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4. IL MERCATO DELLE UNITÀ DI EMISSIONE
4.7 Lo sviluppo dell’ETS La fase I (2005/2007)
Dal momento del suo lancio fino ad oggi, l’ETS ha coperto le emissioni di CO2 per i 27 Paesi dell’Unione Europea. Queste emissioni
costituiscono il 41% delle emissioni di gas serra all’interno dell’Europa, dal momento che settori come l’agricoltura, i trasporti e i comparti abitativi non sono stati presi in considerazione, e più in generale, l’ETS si interessa dell’11% di emissioni prodotte dai Paesi sviluppati e meno del 5% delle emissioni mondiali.
Il successo del mercato europeo del carbonio si basa sulla possibilità di poter commerciare liberamente i permessi (allowances) assegnati. È un mercato che prevede che ogni impianto debba consegnare ogni anno un numero di permessi pari al livello di emissioni prodotto nell’anno precedente.
Il mercato spot dei permessi, che consente di acquistare un certificato istantaneamente, è stato ufficialmente aperto nel Febbraio del 2005 con l’avvio dei primi registri nazionali. Lo scambio di contratti futures ha avuto, invece, inizio qualche mese piú tardi, a seguito della costituzione di mercati organizzati. La quantità di permessi scambiati nel 2005 è stata relativamente esigua, con circa 262 Mt scambiate.
Il volume è cresciuto notevolmente l’anno successivo, arrivando a 809 Mt scambiate, per poi confermare la maturazione del mercato nel 2007 con circa 1.500 Mt scambiate. In termini monetari, l’evoluzione registratasi vede un totale di 5,97 miliardi di euro scambiati nel 2005 fino ai 24 miliardi di euro del 200710.
Nel corso dei primi due anni, il surplus netto di permessi ammontò al 2,8% del totale, pari a 118 Mt, con 2.950 impianti in posizione corta, con un deficit di 409 Mt, e 7.250 impianti in posizione lunga, con un surplus di 527 Mt. Possiamo dividere la Fase I in tre periodi principali:
1. il periodo di lancio (Gennaio 2005 – Aprile 2006), durante il quale il settore energetico si gettò immediatamente sull’acquisto di permessi, mentre la maggior parte delle imprese con surplus non erano ancora preparate a vendere i loro EUAs.
CAPITOLO 4 L’EMISSIONS TRADING SYSTEM
10 La Banca Mondiale ha stimato che tale ammontare è pari a circa l’80% del valore del mercato del carbonio mondiale.
2. Lo shock (Aprile – Maggio 2006), a seguito della pubblicazione dei dati relativi alle emissioni del 2005 da parte della Commissione, che mostravano un surplus netto di permessi pari al 4%. A seguito di questa notizia il mercato attraversò un periodo con prezzi altamente volatili, che sconvolsero e pregiudicarono la stabilità di lungo termine dei prezzi auspicata dagli operatori.
3. La totale disconnessione tra i prezzi del primo periodo e quelli della fase finale (da Novembre 2006 fino alla fine della Fase I). I prezzi delle EUAs iniziarono a convergere verso lo zero a seguito dell’esistenza di un surplus netto dei permessi; nel Febbraio 2007 un EUA veniva scambiato a meno di 1 euro / tCO2.
A questo punto è desumibile che le autorità governative abbiano fissato un tetto alle emissioni non sufficientemente restrittivo, l’ammontare di permessi assegnati abbia ecceduto di oltre 80 milioni le emissioni prodotte dai settori ETS e la mancata scarsità abbia causato il crollo a
Prezzo EUA Permessi Emissioni
zero del prezzo della CO2, vanificando ogni incentivo alla riduzione
delle emissioni che l’ETS avrebbe dovuto generare.
La causa principale di tale inefficienza è stata la delega decisionale ai Paesi membri riguardo la quantità di permessi da allocare gratuitamente agli impianti nazionali, come previsto dalla Direttiva 2003/87/CE (grandfathering); infatti gli Stati membri hanno potuto proteggere le proprie imprese assegnando loro un eccesso di permessi. La Direttiva è stata inoltre vaga nel definire i criteri che i Paesi membri avrebbero dovuto adottare per ripartire i permessi tra i diversi settori nazionali, e tra le imprese appartenenti allo stesso settore. L’assenza di criteri omogenei per la quantificazione e ripartizione dei permessi ha comportato oneri di abbattimento diversi tra diversi Paesi, settori e impianti regolati, con conseguenti distorsioni della concorrenza.
L’esperienza dei primi tre anni ci permette di trarre due importanti conclusioni:
• l’efficienza del mercato dipende dalla possibilità dei diversi operatori di accedere ad informazioni affidabili; la Fase I ha evidenziato un’assenza generale di informazioni a livello di impresa, oltre a difficoltà pratiche nel reperire le stesse dal database del CITL, contribuendo in questo modo a un’instabilità dei prezzi.
• La decisione di non consentire una distribuzione intertemporale dei permessi nella Fase I, oltre a condurre ad una completa disconnessione tra i due periodi, ha contribuito ad aumentare quella volatilità dei prezzi che si è effettivamente registrata, in virtù del fatto che le imprese non erano in grado di pianificare i loro vincoli di emissioni su un arco temporale di media durata.
Ciononostante, la Commissione Europea da un lato, e il Consiglio Europeo dall’altro, sono riusciti a superare questi problemi, evitando che diventassero un ostacolo per l’espansione dell’ETS. Questo è sicuramente stato uno dei risultati più importanti che è stato raggiunto nei primi tre anni di vita dell’ETS.
4.8 La fase II (2008/2012)
Con la fine del 2007 si è conclusa la fase di valutazione dei Piani Nazionali di Allocazione per la seconda fase che interesserà gli anni dal 2008 al 2012. Rispetto alla prima fase, il processo di valutazione dei PNA da parte della Commissione Europea è stato caratterizzato da un rigore che era mancato nella prima fase alla luce delle necessità di facilitare la transizione verso il nuovo mercato.
Infatti, se la prima fase sembra essere servita a costruire le competenze per partecipare in modo efficiente al nuovo mercato, la preparazione della seconda fase ha visto la Commissione Europea assumere in modo molto più marcato il ruolo di garante dell'efficacia generale dello schema, garantendo un trattamento uniforme con l'applicazione rigorosa delle linee guida e dimostrando una maggior severità nel richiedere il rispetto degli obiettivi di riduzione.
La Commissione Europea ha infatti richiesto sostanziali modifiche soprattutto per quanto riguarda l'ammontare delle emissioni concesse ai diversi Paesi membri. La maggior parte dei PNA sono stati accettati dalla Commissione solo a fronte di modifiche strutturali rilevanti che hanno riguardato soprattutto la definizione della riserva per i nuovi entranti
nello schema, la miglior specificazione delle installazioni partecipanti allo schema nella seconda fase e la verifica di addizionalità dei crediti da progetti JI e CDM ammissibili annualmente.
La tabella11 seguente riassume il processo di allocazione per quanto
riguarda la seconda fase di EU ETS da parte della Commissione Europea.
Stati membri Permessi
totali concessi 2005/2007 Emissioni verificate 2005 Permessi totali proposti 2008/2012 Permessi totali concessi 2008/2012
(in relazione alle proposte) Limite di JI/CDM 2008/2012 in % Austria 33,0 33,4 32,8 30,7 (93,6%) 10 Belgio 62,1 55,58 63,3 58,5 (92,4%) 8,4 Bulgaria 42,3 40,6 67,6 42,3 (62,6%) 12,55 Cipro 5,7 5,1 7,12 5,48 (77%) 10 Danimarca 33,5 26,5 24,5 24,5 (100%) 17,01 Estonia 19 12,62 24,38 12,72 (52,2%) 0 Finlandia 45,5 33,1 39,6 37,6 (94,8%) 10 Francia 156,5 131,3 132,8 132,8 (100%) 13,5 Germania 499 474 482 453,1 (94%) 20 Grecia 74,4 71,3 75,5 69,1 (91,5%) 9 Irlanda 22,3 22,4 22,6 22,3 (98,6%) 10 Italia 223,1 225,5 209 195,8 (93,7%) 14,99 Lettonia 4,6 2,9 7,7 3,43 (44,5%) 10 Lituania 12,3 6,6 16,6 8,8 (53%) 20 Lussemburgo 3,4 2,6 3,95 2,5 (63%) 10 Malta 2,9 1,98 2,96 2,1 (71%) 0 Olanda 95,3 80,35 90,4 85,8 (94,9%) 10 Polonia 239,1 203,1 284,6 208,5 (73,3%) 10
CAPITOLO 4 L’EMISSIONS TRADING SYSTEM
Stati membri Permessi totali concessi 2005/2007 Emissioni verificate 2005 Permessi totali proposti 2008/2012 Permessi totali concessi 2008/2012
(in relazione alle proposte) Limite di JI/CDM 2008/2012 in % Portogallo 38,9 36,4 35,9 34,8 (96,9%) 10 Regno Unito 245,3 242,4 246,2 246,2 (100%) 8 Repubblica Ceca 97,6 82,5 101,9 86,8 (85,2%) 10 Romania 74,8 70,8 95,7 75,9 (79,3%) 10 Slovacchia 30,5 25,2 41,3 32,6 (78,9%) 7 Slovenia 8,8 8,7 8,3 8,3 (100%) 15,76 Spagna 174,4 182,9 152,7 152,3 (99,7%) 20 Svezia 22,9 19,3 25,2 22,8 (90,5%) 10 Ungheria 31,3 26,0 30,7 26,9 (87,6%) 10 Totale 2298,5 2122,16 2325,34 2082,68 (89,56%) -
(Valori annuali, in milioni di tonnellate di CO2)
Da un punto di vista strutturale la seconda fase di EU ETS ha visto importanti differenze con la fase che l'ha preceduta: prevede, infatti, un ampliamento degli strumenti utilizzabili, dei settori coperti e dell'area geografica interessata.
Nel primo caso vi è la possibilità di utilizzo di tutti i meccanismi flessibili previsti dal Protocollo di Kyoto, Clean Develoment Mechanisms (CDM) e Joint Implementation (JI) a fronte degli obiettivi di riduzione delle emissioni, purché sia verificato il principio di addizionalità di questi strumenti ad un effettivo impegno a livello nazionale.
Per ciò che riguarda una maggiore copertura settoriale, vi è l’inclusione del settore aereo per tutti i voli in arrivo o in partenza da Paesi dell’UE a partire dal 2012. La riduzione delle emissioni di gas serra prevista è pari
al 3% delle emissioni media del periodo 2004-2006 per il primo anno (2012), per poi aumentare al 5% rispetto allo stesso periodo. Il 15% dei permessi sarà allocato tramite aste, mentre il restante 85% sarà trasferito a titolo gratuito; il ricavato delle aste dovrà finanziare la ricerca per migliorare le prestazioni degli aerei, ma i dettagli saranno decisi dai singoli stati. Sono esclusi dallo schema i voli di natura umanitaria e di sicurezza, aeroplani leggeri sotto le 5,7 tonnellate e piccole compagnie aeree con bassi livelli di emissioni.
Infine è aumentata la copertura geografica grazie all’ingresso di Norvegia, Islanda e Liechtenstein nello schema EU ETS.