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Il “non-cambiamento” virtuoso:

4. Il non-cambiamento

6.2. Il non-cambiamento come attività impegnativa

Le decisioni delle imprese relative al non-cambiamento di un particolare elemento della loro architettura organizzativa, dal momento in cui esse non operano isolatamente, richiedono una certa contestualizzazione. Infatti, quando tale tipo di decisione viene presa nonostante le condizioni siano mutate, come ad esempio a fronte del passaggio dei concorrenti verso un processo di produzione più

efficiente, in un contesto caratterizzato dalla “commoditizzazione”43 del prodotto e quindi da un

cambiamento significativo nel gusto dei consumatori per quanto attiene alla qualità, è probabile che possa portare ad una pesante crisi d’impresa.

Tendenzialmente, si suole considerare che le imprese che rimangono ancorate ai processi esistenti vengano superate e poi letteralmente sostituite dai concorrenti che si spostano verso processi tecnologicamente più avanzati. In base a ciò, però, è ragionevole aspettarsi che il non-cambiamento comporti un certo sforzo, probabilmente addirittura maggiore rispetto al cambiamento. Decidere di continuare ad operare perpetuando il processo produttivo tradizionale per la realizzazione delle calzature – vale a dire, realizzare le scarpe a mano, con il solo ricorso ad utensili manuali, dall’inizio alla fine – risulta essere particolarmente impegnativo, per almeno due motivi.

43 Per commoditizzazione, in ingese commoditization, si intende il processo per il quale i prodotti inseriti in una data categoria diventano standardizzati al punto tale per cui non è più utile cercare di differenziarli l’uno dall’altro se non sulla base del prezzo alla quale vengono venduti. Per approfondimenti si veda, ad esempio, Davenport, T. H. (2005). The coming commoditization of processes. Harvard Business Review, 83(6), 100-108.

65 Il primo è che la maggior parte dei consumatori non ha le conoscenze necessarie per differenziare i prodotti in base alla qualità o non considera necessario far ciò. Alle volte, i consumatori non dispongono di adeguati livelli di benchmarking per la qualità:

“[Un buon paio di scarpe] È come un buon formaggio. Un buon formaggio deve seguire tutte le fasi autentiche del processo di produzione e non si può pensare che saltandole o semplificandole, si ottenga un formaggio della stessa qualità. Tuttavia, faccia attenzione, se lei non ha mai assaggiato un buon formaggio, può pensare che quello industriale sia un buon formaggio.”

(Antonio Mercurio, Stivaleria Mercurio)

Altre volte, i consumatori non considerano la qualità di un determinato prodotto come necessaria. In generale, i consumatori hanno gusti eterogenei per la qualità: mentre alcune persone considerano efficiente acquistare un prodotto di alta qualità, altri la trovano una scelta inefficiente rispetto all’acquisto di un prodotto di bassa qualità. Pertanto, per alcuni prodotti, le persone cercano qualità premium, mentre per altri prodotti basta che siano funzionali, i cosiddetti prodotti “good

enough”.

“Oggigiorno, ci sono persone che potrebbero facilmente spendere 10.000 € per una borsetta in cui mettere un sacco di accessori costosi, mentre per loro va bene indossare scarpe da 30-50€ anche se queste dovrebbero ospitare una parte così importante del loro corpo, i loro piedi.” (Antonio Mercurio,

Stivaleria Mercurio)

La seconda ragione attiene maggiormente alle dinamiche competitive. Quando altri attori modernizzano il proprio processo produttivo e commercializzano i loro prodotti, esercitano un’intensa pressione competitiva su coloro che invece hanno deciso di non cambiare.

"È difficile tenere il passo in questo mondo quando si lavora in questo modo

[con un processo di produzione tradizionale]. Ma lei si immagina che ci sono

aziende che vendono le loro scarpe a 300-500 € come fatti a mano quando in realtà sono realizzati con l’ausilio delle macchine? Ma io mi chiedo, ma allora chi vende le scarpe fatte a mano a 3000-4000 € è pazzo?” (Antonio

Mercurio, Stivaleria Mercurio)

Lo storytelling che si basa sulla tradizione e sui metodi produttivi di un’impresa è un modo estremamente efficace per attirare i clienti (si veda, ad esempio, Lee & Shin, 2015). Tuttavia, quando i consumatori non hanno familiarità con un determinato processo di produzione e con la relativa storia, diviene particolarmente difficoltoso per loro valutare l’autenticità della storia che gli viene raccontata. Esistono chiare evidenze empiriche sul cosiddetto “hand-made effect”, quindi l’effetto del fatto a mano, il quale si basa sull’assunto di base che i prodotti realizzati manualmente “contengono amore” – per altro in linea con quanto asserito da Antonio Mercurio – che aumenta l’attrattività dei prodotti (Fuchs

66 et al., 2015). Oggigiorno, quasi la totalità dei processi di produzione prevede l’utilizzo più o meno pronunciato di macchinari, rendendo conseguentemente parecchio difficoltoso comprendere quali prodotti siano definibili come fatti a mano e quali siano invece quelli fatti a macchina (Fuchs et al., 2015, citando Barber, 2013). Tale ambiguità, però, dona un certo margine di libertà alle imprese, la libertà di produrre con l’ausilio di macchine per poi commercializzare i propri prodotti come fatti a mano (Fuchs et al., 2015). Dal punto di vista dei consumatori, e quindi nella loro concezione, qualora la quasi totalità degli artigiani trasformasse le proprie botteghe in fabbriche, gli artigiani diverrebbero quelli che lavorano nelle fabbriche. Di conseguenza, se ipoteticamente tutti gli artigiani abbandonassero gli utensili manuali a favore dell’utilizzo dei macchinari, in un’epoca in cui la tecnologia consente alle macchine insistenti nella linea di produzione di operare in autonomia, le scarpe fatte a mano sarebbero quelle tenute a mano dall’uomo contro una macchina spazzolatrice.

Di conseguenza, le imprese che mantengono un processo di produzione tradizionale nonostante il cambiamento dei loro concorrenti devono sopportare l’effetto erosivo nei confronti del proprio bacino di consumatori esercitato dall’operare di quei concorrenti che si avvalgono di macchinari all’interno della propria linea di produzione e che comunque possono commercializzare i propri prodotti come fatti a mano.

P9: Il non-cambiamento può rivelarsi come un’attività impegnativa, poiché

le microimprese e le piccole imprese che decidono di non modernizzare il proprio processo di produzione tradizionale potrebbero aver bisogno di difendere la propria autenticità.