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10 Food Policy 2009, n 34, issue

3.3.1 Il nuovo regolamento comunitario sul biologico

Qualche anno dopo viene quindi varato, quale quadro giuridico di riferimento, il Regolamento del Consiglio (CE) n. 834/2007 del 28 giugno 2007 relativo alla produzione biologica e alle modalità di etichettatura dei prodotti biologici e che abroga il Regolamento (CEE) n. 2092/91 – e relative modifiche13 - che per primo aveva fornito definizioni, regole e una base legale all’agricoltura biologica.

Il reg. 834/2007 si presenta più corposo e strutturato del precedente reg. 2092/9114 e si fonda su una chiara definizione della

produzione

biologica e sull’articolazione dei suoi obiettivi e principi generali e specifici. Già questi elementi rappresentano una novità di rilievo rispetto al passato regolamento - dove ci si limitava a constatare nuove preferenze alimentari dei consumatori e la conseguente necessità di soddisfarle - e indicano il raggiungimento di uno stadio di maturazione più elevato del percorso evolutivo del settore, in cui si riconosce a questo metodo di produzione la capacità di fornire beni pubblici e prodotti di alta qualità15. Nel riconoscimento della valenza del metodo, viene dato maggiore risalto a quella ambientale, sia rimarcandone le caratteristiche intrinseche, sia introducendo principi (gestione dell’azienda basata sull’autovalutazione del rischio dell’intero processo produttivo, stretto legame tra allevamento e terra, riciclo dei rifiuti) e misure specifiche (come il ritiro delle trappole per la difesa delle colture a fine campagna) volti a ridurre l’impatto ambientale dell’attività agricola.

A fronte di questo riconoscimento e nonostante la produzione biologica sia

13 Per una panoramica della legislazione europea in materia: http://ec.europa.eu/agriculture/organic/eu-

policy/legislation_it

14 Il nuovo regolamento è costituito da 40 consideranda, 42 articoli ripartiti in 7 titoli e 1 allegato, contro i 13

consideranda, 16 articoli e 8 allegati del precedente.

15 Come fanno notare anche Agostino e Fonte (2007), è la prima volta che in una regolamentazione europea si

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nel regolamento esplicitamente riferita a tutte le fasi del ciclo produttivo (produzione, preparazione e distribuzione), non si ritrovano invece indicazioni di rilievo relative a modalità di preparazione e distribuzione dei prodotti biologici che possano contribuire alla riduzione dell’impatto ambientale del metodo (si pensi ad esempio ai materiali da imballaggio oppure a metodi di conservazione e trasporto dei prodotti), assenza che si ritroverà, come vedremo più avanti, anche nella legislazione nazionale. Un'altra questione di carattere ambientale che, secondo alcuni autori (oltre a Calabrese e Granicolo, 2008, si veda Bàrberi, più avanti in questo volume), non è adeguatamente affrontata nella legislazione per il settore - e in particolare nel nuovo regolamento per il biologico - riguarda i rapporti tra l’attività agricola e il sistema ecologico. Sebbene i principi dell’agro-ecologia siano richiamati da più parti nel testo (gestione della fertilità del suolo, rotazione pluriennale delle colture, biodiversità, integrazione allevamento nella gestione della produzione agricola, ecc.), se ne lamenta la scarsa incisività, soprattutto nei confronti di quei comportamenti imprenditoriali la cui gestione dell’azienda biologica si limita ad un approccio di sostituzione dei mezzi tecnici convenzionali con quelli ammessi per il biologico, eludendo così uno dei principi fondanti della produzione biologica, vista dal legislatore stesso come "un sistema globale di gestione dell’azienda agricola e di produzione agroalimentare basato sull’interazione tra le migliori pratiche ambientali, un alto livello di biodiversità, la salvaguardia delle risorse naturali,…" (punto 1 dei consideranda del regolamento 834).

Sul versante della produzione, il regolamento amplia il suo spettro d’azione agli animali d’acquacoltura, al vino (in precedenza ci si riferiva all’uva da vino) e ad alghe e lieviti. Vengono inoltre dedicati alcuni articoli (artt. 19, 20, 21) anche ai prodotti trasformati, includendo e sistematizzando gran parte delle indicazioni già previste in precedenza ma con l’aggiunta di alcune novità a testimonianza della particolare attenzione dedicata alla qualità dei processi produttivi: a) viene limitato l’uso di additivi non biologici, fornendo in merito indicazioni più chiare sull’origine e sulle modalità di produzione, b) è fatto divieto di uso di sostanze e metodi di trasformazione che possono ‘trarre in inganno’; c) si vieta l’adozione di sostanze e tecniche per il ripristino delle proprietà perdute durante la trasformazione. A complemento di tali indicazioni, viene più volte richiamata la responsabilità dell’imprenditore che diventa così protagonista della sostenibilità del metodo produttivo adottato.

Le nuove regole sulla trasformazione dei prodotti biologici possono comportare modifiche anche rilevanti nell’assetto organizzativo delle imprese, a fronte però di un miglioramento della qualità dei prodotti con una conseguente maggiore trasparenza verso i consumatori. A questo riguardo, gli operatori lamentano tuttavia la presenza di alcuni punti deboli del regolamento, relativi alla coerenza sia interna (come per alcune delle sostanze convenzionali ammesse), sia

rispetto ad altra normativa (nei prodotti biologici sarà obbligatoria la dichiarazione in etichetta dell’origine UE/non UE delle materie prime; non lo è nel caso di altri prodotti di qualità) (Pedon, 2010).

Oltre ad informazioni più dettagliate sugli input utilizzati nel processo produttivo, per assicurare la riconoscibilità dei prodotti biologici e, più in generale per migliorare la comunicazione al consumatore, il reg. 834/2007 introduce alcune nuove regole sull’etichettatura. Cambia innanzitutto la dicitura: ‘prodotto biologico’ - o relativa abbreviazione (bio) - può essere utilizzato invece di ‘prodotto da agricoltura biologica’. Diventa obbligatorio il logo europeo - nella sua veste grafica rinnovata - che, tra l’altro, può essere affiancato da simboli nazionali/regionali e può essere utilizzato anche su prodotti importati da paesi terzi, purché ne sia stata verificata l’equivalenza con i prodotti europei sulla base di una procedura di riconoscimento da parte delle istituzioni europee e nazionali degli organismi di controllo esterni che vengono assoggettati alle stesse regole degli organismi europei. Tra le novità introdotte dal nuovo regolamento sul sistema dei controlli, oltre alla necessità di accreditamento degli organismi di controllo alla norma europea EN 4501116, va segnalata l’introduzione della valutazione del rischio di irregolarità per stabilire le modalità e la frequenza dei controlli, elemento che allinea la normativa sul biologico a quella più generale riguardante la sicurezza alimentare (Reg (CE) 882/2004).

I rapporti con il mercato vengono quindi razionalizzati, agevolati e riguardano tutti gli operatori della filiera biologica. Sono tuttavia esclusi la ristorazione collettiva - per la cui regolamentazione si demanda alle autorità nazionali - e tutto il comparto no food (cosmesi, tessile, aree verdi).

Inoltre, con particolare riguardo all’importazione dei prodotti biologici dai paesi terzi, nonostante i tentativi della Commissione di regolamentare meglio la materia (riduzione del rischio di frodi, maggiore trasparenza, semplificazione e armonizzazione delle procedure), le nuove regole relative ai rapporti commerciali internazionali per il biologico non sono considerate adeguate ad assicurare condizioni eque per le imprese e a fornire effettive garanzie ai consumatori. Lo stesso Parlamento europeo “ritiene che in tale contesto sia necessario effettuare controlli più rigorosi sui prodotti biologici provenienti dai paesi terzi, fornendo così la garanzia di una concorrenza leale tra i prodotti biologici europei e quelli dei paesi terzi”17.

Relativamente alle lacune sopra evidenziate, c’è ad ogni modo da considerare la nuova filosofia del regolamento che vuole essere da riferimento

16 La norma indica i requisiti che un organismo di parte terza che gestisce un sistema di certificazione di prodotto

deve soddisfare per essere riconosciuto competente ed affidabile. Con il precedente regolamento sul biologico, veniva richiesta solo la conformità a tale norma.

17 Risoluzione del Parlamento europeo del 25 marzo 2010 sulla politica di qualità dei prodotti agricoli: quale

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generale per la produzione biologica, rimandando i dettagli a successivi interventi applicativi. In questo senso, e come previsto dall’art. 38 dello stesso regolamento del Consiglio, sono da considerare i regolamenti emanati successivamente a cura della Commissione: il reg. 889/2008 che dettaglia le norme di produzione, etichettatura e controllo, e il reg.1235/2008 incentrato sull’importazione di prodotti biologici provenienti da paesi terzi18.

Il reg. 834/2007 va, inoltre, visto anche con riferimento al quadro politico sulla legislazione alimentare rispetto al quale il biologico dovrebbe relazionarsi e misurarsi. I richiami al reg. 172/2002 - che stabilisce i principi e i requisiti generali della legislazione alimentare - contenuti nel nuovo regolamento, così come alcune analogie rispetto alla normativa sulla sicurezza alimentare (come i richiami già evidenziati alla valutazione del rischio e alle misure di prevenzione e precauzione, contenuti nell’art. 4) dimostrano che il processo di revisione della politica comunitaria in tema di biologico si sta realizzando in maniera coerente rispetto all’insieme delle politiche alimentari (Canfora, 2007).

Un’osservazione di carattere più generale deriva dalla lettura dei principi che il nuovo regolamento stabilisce per l’agricoltura biologica e che, si ricorda, si rifanno largamente a indicazioni e principi in tema già stabiliti da altri soggetti internazionali (Codex alimentarius e IFOAM). Tale lettura risulta convincente per le implicazioni in termini di sostenibilità e per la coerenza con i valori fondanti del biologico e - se confrontata con la prudenza che ha caratterizzato la precedente politica europea in materia - è indicativa di una maggiore consapevolezza da parte della Commissione circa l’efficacia del modello produttivo proposto dal biologico. D’altra parte essa evoca una visione quantomeno preoccupante relativa alle componenti del sistema agroalimentare che non seguono i dettami del metodo biologico. Infatti, la generalità dei principi menzionati rispetto a comportamenti degli operatori che sembrano rispondere a ‘ordinari’ criteri di razionalità e di eticità (ad esempio, mantenere e potenziare la fertilità e la stabilità del suolo, oppure fare ricorso a pratiche che tengano conto degli equilibri ecologici e delle relazioni tra gli organismi viventi e tra questi e il territorio, utilizzare le risorse in maniera sostenibile) fa di fatto sorgere dubbi sulla correttezza dei criteri adottati in altri contesti e, soprattutto, sullo stesso modello produttivo dominante in agricoltura che è largamente e variamente sostenuto dalle stesse istituzioni.

18 Altri regolamenti emanati dal 2008 ad oggi riguardano modifiche dei regolamenti citati. Si tratta dei

regolamenti della Commissione: 1254/2008 (riguarda la produzione), 537/2009 (interessa gli scambi con i paesi terzi), 710/2009 (relativo all’acquacoltura), 271/2010 (riguarda il logo) e del regolamento del Consiglio 967/2008 (relativo alla produzione).