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Il profilo soggettivo

2. Le reti di imprese

2.2. Le novità dell’art 42 del D.L 31 maggio 2010, n

2.2.1. Le disposizioni civil

2.2.1.1. Il profilo soggettivo

Il primo elemento riguarda i soggetti che possono partecipare alla rete. La norma limita espressamente la partecipazione al contratto di rete ai soli soggetti con la qualifica d’imprenditore, ai sensi cioè dell’art. 2082 del c.c.245; non sembra invece porre limiti rispetto alla tipologia di imprenditori, sia quindi commerciali, agricoli, di piccole-medie o anche grandi dimensioni. La limitazione ai soli imprenditori, oltre ad essere chiaramente espressa dalla norma all’art. 3, comma 4-ter, del D.L. 10 febbraio 2009, n. 5, così come modificato dalla norma in esame, si può indirettamente ricavare anche dal nuovo comma 4-quater, in quanto la disposizione prevede l’iscrizione del contratto nella stessa sezione del registro delle imprese presso cui è iscritta ogni singola impresa partecipante. L’iscrizione presuppone il possesso della qualifica d’imprenditore, quindi

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Alcuni esempi potrebbero essere le attività di ricerca, di consulenza fiscale o legale. Si veda in merito

CAFAGGI, Il contratto di rete nella prassi. Prime riflessioni, in I contratti, 2011, n. 5, p. 511.

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Si veda in merito GALLIO, La disciplina agevolativa dei contratti di rete di impresa, in Fisco, 2012, f. 1, n. 6, pp. 1594-1595.

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Secondo l’art. 2082 del c.c., è imprenditore chi esercita professionalmente un’attività economica organizzata per produrre o scambiare beni e servizi.

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la norma, imponendo l’iscrizione al registro delle imprese nella stessa sezione della partecipante, sta in realtà nuovamente confermando l’interpretazione che i partecipanti alla rete debbano obbligatoriamente avere la qualifica di imprenditori246.

Riferendosi in modo generale alla qualifica d’imprenditore, la normativa consente la partecipazione alla rete a imprenditori individuali, società di persone, società di capitali, cooperative, consorzi247 e anche ATI. Secondo F. Cafaggi, al contratto di rete potrebbero partecipare anche enti senza scopo di lucro e associazioni imprenditoriali, resterebbe invece vietata la partecipazione agli enti pubblici, alle università, agli enti di ricerca e ai professionisti, perché non svolgono alcuna attività d’impresa248. Tuttavia, per quanto riguarda le pubbliche amministrazioni, appare sensato che il divieto valga solo per le attività svolte da queste in relazione al loro ruolo istituzionale, non invece per quanto riguarda eventuali attività imprenditoriali249. Parte della dottrina250, però, interpretando in senso estensivo la norma, ricomprende nella nozione di imprenditore anche i professionisti, alla luce della prassi, in tema di direttive europee, di riferirsi sia a persone fisiche che a persone giuridiche che agiscano all’interno della propria attività professionale, pubblica o privata; in ambito europeo, quindi, sembra superata la visione che si limitava a individuare nei destinatari delle norme solamente i soggetti con la qualifica di imprenditore, in favore di una visione più estesa, che ricomprende anche i liberi professionisti. Sembra doversi ritenere legittima, inoltre, anche una rete composta solamente da società controllate o collegate, in quanto la presenza di rapporti partecipativi non fa venir meno la pluralità degli imprenditori, che rimangono entità autonome. Tuttavia, la dottrina consiglia di mantenere un profilo cauto, potendo l’Amministrazione Finanziaria contestare la mancanza della pluralità degli imprenditori, quindi l’inidoneità a beneficiare dell’agevolazione fiscale per le reti di imprese251

. La norma non pone limitazioni nemmeno sulla nazionalità degli imprenditori che compongono la rete, che possono quindi anche non essere italiani. A maggior ragione

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Si vedano in merito MALTONI E SPADA, Il “contratto di rete”, Studio n. 1-2011/I, Consiglio nazionale del notariato, p. 4.

247

Si intendono compresi i consorzi con attività esterna, in quanto risultano iscritti al registro delle imprese, così come richiesto dalla normativa.

248

Si veda in merito CAFAGGI, Il nuovo contratto di rete: “learning by doing?”, in I contratti, 2010, n. 12, p. 1145.

249

Questa è l’interpretazione fornita da RETIMPRESA, Linee guida per i contratti di rete, Marzo 2012, p. 8.

250

Si veda in merito GENTILI, Il contratto di rete dopo la L. n. 122 del 2010, in I contratti, 2011, n. 6, p. 621.

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possono appartenere a Paesi membri dell’Unione Europea, in quanto, in mancanza di una tale libertà, la norma risulterebbe contraria alla disciplina comunitaria252.

La locuzione che si riferisce a “più imprenditori”, è stata interpretata dalla maggior parte della dottrina253 consentendo la stipulazione di reti con un numero minimo di due imprenditori, sia quindi nella forma del contratto bilaterale, che nella forma del contratto plurilaterale; anche se appare ovvio che le reti composte da soli due nodi non possano assolvere a quegli interessi più complessi che possono essere raggiunti solo con un aggregazione formata da più imprese. Secondo altri autori, per esempio P. Magnante, invece, gli imprenditori dovrebbero essere almeno tre. Quest’ultima interpretazione deriva dall’analisi congiunta della disposizione contenuta nel vecchio comma 4-ter, dell’art. 3 del D.L. 10 febbraio 2009, n. 5, che si riferiva a “due o più imprese” e della disposizione del nuovo comma 4-ter, così come modificato dal art. 42, comma 2-bis, del D.L. 31 maggio 2010, n. 78, che si riferisce invece a “più imprenditori”, facendo intendere, in modo indiretto, che la disposizione previgente consentisse anche una rete tra due imprenditori, mentre la nuova disciplina richieda il numero minimo di tre254. Tuttavia, alla luce della lettura testuale della norma, a parere di chi scrive, sembra condivisibile la tesi che consente la stipula di contratti di rete almeno con due partecipanti.

Il contratto di rete sembra essere un tipo di contratto aperto, idoneo cioè ad ammettere l’entrata di nuovi soggetti partecipanti anche in un momento successivo all’originaria sottoscrizione. Tuttavia, stante l’ampia autonomia concessa alle parti, non può escludersi la costituzione di reti chiuse, in cui non è prevista l’entrata di nuovi partecipanti, in un momento successivo a quello della costituzione della rete255.

Considerando che il contratto di rete è indirizzato ad aumentare la capacità innovativa e competitiva, l’esclusione di università ed enti di ricerca, appare costituire un limite non di poco conto, che può penalizzarne il futuro sviluppo256.

252

Si veda in merito RETIMPRESA, Linee guida per i contratti di rete, Marzo 2012, p. 10.

253

Si vedano in merito CAFAGGI, Il nuovo contratto di rete: “learning by doing?”, in I contratti, 2010, n. 12, p. 1145; ESPOSITO, Il contratto di rete dopo il c.d. “Decreto Sviluppo”, Ricerche giuridiche I, p. 76 e

GENTILI, Il contratto di rete dopo la L. n. 122 del 2010, in I contratti, 2011, n. 6, p. 622.

254

Si veda in merito MAGNANTE, Contratto di rete di imprese, in Contabilità, finanza e controllo, 2010, n. 11, p. 907.

255

Si veda in merito RETIMPRESA, Linee guida per i contratti di rete, Marzo 2012, p. 73.

256

Si veda in merito ESPOSITO, Il contratto di rete dopo il c.d. “Decreto Sviluppo”, Ricerche giuridiche I, 2012, p. 77.

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