Alla luce della evoluzione storica che si è sinora brevemente sunteggiata, diventa ora possibile prendere in considerazione più direttamente il problema della sanabilità delle nullità contrattuali. A tal fine, sembra, in primo luogo, opportuno, esplicitare alcuni risultati dell’analisi condotta fino a questo punto.
Come si è visto, la bipartizione fra la nullità e l’annullabilità, cui corrispondono la necessaria insanabilità della prima e la sanabilità della seconda, non è una caratteristica naturale ed eterna della materia delle patologie negoziali. Al contrario, come ogni categoria giuridica, è un prodotto storico, al quale si sono contrapposti storicamente, e si contrappongono oggi, ulteriori e diversificati modi di inquadrare il problema delle invalidità. Peraltro, si è osservato che quella bipartita è un’impostazione affermatasi in un’epoca relativamente recente ed, ormai, a quanto pare, entrata decisamente in crisi.
Certamente, l’attuale stato della materia delle invalidità conferma, ancora una volta, la necessità di distinguere il contratto nullo da quello inesistente234. Infatti, proprio il moltiplicarsi dei regimi della nullità e le
234 Sul tema si possono vedere, nella letteratura recente, FILANTI, Inesistenza e
nullità del negozio giuridico, Napoli, 1983; FURGIUELE, Della simulazione di effetti negoziali, Padova, 1992; BELVEDERE, L’inesistenza negoziale tra dogmatica e semantica, in Diritto Privato, 1999-2000, pp. 5 e segg.; VENOSTA, Le nullità contrattuali nell’evoluzione del sistema, cit.
Per la centralità che la distinzione dall’inesistenza ha assunto nella moderna elaborazione scientifica in materia di nullità, cfr. SACCO, Nullità e annullabilità, in
Dig. disc. priv. (sez. civ.), IV, Torino, 1995, p. 295: “Il legislatore, cioè, attribuisce al negozio nullo una certa quantità di effetti (diversi ovviamente, da quelli dell’atto
possibilità, che i regimi protettivi offrono, di far salvi taluni suoi effetti235, rendono manifesta la necessità di qualificare in termini di esistenza e rilevanza giuridica la fattispecie del negozio nullo.
Sulla base di queste premesse, si può affermare che oggi non sussistono più ostacoli concettuali all’ammissibilità di momenti di recupero ed anche di integrale sanatoria del contratto nullo. Infatti, non è più sostenibile un’argomentazione che si basi sulla tradizionale classificazione dei caratteri della nullità e dell’annullabilità, ormai ampiamente messi in discussione dall’evoluzione dell’ordinamento. Nemmeno sembra possibile appellarsi ad argomenti che facciano riferimento all’impossibilità logica di sanare l’inesistente. Insomma, ormai non vi è più nulla di strano o di sconvolgente nel sostenere che una nullità possa essere sanata.
Con questo, però, non si è ancora detto nulla. O meglio, si è soltanto aperto il campo alla possibilità di discutere della sanatoria delle nullità contrattuali, ma non si è ancora visto se e quando questa possa manifestarsi nell’attuale realtà dell’ordinamento. Non basta, insomma, aver chiarito che non è più impossibile parlare di sanabilità, ma occorre valutare perché e come ciò sia possibile.
Naturalmente, poi, in coerenza con quanto sostenuto supra, non si proporrà una soluzione generalizzante, ma si tenterà unicamente di valutare alcune ipotesi particolari, ma non per questo necessariamente eccezionali, in cui di vera e propria sanatoria può parlarsi oggi.
tipico valido). Oggi, la dottrina del negozio nullo è essenzialmente la dottrina di questi effetti”.
235 Infatti, comunque le si vogliano inquadrare, è questo il risultato cui tendono sia la
Innanzitutto, è sembrato a molti evidente un nesso fra la legittimazione relativa, ristretta ad un singolo soggetto, e la sanabilità della nullità in questione. In effetti, prescindendo, per il momento, da ogni questione di inquadramento dogmatico, il soggetto protetto, in questi casi, è chiaramente arbitro delle sorti del contratto, per cui, nella sostanza, potrà anche far sì che esso risulti sanato236. Come si vedrà meglio più avanti, questa prima impressione potrà trovare conferma nell’analisi di varie casistiche, che dimostreranno come l’applicazione della sanatoria alle nullità protettive risulti essenziale, per impedire che di esse si faccia un uso controproducente o, addirittura, distorto ed abusivo.
Si pone, però, un problema preliminare. L’analisi della sanabilità, infatti, rileva anche su di un piano più generale, ai fini della distinzione fra nullità speciali ed annullabilità. Si è già detto che i confini fra le categorie dell’invalidità si sono fatti assai permeabili, ma il problema di individuare dei criteri distintivi si pone in ogni caso.
Si è sostenuto che le nullità relative, a maggior ragione se sanabili, non sarebbero altro che delle forme di “annullabilità mascherata”237. Chiariamo subito che un’operazione interpretativa del genere, volta a ridurre le nuove ipotesi ai modelli codicistici, non ci appare del tutto convincente.
In effetti, nonostante la legittimazione ristretta e la sanabilità, rimangono altri elementi discretivi, come l’imprescrittibilità dell’azione
236 Cfr. PUTTI, op. cit., pp. 957-958; GENTILI, op. cit., pp. 116-117.
Si può ricordare che già BETTI, Convalescenza del negozio giuridico (diritto
vigente), in Noviss. dig. it., IV, Torino, 1959, p. 789, e TONDO, op. cit., p. 1000,
riferivano la possibilità di sanatoria tanto all’annullabilità, quanto alla nullità relativa.
o i poteri ufficiosi del giudice , che fanno propendere per il mantenimento dell’autonomia delle nullità protettive rispetto all’annullabilità. Peraltro, come si diceva, le nullità protettive, con ogni probabilità, non costituiscono un insieme compatto, ma si diversificano, a loro volta, in una pluralità di statuti.
Ciò che interessa evidenziare adesso, però, è un altro aspetto, riguardante proprio la centralità della questione della sanatoria. Infatti, in dottrina, si è proposto di incentrare proprio su di essa la differenziazione fra nullità speciali ed annullabilità. Si badi bene, ciò è avvenuto non già negando la sanabilità delle nuove nullità239, ma sostenendo che la sanatoria avrebbe, nei due casi, natura e struttura differenti.
Secondo questa costruzione dottrinaria, infatti, la distinzione in parola emergerebbe considerando come, nei due casi, la sanatoria agisca rispetto all’efficacia del contratto240. Infatti, nel caso dell’annullabilità, com’è noto, il contratto sarà efficace sin dalla sua stipulazione, ancorché sia suscettibile di essere impugnato. La sanatoria, quindi, potrà avere la funzione di consolidare questa efficacia, precludendo la possibilità di impugnazione. Invece, il contratto affetto da nullità di protezione sarà inefficace ab origine, per cui la sanatoria avrà la funzione di fargli
238 Come evidenzia, in particolare, POLIDORI, Nullità relativa e potere di
convalida, in Rass. dir. civ., 2003, pp. 931 e segg.
239 Come faceva, invece, ROPPO, Il contratto, cit., p. 842, che ravvisa l’utilità
pratica della distinzione fra nullità relativa ed annullabilità, proprio nell’effetto di impedire che si possano convalidare atti affetti da nullità di protezione.
240 La tesi in esame è sostenuta da SACCO e DE NOVA, op. cit., p. 531;
GIROLAMI, Le nullità di protezione, cit., pp. 439-447; D’AMICO, op. cit., pp. 19- 26; e G. PERLINGIERI, La convalida delle nullità di protezione e la sanatoria dei
acquistare un’efficacia, che prima non aveva affatto . Conserva, così, un suo specifico significato anche la riconduzione delle nuove invalidità al tradizionale nomen iuris “nullità”, in quanto l’inefficacia originaria rappresenterebbe l’elemento fondamentale comune fra la nullità tradizionale e le nullità nuove.
L’impostazione in discorso è stata oggetto di critica da parte di un’altra dottrina, che vi ha ravvisato solo il frutto di un dogmatismo esasperato. Sarebbe, infatti, ormai inutile affrontare il tema delle nullità protettive in termini di efficacia od inefficacia originaria della fattispecie negoziale, quando le nuove norme tendono a superare il meccanismo della fattispecie giuridica, per risolvere i problemi di disciplina secondo una logica funzionale242. Peraltro, la posizione in questione appare discutibile anche perché tende a proporre una ricostruzione unitaria, valida per tutte le nullità di protezione, il che, per le esposte ragioni, non sembra del tutto convincente.
Non è, comunque, questa la sede per stabilire se si debba preferire un approccio strutturale, oppure uno funzionale, oppure ancora, se, più ragionevolmente, si debba tenere conto di entrambi i punti di vista. In
241 Invece, secondo POLIDORI, Discipline della nullità e interessi protetti, loc. ult.
cit., in questi casi si avrebbe da subito un’efficacia interinale del negozio nullo.
242 Cfr. GENTILI, op. cit., pp. 98-99, il quale così descrive l’approccio degli autori
da lui criticati: “Fedele tuttora al suo approccio strutturale la dottrina giuridica si
logora, oggi, a stabilire se la clausola nulla per ragioni di protezione abbia prodotto gli effetti che il consumatore può però far cadere, o non abbia prodotto gli effetti che però il consumatore può convalidare. E così fa dipendere la disciplina – legittimazione, prescrizione, sanatorie, riflessi sui terzi – da ciò che l’invalidità caso per caso è, non da ciò cui serve. Ravvisandovi lo statuto logicamente necessario, o almeno normale, delle invalidità. Ma l’invalidità è davvero qualcosa, al di là di ciò cui serve?”.
ogni caso, sembra che nella sistemazione delle nullità protettive non si possa prescindere dal riferimento alla possibilità di sanatoria243.
Come si vedrà meglio più avanti, però, il fenomeno non attiene soltanto alle nullità caratterizzate da finalità di protezione, ma si può estendere, in forme diverse, anche ad altre nullità, tutte, in vario modo, anomale, rispetto agli schemi tradizionali. Pertanto, sembra possibile ricollegare tali sviluppi non solo alle particolari caratteristiche di alcune specifiche invalidità, ma anche a più generali tendenze evolutive dell’ordinamento. Si potrebbe, infatti, affermare che, oggi, si rinvengono in seno ad esso due tendenze apparentemente contrapposte, ma forse, invece, spiegabili l’una per mezzo dell’altra. Da una parte, come si è visto, abbiamo una diffusione senza precedenti di nuove ipotesi di invalidità del contratto, volte al perseguimento delle più varie finalità politiche244.
Dall’altra parte, però, assistiamo ad una sorta di reazione contro questa sovrabbondanza delle nullità, che rischia di diffondere troppa incertezza nelle relazioni contrattuali. Vi si possono inquadrare certi provvedimenti legislativi che vanno in una direzione opposta rispetto al movimento
243 Infatti, autori che si collocano su posizioni contrapposte, per quanto attiene
all’inquadramento dogmatico delle nullità di protezione, sembrano concordare, però, sulla necessità di ammetterne la sanatoria: cfr. GIROLAMI, op. loc. ultt. citt., e GENTILI, op. cit., pp. 116-117.
244 BRECCIA, Causa, in Trattato di Diritto Privato, diretto da Bessone, Il contratto
in generale, III, Torino, 1999, p. 78, parla di “esplosione delle nullità”; DI MAJO, op. cit., denuncia una “vera e propria inflazione di figure di nullità disseminate a piene mani dal legislatore”.
sopra delineato . Vi si potrebbe inquadrare persino la stessa tendenza interpretativa che estende, a tutte le nullità nuove, i caratteri speciali della relatività e della necessaria parzialità. Essa, infatti, produce anche l’effetto di restringere il numero dei soggetti che possono impugnare il contratto e la parte dello stesso che può essere rimossa.
L’esempio più significativo di questa controtendenza, o, quanto meno, quello che ha destato più interesse, consiste, poi, nella riscoperta giurisprudenziale della tradizionale distinzione fra regole di comportamento e regole di validità246. Come è noto, tale principio è servito, nella recente elaborazione della Corte di Cassazione247,
245 Con riferimento alla mancata previsione di nullità in materia di pratiche
commerciali scorrette, si veda DE CRISTOFARO (a cura di), Pratiche commerciali
scorrette e codice del consumo, Torino, 2008, p. 90.
D’altra parte, CALVO, Nullità e obblighi di informazione, in Le forme della nullità,
cit., p. 150, parla, addirittura, di una “idiosincrasia del legislatore verso la nullità”,
che si evincerebbe dall’introduzione di alcuni nuovi meccanismi di sanatoria, su cui torneremo più avanti.
246 In tema si possono vedere: SANTORO PASSARELLI, Dottrine generali, cit., p.
171; MANTOVANI, Vizi “incompleti” del contratto e rimedio risarcitorio, Torino, 1995; D’AMICO, Regole di validità e principio di correttezza nella formazione del
contratto, Napoli, 1996; DI MAJO, op cit., pp. 86-95; D’AMICO, Regole di validità e regole di comportamento nella formazione del contratto, in Riv. dir. civ., 2002, pp.
37 e segg.; VETTORI, Le asimmetrie informative fra regole di validità e regole di
responsabilità, in Riv. dir. priv., 2003, pp. 241 e segg.; ROPPO, La tutela del risparmiatore tra nullità e risoluzione (a proposito di Cirio bond & Tango bond), in Danno e resp., 2005, pp. 627 e segg.; SCODITTI, Regole di validità e principio di correttezza nei contratti del consumatore, in Riv. dir. civ., 2006, II, pp. 119 e segg.
247 Il riferimento è alle ben note Cass., 29 settembre 2005, n. 19024, in Danno e
resp., 2006, pp. 25 e segg., e Cass., Sez. Un., 19 dicembre 2007, n. 26724, in Corr. giur., 2008, pp. 223 e segg.
soprattutto a porre un limite alla possibilità di ravvisare ulteriori ipotesi di nullità per la violazione di obblighi di informazione precontrattuale, imposti da norme di legge che non prevedano esplicitamente una sanzione ad hoc.
Nonostante alcune vivaci critiche dottrinali248 ed alcune pronunzie di merito controcorrente249, si tratta, ormai, di un indirizzo sostanzialmente consolidato fra gli interpreti250. Del resto, sembrano andare in questa direzione anche le indicazioni provenienti dalla legislazione europea in corso di elaborazione251.
Le due descritte tendenze sembrano, comunque, destinate a convivere. Infatti, da un lato, la diffusione delle nuove nullità è connessa all’attuazione di finalità di tutela, di livello costituzionale e comunitario, ed appare, ormai, come un processo irreversibile. Dall’altro, è naturale che ad essa si accompagni la valorizzazione di una serie di meccanismi,
248 Si possono vedere SCALISI, op. cit., p. 745, secondo il quale la distinzione in
parola “appare priva di ogni fondamento”, GENTILI, op. cit., pp. 108-110, e RENDE, Le regole d’informazione nel diritto europeo dei contratti, in Riv. dir. civ., 2012, pp. 185 e segg.
249 Cfr. Trib. Ravenna, 12 ottobre 2009, in Nuova giur. civ. comm., 2010, I, pp. 456 e
segg., con nota di GUADAGNO, Inadeguatezza e nullità virtuale.
250 Si possono vedere ampli riferimenti in MANTOVANI, Le “nullità di protezione”
nella tassonomia dei rimedi, cit., p. 1624-1625, nt. 20.
251 La citata proposta di Common European Sales Law prevede chiaramente, all’art.
29, che il rimedio per la violazione dei doveri informativi precontrattuali è quello risarcitorio. Degli spazi per l’applicazione di un rimedio invalidatorio sembrano residuare solo per i casi in cui detta violazione possa tradursi in un vizio del consenso, rilevante come causa di annullabilità del contratto (artt. 48 e segg.).
che tendano a controbilanciarne gli effetti . In tal modo, infatti, più o meno consapevolmente, si mira a fare in modo che le nuove invalidità possano perseguire i propri fini, senza, però, demolire inutilmente tutta una serie di prodotti dell’autonomia privata.
In questo contesto, ci sembra di poter agevolmente inserire anche la elaborazione di vari meccanismi di sanatoria dei contratti, o delle singole clausole, affetti da nullità. Infatti, come si vedrà nel prosieguo, in molti casi, la costruzione, in via legislativa o interpretativa, di un adeguato meccanismo di sanatoria conduce proprio alla realizzazione di questo obiettivo di complessivo riequilibrio sistematico.
252 Lo stesso approccio interpretativo, volto a limitare le possibilità di servirsi del
rimedio della nullità, sembra emergere anche dalla recente Cass., 22 dicembre 2011, n. 28432, in Giur. it., 2012, 3, pp. 619 e segg., che ha escluso la necessità della forma scritta ad substantiam per gli ordini di investimento, posti in essere dal cliente sulla base dell’originario contratto quadro. Solo questo, infatti, deve essere redatto per iscritto ex art. 23 TUF, secondo la restrittiva interpretazione ormai accolta dai giudici di legittimità. Si può osservare che il Giudice Relatore è lo stesso della citata pronunzia a Sezioni Unite del 2007.
L’indirizzo in esame è stato, poi, confermato anche da Cass., 13 gennaio 2012, n. 384, in Nuova giur. civ. comm., 2012, pp. 398 e segg., con nota di BALLERINI. Sulla questione della forma degli ordini di investimento si veda, in termini che sostanzialmente anticipano questi ultimi approdi giurisprudenziali, PACE, Nullità
degli ordini di negoziazione per difetto di forma e mercati finanziari, in Le forme della nullità, cit., pp. 159-177, ed ivi ulteriori riferimenti.