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4. IL MERCATO DELLE UNITÀ DI EMISSIONE

4.12 Il rischio di Carbon Leakage

Con il Pacchetto clima-energia si prospetta una regolazione ambientale meno distorsiva e più stringente ma, per questo, anche più onerosa. Davanti ad un crescente costo ambientale, e in assenza di un accordo internazionale sul clima, le imprese europee potrebbero trovare conveniente delocalizzare i propri impianti di produzione in zone extra- europee non soggette ad alcuna regolamentazione ambientale per non sostenere i costi ambientali derivanti dalla monetizzazione delle emissioni nell’ETS (Carbon Leakage). Alla diminuzione delle emissioni europee, conseguenza di una minore produzione (e non di una produzione meno inquinante), corrisponderebbe un aumento delle emissioni extra-europee, facente seguito la delocalizzazione della produzione e la successiva importazione dei prodotti in Europa. Se questo rischio dovesse concretizzarsi, l’industria europea potrebbe subire una perdita di competitività, a scapito della crescita economica e dell’occupazione in Europa. Tutti costi a cui farebbero fronte scarsi e dubbi benefici ambientali. La Commissione ed il Consiglio Europeo

hanno dovuto delineare la nuova politica europea in modo da ridurre il rischio di carbon leakage. A questo scopo è stato necessario:

1. analizzare l’impatto dell’ETS sulla competitività dei settori industriali regolati;

2. identificare dei criteri oggettivi per stabilire quali attività economiche sono più esposte alla competizione internazionale, e quindi al rischio di carbon leakage;

3. definire quali rimedi possano limitare questo fenomeno, preservando la competitività dell’industria europea.

Nel primo caso è necessario determinare in che misura l’incremento dei costi (diretti e indiretti), causati dall’adozione di nuovi obiettivi più stringenti, possa essere traslato sui prezzi finali senza causare una perdita di quote di mercato nei confronti dei concorrenti extra-europei, seconda variabile che dipende dal grado di apertura dei mercati alla concorrenza internazionale. La combinazione tra l’aumento dei costi e l’esposizione dei mercati alla concorrenza estera è un criterio in grado di stimare il rischio di Carbon Leakage che ogni settore potrebbe affrontare: se le imprese non sono in grado di recuperare l’incremento dei costi causati dall’ETS attraverso un aumento dei prezzi senza, così facendo, perdere quote di mercato, allora il rischio del carbon leakage sarà sostanziale. Per ciò che riguarda la normativa europea sul Carbon Leakage, essa stabilisce che i settori o sotto-settori industriali sono esposti al rischio di Carbon Leakage nel caso in cui l’implementazione del nuovo Pacchetto causasse un aumento interno dei costi, diretti ed indiretti, superiore al 5% del relativo Valore Aggiunto Lordo e se il valore delle esportazioni ed importazioni rapportato al valore totale della produzione settoriale

eccedesse il 10%. In questo caso la congiunzione “e” ci indica che le due condizioni sopra espresse devono verificarsi contemporaneamente. Ciascuna delle due condizioni è necessaria, ma non sufficiente, affinchè un settore sia considerato esposto a rischio Carbon Leakage.

Il documento comunitario prosegue specificando che, inoltre, un settore o sotto-settore può essere considerato esposto a rischio Carbon Leakage nel caso in cui la somma dei costi addizionali diretti ed indiretti derivanti dall’implementazione del nuovo Pacchetto Clima portasse ad un aumento interno dei costi superiori al 30% del relativo Valore Aggiunto Lordo o se il valore delle esportazioni ed importazioni rapportato al valore totale della produzione settoriale eccedesse il 30%. In questo secondo caso la congiunzione “o” ci indica che ciascuna delle due condizioni sopra indicate è allo stesso tempo necessaria e sufficiente affinchè un settore sia considerato esposto a rischio Carbon Leakage. Una volta stabiliti i criteri, l’esito della valutazione della Commissione dipenderà in larga parte dal livello di disaggregazione con cui i settori industriali europei saranno analizzati. Il documento comunitario lascia dei margini di discrezionalità, limitandosi a specificare che i settori dovranno essere scomposti secondo due alternativi criteri di classificazione statistica delle attività economiche. Infine il documento comunitario stabilisce che i settori trovati esposti a rischio delocalizzazione avranno il diritto di ricevere il 100% dei permessi allocabili a titolo gratuito e, a discrezione dei Paesi membri, potranno ricevere una parte dei proventi ricavati dalla vendita dei permessi all’asta come misura compensativa contro il rincaro del prezzo dell’elettricità.

4.13 Conclusioni

L’ETS è uno strumento di mercato flessibile che ha visto la luce nel 2003, prima che entrasse in vigore il Protocollo di Kyoto all'interno del quale è stato previsto. Esso regola i permessi di emissione per le aziende (un permesso consente di emettere una tonnellata di CO2) tramite

“certificati di inquinamento” che vengono prodotti dall'autorità pubblica dei singoli Stati e quindi ceduti o venduti alle imprese. Le imprese, se sufficientemente virtuose, possono rivendere i permessi eccedenti al prezzo di mercato oppure, al contrario, acquistarli nel caso di sforamento del tetto (cap) di emissioni consentite. Qualunque soggetto, anche imprese non coinvolte dalla normativa e persino un singolo individuo, può comprare e vendere i permessi sul mercato.

L'ETS prevede ovviamente un sistema di monitoraggio, di verifica delle emissioni emesse ogni anno e sanzioni pecuniarie (oppure compensazioni nell'anno successivo) in caso di sforamento.

Già dall'inizio era stata prevista una fase di test, fino al 2007, senza obiettivi vincolanti, seguita da una di attuazione, dal 2008 alla fine del 2012, caratterizzata da obblighi precisi finalizzati al raggiungimento degli obiettivi di Kyoto e, infine, da una terza fase di potenziamento, dal 2013 al 2020, che dovrebbe contribuire al raggiungimento degli obiettivi del cosiddetto “pacchetto clima-energia”.

Dal 2013, infatti, molte delle industrie che attualmente si vedono assegnare gratuitamente i certificati (circa il 90% del totale è ceduto gratis) dovranno iniziare a comprarseli utilizzando meccanismi d'asta. Per le imprese che potrebbero trovare conveniente delocalizzare i propri impianti di produzione in zone extra-europee non soggette ad alcuna

regolamentazione ambientale, e quindi con il rischio di Carbon Leakage, è previsto un sistema di assegnazione gratuita attraverso la definizione di parametri di performance a livello settoriale (benchmark).

E’ opportuno sottolineare che, in alcuni casi, i valori dei benchmark proposti dalla Commissione Europea per la produzione siderurgica sono ancora molto lontani dal livello minimo tecnicamente raggiungibile dagli impianti e porterebbero a un deficit significativo di quote anche per gli impianti che già oggi vantano le migliori performance emissive a livello europeo. Questo appare sostanzialmente in contraddizione con l’obiettivo primario della Direttiva, che è quello di ridurre le emissioni attraverso uno strumento che risponda a criteri di costi/efficacia.

Concludendo possiamo dire che, il Pacchetto clima-energia, riconferma la leadership europea nella lotta al cambiamento climatico. Tuttavia, l’efficacia della politica climatica europea, dipenderà dalla misura in cui la riduzione delle emissioni in Europa sarà la conseguenza di innovazione tecnologica e dell’orientamento del sistema economico verso una struttura di produzione, distribuzione e consumo meno inquinante ma altrettanto efficiente e dalla capacità di avviare un processo globale di lotta al cambiamento climatico. In caso contrario, la riduzione delle emissioni sarebbe la conseguenza non di innovazione tecnologica ma di un costoso crollo della produzione industriale, rischio quanto mai concreto nella attuale recessione economica.