccatori a determinate manifestazioni atmosferiche, quali trombe d’aria o bufere di vento, che talvolta si associano alla presenza della figura del lupo. Nella mitologia e nella tradizione popolare slava l’elemento naturale segue di pari passo quello mitico: tale principio è rintracciabile nelle zone della Bosnia e

74 L’opera “Simvolika životnych v slavjanskoj narodnoj tradicii” di Gura del 1997 rappresenta un contributo importante per l’interpretazione del lupo all’interno della tradizione popolare slava.

75 A proposito di questo tema, una prospettiva storica della nascita dei mondi ultraterreni è descritta ne “La

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del Montenegro. In Serbia, invece, la sfera popolare e quella cristiana si compenetrano: si crede che l’Arcangelo Michele sia ostile verso il lupo e che possa, in qualche maniera, danneggiarlo e osteggiarlo. Non risulta dunque casuale che l’Arcangelo Michele venga festeggiato, secondo la liturgia ortodossa, l’otto novembre, ovvero nel pieno periodo dell’anno associato ai lupi. Questa parte dell’anno solare viene definita da Pieter Plas, etnologo e antropologo, come «wolf time» (Plas 2003: 83). Questo lasco di tempo è particolarmente legato ai lupi, poiché si credeva che questi attaccassero con maggiore incidenza la popolazione durante questo arco temporale. Celebrare l’Arcangelo per ottenere protezione dai lupi è una chiara declinazione popolare della festività religiosa cristiana. Nella Serbia orientale e meridionale, in paritcolare l’Arcangelo Michele viene detto Dušovadnik (estrattore di anime), poiché viene considerato una figura psicopompa che traghetta le anime al momento della morte: in questa specifica circostanza, quindi, l’Arcangeolo Michele viene associato al lupo e non messo in antitesi. Nell’area dinarica e morava, infine, l’Arcangelo Michele viene considerato uno dei “Santi dei lupi” e festeggiato durante il periodo autunnale e invernale. Nelle festività di queste stagioni vengono messi in atto numerosi rituali in favore della sopravvivenza del lupo, quale ad esempio l’evitare di proteggere il bestiame.

Un’ulteriore testimonianza di quel fil rouge che lega a doppio nodo la morte e il lupo nelle tradizioni dei popoli slavi è data dai proverbi. Le massime popolari evidenziano maggiormente un’intercambiabilità di significato fra lupo e morte, andando ad assumere caratterizzazioni ambivalenti: tale principio è evidente se confrontiamo i proverbi «Što vuk sobom ulovi i u čeljusti uhvati, (…) to se ne povrće (Quello che il lupo cattura da solo e afferra con le fauci, non ritorna indietro)» e «Što smrt ugrabi, to se više ne vraća (Ciò che preso dalla morte non ritorna indietro)» (Plas 2011: 5).

Le fauci del lupo, in particolare, esprimono vividamente la visione tanatologica al quale l’animale è soggetto nelle culture della Slavia meridionale: all’interno di riti magici e celebrazioni funerarie le fauci del lupo sono strettamente collegate alla bocca del deceduto. In alcuni villaggi serbi del Kosovo, ad esempio, gli stracci - utilizzati per legare le mani e la bocca del defunto - vengono conservati come un amuleto contro i lupi per proteggere il bestiame, poiché come è serrata la bocca del deceduto, così lo saranno le fauci del lupo. Analogamente, in alcune regioni della Serbia occidentale la pezza - utilizzata per legare fra di loro mandibola e mascella del morto - viene apposta sul collare

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dell’ariete che guida il gregge: la stoffa dovrebbe infatti bloccare le fauci del lupo per la motivazione sopracitata. Va qui notato come la pratica di bloccare il passaggio alla cavità orale del deceduto sia molto diffusa in tutta la Serbia: la bocca, in questa visione, rappresenta il crocevia dell’anima e ostruirne il passaggio, può significare salvarla da entità demoniache o persino dal vampirizzare il corpo esanime. Questo uso evoca i principi della magia omeopatica e della magia contagiosa che ritroviamo nella definizione di “magia simpatica” nel Ramo d’Oro di James G. Frazer (2014: 24-52). Nella medesima opera, peraltro, ritroviamo anche un’altra caratteristica maligna del lupo, presente nel contesto attiguo ai Balcani, che a sua volta mutua a piene mani dalla magia simpatica: «Nell’Antica Grecia […] si credeva che se un cavallo avesse camminato sulle orme di un lupo sarebbe stato preso dai crampi […]» (Frazer 2014: 60).