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CAPITOLO IV: IL PONTE SULLA DRINA

4.1. Il sacrificio di costruzione

4.1.2. La leggenda di Mastro Manole

Il folclore balcanico, come è stato già osservato, ha trasmesso un ingente numero di leggende riguardanti il sacrificio rituale, ma non è la sola zona del continente europeo a possedere una solida tradizione riguardante questo motivo mitologico e folclorico. In Europa centrale vi è infatti a sua volta un canto, inerente al sacrificio di costruzione e l’immurazione, che ha esercitato un’influenza spiccata presso gli slavi meridionali e che, più in generale, ha goduto di una notevole diffusione nel contesto dell’Europa Orientale. Si tratta della leggenda di Mastro Manole, ampiamente diffusa in Romania, dove è seconda per fama solamente alla Miorița96. Mastro Manole, nella sua variante romena, tratta la costruzione del monastero di Curtea de Argeș nella Muntenia, capitale del principato di Valacchia nel XIV secolo. Il canto vede il principe Negru-Vodă ordinare la costruzione di un magnifico monastero nei pressi del fiume Argeș. Il principe recluta nove muratori, capitanati da Mastro Manole, per dare inizio alla costruzione, ma tutto ciò che viene costruito durante il giorno e crolla con il calare della notte. Al più capace, ovvero Mastro Manole, viene suggerito in sogno di sacrificare una persona nelle fondamenta del monastero per poter proseguire i lavori. I mastri decidono allora di sacrificare la prima delle mogli che si fosse presentata l’indomani. Nonostante Mastro Manole preghi fortemente che la moglie Ana non lo raggiunga il mattino seguente, è proprio la consorte dell’eccelso costruttore ad arrivare per prima:

Manda, Signore, sulla terra

Una pioggia scosciante, che venga giù a fiumi, che scorra a torrenti,

che si gonfino le acque e fermino la mia amata, che la fermino nella valle, che ritorni sui suoi passi!”. […]

96 La Miorița è un canto pastorale romeno, con centinaia di varianti, pubblicato sulla rivista “Bucovina” nel 1850 dal poeta Vasile Alecsandri.

99 Ma per quant’acqua cadeva,

la sua amata non si fermava, ma andava sempre avanti e si avvicinava.

Manole la vedeva,

gli piangeva il cuore (Cepraga, Renzi, Sperandio 2004: 87).

Nelle varianti di Mastro Manole il sacrificio può essere singolo o duplice: ad esempio, nella variante97 riportata nella raccolta Le nozze del Sole a cura di Dan Octavian Cepraga, Lorenzo Renzi e Renata Sperandio la donna è incinta e grida: «mi stritola il bambino!» (Cepraga, Renzi, Sperandio 2004: 89). In altre registrazioni del canto, invece, la moglie di Mastro Manole lascia il figlio neonato a casa. In seguito all’immurazione della donna, comunque, l’edificio viene completata ed è di fattezze splendide. Il principe Negru-Vodă, temendo che i muratori possano costruire un edificio ancor più bello, sottrae loro le scale per scendere dal tetto e decide lasciarli al loro destino, sulla sommità del monastero. I muratori provano a salvarsi con delle ali di legno costruite di propria mano, ma finiscono per schiantarsi al suolo. Anche Mastro Manole cade nel disperato tentativo di salvarsi, e proprio nel punto dove egli cade, sorge una fonte d’acqua:

Manole impazziva, gli occhi gli si velavano, il mondo si rovesciava, le nuvole ruotavano, e dalle travi,

da sopra il tetto, ahimè, cadeva morto Là dov’è caduto, cosa si è formato Una fonte quieta, di poca acqua salata,

di lacrima bagnata (Cepraga, Renzi, Sperandio 2004: 92).

Il testo è stato ampiamente studiato da parte di Mircea Eliade, che vede in Mastro Manole il perpetuarsi di un atto cosmogonico. Secondo molte tradizioni popolari, infatti, l’universo si sia formato attraverso lo smembramento e l’atto sacrificale di un essere primordiale: «[…] quando l’essere è stato creato, come riportano numerosi miti di popoli diversi, attraverso il sacrificio cruento di un essere primordiale, un animale o un gigante,

97Alecsandri 1866: “Poezii populare ale românilor”, p.186. Questa specifica variante, come segnala Cepraga, probabilmente proviene dalla regione della Muntenia.

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il cui corpo spezzato dà origine, appunto, al mondo» (Cepraga, Renzi, Sperandio 2004: 81).

La leggenda di Mastro Manole ha ricoperto un ruolo importante dal punto di vista ideologico nella Romania del primo Novecento, nella fattispecie a cavallo fra le due guerre, divenendo una sorta di manifesto del folclore romeno. Il testo di Mastro Manole, come del resto la Mioriţa, ha accumulato una progressiva fama, che l’ha portato essere incluso all’interno di manuali scolastici, giornali, riviste, e almanacchi popolari. Il testo che viene solitamente preso in considerazione è estremamente fedele al canto originario, pur presentando degli interventi da parte del poeta di origine moldava Vasile Alecsandri (1821-1890), uno dei pensatori più eminenti dell’Ottocento romeno. Pur mantenedo il valore poetico e simbolico del canto, mentre nella colindă98 viene trascurata la figura del mastro e ci si concentra, invece, sulla figura del bambino: quest’ultimo, dopo essere rimasto orfano, in cresce nell’elemento naturale una «invulnerabile solitudine cosmica» (Cepraga, Renzi, Sperandio 2004: 83). In alcune varianti il fanciullo è Gesù bambino. Citiamo a proposito La colindă dei muratori99:

Per il bene che mi avete voluto, che ho un figlio piccolino, e chi si prenderà cura di lui? Sulla testa chi lo laverà? - “La pioggia quando pioverà” - “La neve quando nevicherà” - “E chi lo cullerà?”

- “Il vento quando soffierà” (Cepraga, Renzi, Sperandio 2004: 94).

L’origine sub-danubiana di Mastro Manole è stata attesta in maniera definitiva da Kurt Schladenbach nel 1894, all’interno dello studio Die aromunische Balade von der Artabrücke. Successivamente Dumitru Caracostea (1879-1964), nel suoMaterial sud-est european del 1942, ha stilato una sintesi delle varianti sud-orientali e magiari del testo. Petar Skok (1881-1956) si è occupato dello studio della diffusione della ballata nei Balcani, evidenziando la prossimità fra le versioni bulgare e quelle dacoromene, secondo lo studioso sono solo due caratteristiche in comune fra i due diversi filoni di testimoni:

98 La colindă è un canto che viene pronunciato in occasioni dell’anno specifiche, come ad esempio il solstizio d’inverno o il Natale, e solitamente viene cantata fra Natale e l’Epifania. La colindă ha una funzione augurale.

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«le preghiere rivolte da Manole a Dio perché impedisca l’arrivo della moglie e il volo alla Icaro del mastro» (Eliade 2017: 21).

Skok attesta che la diffusione della ballata nei Balcani va ricondotta ai muratori arumeni100 che conservano all’interno delle loro ballate due elementi fondanti: la superiorità dei mastri muratori, in quanto in stretta correlazione con la divinità e la necessità per i costruttori di sacrificare le proprie famiglie. Risulta perciò inevitabile ipotizzare che la leggenda si sia tramandata fra i goge, ovvero gli arumeni che abitavano nei Balcani: questi erano infatti fortemente associati al mestiere di muratore, al punto che lo stesso termine goga divenne sinonimo di muratore presso i serbi e gli albanesi. La leggenda ha avuto una diffusione nelle regioni sud-orientali dei Balcani, valicando il Danubio e arrivando in Bulgaria.

Michail Petrov Arnaudov (1878-1978) si interessò piuttosto al rapporto fra le varianti. Sulla base dei suoi studi, Caracostea riassume la filiazione fra le diverse versioni, seppur (come sostiene Eliade) essa non sia certificata: «dal tipo greco derivano le ballate albanesi, bulgare e arumene, da quello albanese e bulgaro proviene il tipo serbo; quello romeno deriva dai bulgari e quello magiaro dai romeni» (Eliade 2017: 22).

Risulta peraltro fondamentale evidenziare come il sacrificio rituale, motivo globalmente presente, abbia dato un esito a livello letterario solamente nel sud-est europeo: «Soltanto qui [le varianti] hanno acquisito autonomia che ha loro permesso di circolare come tale e di accrescere gradualmente il loro contenuto epico e drammatico» (Eliade 2017: 22). Ripercorrendo la sintesi effettuata da Eliade all’interno del volume I riti del costruire (Bucarest 1943), va rivelato come le varianti di Mastro Manole presentino caratteristiche comuni a seconda della regione presa in considerazione. Ad esempio, risulta importante notare come in Serbia si faccia leva sul ruolo della donna presa dalla vergogna che, ormai prossima alla morte, è disperata perché costretta a lasciare il nucleo familiare e ad abbandonare il figlioletto. Le varianti bulgare sono piuttosto caratterizzate delle lamentazioni della moglie, mentre le versioni ungheresi presentano un’assenza importante dell’elemento irrazionale, che risulta invece essere svoltante nelle altre registrazioni della leggenda. Le attestazioni della ballata romena possiedono delle differenze rispetto a quelle diffuse nelle altre regioni dell’Europa del sud-est: come

100 L’arumeno è una lingua neolatina parlata nei Balcani meridionali ed è una delle quattro lingue appartenenti al gruppo delle lingue romene, assieme al dacoromeno, istroromeno e meglenoromeno. L’arumeno è diffuso principalmente in Serbia, Albania e Macedonia.

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sostiene Caracostea, «nella ballata romena, la leggenda ha realizzato il proprio destino artistico» (Eliade 2017: 27). Ad esempio, le versioni romene contengono, nelle loro forme di ballata, il processo decisionale riguardo la scelta del luogo dove verrà eretto il monastero, con Mastro Manole, o il capomastro, al centro dell’intera vicenda. Il dramma, nella tradizione romene, ricade tutto sul Mastro, mentre nelle altre varianti balcaniche è la donna ad avere un ruolo fondamentale, a testimonianza di quanto la donna sia impattante nel nucleo familiare dei Balcani e nella fattispecie dei serbi. La sua posizione non risulta sostituibile e quando ella muore l’intera economia della famiglia si sgretola: il padre lascia il proprio nido per la vergogna e l’orfano diventa un “figlio della strada” o del mondo naturale, con tutti i richiami mitologici e religiosi del caso.

Nella variante romena la ballata mette invece in luce il destino tragico di Mastro Manole, malgrado «alcuni folcloristi abbiano ritenuto che questa continuazione sia inutile, in quanto il dramma si esaurisce con l’atto di murare la sposa» (Eliade 2017: 27). Nella sua complessità quindi la variante romena risulta più composita e ricca dal punto di vista simbolico rispetto alle altre, oltre ad essere più raffinata dal punto di vista letterario. All’interno del Mastro Manole romeno è centrale il mito cosmogonico nella sua totalità, di cui vengono enunciati tratti tipici e globali: la complessità e la densità tematica della ballata romena rappresenta dunque un unicum che non si è potuto trascurare in un’analisi del folclore e del mito, seppure si tratti di una leggenda originatasi nella regione dei Balcani sud-occidentali.