• Non ci sono risultati.

Una nuova struttura sociale

Secondo la ricostruzione critica di António José Saraiva, dopo l’editto di espulsione spagnolo del 1492 si costituirono in Portogallo tre gruppi sociali coesistenti: i judeus mosaicos, i judeus cristãos e i judeus marranos. La significativa denominazione mette contemporaneamente l’accento da una parte sull’estrazione comune di questi gruppi e dall’altra sulle diverse strade che presero da un certo momento in poi, strade che inevitabilmente si intrecciarono creando ulteriore confusione. Se infatti l’editto di espulsione, sulla carta, abolì i

judeus mosaicos, ebbe anche l’effetto riflesso di assimilare i judeus marranos ai judeus cristãos, rendendoli di fatto una cosa sola. Questo si verificò solo in

ipotesi, in quanto i due gruppi rimasero ufficialmente due entità distinte e separate, la cui fisionomia, se taciuta al mondo esterno, fu molto ben chiara all’interno della grande famiglia giudaica e giudaizzante.

Stabilire tuttavia cosa sia stata l’identità del gruppo cripto-giudeo rimane cosa ardua, se, come dice Saraiva:

«realidade religiosa vimos que não a tinham (...). Personalidade étnica é dificil encontrá-la nestes vários grupos de população (...) que não se privavam de misturar por casamento o seu sangue com os dos Cristãos-velhos. A personalidade deste grupo social, aliás pouco estável e de limites mal definidos, resultava sobretudo das suas actividades económicas predominantes e da consciência particular que dentro dele tendia a criar-se em resultado da sua situação relativamente aos autros grupos sociais»58.

Come si è già sottolineato più volte, in Portogallo, differentemente che in Spagna, non ci furono persecuzioni in massa fino al 1496 e la comunità giudaica rimase praticamente intatta. Le famiglie ebree vivevano nelle aljamas, o judiarias, e la loro vita era regolata da quanto stabilito nelle Ordenações Afonsinas, secondo le quali non si poteva convertire un ebreo con la forza, né condurlo in tribunale di sabato. Le judairias, di cui non si è mai avuto un censimento attendibile, ma che erano sparse per ogni angolo del paese, erano governate da magistrati interni, a capo dei quali vi era un Arrabi-mor, direttamente dipendente dal Re, con funzioni

44

di «ministro agli affari ebraici»; inoltre sottostavano a un proprio «codice civile» interno, differente da quello dei cristiani secondo cui, per esempio, era consentito il divorzio, oppure l’applicazione di interessi nel commercio.

Oltre al mero fattore patrimoniale, questi sudditi contavano soprattutto per il loro ruolo sociale, dipendente dagli incarichi assunti soprattutto nel settore delle operazioni finanziarie, di cui detenevano il monopolio grazie a una secolare tradizione. Già nel Medioevo i Tesoureiros-mores del Re erano ebrei, cosí come i banchieri del Regno. Per contro, complementare a questa élite finanziaria, vi era una vasta schiera di artigiani, che rispondevano a una fisionomia molto diversa da quella degli usurai parassiti tramandata da una certa letteratura storiografica59. Essi

infatti non erano meri intermediari, quanto piuttosto grossi produttori: tessitori, orefici, barbieri, ciabattini, sarti, fabbri, ossia imprenditori in quei settori produttivi a cui erano direttamente collegate le attività di commercio. Inoltre, aspetto apparentemente senza un collegamento diretto ma in realtà molto significativo, gli ebrei erano i diretti eredi della scienza araba, di cui erano diventati i principali detentori e diffusori e che aveva permesso loro di avere un ruolo fondamentale nella politica espansione marittima della Corona portoghese. Erano in ultimo eccellenti medici, illustri rappresentanti del dominio delle scienze esatte e naturali, in aperta contrapposizione con le conoscenze ostentate dal mondo cristiano, dove l’egemonia del clero imponeva una visione i cui unici riferimenti erano la teologia e la letteratura sacra.

A fronte di questa sfaccettata moltitudine, nel mondo cristiano esisteva un sistema parallelo fatto di artigiani e di una esigua borghesia mercantile, con il quale però non via era alcun tipo di contatto. Gli ebrei costituivano di fatto una classe di paria ai margini della società comune; non facendo parte della popolazione non ne avevano né i medesimi obblighi né pari diritti. Uno degli esempi più eclatanti e conosciuti, quello dell’autorizzazione a praticare l’usura, non rappresentava un diritto o un privilegio, ma nasceva di fatto come esenzione da una regola comune a cui erano soggetti i membri della comunità dei sudditi, esenzione che diventava dunque, sostanzialmente, discriminazione:

«O favor que pudessem receber dos poderosos não era, portanto, sinal de valia social, mas a expressão do apreço caprichoso e interessado que se pode ter por um animal doméstico, um escravo, uma mulher comprada, um bobo da corte, um jogral, apreço cuja manifestação pode ser justamente uma exibição de poder».

59 Cfr. in particolare Lúcio Azevedo, História dos cristãos-novos portugueses, Lisboa, Livraria Clássica,

45

In realtà, fino all’istituzione dell’Inquisizione non vi furono in Portogallo leggi vigenti a sancire una discriminazione «in positivo» fra cristiani nuovi e cristiani vecchi, esercitata cioè nell’accesso alle cariche e ai mestieri. Dopo che nel 1449 furono promulgati a Toledo Los Estatutos de Limpieza de Sangre, in qualche caso anche in Portogallo si tentò di metterli in pratica, ma essendo questi costituiti da Regolamenti circoscritti a singoli ordini o corporazioni e mancando di fatto una giurisdizione generale sancita dal Re, i cristãos-novos poterono ancora opporvisi ufficialmente e appellarsi alle leggi del periodo manuelino.

Tuttavia, alla prova dei fatti, con l’istituzione del tribunale religioso la discriminazione diventò una pratica diffusa e autorizzata, pur non entrando mai ufficialmente nel sistema legislativo portoghese. Persino dopo l’ascesa al trono di Filippo II, nel 1581, i cristãos-novos ebbero la possibilità di presentare alle Cortes una lamentela e una formale richiesta di accesso alle cariche e ai privilegi da cui erano esclusi solo per una prassi consolidata60.

Dunque se l’applicazione degli Estatutos in Portogallo non entrò mai a tutti gli effetti nella legislazione comune, si creò una situazione perpetuamente contraddittoria, fra le norme generali di diritto civile e la volontà di discriminazione manifestata dalla prassi comune, suggellata da leggi speciali e provvedimenti regi ad hoc. Tale volontà aveva le sue radici nella prima conversione forzata del 1497, quando la discriminazione era nella natura delle cose poiché esistevano due razze, due religioni, due popoli distinti e separati. Ora si continuava ad agire mossi dallo stesso spirito, come dimostrano gli Aphorismi

Inquisitorum di Frei António de Sousa, un’opera illuminante sulla mentalità del

tempo, dove lo stratagemma fondativo di accostare i cristãos-novos agli ebrei del Medioevo è lo specchio di una discriminazione assurta a regola61.

60 Sotto Filippo II, per regolamentare gli accessi alle cariche ecclesiastiche dei cristãos-novos secondo i

principi degli Estatutos, entrarono in vigore leggi speciali di provenienza pontificia. Anche nella giurisdizione civile si fecero dei passi nella stessa direzione, ma solo per quelle categorie che avevano, secondo il Diritto, un’origine spirituale, come gli Ordini Militari e l’Universitá, così da potere sempre ricadere sotto gli editti pontifici. Cfr. A. J. Saraiva, Op. cit., 1969

61 «Aparentemente (...) está fora do tempo e da realidade, aplicando à sociedade sua contemporânea

categorias jurídicas próprias de um mundo desaparecido. Confundia o mito com a realidade. O que de facto acontece é que o nosso frade sabe o que quer e o que faz: ele procura agir sobre a realidade utilizando o mito como instrumento. A limpeza de sangue na sociedade portugueza desta época tem uma substância quimérica e daí vem o seu carácter arbitrário e fraudolento. Mas não deixa de ter uma presença efectiva e um valor instrumental». Ibidem., p. 174.

46

Secondo il resoconto di Damião de Góis, nella sua Crónica do Felicíssimo Rei D.

Manuel, a seguito dell’editto di espulsione dei Re Cattolici il sovrano portoghese

aveva accolto i giudei fuggiaschi chiedendo loro una «tassa d’ingresso» di otto

cruzados a testa e dando loro una scadenza per imbarcarsi, trascorsa la quale

sarebbero stati considerati schiavi. Non è stato possibile stabilire con esattezza il numero di ingressi, ma è certo che furono molti: Abraão Zacuto parla di 120.000 persone, Góis riferisce circa 20.000 famiglie. Le due cifre non si discostano molto62. La maggior parte si imbarcò per l’Africa entro i termini stabiliti; altri

rimasero in condizioni di schiavitù. Tale situazione però non perdurò: già nel 1495 D. Manuel, da poco salito al trono, ridette loro la libertà, per poi decidere nel 1496 di promulgare a sua volta un editto di espulsione con il chiaro obiettivo di compiacere i Re Cattolici e ottenere così il consenso a sposarne la nipote, l’Infanta Isabel. Sebbene il Clero locale, soprattutto nella persona del futuro vescovo di Silves, reputasse l’azione non canonica, il Re pensò innanzitutto di colpire i bambini, su consiglio di un apostata, Levi ben Shem-tob, che dimostrava in questo modo di conoscere molto bene la mentalità ebraica: nel marzo del 1497 emanò l’ordine di presentare per il battesimo tutti i bambini dai 4 ai 14 anni la domenica successiva, proprio il giorno in cui cadeva la Pasqua ebraica. Pochi furono i genitori che accompagnarono al fonte battesimale i propri figli di spontanea volontà; perlopiù si verificarono episodi di estrema ferocia, in cui gruppi di fanatici strappavano letteralmente dalle braccia dei genitori anche giovani di vent’anni o anziani non autosufficienti, in barba alla disposizione regia. In molti casi le famiglie preferirono uccidere i propri figli e poi uccidersi a loro volta; nondimeno tutti coloro che furono battezzati, senza fare distinzione di ceto sociale, vennero anche allontanati dalla propria casa e sparsi per il Paese per essere allevati da famiglie cattoliche. In realtà della maggioranza dei bambini la comunità giudaica perse le tracce63

.

Le modalità di emanazione e i contenuti che caratterizzarono tale editto evidenziano tuttavia la reticenza di D. Manuel a spingere i giudei a lasciare il Paese, giacché il sovrano concedette di fatto un lasso di tempo molto lungo per la partenza, durante il quale mise in opera varie iniziative di natura concreta ed effettiva. Esentò per un ventennio qualunque cristão-novo da accuse di giudaismo

62 Cfr. Cecil Roth, Op. cit., 2003.

63 Per il resoconto di questa vicenda si vedano Cecil Roth, Op. cit., 2003; A. J. Saraiva, O. Lopes, Op. cit.,

47

e da processi a suo carico per ragioni di natura religiosa e inoltre fece intervenire numerosi impedimenti nelle operazioni d’imbarco di quegli ebrei che avevano deciso di andarsene, uno dei quali si dimostrò risolutivo ed estremamente significativo. Invece che dai vari porti del Paese, come era stato deciso in un primo momento, un editto regio fece confluire tutti i fuggiaschi a Lisbona, dove si ammassarono più di 20.000 persone provenienti dal ogni angolo del Portogallo64

, radunate nel palazzo noto come Os Estãos65

, stipate senza cibo né acqua, «con la speranza che le privazioni facessero aprire loro gli occhi alla vera fede»66.

Questi ebrei, ormai divenuti ostaggi, erano sottoposti a continue e infernali visite mediche, ragione per cui giorno dopo giorno in molti accettarono di convertirsi; coloro che resistettero, poche ore prima della partenza stabilita furono informati che a causa della loro disubbidienza avevano perduto la libertà ed erano quindi schiavi del Re. Di nuovo si riproposero le medesime scene: in molti accorsero in massa al fonte e chi non lo fece vi fu trascinato a forza o letteralmente spruzzato con l’acqua santa e dichiarato cristiano. Coloro che scelsero di opporsi provocatoriamente furono massacrati senza pietà, mentre i pochi restanti, guidati da Simon Maimi, all’epoca Arrabi-Mor del Portogallo, mantennero un atteggiamento di sobria opposizione. Murati vivi in una prigione, a mo’ di esempio per gli altri, coloro che non morirono di stenti finirono deportati in Africa. Secondo tali resoconti, dunque, ebbe luogo il primo vero battesimo di massa della storia del Portogallo: da quel momento in poi gli ebrei presenti potevano e dovevano essere considerati cristiani a tutti gli effetti e se avessero perseverato nel culto della religione originaria sarebbero stati considerati apostati. Alcuni risolvettero di partire ugualmente, ma la maggioranza di questi baptizados-

em-pé decise di restare in Portogallo. Nei loro confronti D. Manuel promosse una

politica di pacifica integrazione, con l’intento di eliminare ogni tipo di discriminazione fra Cristãos-novos e velhos. Da una parte proibì l’emigrazione di famiglie di conversos, mentre dall’altra perseverò nel negare ai Re Cattolici la «consegna» degli ebrei spagnoli che varcavano il confine del suo territorio. A partire dal 1507 divenne organicamente valida una legge contro la discriminazione.

64

Le cifre provengono dalla fonte di Damião de Góis, nella Crónica do Felicissimo Rei D. Manuel. Cfr. Cecil Roth, Op. cit., 2003

65 Oggi sede del Teatro Nacional Dona Maria II, nella Praça do Rossio. 66 Ibidem, p. 55.

48

Con questa data, scrive A. J. Saraiva, «acabaram em Portugal os Judeus e nasceram os Cristãos-novos»67, ma in modo molto diverso che nella vicina

Spagna: se qui infatti molti giudei ebbero la possibilità dell’esilio, in Portogallo non fu data loro alcuna realistica alternativa, e la conversione avvenne per tutti con un unico e solenne atto di scaltrezza. È infatti difficile affermare che ci sia stato per gli ebrei portoghesi un vero e proprio editto di espulsione; di fatto rimasero in patria convertiti con la forza e si spalancarono per loro le porte di tutti i privilegi e le posizioni riservate ai cristiani. L’Inquisizione fece la sua comparsa ufficiale solo quasi quarant’anni più tardi.

Tuttavia è noto che le trattative con la sede papale per l’istituzione di un tribunale religioso su modello spagnolo iniziarono già nel 1515, a soli tre anni di distanza dall’editto regio che stabiliva di allungare di ulteriori 17 anni il periodo in cui i

conversos sarebbero stati al riparo da persecuzioni religiose.

La formulazione delle trattative induce a pensare che fosse inizialmente solo un modo per placare le insistenze dei Re Cattolici in merito ai rifugiati spagnoli in Portogallo, tanto più che dai documenti, lettere patenti regie, non si evince un forte intento da parte di D. Manuel di tradire le attese che aveva suscitato nei sudditi convertiti, attese che furono parzialmente rispettate anche dal suo successore, D. João III. Le considerazioni di D. Manuel indicano anche un altro dato interessante, ossia le basse stime ufficiali relativamente al censimento della popolazione convertita, a indicare che non era necessario un tribunale speciale per un così esiguo numero di persone. La popolazione di cristãos-novos effettivamente diminuiva, e questo per tre ragioni: in primo luogo l’allontanamento dei bambini dalle famiglie, con la motivazione formale di dare loro un’educazione cristiana, in secondo luogo la continua emorragia dei fuggiaschi verso altri lidi. In ultimo i nuovi cristiani, ormai non ufficialmente discriminabili, si mescolavano tramite i matrimoni ai vecchi, via d’uscita per acquisire definitivamente uno status di normalità.

Secondo António José Saraiva, a lungo andare si verificò in Portogallo una vera e propria assimilazione di massa:

«A religião hebraica era em Portugal um culto público e oficial, com sinagogas, livros sagrados e regras de vida colectiva. Reduzido à clandestinidade, um culto deste género só pode degradar-se e esvanecer-se. (...) Os antigos Hebreus tiveram de submeter-se quotidianamente ao culto público cristão, aos ritos e à disciplina da

49

Igreja. (...) Mas um ritual que se pratica ao longo dos anos e das gerações não pode manter-se indefinidamente como uma atitude hipócrita ou forçada»68.

In questa prospettiva, dunque, l’istituzione dell’Inquisizione nel 1536 non fece altro che interrompere bruscamente un processo di naturale integrazione che faceva ormai il suo corso, senza generare conflitti di sorta e che avrebbe probabilmente portato a una nuova prosperità sociale.

Il peso dell’Inquisizione

La realtà storica che fa spazio alla nuova categoria sociale dei cripto-giudei deve molto al ruolo dell’Inquisizione, lo speciale tribunale religioso che ha tramandato ai posteri l’immagine della condanna per eresia, immagine corollata di aspetti sinistri e di una forte dose di violenza sanguinaria. Tralasciando per ovvie ragioni di non-opportunità i particolari più cupi, si può dire a ragion veduta che l’intervento di un simile gigante istituzionale abbia modificato in via definitiva la compagine sociale, eliminando anche sul piano pubblico soggetti che potevano – con la loro esistenza, con il loro agire culturale nel senso più ampio del termine – condizionarla altrettanto pesantemente, facendo prendere alla storia una piega diversa69.

Storicamente, la funzione dei tribunali religiosi fu punire i crimini contro la fede e il «buon costume», indagando e giudicando tali crimini secondo regole e processi speciali e facendo infine eseguire sentenze temporali per colpe di natura spirituale. Una sorta di primitivo tribunale speciale con queste finalità, che coniugava potere temporale – attraverso il diritto civile – e potere spirituale – attraverso il diritto ecclesiastico – sorse ex abrupto nel XII secolo, durante la diffusione della dottrina albigese nella Francia del Sud, frutto di un’apposita alleanza fra Filippo II di Francia e Papa Innocenzo III. Già il Concilio Lateranense III aveva approvato nel 1179 le prime misure inquisitoriali, fra le quali, in particolare, il dettato del

Canone 27 che legittimava la scomunica e l'avvio di crociate contro gli eretici.

Nel 1184, con il decreto Ad abolendam, Lucio III formalizzò il procedimento inquisitorio nella giurisdizione ecclesiastica e stabilì il principio – sconosciuto al

68 Ibidem., p. 45

69 Per una ricognizione storica dell’origine dell’Inquisizione cfr. Dizionario Storico del Papato, diretto da

50

diritto romano – che si potesse formulare l'accusa di eresia contro un soggetto e iniziare un processo a suo carico, anche in assenza di testimoni attendibili. La norma venne poi ribadita nel 1215 dal Concilio Lateranense IV che diede vita all'istituzione delle «procedure d'ufficio», formula volutamente nebulosa che autorizzava, di fatto, l’apertura di un processo sulla base di semplici sospetti o delazioni, secondo una tacita regola per cui chi non denunciava era considerato a tutti gli effetti corresponsabile. La prima documentazione del termine «inquisizione», tuttavia, si ritrova negli atti del Concilio di Tolosa tenutosi in Francia nel 1229.

I legati pontifici che per primi ebbero il precipuo compito di scovare e reprimere l’eresia furono reclutati fra gli ordini monacali, specialmente tra i Francescani e i Domenicani, i quali poterono da subito contare sulla collaborazione del potere secolare per l’esecuzione delle pene più dure. In realtà la cosiddetta Inquisizione medievale, attiva dal XII al XIV secolo, fu precaria durante tutto il periodo in cui rimase in vigore, proprio per via degli instabili rapporti fra il soglio Pontificio e i vari governanti, visto e considerato che fino all’intervento dei Re Cattolici non ci fu un preciso statuto a regolare la sua esistenza e il suo operato, diffuso com’era ormai in paesi retti da ordinamenti profondamente diversi fra loro. Inoltre tale Inquisizione ante litteram si occupò solo di reprimere l’eresia che nasceva nel suo stesso seno, non interessandosi delle altre fedi religiose, e quando giunse nella Penisola Iberica, dopo essersi diffusa nella Francia meridionale, per molto tempo non riuscì a oltrepassare il confine naturale segnato dall’Ebro. Quando finalmente lo fece, fu per assumere una diversa investitura.

Lo scenario politico nella Penisola Iberica mutò radicalmente con l’unione di Ferdinando d’Aragona e di Isabella di Castiglia, e naturalmente dei relativi Regni; insieme i due sovrani spagnoli riuscirono ad rimuovere dall’Inquisizione il suo carattere episodico, dandole al contrario una legittimità mai avuta prima, pesantemente condizionante rispetto alle altre forze sociali e politiche in campo. Il momento storico si annunciava urgente, con la Reconquista in fase di completamento e le trattative in corso con Colombo per la spedizione navale che avrebbe fatto assurgere la Spagna a principale potenza coloniale del Nuovo Mondo. Occorreva quindi dare un altro segnale forte, sul fronte interno, per confermare che il ruolo della nuova monarchia unificata nel panorama politico