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5. IL COMMERCIO DELLE QUOTE DI EMISSIONE

5.1 Il meccanismo delle quote

Lo scambio di emissioni è definito dall’articolo 17 del Protocollo di Kyoto:

Le Parti incluse nell’Allegato B potranno partecipare al commercio di diritti di emissione al fine di adempiere agli impegni assunti a norma dell’articolo 3. Ogni scambio di questo tipo sarà integrativo delle misure adottate a livello nazionale per adempiere agli impegni quantificati di limitazione e riduzione delle emissioni previsti dal presente articolo.

Il Protocollo di Kyoto identifica tre meccanismi di cooperazione internazionale volti a limitare le emissioni in atmosfera, e il sistema di scambio delle quote di emissione è il principale e più noto, in quanto cerca di affrontare il problema dei gas serra non più in base ad uno schema tradizionale di tasse ambientali (come la carbon tax) o di comando e controllo (limiti massimi alle emissioni), bensì trasformando in bene economico un classico bene pubblico, quale l’inquinamento atmosferico.

Le considerazioni economiche alla base di questa scelta risiedono nei vantaggi in termini di costi e di efficienza rispetto alle altre soluzioni di politica ambientale, cioè alla possibilità di raggiungere gli obiettivi fissati a costi inferiori rispetto alle altre opzioni di politica economica. Se ricordiamo infatti che il problema principale è nella diversa localizzazione geografica tra le emissioni a effetto serra e le conseguenze

da esse derivanti, la prima caratteristica che risalta dal meccanismo di scambio delle quote è costituita dalla separazione tra costi di controllo del sistema e costi di implementazione dello stesso. Infatti ogni paese riceve e controlla la disponibilità di una certa quota di emissioni, e il suo controllo permette di esternalizzare i benefici, così come di godere dei benefici del controllo da parte delle altre nazioni sulla propria quota. La distribuzione locale alle singole aziende dei permessi negoziabili attiva, inoltre, un meccanismo virtuoso di impiego del capitale privato nell’implementazione delle politiche ambientali, capitale privato che affianca e si aggiunge alle risorse pubbliche destinate al controllo del riscaldamento globale del pianeta.

Ogni permesso di inquinamento, assimilabile economicamente ad un diritto di proprietà, definisce l’ammontare delle sostanze inquinanti che ogni azienda può emettere in atmosfera. Sulla base scelta dal Trattato, l’ammontare di gas ad effetto serra viene quantificata e distribuita tra i soggetti ammessi ad autorizzazione e allo scambio.

Il vantaggio in termini di costi e di flessibilità che questo meccanismo permette di garantire è legato proprio alla commerciabilità delle quote a disposizione delle aziende. Ogni impresa deve, infatti, fronteggiare un costo marginale di riduzione delle emissioni crescente, differente per ogni azienda. Il costo di riduzione delle emissioni è calcolato come Costo Marginale di Abbattimento (Marginal Cost of Abatement, MAC). Utilizzando le curve MAC si possono ricavare le curve di domanda e offerta dei permessi di emissione.

In via di principio, al fine di minimizzare i costi, la riduzione da parte di ciascun Paese sarà tale che il MAC corrispondente a tale riduzione sarà uguale al prezzo di mercato dei permessi. Viceversa, se la riduzione fosse

inferiore a quella richiesta, il Paese contribuirebbe alla domanda di permessi sul mercato. La condizione di equilibrio del mercato determina dunque il prezzo di mercato dei permessi di emissione.

Questa struttura di costi di riduzione delle emissioni non deve essere nota al policy maker14, come avviene per altre misure di politica ambientale, e

quindi non costituisce dal punto di vista amministrativo e regolamentare un aggravio di costi sulla struttura pubblica.

Si ottiene, quindi, il risultato previsto nell’analisi di Coase15, che gli

valse il Premio Nobel per l’economia nel 1991: un’allocazione efficiente, raggiungendo l’obiettivo aggregato (ammontare totale delle emissioni), senza la necessità e i costi conseguenti alla regolazione di ogni singolo agente economico.

Lo scambio dei diritti di emissione consente alle imprese di superare la propria quota di emissioni a condizione che vi sia un'altra impresa che abbia prodotto una quantità di emissioni inferiore alla soglia massima consentita e che sia disposta a cedere la propria quota "inutilizzata". A livello globale il risultato ambientale è lo stesso, con l'importante differenza che sia l'impresa cessionaria che quella cedente hanno potuto beneficiare della flessibilità del sistema di scambio, senza alcun danno per l'ambiente. Grazie al meccanismo di scambio, entrambe le imprese riducono i costi di adempimento (l'impresa "cessionaria" riceve un pagamento in cambio del trasferimento delle quote, mentre l'impresa "cedente" riduce i costi rispetto a quanto avrebbe dovuto spendere per

14 Termine utilizzato per indicare l’autorità cui compete la formulazione e l’attuazione della politica economica.

15 Il “teorema” di Coase è un tentativo di dimostrare come attraverso il mercato si possa giungere ad un’efficienza, intesa come somma netta del benessere sociale superiore a quella che si può ottenere con l’intervento dello Stato o di altre regolamentazioni.

rispettare le quote originariamente assegnate). La trasparenza del meccanismo di determinazione dei prezzi consentirebbe alle altre imprese di valutare le opportunità economiche legate al sistema di scambio e i potenziali vantaggi di una loro partecipazione. Inoltre, incoraggiando la competizione tra le imprese nella ricerca del sistema più economico di abbattimento delle emissioni, il sistema di scambio promuoverà ulteriormente l'utilizzo di tecnologie eco-compatibili.

Lo scambio dei diritti di emissione non determina di per sé una riduzione delle emissioni, ma incoraggia semplicemente a realizzare i previsti abbattimenti delle emissioni al minor costo possibile. Un sistema di scambio più sviluppato consentirà alle singole imprese di tagliare ulteriormente le spese legate all'adempimento degli obblighi, aumentando le probabilità di una riduzione generale dei costi.

A questo punto credo che sia opportuno avere un riscontro numerico, e per fare ciò utilizzerò come esempio una pubblicazione ufficiale presentata dall’Unione Europea; il principio è valido sia a livello di impresa sia a livello nazionale:

facciamo l’ipotesi che le imprese A e B emettano entrambe 100.000 tonnellate di CO2 l’anno. Il governo attribuisce a ognuna di esse 95.000

quote di emissione. Una quota di emissione equivale al diritto di emettere una tonnellata di CO2; di conseguenza nessuna delle due

imprese può coprire integralmente le proprie emissioni. Alla fine di ogni anno le imprese sono tenute a restituire un numero di quote pari alle emissioni effettuate durante l’anno, indipendentemente dalle emissioni di ogni singola impresa.

Le imprese A e B devono entrambe coprire 5000 tonnellate di CO2 e

possono farlo in due modi: riducendo le proprie emissioni di 5.000 tonnellate o acquistando 5.000 quote di emissione sul mercato. Per decidere che soluzione scegliere dovranno calcolare quanto verrebbe a costare ridurre le emissioni di 5.000 tonnellate e paragonare tale costo al prezzo di mercato delle 5.000 quote di emissione.

Per proseguire con l’esempio, ipotizziamo che il prezzo di mercato di una quota di emissione sia di 10 euro / tCO2 e che per l’impresa A la

riduzione delle emissioni costerebbe 5 euro / tCO2 (meno, quindi, del

prezzo di acquisto di una quota di emissione sul mercato). L’impresa sceglierà di ridurre le proprie emissioni in quanto le verrà a costare meno rispetto all’acquisto di quote di emissione; essa potrebbe addirittura non limitarsi a 5.000 tCO2, ma ridurre le proprie emissioni di

10.000 tCO2. Per l’impresa B, ipotizziamo che la situazione si presenti in

termini opposti e che la riduzione delle emissioni le venga a costare 15 euro / tCO2 (costo superiore al prezzo di acquisto di una quota di

emissione sul mercato). L’impresa B preferirà pertanto acquistare quote sul mercato piuttosto che ridurre le proprie emissioni.

L’impresa A spende 50.000 euro per ridurre le proprie emissioni di 10.000 tCO2 al costo di 5 euro / tCO2 e ricava 50.000 euro dalla vendita

di 5.000 quote di emissione al prezzo di 10 euro / tCO2. In questo modo

l’impresa A annulla completamente i costi con la vendita delle quote, mentre se non ci fosse il sistema di scambio dovrebbe sostenere un costo di 25.000 euro.

L’impresa B spende 50.000 euro per l’acquisto di 5.000 tCO2 al prezzo

di 10 euro / tCO2. Se non avesse potuto contare sulla flessibilità del

sistema di scambio delle quote, la sua spesa sarebbe stata di 75.000 euro.

Poichè solo le imprese che possono limitare i costi di abbattimento e che pertanto decidono di ridurre le proprie emissioni - come l’impresa A - sono in grado di vendere, le quote acquistate dall’impresa B rappresentano una riduzione complessiva delle emissioni, anche se l’impresa B non procede ad una riduzione delle proprie emissioni.

Nello scenario ideale sopra descritto, sia acquirente sia venditore beneficiano dallo scambio, e al contempo è ridotto anche il costo economico complessivo. Gli scambi non modificano il risultato finale in termini di riduzioni, ma ridistribuiscono il carico economico tra i partecipanti, minimizzando così i costi totali. Affinchè il mercato delle emissioni possa funzionare, è necessario considerare diversi aspetti tra cui le regole del mercato stesso ed il principio per le assegnazioni iniziali.