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4. IL MERCATO DELLE UNITÀ DI EMISSIONE

4.10 La ristrutturazione dell’ETS

Il maggiore cambiamento apportato all’ETS consiste in una centralizzazione dei processi decisionali a livello comunitario. Per ridurre le distorsioni di mercato e garantire una maggiore efficacia

dell’ETS, la definizione del tetto alle emissioni che gli impianti potranno complessivamente produrre nella terza fase e dei relativi criteri di allocazione, verrà delegata direttamente alla Commissione, e non più ai Paesi membri che, pertanto, non dovranno più stilare alcun Piano Nazionale di Allocazione (PNA). Stabilito l’abbandono dei PNA e l’accentramento decisionale in capo alla Commissione, è stato necessario definire quale dovesse essere il livello ottimale del cap ETS durante la terza fase 2013-2020. Con il supporto di modelli economici, è stato deciso che, per perseguire il target europeo (-20% al 2020) in maniera efficiente, i settori ETS dovranno ridurre le proprie emissioni del 21% rispetto al 2005, mentre i settori non-ETS devono ridurre le proprie emissioni del 10%.

Questa analisi ha portato alla definizione di un cap ETS per il 2020 pari a 1.720 Mt CO2. La Commissione si è inoltre espressa in favore di un

progressivo abbandono dell’allocazione gratuita dei permessi (grandfathering), che nei primi anni dell’ETS ha dato origine ai cosiddetti “windfall profits”: profitti che le imprese hanno realizzato contabilizzando nel prezzo dell’elettricità il valore di mercato dei permessi. Il fatto che i consumatori abbiano pagato quello che le imprese hanno ricevuto gratuitamente ha avuto significative ripercussioni redistributive, sollevando un problema di equità. Al contrario di quanto a volte ritenuto, tale procedura non ha invece alcuna ripercussione negativa sull’efficienza del sistema. Anche se allocati gratuitamente, i permessi hanno un costo opportunità che le imprese devono internalizzare nei propri costi marginali e nel sistema dei prezzi finali al consumo. L’aumento dei costi e dei prezzi è esattamente l’intento di un mercato istituito al fine di monetizzare le emissioni di CO2.

Il grandfathering è in teoria un criterio allocativo efficiente; tuttavia, in pratica, la disomogeneità con cui questo principio generale è stato applicato tra i Paesi membri (diversi benchmark di allocazione, diverso trattamento tra nuovi entranti ed impianti esistenti, e modifica della base di riferimento per la definizione delle emissioni storiche), ha avuto ripercussioni negative sull’efficienza generale dell’ETS. Infatti questo sistema, se da una parte rafforza la fattibilità socio politica e l’accettabilità del sistema sia tra gli Stati membri che tra gli operatori, dall’altra comporta anche una serie di importanti svantaggi, in particolare:

• può condurre a significative differenze tra i vari paesi a livello di allocazione ai diversi impianti, influenzandone la competitività e/o la profittabilità e distorcendo così il mercato interno;

• può portare ad una distribuzione sbilanciata o iniqua del cap nazionale a favore dei settori ETS rispetto ai settori non regolamentati dalla direttiva; tale trattamento di favore comporta costi sociali più alti per raggiungere l’obiettivo di riduzione nazionale (in quanto i costi marginali dei settori non ETS sono normalmente più alti di quelli ETS) e minori certezze di raggiungimento dell’obiettivo (in quanto gli strumenti a disposizione nei settori non ETS sono normalmente più difficili da concordare e adottare ed i risultati in termini di riduzione meno sicuri rispetto a quelli offerti da un sistema di cap and trade); • rappresenta un sistema complesso e poco trasparente;

• riduce gli incentivi per gli investimenti nelle tecnologie meno carbon intensive e di conseguenza mina lo scopo e la credibilità del sistema EU ETS come strumento per supportare la transizione verso una economia meno carbon intensive.

Questi rappresentano i motivi per cui, dal 2013, la regola base di assegnazione di permessi sarà la vendita all’asta e non più il grandfathering.

4.11 Il benchmarking

A fine ottobre 2010, la Commissione Europea ha reso pubblica la proposta di Decisione Comunitaria che stabilisce le regole di allocazione delle quote di CO2 nello schema Emissions trading per il periodo post

2012 (Draft commision decision determining transitional Union-wide rules for the harmonised free allocation of emission allowances pursuant to Article 10a of Directive 2003/87/EC).

A partire dal 2013, infatti, il sistema di assegnazione delle quote di emissione cambia in modo significativo rispetto ai due periodi di scambio precedenti (2005-2012). In primo luogo, l’allocazione delle quote ai singoli impianti europei verrà fatta sulla base di regole di allocazione comunitarie uniformi, quindi le stesse norme si applicheranno in tutti gli Stati membri dell’UE. In secondo luogo, la vendita all'asta sarà la regola per il settore energetico, il che significa che la maggioranza delle quote nell'ambito del sistema UE di scambio delle emissioni non sarà più assegnata gratuitamente. Per tutti gli altri settori ci sarà un sistema di assegnazione gratuita attraverso la definizione di parametri di performance a livello settoriale (benchmark), ed in particolare per i settori esposti alla concorrenza internazionale con un elevato rischio di rilocalizzazione delle emissioni (Carbon leakage).

La Direttiva prevede che i benchmark, espressi in termini di t CO2 / t di

prodotto, siano ambiziosamente fissati al livello degli impianti in assoluto più virtuosi (10% dei migliori impianti) dal punto di vista emissivo all’interno di un determinato settore produttivo. I benchmark sono stabiliti sulla base del principio “un prodotto = un benchmark”, il che significa che la metodologia di riferimento non si differenzia in base alla tecnologia utilizzata, alle dimensioni di un impianto o alla sua posizione geografica. Il benchmark può considerare diversi indicatori: • combustibili impiegati, differenziati per contenuto di carbonio;

• capacità installata e produzione, che non premia l’efficienza produttiva e pertanto non incentiva l’introduzione di tecnologie più efficienti; • performance, pure basato sulla produzione ma legato all’efficienza. In

questo caso riflette le potenzialità di abbattimento, e consente di allocare più permessi a chi, avendo già adottato i dovuti miglioramenti tecnologici, non ha margini di ulteriore miglioramento. Pertanto, all’interno di un settore, assicura una maggiore allocazione alle tecnologie più efficienti, meno inquinanti e con maggiori costi marginali di abbattimento.

Sono stati previsti 53 benchmark di prodotto, che coprono il 75% delle emissioni coperte dall’ETS. Se un’installazione produce anche prodotti non coperti da un benchmark di prodotto, saranno allocati dei crediti aggiuntivi sulla base dell’energia termica utilizzata o del combustibile utilizzato (approccio fallback). Per queste istallazioni sarà anche possibile avere dei crediti per le emissioni non collegate all’uso di energia, chiamate “emissioni di processo”. Questo perché le emissioni di processo sono incluse nel benchmark, mentre non sono comprese nell’approccio fallback.

Al fine di sostenere sia gli Stati membri nell'applicazione della nuova metodologia di assegnazione per la fase III del sistema ETS e gestori che rientrano nel sistema ETS, la Commissione Europea ha lanciato un servizio di helpdesk con il quale si forniranno procedure e linee guida con le regole di allocazione (definizione dei gestori, definizione di norme specifiche per i nuovi entranti, regole per aumenti di capacità o significative riduzioni, determinazione dei fattori di rilocalizzazione).