• Non ci sono risultati.

Processo di autovalutazione dell’adeguatezza patrimoniale, costituisce la prima fase del processo di controllo prudenziale, disciplina entrata in vigore con Basilea II (rientra negli obiettivi del Secondo Pilastro) che obbliga gli intermediari a dotarsi di adeguati sistemi di gestione e copertura patrimoniale per tutti i rischi connessi alla propria attività. L’obiettivo di questo processo bancario è quello di determinare il capitale idoneo a garantire una copertura permanente dei diversi rischi a cui la banca è o potrebbe essere esposta in futuro. L’attuazione di questo processo è responsabilità degli organi societari i quali ne definiscono in piena autonomia il disegno e l’organizzazione secondo le rispettive competenze e prerogative: in generale, possiamo dire che l’ICAAP si basa su idonei sistemi di gestione dei rischi e presuppone che la banca si doti di una struttura organizzativa e di meccanismi di governo societario adeguati e soprattutto di un efficace sistema di controllo interno. Anche se la predisposizione di tale sistema è lasciata a completa discrezionalità della banca esso deve però risultare “adeguato in termini attuali e prospettici a fronteggiare tutti i rischi rilevanti”. Inoltre, il processo deve essere formalizzato per definire chiaramente i rischi diversi da quelli del primo pilastro, che la banca deve fronteggiare individuando per ciascuna tipologia le metodologie più appropriate (quantitative/qualitative) per gestirli. Una volta che l’ICAAP è stato formalizzato e documentato dovrà essere approvato dal CDA della banca. Periodicamente, il processo dovrà essere sottoposto a revisione per verificare che mantenga la sua adeguatezza a seguito di eventuali mutamenti delle politiche aziendali o dello scenario in cui opera la banca.

Nell’ambito del processo di revisione prudenziale, la Banca centrale europea e la Banca d’Italia valutano il grado di rispondenza tra le scelte e le valutazioni degli operatori e il profilo di rischio degli stessi. Entrando nel dettaglio e facendo riferimento a quanto riportato dalla circolare 285/13, il processo ICAAP può essere scomposto nelle seguenti fasi:

- individuazione dei rischi da sottoporre a valutazione;

- misurazione/valutazione dei singoli rischi e del relativo capitale interno; - misurazione del capitale interno complessivo;

46

- determinazione del capitale complessivo e riconciliazione con il patrimonio di vigilanza.

Nella prima fase del processo la banca effettua in autonomia un’accurata identificazione dei rischi ai quali è esposta, avendo riguardo alla propria operatività e ai mercati di riferimento. L’analisi dei rischi deve considerare almeno quelli elencati nell’elenco di cui all’Allegato A26 della circolare e gli eventuali ulteriori fattori di rischio

connessi con la propria specifica operatività. Inoltre, devono essere identificate chiaramente le fonti di generazione dei vari tipi di rischio, siano esse collocate a livello di unità operativa oppure di entità giuridica: lo scopo è riscontrare se, in capo alle più rilevanti entità giuridiche, l’eventuale requisito patrimoniale regolamentare calcolato a livello individuale fronteggia adeguatamente i rischi effettivamente presenti presso tali componenti.

La fase successiva del processo prevede la misurazione dei singoli rischi e la determinazione del capitale interno relativo a ciascuno di essi. Ai fini della determinazione del capitale interno, le banche misurano (valutano in caso di rischi difficilmente quantificabili) tutti i rischi rilevanti ai quali sono esposte, utilizzando le metodologie che ritengono più appropriate, in relazione alle proprie caratteristiche operative e organizzative. In particolare, per i rischi di credito, di controparte, di mercato ed operativi un primo riferimento metodologico è costituito dai relativi sistemi regolamentari per il calcolo dei requisiti patrimoniali. Relativamente al rischio di tasso di interesse invece, tutte le banche (indipendentemente dalla classe di appartenenza, dalla metodologia utilizzata, dalle variazioni stimate o dagli scenari prescelti per calcolare il capitale interno in condizioni ordinarie/di stress) valutano l’impatto di una variazione ipotetica dei tassi pari a +/- 200 punti base sull’esposizione al rischio di tasso di interesse relativo al portafoglio bancario. Nel caso in cui si determini una riduzione del valore economico della banca superiore al 20% dei fondi propri, la Banca centrale europea e la Banca d’Italia approfondiscono con la banca i risultati e si riservano di adottare opportuni interventi. Infine, per il rischio di leva finanziaria eccessiva, la banca dovrà fare riferimento a indicatori, come ad esempio il leverage ratio, in grado di

26 I rischi dell’Allegato A: operativo, di credito, di mercato, di concentrazione, paese, di trasferimento,

base, di tasso di interesse derivante da attività diverse dalla negoziazione, di liquidità, residuo, derivanti da cartolarizzazioni, di una leva finanziaria eccessiva, strategico, di reputazione.

47

rilevare eventuali squilibri tra le attività e le passività. Inoltre, dovrà tener conto del possibile incremento del rischio connesso con la rilevazione di perdite attese o realizzate che riducono la dotazione patrimoniale. Per le modalità di misurazione degli altri rischi bancari si rimanda a quanto detto nel capitolo I. Nel definire operativamente i sistemi di misurazione/valutazione dei rischi rilevanti e per la determinazione dell’eventuale capitale interno, la banca deve far riferimento a specifici criteri individuati nella circolare27 in base alle dimensioni della banca stessa28. Sempre nella

fase di misurazione rientra la procedura dello stress testing: la banca effettua prove di stress per una migliore valutazione della sua esposizione ai rischi, dei relativi sistemi di attenuazione e controllo e, ove ritenuto necessario, dell’adeguatezza del capitale interno. Le prove di stress consistono in tecniche quantitative e qualitative con le quali la banca valuta la propria vulnerabilità ad eventi eccezionali ma plausibili.

La terza fase del processo ICAAP è la determinazione del capitale interno complessivo. In questa fase assume particolare rilevanza la valutazione dell’esistenza di benefici dalla diversificazione tra i diversi tipi di rischio. Per via della complessità di questa valutazione, anche in questo caso Banca d’Italia ha individuato criteri differenti a seconda della classe di appartenenza della banca29. Resta fermo che, qualunque sia la

classe di appartenenza, nella determinazione del capitale interno complessivo le banche possono tenere conto, oltre che della necessità di copertura delle perdite inattese a fronte di tutti i rischi rilevanti, anche dell‘esigenza di far fronte a operazioni di carattere strategico (ingresso in nuovi mercati, acquisizioni) oppure di mantenere un adeguato standing sui mercati.

Infine, con la determinazione del capitale complessivo e la riconciliazione con il patrimonio di vigilanza si chiude il processo di autovalutazione dell’adeguatezza patrimoniale. La banca deve essere in grado di illustrare come il capitale complessivo si riconcilia con la definizione di fondi propri: in particolare, deve essere spiegato l’utilizzo

27 Banca d’Italia, Circolare n. 285 del 17 dicembre 2013, p. 185 28 Banca d’Italia, Circolare n. 285 del 17 dicembre 2013, p. 183:

Classe 1: Banche e gruppi bancari autorizzati all’utilizzo di sistemi IRB per il calcolo dei requisiti a fronte del rischio di credito, o del metodo AMA per il calcolo dei requisiti a fronte del rischio operativo, oppure di modelli interni per la quantificazione dei requisiti sui rischi di mercato.

Classe 2: Gruppi bancari e banche che utilizzano metodologie standardizzate, con attivo, rispettivamente, consolidato o individuale superiore a 3,5 miliardi di euro (2).

Classe 3: Gruppi bancari e banche che utilizzano metodologie standardizzate, con attivo, rispettivamente, consolidato o individuale pari o inferiore a 3,5 miliardi di euro.

48

a fini di copertura del capitale interno complessivo di strumenti patrimoniali non computabili nei fondi propri.