2. IL CONTRATTO NULLO CONVALIDABILE
2.2 La convalida nella giurisprudenza europea sulla rilevabilità d’ufficio delle nullità
2.2.2 Il rapporto fra legittimazione relativa e rilevabilità d’ufficio
Alla luce di quanto esposto, il meccanismo di funzionamento della rilevabilità ufficiosa delle nullità contrattuali non potrà certo apparire come un punto fermo. Si è visto, infatti, che esso presenta una notevole problematicità, già con riferimento alle norme del Codice Civile e del Codice di Procedura Civile.
Naturalmente, il quadro risulterà ancora più complesso, qualora si vogliano prendere in considerazione le nuove nullità speciali. Esse, infatti, si caratterizzano anche, e soprattutto, per la legittimazione relativa all’azione, il che pone, inevitabilmente, il problema di coordinare con tale novità il potere di rilievo officioso.
Non si può negare che, almeno a prima vista, l’operazione si presenti piuttosto ardua, dal momento che i due elementi sembrano rispondere a logiche opposte. Infatti, la rilevabilità d’ufficio, in linea generale, è un meccanismo volto a far emergere la questione di nullità, anche oltre ed, al limite, contro la volontà delle parti del processo. Al contrario, la legittimazione relativa consiste nella possibilità per una sola parte di farsi arbitra della decisione se far valere o meno la questione di nullità. Pertanto, i primi orientamenti della dottrina sul punto sono stati nel senso di escludere che due elementi così contrastanti potessero convivere nella disciplina del medesimo istituto. Sono state, quindi, proposte letture interpretative delle nuove norme di protezione che escludessero ora l’uno ora l’altro di essi139. Naturalmente, infatti, il problema così
139 Come segnala GUARRACINO, Inefficacia e nullità delle clausole vessatorie, in
impostato poteva essere risolto in due modi opposti: escludendo la rilevabilità ex officio delle nuove nullità, oppure escludendo che le stesse fossero davvero relative. Entrambe le vie sono stare tentate dalla dottrina.
Così, alcuni, di fronte a norme che, più o meno esplicitamente, restringevano la legittimazione ad agire alla sola parte protetta, hanno ritenuto di escludere in via interpretativa la rilevabilità d’ufficio delle invalidità in questione. Relatività e rilievo ufficioso apparivano, infatti, logicamente incompatibili, per cui il loro accostamento sarebbe stato una inammissibile contraddizione in termini140.
Peraltro, si osservava che riconoscere al giudice il potere in questione sarebbe stato in contrasto con le stesse finalità protettive della norma. Infatti, la controparte del soggetto protetto, pur non avendo, formalmente, il potere di far valere la nullità, avrebbe potuto, comunque, facilmente allegare elementi tali da far sorgere in capo al magistrato il potere-dovere di rilevarla141. In tal modo, nella sostanza, si sarebbe vanificato quel particolare aspetto della normativa di tutela, che consiste nell’impedire che la nullità protettiva possa divenire strumento di operazioni opportunistiche, in danno dello stesso contraente che si vorrebbe agevolare.
legittimazione relativa e potere di rilievo ufficioso finisca sempre per risolversi in una “lettura restrittiva, e parzialmente abrogante, di una delle due statuizioni”.
140 Questo principio di “incompatibilità logica” fra relatività e rilevabilità d’ufficio
fu enunciato già da Cass., Sez. Un., 11 novembre 1974, n. 3508, in Giur. it., 1976, I, p. 815.
Un’altra parte della dottrina, invece, di fronte a norme di protezione, che prevedevano esplicitamente la rilevabilità ex officio, ma non erano del tutto chiare per ciò che riguarda la relatività della legittimazione, ha tentato l’operazione ermeneutica inversa. Così, si è sostenuto che il carattere protettivo starebbe solo nella necessaria parzialità e non comporterebbe affatto una limitazione della legittimazione ad agire142. Infatti, lo stralcio della singola clausola vessatoria, anche se, in ipotesi, invocato da controparte, non potrebbe che avvantaggiare il soggetto protetto. In tal modo, anche le nuove invalidità venivano sostanzialmente ricondotte al paradigma della nullità assoluta, per cui non c’era più alcuna difficoltà ad ammetterne la rilevabilità ufficiosa, come si era sempre fatto per quelle tradizionali.
Entrambi gli orientamenti riferiti rappresentano delle forzature di un dato normativo, dal quale si evince, al contrario, una, non sempre chiara, tendenza a prevedere assieme nullità relativa e rilevabilità d’ufficio. Pertanto, non stupisce che l’orientamento interpretativo oggi prevalente miri proprio a rendere possibile una siffatta conciliazione.
Si sostiene, infatti, che i due istituti possono convivere, purché il funzionamento della rilevabilità ufficiosa sia opportunamente modificato, rispetto a quanto avviene con riguardo alle nullità tradizionali, in modo da adeguarlo alle particolari esigenze di cui è espressione la legittimazione relativa.
142 Questo orientamento si ritrova in GENTILI, L’inefficacia delle clausole abusive,
cit., pp. 429-430; QUADRI, “Nullità” e tutela del “contraente debole”, cit., pp.
1143 e segg.; IACONO, Rilevabilità d’ufficio della nullità nel negozio giuridico e
nei contratti a favore dei consumatori, in Riv. dir. comm., 2005, pp. 27 e segg.;
Si tratta, in sostanza, di introdurre, per queste fattispecie, un ulteriore limite all’operare della rilevabilità, necessario, in tal caso, per coordinare l’istituto non con i principi processuali, ma con quelli propri delle normative di protezione. Da questo punto di vista, l’operazione interpretativa proposta non sembra nemmeno particolarmente sconvolgente, per un ordinamento già abituato a contemperare il rilevo ufficioso della nullità con tutta una serie di altre esigenze. In sostanza, si afferma che le nuove nullità relative saranno rilevabili ex officio, ma che dovrà trattarsi di una rilevabilità “condizionata”143.
In altri termini, il giudice potrà procedere al rilievo ufficioso della nullità, solo qualora ciò si traduca in un vantaggio per il soggetto protetto. Si precisa, peraltro, che tale vantaggio dovrà essere accertato “in concreto”, dal momento che, sul piano astratto, la caduta delle clausole abusive dovrebbe essere sempre vantaggiosa per detto soggetto. Infatti, se il condizionamento operasse in astratto, l’esito sarebbe quello
143 Si possono vedere i contributi di BELLELLI, sub. Art. 1469 quinquies, 1° e 3°
comma, in Le clausole vessatorie nei contratti dei consumatori, a cura di Alpa e
Patti, Milano, 1997, pp. 699 e segg.; MONTICELLI, Nullità, legittimazione relativa
e rilevabilità d’ufficio, in Riv. dir. priv., 2002, p. 688; PILIA, Circolazione giuridica e nullità, Milano, 2002, pp. 221 e segg.; BONFIGLIO, La rilevabilità d’ufficio della nullità di protezione, in Riv. dir. priv., 2004, pp. 861 e segg.; MONTICELLI, Limiti sostanziali e processuali al potere del giudicante ex art. 1421 c.c. e le nullità contrattuali, in Illiceità, immeritevolezza nullità, cit., pp. 223 e segg.; GIROLAMI, op. cit., pp. 448-454; ARDUINI, La nullità di protezione tra legittimazione relativa e rilevabilità d’ufficio condizionata, in Obbl. e contr., 2012, pp. 691 e segg.
In giurisprudenza, questa soluzione è stata accolta da Pret. Bologna, 4 gennaio 1999, in Corr. giur., 1999, pp. 600 e segg., con nota di GIOIA, Nullità di protezione tra
esigenze del mercato e nuova cultura del contratto conformato. La pronunzia ha,
quindi, potuto estendere la rilevabilità d’ufficio, così riformulata, anche alle nullità relative del testo unico bancario, che pure non la prevede espressamente.
di consentire sempre il rilevo ufficioso, con gli inconvenienti già denunciati, nel senso di un sostanziale svuotamento della funzione protettiva della legittimazione ristretta144.
Questo tipo di formulazione può apparire apprezzabile nel suo sforzo di raggiungere un ragionevole punto di equilibrio tra le varie istanze che si sono menzionate. Non si può, però, negare che anch’essa non risulta del tutto soddisfacente. Infatti, non si chiarisce fino in fondo in che cosa consista il condizionamento, e si rinvia tutto al successivo accertamento in concreto. In un certo senso, non si offre ancora una soluzione del problema, ma la si rimette alla prudenza del giudicante145.
Nelle elaborazioni dottrinali e giurisprudenziali più recenti, la questione è stata, invece, affrontata in maniera più netta. Un contributo fondamentale in tal senso è venuto, senza dubbio, dalla giurisprudenza comunitaria. Infatti, con specifico riferimento all’invalidità delle clausole abusive di cui alla ben nota direttiva 93/13, il problema della rilevabilità ufficiosa si è posto anche a livello europeo.
Il testo della citata direttiva non contiene alcun riferimento a questo aspetto della materia, né sono state successivamente operate modifiche o integrazioni in tal senso. Pertanto, i legislatori interni parrebbero, a prima vista, liberi di configurare le nuove invalidità come rilevabili d’ufficio o come irrilevabili. Come è noto, il legislatore italiano ha subito optato per la prima soluzione, mantenendo ferma tale scelta anche
144 Cfr. BONFIGLIO, op. cit., pp. 898-899.
145 Si vedano le osservazioni critiche di D’AMICO, Nullità virtuale – Nullità di
in occasione della generale rielaborazione della materia che si è avuta in occasione della redazione del Codice del Consumo146.
Altri legislatori nazionali hanno fatto, almeno in un primo tempo, scelte diverse, evitando di esprimersi sul punto, o configurando le nuove previsioni in termini tendenzialmente incompatibili con un potere di rilievo ufficioso147. In tali contesti, si è, dunque, posto, a livello applicativo, il problema dell’ammissibilità di un’iniziativa giudiziaria in tal senso. Pertanto, non trovando risposte soddisfacenti nelle normative interne di attuazione, i magistrati di vari Paesi si sono rivolti alla Corte di Giustizia delle Comunità Europee, adita con la procedura del rinvio pregiudiziale.
Si è, così, formato, in pochi anni, un cospicuo filone di pronunzie europee sul tema, con le quali la Corte ha manifestato chiaramente un orientamento favorevole alla rilevabilità ufficiosa dell’invalidità delle clausole abusive. Dapprima, si è affermata la sussistenza di un potere di rilevo ufficioso in capo al giudice nazionale148, e, poi, si è precisato che
146 Il riferimento è alla esplicita previsione del potere di rilievo ufficioso, che era
contenuta nell’art. 1469 quinquies, comma 3, c.c. ed è ribadita oggi dall’art. 36, comma 3, cod. cons.
147 In Francia, ad esempio, si era affermata, in un primo momento, un’interpretazione
giurisprudenziale che escludeva la possibilità di rilevare d’ufficio le nullità consumeristiche, tutte ricondotte al concetto di ordine pubblico di protezione: cfr.
Cour de Cassation, 16 marzo 2004, n. 489, in Rev. trim. dr. comm., p. 358.
In dottrina, invece, le posizioni erano più incerte: si veda CUMYN, op. cit., p. 45, nt. 92, per ulteriori riferimenti.
148 CGCE, 27 giugno 2000, sulle cause riunite da C-240/98 a C-244/98, caso Océano
Grupo Editorial, in Contratti, 2000, p. 943; CGCE, 21 novembre 2002, sulla causa
si tratta di un vero e proprio dovere, che ricorre in tutti casi in cui una clausola abusiva sia oggetto del processo149.
Le motivazioni della Corte hanno fatto tendenzialmente riferimento alla
ratio protettiva delle nuove invalidità, la quale si fonda su di una
situazione di squilibrio strutturale fra le parti del contratto, e, quindi, del processo. Appare, pertanto, necessario un intervento in funzione di riequilibrio, da parte dell’ordinamento giuridico, che si concretizzerà anche nell’intervento del magistrato in soccorso della parte considerata debole, attuato, appunto, con il rilievo ufficioso della nullità. In tal modo, si eviterà che il consumatore rimanga vincolato alle clausole abusive per effetto della sua, prevedibile, minor accortezza processuale, rispetto alla parte professionale.
Si presuppone, in sostanza, che la debolezza contrattuale si riverberi anche in una debolezza processuale, e, ad entrambe, si intende porre rimedio, attraverso un’adeguata interpretazione delle norme della direttiva.
I giudici europei, dunque, non fanno mai riferimento, per risolvere il problema, a problematiche connesse alla natura sostanziale del vizio in questione, ma si concentrano sulla necessità di un’interpretazione pragmatica, che conferisca la massima effettività alla tutela prevista dalla direttiva150.
149 CGCE, 26 ottobre 2006, sulla causa C-168/05, caso Mostaza Claro, in Foro it.,
2007, IV, p. 374; CGCE, 6 ottobre 2009, sulla causa C-40/08, caso Asturcom, in Riv.
it. dir. pubbl. comunit., 2010, p. 280, con nota di LO SCHIAVO.
150 Cfr. PAGLIANTINI, La nullità di protezione tra rilevabilità d’ufficio e
convalida, in Le forme della nullità, cit., p. 32, che evidenzia questa caratteristica
In molti Paesi europei, queste decisioni hanno avuto un’eco significativa, comportando la necessità di modificare le norme connesse alla attuazione della direttiva stessa, in modo da recepire tale orientamento151. In Italia, invece, per certi aspetti, il problema non si poneva nemmeno, perché le norme interne, come si è detto, avevano già anticipato, in maniera esplicita, quello che sarebbe stato l’orientamento della giurisprudenza comunitaria152.
Al contrario, le ulteriori due sentenze che la Corte ha pronunciato in materia, nel corso dell’anno 2009, rivestono una notevole importanza
Si tratta, del resto, del modo di procedere tipico della giurisprudenza europea, la quale deve perseguire in modo pragmatico i suoi scopi di armonizzazione, prescindendo, quindi, necessariamente dalle categorie concettuali dei diritti sostanziali interni.
151 In Francia, il legislatore è intervenuto, con l’art. 34 della legge del 3 gennaio
2008, n. 2008/3, detta loi Chatel (dal nome del Segretario di Stato della Commissione sui consumatori e sul turismo, Luc Chatel), che ha introdotto il nuovo art. L. 141-4 nel Code de la Consommation, in forza del quale il giudice “peut
soulever d’office toutes les dispositions du prèsent code dans les litiges nès de son application”.
Pertanto, anche la giurisprudenza ha dovuto modificare il suo precedente orientamento contrario: cfr. Cour de Cassation, 22 gennaio 2009, n. 35, in Obbl. e
contr., 2010, pp. 444 e segg., con nota di MANTOVANI.
152 Si veda, però, SENIGAGLIA, Il problema del limite al potere del giudice di
rilevare d’ufficio la nullità di protezione, in Europa e dir. priv., 2010, p. 857, il quale
propone di fare riferimento all’indirizzo giurisprudenziale europeo, favorevole alla rilevabilità ufficiosa, per sostenere la necessità di modificare l’atteggiamento tradizionalmente restrittivo della giurisprudenza italiana sul punto. Pertanto, almeno in presenza di nullità protettive, non dovrebbero valere i limiti al rilievo ex officio, che, come si è visto, si fanno derivare dal principio dispositivo e da quello della corrispondenza fra chiesto e pronunciato.
anche per il nostro ordinamento. Infatti, in esse i giudici europei hanno avuto modo di affrontare e risolvere la problematica cui si faceva cenno, ovvero quella del modo in cui si possano conciliare la rilevabilità ex
officio e la tutela del soggetto protetto, unico legittimato a far valere la
nullità.
Come si vedrà subito, ciò è avvenuto attraverso la costruzione di un meccanismo di convalida in sede giudiziale della nullità di protezione.