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IL RESPONSO DELL’ARBITRATO BANCARIO FINANZIARIO

Nel documento L'Arbitro Bancario Finanziario (pagine 103-141)

Conclusa la fase di deliberazione, ai sensi dell’art. 9, comma 3 del Regolamento per il funzionamento dell’Organo decidente dell’ABF, il presidente, accertati i risultati delle votazioni, detta a verbale il dispositivo della decisione adottata; può, altresì, disporre, a propria discrezione, senza necessità di motivazione ed indipendentemente da eventuali richieste, la comunicazione anticipata del dispositivo alle parti e la successiva comunicazione della decisione63; tale

previsione trova fondamento nella necessità di conoscere con urgenza la decisione per evitare il protrarsi di una condotta illegittima e lesiva. Normalmente, invece, la decisione è comunicata alle parti ad opera della segreteria tecnica entro trenta giorni dalla conclusione della redazione della deliberazione ed

a questo punto il procedimento avanti all’ABF può dirsi concluso.

Ai sensi dell’art. 10 del Regolamento per il funzionamento dell’Organo decidente dell’ABF, la decisione deve essere redatta per iscritto in lingua italiana e deve contenere l’indicazione del collegio, il nome dei relativi componenti con l’indicazione per ognuno del soggetto designante, l’indicazione delle parti, la concisa esposizione dei motivi in fatto ed in diritto della decisione, il luogo e la data della deliberazione, la sottoscrizione del presidente. Come si può notare, il citato art. 10 è analogo all’art. 132 c.p.c., che indica il contenuto delle sentenze del giudice, ma se ne differenzia in quanto:

- il nome dei componenti il collegio deve essere accompagnato dal soggetto designante; il fine è quello di ribadire che la composizione dell’organo rispetta il principio di rappresentatività;

- è solo il presidente a sottoscrivere la decisione e non anche l’estensore, confermando, così, il ruolo prevalente del primo.

La decisione, come già detto, può contenere indicazioni volte a favorire le relazioni tra intermediari e clienti; si tratta di raccomandazioni o suggerimenti volti ad impedire il ripetersi di analoghe contestazioni64, che, se

anche pronunciate in relazione ad uno specifico caso concreto, hanno comunque portata generale e sono, quindi, rivolte a tutti gli intermediari.

Infine, la decisione è corredata dalla motivazione, che è redatta dal relatore a meno che il presidente non ritenga di redigerla egli stesso o affidarla ad altro membro del collegio, e sottoposta al presidente per l’approvazione; lo scopo è quello di affidarne la stesura a chi abbia studiato approfonditamente la controversia per poter relazionare al collegio. Ciò non costituisce un richiamo all’art. 111, comma 6 Cost., ai sensi del quale tutti i provvedimenti giurisdizionali devono essere motivati, poiché l’ABF non è un organo giurisdizionale ma un sistema di risoluzione stragiudiziale delle controversie.

64 Si veda, ad esempio, la decisione n. 2544 del 25 novembre 2011, che nel rigettare il ricorso ha affermato che sarebbe preferibile far pervenire al cliente tutta la documentazione relativa al mutuo in tempo utile così da consentirgli di ponderare le condizioni contrattuali in vista della stipula.

Inoltre, la motivazione di cui al citato art. 111 comma 6 svolge due funzioni concorrenti: l’una di carattere generale, poiché consente di verificare la terzietà, l’imparzialità, l’indipendenza, la soggezione del giudice solo alla legge; l’altra speciale, poiché consente alla parte soccombente di proporre impugnazione. Nel caso dell’ABF, invece, la motivazione non può assolvere a questa seconda funzione, dato che la sua decisione non può essere impugnata, non avendo efficacia autoritativa ed esecutiva e non producendo, dunque, effetti vincolanti per le parti.

Mette conto rilevare che sono diverse le tipologie di decisioni assunte dall’ABF; in particolare, si possono avere:

- il provvedimento con cui il presidente chiude immediatamente il procedimento, poiché il ricorso è manifestamente inammissibile o irricevibile (chiusura c.d. “immediata”);

- il provvedimento con cui il presidente chiude il procedimento, poiché il cliente non ha regolarizzato il ricorso inammissibile o irricevibile (chiusura c.d. “semplificata”);

- il provvedimento con cui il collegio chiude il procedimento, non potendo decidere nel merito la controversia, poiché l’intermediario non ha prodotto o ha prodotto in ritardo la documentazione; la decisione può essere

accompagnata dalla sanzione c.d.

“reputazionale” ossia dalla sanzione della

pubblicità dell’inadempimento da parte dell’intermediario;

- il provvedimento con cui il collegio estingue il procedimento, senza entrare nel merito della controversia, a seguito della rinuncia del cliente al ricorso o per cessazione della materia del contendere;

- il provvedimento con cui il collegio ritiene di non poter valutare la fondatezza del ricorso in quanto la controversia è estranea all’ambito di applicazione oggettivo o soggettivo del sistema ABF;

- il provvedimento, con cui, entrando nel merito della domanda, non accoglie il ricorso; mette conto osservare che non può parlarsi di rigetto della domanda ma di “non accoglimento”;

ciò è dovuto al fatto che l’atto conclusivo del procedimento, pur essendo definito “decisione”, è privo di effetti (il cliente può avvalersi di altri mezzi di tutela) ed alla circostanza per cui con l’ABF si fornisce tutela al cliente nei confronti dell’intermediario e non viceversa;

- il provvedimento con cui, entrando nel merito della domanda, accoglie totalmente o parzialmente il ricorso; in tal caso il collegio fissa il termine entro cui l’intermediario deve adempiere alla decisione, andando così a bilanciare l’interesse del cliente ad una pronta soluzione e le esigenze dell’intermediario di poter provvedere al riguardo; in mancanza di fissazione del termine, l’intermediario deve adempiere entro trenta giorni dalla comunicazione della decisione completa di motivazione. Il collegio, inoltre, dispone che l’intermediario rimborsi al ricorrente il contributo versato e versi € 200,00 per contributo alle spese di procedura. In punto di condanna alle spese, dunque, la normativa regolamentare dell’ABF richiama il principio della soccombenza di cui all’art. 91 e ss. c.p.c., in

forza del quale il giudice condanna la parte, le cui domande siano state rigettate, a pagare all’altra le spese legali sostenute, ma se ne differenzia in quanto la condanna alle spese in sede di ABF:

 può essere pronunciata solo a favore del cliente e non dell’intermediario;

 presuppone l’accoglimento, anche solo parziale, del ricorso del cliente, di talché l’inerzia dell’intermediario non la determina;

 deve essere emanata in misura fissa senza alcuna valutazione dell’eventuale soccombenza reciproca o delle spese sostenute effettivamente dal cliente; perciò, nel caso in cui il ricorrente, pur potendo stare in giudizio personalmente, si faccia assistere da un avvocato, l’intermediario sarà comunque tenuto a versare solo l’importo del contributo pari ad € 20,00.

Orbene, a seguito dell’accoglimento del ricorso l’intermediario è tenuto ad adempiere alla decisione nel termine stabilito dal collegio o, in mancanza, entro

trenta giorni dalla comunicazione della decisione completa di motivazione. Ed entro il medesimo termine l’intermediario deve comunicare alla segreteria tecnica le iniziative assunte al fine di attuare la decisione del collegio65.

Tale previsione dimostra come tutte le fasi del procedimento avanti all’ABF siano caratterizzate da una piena e completa collaborazione da parte dell’intermediario e non anche da parte del cliente.

Quest’ultimo, peraltro, al fine di denunciare l’inadempimento può depositare autonomamente memorie, che la segreteria tecnica sottoporrà al presidente e quest’ultimo al collegio, sempre che non ritenga di dover fornire indicazioni direttamente egli stesso. Questo diritto del cliente trova fondamento nel par. 5, sez. VI, Disposizioni sui sistemi di risoluzione stragiudiziale, che riconosce alle parti e non solo al cliente la possibilità di intervenire anche nella fase successiva alla pronuncia della decisione; ciò, da un

lato, assicura che l’adempimento dell’intermediario sia effettivo rispetto agli interessi del cliente e, dall’altro, accorda alle parti di poter avanzare richieste relative agli atti di pubblicità dell’inadempimento.

A seguito della comunicazione dell’intermediario in merito alle azioni intraprese per adempiere alla decisione o, comunque, a seguito del deposito delle memorie da parte del cliente, la segreteria tecnica valuta se vi sia stato l’adempimento; in caso contrario o in ipotesi dubbie, la segreteria ne informa il collegio, che, accertato l’inadempimento, dispone che gli venga data pubblicità: trattasi della sanzione reputazionale, così definita in quanto va ad incidere sulla reputazione dell’intermediario all’interno del mercato; proprio per tale motivo ed essendo la reputazione fondamentale per lo svolgimento dell’attività imprenditoriale, soprattutto in ambito finanziario visto che si fonda sulla fiducia del cliente, la suddetta sanzione è più efficace di qualsiasi sanzione pecuniaria.

A tal proposito, si rileva che non vi è alcuna valutazione discrezionale ma la segreteria ed il collegio accertano soltanto se sussistono i presupposti per procedere alla

pubblicità dell’inadempimento secondo quanto stabilito dalle norme regolamentari: la pubblicità è, dunque, un effetto automatico dell’inadempimento.

Pare opportuno precisare che la sanzione reputazionale trova applicazione sia in caso di inadempimento alla decisione sia in ipotesi di mancata cooperazione al funzionamento della procedura da parte dell’intermediario: ne costituisce un esempio pratico il caso in cui l’intermediario ometta di inviare la documentazione richiesta e questa condotta abbia impedito la pronuncia nel merito della controversia. Una volta accertato che l’intermediario non si è uniformato a quanto stabilito nella decisione dell’ABF, il collegio adotta un provvedimento col quale dispone l’irrogazione della sanzione reputazionale, stabilendo che ne venga data pubblicità sul sito internet dell’ABF e, a spese dell’intermediario, in due quotidiani ad ampia diffusione nazionale. A seguito della riforma intervenuta nel 2011 non è più, dunque, necessaria la pubblicazione sul sito internet della Banca d’Italia, posto che il sistema ABF ormai è conosciuto dalla clientela ed è, perciò, sufficiente la pubblicazione sul sito web di quest’ultimo.

A ciò si aggiunga che anche la Relazione annuale, predisposta dalla Struttura centrale di coordinamento del sistema ABF, riporta informazioni sulle procedure a cui sono stati sottoposti gli intermediari nel corso dell’anno con l’eventuale indicazione degli inadempimenti; a tal proposito, si può dire che la Relazione svolge una doppia funzione: punitiva nei confronti degli inadempienti e premiale per gli intermediari che adempiono alla decisione. Peraltro, proprio per il fatto che pubblicando la notizia dell’inadempimento va a diminuire la fiducia della clientela nei confronti dell’intermediario, quest’ultimo è incentivato a risolvere la controversia già nella fase preliminare di reclamo interno66.

Ad ogni modo, l’intermediario, al fine di evitare la sanzione reputazionale, può adempiere al responso dell’ABF, riservandosi la facoltà di adire l’autorità giurisdizionale al fine di far accertare la non debenza della somma pagata. Peraltro, in sede di pubblicità dell’inadempimento, viene ad essere altresì comunicato che l’intermediario si è rivolto all’autorità giudiziaria.

Orbene, come più volte asserito, il responso dell’ABF non produce alcun effetto diretto tra le parti del procedimento e non impedisce loro di avvalersi degli altri mezzi di tutela previsti dall’ordinamento, secondo quanto previsto dall’art. 128-bis comma 367, dall’art. 6,

comma 8 delib. CICR 29 luglio 2008 n. 275 e dal par. 3, sez. VI, disposizioni sui sistemi di risoluzione stragiudiziale. Questo dimostra che il responso non ha l’efficacia:

- di accertamento propria del giudicato sostanziale ex art. 2909 c.c., posto che altrimenti le parti non potrebbero rivolgersi all’autorità giurisdizionale;

67 G. Scarselli, sub Art. 29, in La tutela del risparmio, a cura di A. Nigro, V. Santoro, Torino, 2007, 500 (a commento dell’art. 29, legge 28 dicembre 2005 n. 262, come modificato dall’art. 1, comma 6, del D. Lgs. 29 dicembre 2006 n. 303, che ha inserito nel t.u.b. l’art. 128–bis), asserisce che tale disposizione è coerente con la funzione conciliativa dell’ABF. Al contrario, a parere di M.R. La Torre, op. cit., 255, nt. 2, la funzione della norma è puramente informativa ed anziché snellire il contenzioso giudiziale ha l’effetto contrario di far proliferare i ricorsi alle tutele stragiudiziali alternative.

- vincolante propria dei contratti di cui all’art. 1372 c.c., altrimenti le parti dovrebbero impugnare il responso per i vizi propri dei negozi giuridici68;

- esecutiva prevista dall’art. 474 c.p.c., posto che i titoli esecutivi sono tassativamente individuati dalla legge69.

In conclusione, il responso dell’ABF non ha alcuna efficacia giuridica70; non produce, dunque, alcun effetto

68 Contra, V. Sangiovanni, La mediazione obbligatoria in materia di

contratti bancari, in Studium Juris, 2012, 277.

69 C. Punzi, L’arbitrato in materia bancaria e finanziaria, op. cit., 722, asserisce che il responso non può acquisire efficacia esecutiva neppure successivamente, posto che l’art. 825 c.p.c. non è applicabile e non è previsto un procedimento di riconoscimento assimilabile a quello del deposito del lodo rituale.

70 M.R. La Torre, op. cit., 274; L. Bergamini, I nuovi strumenti

stragiudiziali di soluzione delle controversie in materia bancaria e finanziaria, in I contratti del mercato finanziario, a cura di R. Lener, E.

Gabrielli, 2° Ed., Torino, 2010, t. 1, 461–462; diversamente, G. Costantino,

op. cit., 301, asserisce che, qualora si pretenda l’adempimento o il

risarcimento dei danni, avendo il responso dell’ABF natura meramente dichiarativa, è necessario adire il giudice, che, tuttavia, avrà un compito più semplice; perciò, si potrebbe ricorrere anziché alla cognizione piena ai

diretto tra cliente ed intermediario, non incidendo sulle situazioni giuridiche delle parti71.

È possibile, invece, che si producano effetti indiretti. Tra questi il più importante ha natura processuale, ossia il procedimento avanti all’ABF assolve all’onere di condizione di procedibilità della domanda giudiziale in materia di contratti bancari e finanziari. Infatti, l’art. 128-bis, comma 3 richiama espressamente l’art. 5, comma 1, d. lgs. n. 28 del 2010, in materia di mediazione. Tuttavia, è da dire che il predetto effetto riguarda i rapporti non solo tra le parti ma pure tra queste ed il giudice: è questi, infatti, non oltre la prima udienza, a rilevare il mancato esperimento del procedimento di mediazione obbligatoria anche nel silenzio dell’intermediario convenuto.

Ai fini della procedibilità della domanda giudiziale, ad ogni modo, non è necessario che il procedimento avanti all’ABF si sia concluso ma è sufficiente che sia stato

71 Cfr. Comunicato sulla pubblicità dell’inadempimento alle decisioni dell’ABF della Banca d’Italia del 26 ottobre 2010.

esperito; ciò per evitare innanzitutto che, qualora l’ABF non possa valutare il merito della questione, ad esempio, per la mancata collaborazione dell’intermediario, che non ha depositato le proprie controdeduzioni, il cliente sia obbligato ad esperire ex novo un procedimento di mediazione.

Differente è l’ipotesi in cui il procedimento avanti all’ABF si sia concluso per inammissibilità o improcedibilità del ricorso del cliente in quanto relativo a controversia estranea all’ambito di applicazione dell’ABF o per mancata regolarizzazione di vizi sanabili: in tali casi la domanda giudiziale è improcedibile; del resto, l’art. 5, comma 1, cit. ammette il sistema dell’ABF come alternativo alla mediazione ma solo per le materie regolate dall’art. 128-bis. Tale previsione, dunque, ha carattere eccezionale e l’equipollenza del sistema ABF alla mediazione è limitata solo ai fini dell’assolvimento della condizione di procedibilità della domanda. Non può, perciò, estendersi all’ABF quanto previsto dall’art. 8, comma 5, d. lgs. n. 28 del 2010, a norma del quale dalla mancata partecipazione senza giustificato motivo al

argomenti di prova nel successivo giudizio ai sensi dell’art. 116, comma 2, c.p.c.

Mette conto, a questo punto, osservare che la mediazione si differenzia dall’ABF in quanto:

- il mediatore deve avere riguardo agli interessi materiali e di fatto delle parti a prescindere dalla loro qualificazione giuridica; la conciliazione a cui si perviene, dunque, a seguito di accordo amichevole o a seguito dell’adesione alla proposta formulata dal mediatore, è un atto negoziale, espressione dell’autonomia privata delle parti; nell’ABF, invece, l’organo decidente è chiamato a decidere la controversia sulla base della documentazione prodotta dalle parti, a prescindere dalla valutazione degli interessi di queste o dalla loro volontà;

- il verbale di accordo, con cui si chiude il procedimento di mediazione, può acquistare la stessa efficacia dei provvedimenti giurisdizionali, mentre il responso dell’ABF non produce effetti diretti tra le parti.

Nonostante le suddette differenze, l’ABF può comunque essere considerato un procedimento alternativo di risoluzione delle controversie di natura valutativa. Infatti, anche se il responso non ha efficacia diretta tra le parti, può essere considerato come una sorta di parere

pro veritate72, cioè come la risposta alla domanda sul

possibile esito dell’eventuale successivo giudizio.

A questo punto è d’obbligo un cenno a quelli che vengono definiti ADR (acronimo dell’espressione inglese Alternative Dispute Resolutions) nel quadro dell’esperienza statunitense ove è sorto e si è diffuso il c.d. “movimento ADR”. E difatti a Minneapolis, nel corso della Pound Conference il 7 aprile 1976, la relazione del Professor Sander, Varieties of Dispute

Processing, teorizzava una radicale trasformazione dei tribunali, i quali sarebbero dovuti diventare un centro di risoluzione delle controversie in cui il giudice investito del procedimento avrebbe dovuto individuare, in modo flessibile, il metodo di risoluzione più adeguato alle caratteristiche precise della medesima.

Muovendo dalle predette considerazioni autorevole dottrina mette in luce come in tali ordinamenti il rapporto tra processo giurisdizionale e metodi alternativi di risoluzione sia inteso non in termini di contrapposizione bensì di reciproca integrazione73. La

varietà di metodi ADR è numerosa e pressoché illimitata ma si può dire che i grandi gruppi in cui essi vengono classificati sono tre:

1) metodi aggiudicativi in cui un soggetto terzo adotta una decisione ma questa non sempre è vincolante, potendo essere anche semplicemente consultiva;

2) procedimenti valutativi che consistono nella valutazione preventiva non tanto in generale della controversia quanto più nello specifico dei punti di forza e debolezza delle difese delle parti, ad opera di un terzo o di un collegio che può essere composto, a seconda dello specifico oggetto della lite, da professionisti del diritto, da esperti o da normali cittadini;

3) infine strumenti facilitativi in cui il terzo non è chiamato a rendere né una decisione né una valutazione della controversia ma si limita ad assistere le parti in modo da agevolare il raggiungimento di un accordo bonario che ponga fine alla lite.

Svolgere queste importanti considerazioni è la premessa per poter comprendere a fondo l’interessante tesi avanzata in dottrina secondo cui l’ABF può essere inquadrato nell’ambito della c.d. early neutral

evaluation, che viene tradizionalmente fatto risalire all’esperienza delle corti federali del distretto settentrionale della California.

Tale procedimento veniva impostato su base volontaria o dietro il pagamento di un corrispettivo, con professionisti del diritto che aiutano le parti nella valutazione dei vari punti di forza e debolezza delle difese, ovvero possono compiere la quantificazione del diritto controverso che potrebbe essere svolta in sede giudiziale. Ne discende che la valutazione non vincolante resa dal legale o dal collegio è poi utilizzata per agevolare la composizione bonaria in via negoziale

Nella pratica spesso il procedimento tendeva a sfociare in una riunione per la composizione bonaria della lite e più di un terzo delle controversie finivano con l’essere composte in via negoziale.

Alla luce di tali rilievi, il parallelismo con il sistema dell’ABF si puo’ riscontrare nel fatto che tra gli effetti indiretti, che possono e debbono essere riconosciuti al responso dell’ABF, vi è proprio l’acquisizione di una consapevolezza della fondatezza o meno delle posizioni fatte valere dal cliente e dall’intermediario. Al di fuori di questa importante similitudine non si possono di certo trascurare le molteplici differenze esistenti tra questi istituti, che discendono dalla circostanza che l’ABF è strutturato come un sistema volto principalmente a tutelare la clientela degli intermediari finanziari.

Le principali differenze che si riscontrano sono:

1) innanzitutto l’ABF ha carattere speciale mentre l’early neutral evaluation, almeno in linea generale, può trovare applicazione in relazione a qualsiasi controversia;

2) in secondo luogo l’ABF è sostanzialmente obbligatorio per gli intermediari; nei procedimenti

di early neutral evaluation la posizione delle parti invece è formalmente identica, trovando il proprio fondamento o nell’accordo raggiunto tra loro o nell’ordine del giudice;

3) l’ABF presenta una struttura le cui caratteristiche possono essere avvicinate a quelle dell’ordinamento giudiziario, invece il neutral

evaluator è designato ad hoc dalle parti o dal

giudice;

4) nell’early neutral evaluation le parti sono assistite dai difensori mentre il ricorso all’ABF, dovendo avvenire attraverso la compilazione di un modulo predisposto, è ideato perché possa essere presentato direttamente dal cliente senza l’assistenza dell’avvocato, pur essendo

Nel documento L'Arbitro Bancario Finanziario (pagine 103-141)

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