2.3: Il prezzo dell’Unione
I commissari inglesi e scozzesi si ripresentarono a una nuova tornata di consultazioni al Cockpit di Whitehall il 22 aprile 1706. Tre giorni di consultazioni portate avanti per iscritto, in stanze separate, portarono all’accordo sulla successione della dinastia Hanoveriana e sull’accesso al comune mercato coloniale. Furono concordati vari elementi come la bandiera ufficiale, la Union Flag, le misure
base di lunghezza, peso e conio monetario, la preservazione di diritti privati, l’ereditarietà di uffici e giurisdizioni, il numero di parlamentari scozzesi a Westminster. In totale furono 25 gli articoli del Treaty of Union, che vennero ratificati da due atti separati di Westminster ed Edimburgo. Il 23 luglio 1706 gli articoli recanti i sigilli dei commissari furono presentati alla regina Anne a St. James’s Palace. Degli articoli, i primi quattro trattavano gli aspetti essenziali del trattato: “That the Two Kingdoms of Scotland and England, shall upon the 1st May
next ensuing the date hereof, and forever after, be United into One Kingdom by the Name of GREAT BRITAIN”30; che, come previsto nell’Act of Settlement, vi fosse un erede protestante del casato di Hanover al trono; che vi fosse un solo, unito, parlamento della Gran Bretagna; e che ogni abitante avesse libertà di accesso e mercato all’interno del regno e delle sue colonie. Dal quinto al diciottesimo si trattavano gli aspetti commerciali, mobiliari, fiscali e regolamentari per fornire uguale trattamento a tutti i soggetti del regno (il sedicesimo prevedeva l’introduzione di una valuta comune e un apposito nuovo conio in Scozia). Dal diciannovesimo al ventiduesimo si davano delle garanzie per determinati elementi del sistema scozzese, nello specifico il sistema legale separato (19), gli uffici e le giurisdizioni ereditarie (20), i diritti dei royal burghs (21), la rappresentazione in parlamento di 16 Lords e 45 MPs (22). L’articolo 23 stabiliva parità di trattamento per i peers inglesi e scozzesi, il 24 la creazione di un nuovo Great Seal per la Gran Bretagna, il 25 l’invalidità di tutte le leggi in contrasto con gli articoli del trattato.
Il parlamento scozzese discusse gli articoli nella sessione iniziata il 3 ottobre 1706, sotto la responsabilità del duca di Queensberry. Per assicurare che nell’occasione tutti gli articoli del trattato passassero il vaglio del parlamento scozzese, il governo inglese approcciò i parlamentari scozzesi con tecniche che il professore di storia William Ferguson descrisse come promesse di onori e ricche pensioni, fino alla più conclamata forma di corruzione nella forma di £20,000 sterline (stimate £2.8m attuali) distribuite dal conte di Glasgow a Queensberry
30 Treaty or Act of the Union, Scotland & England 1706 (UK History, 2009). Retrieved: 15/3/2013
(che da solo ricevette £12.325)31, Ormistron, Cromarty, Tweeddale, Argyll e altri nobili. Le somme di denaro “convinsero” circa 100 dei 227 membri del parlamento dalla parte della regina di votare a favore dell’unione, e 25 voti aggiuntivi vennero dallo Squadrone Volante. Il risultato non tardò a manifestarsi: il 14 gennaio 1707, il 25esimo e ultimo articolo del trattato era stato approvato.
Il prezzo dell’Unione constò certamente di questa “donazione” alle figure principali dell’establishment politico scozzese, ma nell’insieme del discorso economico di cui gli articoli dell’Unione trattarono esso non rappresentò minimamente la somma totale del denaro che la Scozia (o i suoi rappresentanti) ricevettero. Nonostante il fallimento del tentativo del 1702/1703, si erano venute a creare delle condizioni positive per un futuro accordo, come dimostrò la consultazione successiva del 1706. Un elemento la cui risoluzione era rimasta in sospeso era il preteso pagamento del valore della Company, su cui si era fondato il contrasto che aveva concluso infruttuosamente la prima sessione. L’accordo che fu preso al riguardo è riportato nel quindicesimo articolo:
Whereas by the Terms of this Treaty the Subjects of Scotland for preserving an Equality of Trade throughout the United Kingdom, will be lyable to severall Customs and Excises now payable in England, which will be applicable towards payment of the Debts of England, contracted before the Union;
It is agreed, That Scotland shall have an Equivalent for what the Subjects thereof shall be so charged towards payment of the said Debts of England, in all particulars whatsoever, in manner following viz.
That before the Union of the said Kingdoms, the sum of £398,085 10s be granted to Her Majesty by the Parliament of England for the uses aftermentioned, being the Equivalent to be answered to Scotland for such parts of the saids Customs and Excises upon all Exciseable Liquors, with which that Kingdom is to be charged upon the Union, as will be applicable to the payment of the said Debts of England,
31 Ferguson W., Scotland’s Relations with England: A Survey to 1707. New ed. (Edinburgh: The Saltire Society, 1994), p.248
according to the proportions which the present Customs in Scotland, being £30,000 per annum […].32
L’Equivalent a cui il testo si riferisce era inizialmente inteso dagli scozzesi come un compenso per la maggiore tassazione a cui il paese sarebbe stato sottoposto in caso di parificazione con l’Inghilterra, le cui tasse erano molto maggiori, e a inizio 1703 aveva assunto la forma di compenso per tasse e fondo per investimenti nella pesca e la manifattura, emesso ratealmente. A fronte dell’importo suggerito dagli scozzesi di £10.000 annui, gli inglesi proposero nel 1706 un pagamento unico e immediato di £398,085 e 10 scellini33. Il significato politico dell’entità della somma era legato al desiderio da parte degli alfieri inglesi dell’Unione di assicurare un supporto chiaro e solido da parte della Scozia in un momento in cui la guerra con la Francia stava iniziando a volgere per il meglio. A prescindere da ciò, il discorso economico non era meno prioritario né meno ragionato: L’Equivalent poteva essere descritto come un indennizzo per la Scozia in cambio dell’accettazione di un livello di tassazione più elevato e della responsabilità di contribuire in parte al pagamento del debito pubblico inglese alla Banca d’Inghilterra34; parte sarebbe inoltre servita come risarcimento per gli investitori scozzesi che avevano subito perdite nello Schema di Darién.
Nel volume 25 del Calendar of Treasury Books è annotato che il 25 giugno 1706 una commissione mista considerava la somma
[as the immediate or present value of the contributions which the Customs and Excise in Scotland would make over a period of varying times towards the pre-‐ Union English debts].35
32 House of Commons, Journals of the House of Commons, vol.15 (UK Parliament, 1803), p.265
33 Watt, The Price of Scotland, p.228
34 Alla fine della Nine Years War (1688-‐97) con la Francia, il governo inglese contrasse un debito di £1.2 milioni con la Bank of England (pari alla totalità dei fondi d’investimento sottoscritti fino allora dai privati con essa) per l’acquisto di un Royal Charter. Quella cifra, mai ripagata, crebbe nel Debito Nazionale Britannico.
Fonte: “A brief History of the Bank of England”, UK Debt Management Office, <http://www.dmo.gov.uk/index.aspx?page=About/BOE_history>
35 'Introduction: Union Between England and Scotland', Calendar of Treasury Books,
Volume 25: 1711 (1952), pp. LIII-‐LXXVI. Retrieved: 24/5/2013
Lo stesso volume riporta che non venne chiaramente espresso il principio su cui il calcolo per trovare l’importo era basato, ma solo detto che era
“according to the proportion which the present Customs and Excises in Scotland do bear to the Customs and Excises in England”.36
L’autore qui sostiene che i commissari abbandonarono i tassi delle accise (Excise
rates) perché troppo complicati, e rapportarono quelli dei dazi (Custom rates)
scozzesi con quelli inglesi (rispettivamente £30,000 e £1,341,559), individuando così un rapporto di 1 a 44.7. Questa proporzione venne applicata al totale dei debiti dell’Inghilterra, ammontante a £17,763,842 e 17s, e da ciò risultò la somma dell’Equivalent 37.
Arbitraria che fosse la composizione degli elementi usati nel calcolo, l’unico requisito che sembrava dover rispettare era di essere “abbastanza” sia per gli scozzesi, sia per gli inglesi, pena il fallimento del Treaty. Ciononostante, prima della sua approvazione, l’Equivalent fu esaminato da vari esperti assunti per avvalorare la conformità dell’importo, tra cui Sir David Nairne, il matematico universitario David Gregory e l’imprenditore e bancario William Paterson; fu inoltre visionato da una commissione parlamentare che vedeva la presenza di numerosi direttori della Company of Scotland, e, infine, da un concilio di figure eminenti della Company stessa. Sebbene la posizione di questi ultimi sull’Equivalent fosse che la cifra non era adeguata e che si sarebbe dovuto pretendere di più al riguardo, i dibattiti interni sul futuro della compagnia e le voci su un’inchiesta parlamentare riguardo una sua supposta cattiva gestione dei risparmi degli investitori spinsero i direttori a non cercare troppa visibilità. Il risultato fu che i loro interessi ricevettero molta meno considerazione di quelli dei numerosi influenti beneficiari dell’Equivalent, il cui beneplacito sarebbe stato elemento chiave della riuscita del
Treaty: nell’Act concerning the Publick Debts del 25 marzo 1707 erano riportati, in
ordine, chi aveva subito perdite a causa del nuovo conio, gli investitori e creditori
36 Ibid. 37 Ibid.
della Company (ai quali andarono i 2/3 della somma), l’industria della lana (a cui fu assegnato un sussidio di £2.000 annuali per sette anni), un numero non specificato di commissari che avevano partecipato ai negoziati e, infine, le liste civili e militari. In totale, il numero di scozzesi che ricevettero una parte della somma si attestò sui 4500, di cui 3000 investitori della Company of Scotland, 1500 delle liste militari e civili, più 200 membri dell’élite parlamentare38. Data la grande maggioranza di presbiteriani tra gli intestatari del pagamento, si può asserire che l’Equivalent rinforzò la fronda religiosa maggioritaria a svantaggio di episcopaliani e Giacobiti, creando nuove crepe nel corpo politico nazionale.