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CAPITOLO 3: le opportunità dei prodotti di lusso agroalimentari nei mercati emergent

3.3. Il prodotto di lusso e le sue caratteristiche

Come si è visto precedentemente, un bene può diventare di lusso o nascere come prodotto di nicchia e poi diventare una commodity. Ma quando si può realmente parlare di prodotto agroalimentare di lusso? Marijke van der Veen nella sua opera “When is food a luxury?” cerca di darne una definizione che sembra essere la più appropriata per questo studio. Secondo la studiosa, si può parlare di alimenti di lusso quando questi possiedono attributi non comuni e dal valore aggiunto, come consistenza, gusto o contenuto di grassi, che li rendono diversi da tutti gli altri prodotti in commercio (Van der Veen, 2003). Possono essere stimolanti, inebrianti e via dicendo. Possiedono un valore aggiunto che può essere sia qualitativo che quantitativo. Le ricerche etnografiche hanno inoltre dimostrato che nei paesi senza una forte stratificazione sociale vi è una maggiore tendenza a considerare la quantità degli alimenti come caratteristica più rilevante. Al contrario, nei paesi più industrializzati, dove vi sono più istituzioni e gerarchie, si tende a preferire la qualità e l’immagine del prodotto. Inoltre, l’autrice conferma la correlazione tra il consumo di prodotti di lusso e status sociale: vi è infatti la volontà, con il cibo, di creare legami tra persone appartenenti alla stessa comunità oppure aumentare il distacco e l’esclusività con le altre classi sociali. Tuttavia, il lusso non è definito in maniera univoca, ma anzi rientrano nella categoria prodotti diversi se si analizza l’aspetto economico piuttosto di quello sociale. La definizione di lusso fornita dal Concise Oxford Dictionary dichiara che rientra in tale categoria qualsiasi cosa desiderabile per divertimento o comodità, ma non indispensabile e spesso costosa. Se si parla di cibo, rientrano nella definizione quelli desiderabili o difficili da ottenere, ma non essenziali per il nutrimento dell’essere umano. Ad esempio, la frutta esotica per via della sua origine straniera rientra nella categoria. La definizione di ciò che è essenziale per la sopravvivenza e ciò che non lo è, è anch’essa controversa, specialmente nella società di oggi dove per ogni necessità e bisogno ci sono molteplici beni che lo possono soddisfare. Bisogna quindi per prima cosa operare una distinzione tra cosa è un bisogno e cosa è un desiderio, perché ciò che è atto a soddisfare un bisogno non è un prodotto di lusso.

I bisogni si possono dividere in due categorie (Van der Veen, 2003): quelli di base e quelli volontari o necessari per un determinato scopo. Per bisogni di base si intende la sussistenza, la necessità di un luogo dove abitare, il vestiario e lo svago. Ovunque nel mondo questi elementi devono essere soddisfatti per la vita umana e possono riguardare il singolo individuo o la comunità in generale. Questi bisogni non sono intenzionali: sono lo stato di base in cui si trova l’individuo e generano in lui un principio di azione. Ad esempio, tutti hanno bisogno di bere per non disidratarsi, ma questo bisogno di base è indipendente dal fatto che si voglia bere acqua o succo di frutta per soddisfare la

sete. I bisogni volontari sono non strettamente necessari, ma possono essere soddisfatti da qualsiasi cosa utile per semplificare azioni, come una penna o gli utensili da cucina, e spesso vogliono soddisfare un desiderio.

I prodotti di lusso sono oggetti del desiderio (Van der Veen, 2003), sia fisico che psicologico e vengono associati di solito ad un piacere fisico o sensoriale. Si propone l’esempio di una persona affamata (bisogno di base), la cui necessità può essere soddisfatta dal pane, ma anche da un toast caldo farcito di prosciutto e formaggio. Quest’ultimo prodotto non è indispensabile per la sopravvivenza dell’individuo ma di certo conferisce un senso di appagamento maggiore. Solitamente quindi i prodotti di lusso offrono al consumatore piacere e divertimento e sono qualitativamente migliori rispetto ai beni di base. Caratteristica essenziale per un bene di lusso è essere desiderato da molti, ma accessibile a pochi. Prodotti che hanno un particolare significato simbolico (ad esempio quelli utilizzati per le cerimonie religiose) o sentimentale non rientrano nella definizione “di lusso”, ma sono atti invece a soddisfare bisogni strumentali. È controversa invece la categorizzazione dei cibi salutari, in quanto la salute è un bisogno essenziale per l’essere umano, ma al giorno d’oggi fanno parte di questa categoria anche i prodotti biologici, che sono costosi e non accessibili a tutti. I trend degli ultimi anni riguardo la salute fisica e l’alimentazione sana e corretta hanno fatto si che alcuni di questi prodotti alimentari siano oggi in grado di attribuire uno status a chi li possiede. In questo senso, possono rientrare nella categoria dei beni di lusso.

Come già accennato in precedenza, il concetto di bene di lusso è variabile nel tempo. Se un bene diventa accessibile a tutta la popolazione, il bene non è più di lusso, ma diventa una commodity. È il cosiddetto effetto “trickle-down” (Van der Veen, 2003), per il quale una politica favorevole ai ceti alti stimola la crescita e i consumi, ma finisce per portare benefici anche ai meno abbienti. Il bene di lusso cambia la sua connotazione nel tempo, partendo dall’essere un prodotto desiderato da molti ma accessibile a pochi fino a diventare largamente disponibile e venire considerato una necessità. Gli esempi classici riguardano il caffè, lo zucchero, il tè, il cioccolato e il tabacco, il cui aumento del consumo tra la popolazione coincide con la riduzione dei costi di produzione (dovuta all’utilizzo di schiavi per la manodopera) e una conseguente riduzione dei prezzi al consumatore.

Gli economisti usano distinguere i beni di lusso da quelli comuni in base all’elasticità della domanda al prezzo. I beni di lusso sono sensibili al prezzo e alla capacità di spesa dell’individuo. Quando tutti i bisogni primari sono stati soddisfatti, il surplus del reddito viene utilizzato per comprare beni di lusso. Al contrario, questi sono i primi a subire un calo in caso di riduzione del reddito. Nella realtà, alcuni beni di lusso vengono acquistati anche se non si hanno sufficienti risorse finanziarie. È frequente nei paesi in via di sviluppo trovare grandi televisori al plasma di ultima generazione in case

dagli altri individui e nelle comunità vi sono gerarchie sociali. Alcuni prodotti di lusso servono per ottenere un certo status e per questo vengono acquistati. Il focus è quindi non più sul cosa si consuma, ma piuttosto sul che effetto provoca in chi non può disporre del bene. In alcuni casi può essere difficile entrare in possesso di un bene a causa del prezzo elevato o per determinate leggi che ne vietano la vendita. Per alcuni prodotti di lusso invece è richiesta una conoscenza specifica per il loro corretto utilizzo. Per alcuni studiosi, la vera arena competitiva dei beni di lusso è l’esclusività e la distinzione sociale.

Il prezzo è una variabile sempre meno determinante nel processo di acquisto del consumatore per i beni di lusso. Ciò che ad oggi diventa importante è la qualità e il marketing che vi è dietro al prodotto. Un’altra dimensione individuata da uno studio di Hartmann, et al. è l’autenticità (Hartmann, et al., 2016). Nell’analisi dell’autrice si riporta l’esempio del vino, le cui etichette migliori sono considerate tali per la loro longevità nel mercato e per le caratteristiche di produzione, distanti dai prodotti industriali commercializzati. La qualità, l’origine e il differenziarsi dalla produzione di massa sono gli attributi che definiscono l’autenticità nel mondo del vino. I consumatori percepiscono questa caratteristica come un sinonimo di produzione su bassa scala, artigianale e hanno l’immagine di un produttore che è non privilegiato nel mercato di nicchia ed in contrasto con le multinazionali. Nello scritto viene riportato un test empirico effettuato da Kemp nel 1998 con il quale si chiedeva di valutare alcuni prodotti/azioni con una scala da 1 a 9 (dove 1 corrispondeva a necessità e 9 a lusso). Lo champagne è risultato essere un lusso, con una votazione media pari a 8, seguito dal vino, barrette di cioccolata, torta preferita e agli ultimi posti, considerati più come necessità, vi erano il latte e il pane. I primi prodotti sono chiaramente connotati da caratteristiche di qualità, prezzo elevato e unicità. Ma recentemente si è notato il peso sempre più importante delle motivazioni personali, come la sostenibilità e la gratificazione. Wiedmann et al. hanno individuato quattro dimensioni che conferiscono l’attributo “lusso” ad un prodotto: finanziaria, funzionale, individuale e sociale (Van der Veen, 2003). La prima si riferisce all’aspetto monetario e quindi al prezzo. La dimensione funzionale riguarda i benefici del prodotto e il valore nel suo utilizzo come la qualità. La dimensione individuale indica l’attitudine personale ad utilizzare beni di lusso, mentre quella sociale si riferisce ai benefici che si possono ottenere nella propria comunità consumando quel bene, secondo l’opinione personale del consumatore. Queste dimensioni sono interrelate tra loro: vi è ad esempio una connessione tra prezzo e qualità percepita, ma anche tra prezzo e status sociale conferito dal bene. Si suppone anche che una disponibilità economica maggiore porti ad un orientamento maggiore verso i prodotti sostenibili e autentici.

Le nuove sfide del marketing del lusso sono quelle di indirizzare valori come l’environmental

al destinatario del messaggio, per simboleggiare qualità, esclusività e unicità. Il nuovo consumatore vuole infatti evitare gli additivi chimici o i prodotti testati sugli animali e preferisce le produzioni biologiche. Il cibo locale è spesso associato al valore di autenticità, perché richiama alla tutela ambientale.

Il mercato del lusso vale oltre 1.000 miliardi di euro con una crescita del 4% nel 2016 (Bain & Company, 2016) e si stima un aumento continuo nei prossimi anni. I consumi si stanno spostando dai beni alle esperienze (come viaggi e gastronomia) e le categorie che performano meglio sono le macchine di lusso, il servizio alberghiero, gli alcolici e i liquori e il fine food. La crescita, secondo i dati del Worldwide Market Monitor raccolti da Bain&Co., è anche equilibrata tra aree geografiche, nazionalità dei consumatori, peso dei canali e categorie di prodotto. I millennials sono coloro che hanno acquistato di più nel 2017e il loro ingresso nell’arena del lusso ha cambiato la modalità con cui vengono effettuati gli acquisti. Nei mercati emergenti come Brasile, India, Russia e Cina sta crescendo la classe sociale medio-alta, il che porta ad un bacino più ampio per il mercato dei beni di lusso.

Il mondo del lusso funziona con regole estremamente diverse rispetto alle altre categorie di prodotti, come i FMCG. Ciò che rende questo settore così particolare sono: la dimensione dell’azienda, le caratteristiche finanziare e le tempistiche (Chevalier & Mazzalovo, 2012). La dimensione dell’azienda, a differenza di tutto ciò che è non-lusso, non è rilevante. Dior fattura circa 1 miliardo di euro l’anno, mentre il gruppo Peugeot 56 miliardi di euro, ma tra le due aziende francesi la prima gode di una maggiore brand awareness. Le aziende del lusso sono generalmente di piccole-medie dimensioni, ad eccezione degli agglomerati che raccolgono sotto una grande holding più brand (come LVMH). Di conseguenza anche il personale occupato è minore numericamente e spesso impiegato direttamente nei punti vendita, dove si svolge la parte fondamentale del processo di acquisto del consumatore. Anche le caratteristiche finanziarie di un’azienda del lusso sono particolari: se nel mercato tradizionale, un’azienda in perdita deve uscire dal mercato, ciò non accade per i luxury brand. Alcuni sono sopravvissuti per anni non generando ricavi, ma grazie alle risorse del gruppo o diversificando il business. Un brand di lusso, seppur in perdita, ha un enorme valore in termini di

awareness e i brand di successo possono tranquillamente assorbire le perdite di questo, anche per

anni. Il gap tra brand che non generano guadagni e quelli che invece sono profittevoli è molto elevato. Questo è dovuto ad un alto break-even point, che è tale per la presenza di costi fissi elevati come gli

stores fisici, il servizio al cliente che deve essere eccellente, e la qualità delle materie prime. Sono

costi che non possono essere tagliati, a meno di non perdere l’esclusività e la qualità che contraddistingue il marchio. Dopo aver coperto tutti i costi fissi, i margini diventano subito

sforzano di essere ricordati. Per quanto riguarda le tempistiche, se nei settori dell’elettronica, ad esempio, si cerca di accorciare il ciclo di vita del prodotto (e quindi i tempi di realizzazione) per indurre il consumatore a cambiarlo prima della sua effettiva obsolescenza, nel settore del lusso la creazione di un nuovo prodotto richiede mesi o anni di preparazione. Il brand stesso non può essere modificato in tempi brevi, perché il consumatore conosce bene le sue caratteristiche e lo acquista perché rispecchia i suoi valori o aspirazioni.

Ma come poter essere leader in un mercato così particolare? Il paradosso sta nei prezzi elevati al consumatore finale, costi elevati, pochi investimenti nelle attività di produzione e trasformazione, limitata distribuzione, rara attività promozionale (come sconti, saldi, ecc…) e advertising tradizionale senza un copy particolare. Inoltre, il processo di creazione prevede la produzione di un bene in quantità controllate per essere scarse e non accessibili alle masse. L’approccio al marketing di nicchia richiede che il prodotto sia conosciuto e facilmente riconoscibile, apparentemente irraggiungibile e costoso. Il brand necessita anche di un concetto estetico molto forte (Chevalier & Mazzalovo, 2012), in linea con i trend del momento.