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Il processo di formazione del governo in Italia

Coalizioni pre-elettorali e portfolio allocation: il caso italiano

3. Il processo di formazione del governo in Italia

L’analisi sulla formazione dei governi in Italia permette l’individuazione di due fasi ben definite, comunemente chiamate Prima e Seconda Repubblica. Il termine Prima Repubblica è comunemente usato per indicare il periodo 1948-1993. Questo periodo è caratterizzato da un sistema partitico a pluralismo polarizzato (Sartori 1976), in cui solo i partiti occupanti le posizioni prossime al centro del continuum avevano la possibilità di entrare a far parte del governo. La competizione elettorale, regolata da un sistema elettorale proporzionale, non rappresentava un fattore decisivo per la formazione dell’esecutivo, la quale dipendeva dagli accordi presi dal partito principale del sistema (la Democrazia Cristiana) con gli attori minori occupanti posizioni di policy centriste. I due maggiori partiti di opposizione, PCI a sinistra e MSI a destra, non avevano la possibilità di partecipare alla negoziazione per la formazione del governo. Peraltro, la vita media degli esecutivi era ridotta (i governi avevano una durata media di 11 mesi), a causa dei frequenti conflitti intrapartitici all’interno della DC. Il caso italiano di Prima Repubblica è stato definito un sistema a contrattazione free-style, in cui i partiti coinvolti nella formazione del governo negoziavano il loro ingresso liberi da vincoli. Nonostante ciò, la struttura dei governi è stata caratterizzata da “formule” durevoli (Verzichelli e Cotta 2000).

 Solidarietà nazionale: governi principalmente monocolore con l’appoggio esterno del maggior partito di opposizione (1976-79);

 Pentapartito: nuovo ingresso del PSI nella coalizione di governo, comprendente i partiti laici centristi (1980-1992);

 Transizione: periodo di crisi del sistema politico precedente al collasso (1993-94).

Durante ognuna di queste fasi, nonostante l’assenza di coalizioni pre-elettorali, i partiti coinvolti negli incarichi di governo hanno prodotto delle formule di alleanza durature nel tempo. Poiché le elezioni non rappresentavano dei momenti determinanti per la ridefinizione degli equilibri del sistema partitico (volatilità particolarmente contenuta per gran parte del periodo, nessuna alternanza governativa), i partiti non trovavano accordi per la formazione di alleanze pre-elettorali (disincentivanti anche dal sistema elettorale proporzionale); nonostante ciò è possibile ipotizzare l’esistenza di accordi di lungo periodo tra il partito principale e i suoi alleati, tali da produrre gli stessi effetti delle coalizioni pre-elettorali. In questo modo si spiegherebbe la grande proporzionalità nell’attribuzione delle cariche di governo, che sarebbe conseguenza di questi accordi.

La transizione dovuta a una crisi sistemica ha portato alla seconda fase, chiamata Seconda Repubblica. Questo periodo è caratterizzato dalla modifica del sistema elettorale, la completa sostituzione dei vecchi attori partitici con nuove forze politiche, e il sostanziale cambiamento delle strategie dei partiti in fase pre-elettorale e di formazione del governo.

Il 1993 – anno in cui viene approvata la prima riforma elettorale43 – rappresenta uno spartiacque nella storia del sistema politico italiano. Il periodo può essere suddiviso a sua volta in due fasi storiche distinte.

La fase 1994-2005 è caratterizzata principalmente dall’adattamento dei nuovi partiti alla riforma elettorale, che incentivava la formazione di alleanze pre-elettorali, con sottoscrizione di un programma di governo e indicazione del Primo Ministro, e un’effettiva competizione per la conquista delle posizioni di governo tra due compagini avverse. La formazione di coalizioni pre-elettorali ha imposto la negoziazione ex ante delle candidature tra i partiti alleati (Di Virgilio 1995, 1997, 2002). I partiti facenti parte delle coalizioni pre-elettorali si coordinavano definendo un candidato della coalizione per ogni collegio uninominale. La

43 Si tratta di un sistema misto che attribuisce il 75% dei seggi tramite competizione in un collegio uninominale,

distribuzione delle candidature tra i partiti era definita in base alla stima sul loro effettivo peso elettorale, e riguardava il numero di candidature attribuito a ogni membro della coalizione, nonché la loro qualità, definita dalla stima sulle possibilità di vittoria della coalizione collegio per collegio. Le coalizioni pre-elettorali, caratterizzate dalla condivisione di risorse e obiettivi tra i partiti aderenti, ha modificato la dinamica competitiva elettorale, diventata bipolare per la formazione progressiva di due grandi cartelli (Reed 2001, D’Alimonte e Bartolini 2002). La successiva formazione del governo riproduceva l’alleanza elettorale vincitrice delle elezioni, anche nel caso in cui essa non disponesse di una forte maggioranza in entrambe le Camere. La competizione per la conquista del potere esecutivo ha incentivato i partiti alla formazione di coalizioni di grandi dimensioni, tra un gran numero di attori, in modo da aumentare le possibilità di vittoria. Ciò ha prodotto un aumento della frammentazione partitica a livello parlamentare (D’Alimonte e Bartolini 2002, Giannetti e Laver 2001). Il numero dei partiti rilevanti passa da un valore che oscilla tra 3 e 4 nel periodo 1948-1993 a valori costantemente superiori a 5 (Verzichelli e Cotta 2000).

I governi inter-elettorali sono frequenti anche nel periodo 1994-2005, a causa di una certa instabilità delle coalizioni di governo basate sulle alleanze pre-elettorali. I governi interelettorali avevano una struttura simile agli esecutivi formati successivamente alle elezioni: essi erano dunque basati sulla struttura delle precedenti coalizioni pre-elettorali, ma si differenziavano per l’ingresso di nuovi attori partitici, nati per mezzo di un party split di uno dei partiti dell’opposizione. Questo aspetto indica una certa instabilità dei governi, dovuta alla frammentazione del sistema partitico, che imponeva la formazione di coalizioni di governo particolarmente eterogenee, le quali in alcune circostanze subivano delle defezioni, impedendo al governo di poter contare sulla maggioranza originaria, e dovendo ricorrere al sostegno di nuovi attori, creati ad hoc per entrare a far parte del governo.

La fase 2005-2009 che segue all’approvazione della legge elettorale del 200544, comporta alcuni cambiamenti: il primo è il rafforzamento delle coalizioni pre-elettorali: la legge elettorale ne incentiva la formazione attraverso le soglie di rappresentanza e l’attribuzione del premio di maggioranza, le quali determinano la decisività dei partiti di piccole dimensioni per la conquista della maggioranza in Parlamento. La struttura delle coalizioni pre-elettorali è più complessa rispetto a quelle del periodo precedente, poiché il sistema elettorale incentiva la

Premier. Per questo motivo la coalizione è tenuta a formare un governo composto dai soli partiti che hanno stipulato l’accordo pre-elettorale.

Tuttavia, in questo periodo, il rapporto tra i partiti alleati sembra essere meno solido, a causa dell’abolizione dei collegi uninominali. I partiti presentano delle liste elettorali autonome, e non hanno la necessità di coordinarsi per la definizione di candidature comuni. Questa pratica stava lentamente portando a una stabilizzazione del sistema, e ad una semplificazione dell’offerta elettorale. Col ritorno dei simboli partitici nelle liste, il ventaglio dell’offerta elettorale si è allargato vertiginosamente, contribuendo a un’ulteriore atomizzazione del sistema partitico.

Le recenti elezioni del 2008 hanno visto il tentativo di contrastare la dinamica competitiva bipolare, tramite la formazione di un terzo Polo. Tuttavia una delle due coalizioni maggiori ha ottenuto una solida maggioranza in entrambe le Camere, e il terzo Polo non è riuscito a conquistare una posizione pivotale. Durante le stesse elezioni, inoltre, si è osservata una drastica semplificazione della struttura parlamentare, la quale ha ridotto la frammentazione partitica. Questo aspetto ha permesso la formazione di un governo di coalizione tra un numero ristretto di partiti (di fatto solo due), apparentemente molto più stabile rispetto al precedente governo del 2006, composto da un gran numero di partiti aventi posizioni di policy particolarmente eterogenee tra loro.

Quello italiano, in sintesi, rappresenta un complesso caso di studio, che giustifica un’indagine più ravvicinata del meccanismo di allocazione dei ministeri anche a fini euristici. Le caratteristiche peculiari del sistema politico italiano aprono interrogativi riguardanti il metodo di formazione degli esecutivi in questo contesto, e la presenza di coalizioni pre-elettorali, determinanti per la definizione della struttura parlamentare e dell’esecutivo, stimola ad indagare gli effetti da esse prodotte.