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PARTE II Contributo dei gruppi tematic

Tema 5: Come gestire l’allevamento biologico?

4.5. RACCOMANDAZIONI E PROPOSTE DI INTERVENT

Alla luce dei risultati del lavoro del Gruppo tematico, enucleati attraverso le successive fasi di confronto (focus group), screening e sintesi, si propongono le seguenti raccomandazioni per lo sviluppo del settore, distinte in tre ambiti: 1) tecnico-scientifico, 2) socio-economico e 3) normativo.

1 - Ambito tecnico-scientifico (necessità di ordine tecnico e suggerimenti per la ricerca/sperimentazione)

- progetti interdisciplinari di medio-grandi dimensioni, per ottimizzare le risorse a disposizione;

- prove e dispositivi sperimentali di lungo periodo su sistemi colturali “assestati”;

- ricerca partecipativa;

- abbinamento tra ricerca di base ed applicata;

- riduzione degli input esterni e utilizzo di mezzi tecnici di efficacia certa. (b) Sviluppo di varietà ad hoc per l’agricoltura biologica (cereali, orticole,

frutticole, foraggere, pascoli).

(c) Studio degli effetti dell’ambiente non coltivato (ad es. siepi ed altre infrastrutture ecologiche) sulla difesa delle colture, sulla loro produzione e sulla sostenibilità economica (biodiversità funzionale).

(d) Prevenzione delle patologie animali attraverso un’oculata gestione del pascolo. (e) Relazione tra la gestione agro-zootecnica e la qualità globale delle produzioni. (f) Costituzione di una banca dati che raccolga i risultati di ricerche empiriche

(condotte dagli agricoltori) in un compendio di “letteratura grigia”. 2 Ambito socio-economico

(a) Rafforzamento delle attività di formazione e assistenza tecnica e loro collegamento con la ricerca.

(b) Sostegno all’associazionismo tra aziende ai fini della produzione e commercializzazione.

(c) Sostegno alla diversificazione dei canali commerciali (export, filiera corta o cortissima).

(d) Maggiore informazione (corretta) al consumatore. 3 Ambito normativo

(a) Ridefinizione delle normative bio per dare maggiore enfasi all’approccio agroecologico.

(b) Ridefinizione dei PSR per dare maggiore sostegno (anche in termini finanziari) agli agricoltori/allevatori bio che seguono l’approccio agroecologico.

(c) Creare opportunità di nuovi marchi che distinguano le aziende bio che praticano l’approccio agroecologico.

(d) Fare chiarezza sull’autorizzazione e l’impiego di mezzi tecnici (concimi e agrofarmaci ammessi).

(e) Ridefinire il sistema di controllo nel senso di una maggiore serietà.

E’ apparso evidente che il quadro normativo esistente è da migliorare. Da un lato, esso difetta in chiarezza, prestandosi quindi a interpretazioni opinabili delle regole e dei controlli e determinando un ricorso eccessivo al sistema delle deroghe. Dall’altro, è incompleto, ad esempio riguardo alla descrizione delle tecniche

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agroecologiche (sistemiche) per la gestione della fertilità del terreno o dell’allevamento e ai mezzi preventivi per la difesa dalle avversità delle colture o per le patologie degli animali allevati. Gli aspetti relativi all’approccio agroecologico sono attualmente largamente sottovalutati rispetto alla descrizione e all’elenco dei mezzi tecnici ammessi. La logica conseguenza di ciò è che il regolamento CE – seppur inconsapevolmente – incoraggia di fatto un’agricoltura biologica “di sostituzione”.

4.5.1 Le aree "grigie": questioni controverse, elementi di rischio, difficoltà attuative

Quest’ultimo aspetto, se non corretto, rappresenta il maggior fattore di rischio per l’agricoltura biologica del futuro. In un panorama normativo europeo in cui l’agricoltura integrata sta virando decisamente verso un modello sempre più vicino all’approccio agroecologico (European Framework Directive on Sustainable Pesticide Use, 2009) o in cui gli allevamenti convenzionali stanno incorporando i concetti del benessere animale, l’agricoltura biologica è obbligata anch’essa ad evolversi, pena la perdita d’identità. É quindi necessario che le normative a livello europeo, nazionale e regionale assecondino il cambiamento, aspetto che sicuramente comporterà difficoltà di attuazione nonché resistenze.

Parallelamente, in un contesto in cui sempre più consumatori (e non solo in Europa) si dimostrano interessati ai prodotti da agricoltura biologica, l’aspetto di una completa e corretta comunicazione diventa imperativo. In Italia, se la larghissima maggioranza dei consumatori ignora cosa sia l’agricoltura biologica, anche tra quelli che più o meno regolarmente acquistano prodotti da agricoltura biologica il livello di conoscenza del settore è tutt’altro che esaustivo.

In particolare, gli aspetti che meritano di essere comunicati con chiarezza sono: a) la differenza tra certificazione di processo e di prodotto; b) i determinanti di qualità (tecnologica, salutistica e sensoriale) dei prodotti e la loro relazione col metodo di produzione; c) le diverse tipologie di agricoltura biologica, quanto meno in termini di differenza tra il modello multifunzionale e quello specializzato; d) il contributo dell’agricoltura biologica alla conservazione della biodiversità, alla mitigazione dei cambiamenti climatici e al mantenimento dell’equità sociale in Italia e nei Paesi in via di sviluppo.

Per ciascuno di questi aspetti è di fondamentale importanza che si parta sempre dalla presentazione delle evidenze scientifiche, anche quando queste non sono ancora in grado di dare risposte sufficientemente certe (es. per la qualità dei prodotti biologici rispetto ai convenzionali). La comunicazione corretta deve rifuggire dalle banalizzazioni e semplificazioni, anche se – purtroppo – queste sono il pane quotidiano dei mass media. Quindi, bisognerà avere il coraggio di

distinguere tra i casi in cui l’agricoltura biologica fornisce (con un elevato livello di probabilità) risultati migliori di quella convenzionale dai casi opposti. Una comunicazione parziale non può che indebolire il settore e prestare il fianco a critiche (a questo punto giustificate) da parte dei suoi detrattori.

4.6. CONCLUSIONI

L’agricoltura biologica, probabilmente uno dei settori più dinamici dell’intera agricoltura italiana, ha buone prospettive di sviluppo, ma non può permettersi di adagiarsi sugli allori. Pertanto, essa deve intraprendere da subito un percorso che la porti non solo all’estensione sul territorio ma anche – ben più di quanto non sia stato fatto sinora – a una maggiore differenziazione dall’agricoltura integrata. Infatti, il mancato ricorso a concimi e agrofarmaci di sintesi, seppur importante, non rappresenta più un elemento di sufficiente differenziazione dall’agricoltura convenzionale o integrata e, anzi, può prestare il fianco a critiche (spesso giustificate) sulla sostenibilità ambientale dei sistemi e metodi produttivi.

Il modello multifunzionale, che – in termini di gestione tecnico-agronomica – significa una maggiore diversificazione della struttura e gestione del biotopo agricolo nel suo complesso secondo l’approccio agroecologico, può rappresentare la migliore chance che il settore dell’agricoltura biologica ha per garantirsi un futuro luminoso. Ciò non significa disconoscere l’importanza che l’applicazione dei mezzi tecnici (es. concimi o agrofarmaci naturali, medicinali fitoterapici e omeopatici) può avere nell’ottimizzare la gestione tecnica e garantire la produzione quanti-qualitativa delle colture e degli animali. Significa ricollocare la scelta e l’uso dei mezzi di sostituzione (diretti) in un’ottica di ausilio ai mezzi agronomici (indiretti) in strategie integrate di gestione degli agroecosistemi basate sull’approccio agroecologico. I sistemi biologici (e purtroppo ve ne sono) esclusivamente basati sull’approccio di sostituzione possono essere anche sensibilmente peggiori di quelli convenzionali, specialmente dal punto di vista dell’impatto ambientale, e quindi minare sensibilmente le fondamenta dell’intero settore e pregiudicare il lavoro dei tanti operatori biologici seri.

In conclusione, è necessario che la ricerca, la formazione professionale, la divulgazione e la normativa di settore operino una decisa sterzata a supporto di modelli di produzione biologica veramente eco-compatibili, evidenziando in tal modo l’enorme potenziale di questo metodo produttivo nel proporre valide soluzioni alle grandi questioni della nostra epoca, quali l’adattamento al cambiamento climatico, l’arresto della perdita di biodiversità e una più equa distribuzione delle risorse.

                                                                               

5. La questione ambientale: quali opportunità per