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L'Arbitro Bancario Finanziario

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Academic year: 2021

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INDICE

CENNI INTRODUTTIVI CAPITOLO I

“FONDAMENTO NORMATIVO E ISTITUZIONE DELL’ABF” CAPITOLO II

“AMBITO DI APPLICAZIONE DELL’ABF” CAPITOLO III

“L’ORDINAMENTO DELL’ABF” CAPITOLO IV

“IL PROCEDIMENTO DELL’ARBITRO BANCARIO FINANZIARIO” CAPITOLO V

“IL RESPONSO DELL’ARBITRATO BANCARIO FINANZIARIO” CAPITOLO VI

“L’EVOLUZIONE SUL PIANO DELL’EFFETTIVITA’ DELL’ABF”

CONCLUSIONE

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CENNI INTRODUTTIVI

L’Arbitrato bancario finanziario fu istituito presso la Banca d’Italia ed iniziò la sua attività il 15 ottobre del 2009: l’istituto venne alla luce come un unicum nel suo genere non solo per quanto riguarda il modello giuridico italiano ma anche rispetto a qualsiasi altro istituto similare straniero.

Il successo del nuovo strumento giuridico può essere dimostrato non solo dall’apprezzamento riservato allo stesso dalla migliore dottrina ma anche e soprattutto dai numerosi e sempre crescenti casi sottoposti al vaglio dell’ABF.

Non può inoltre negarsi come l’interdisciplinarietà dello strumento giuridico lo renda senza ombra di dubbio una materia più che fertile su cui riporre attenzioni di studio provenienti dalle più disparate aree del diritto: e così molti contributi dottrinali e giurisprudenziali ci arrivano in primis dal diritto commerciale, ed in particolare da quello bancario e degli intermediari finanziari, in considerazione della natura pubblicistica della Banca d’ Italia.

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Ma tra i diversi settori giuridici quello che maggiormente si interessa al nuovo istituto è senz' altro il diritto processuale civile, in virtù dello scopo primario che l’ ABF persegue ovvero quello di tutelare i diritti dei clienti degli intermediari bancari e finanziari, in una forma ovviamente alternativa rispetto a quella giurisdizionale contemplata nella nostra Carta costituzionale all' art. 24.

Tale tutela alternativa impone agli studiosi della materia processualistica il dovere di operare un approfondimento dei rapporti tra i due sistemi di tutela, anche perché l’ ABF è espressamente indicato come alternativo rispetto agli organismi di mediazione e, seppur derogando in parte a molti principi costituzionali in tema di giusto processo, sotto vari aspetti si modella sul nostro processo civile.

Infine, la particolarità della materia trattata appare con evidenza dall’analisi delle finalità che l’istituto si impone di perseguire, funzioni che, seppure apparentemente diverse, risultano in verità essere strettamente interconnesse: da una parte, l’ABF opera un’importante vigilanza sul rispetto delle norme di legge

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da parte degli intermediari finanziari, dall’altra , tutela indirettamente le posizioni giuridiche dei clienti eventualmente lese dalla violazione delle norme stesse.

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CAPITOLO I

FONDAMENTO NORMATIVO E ISTITUZIONE DELL’ABF

Il fondamento normativo dell’ABF si rinviene nell’art. 128-bis del D.lgs n. 385 del 1993, inserito dall’art. 29 della L. n. 262 del 2005 recante “Disposizioni per la

tutela del risparmio e la disciplina dei mercati finanziari” e successivamente modificato ed integrato

anche in attuazione di direttive comunitarie.

Dalla lettura della norma si comprende immediatamente come la stessa si limiti a definire i tratti essenziali della disciplina delegando al CICR, su proposta della Banca d’Italia, il compito di individuare nello specifico la regolamentazione di dettaglio.

A seguito di tali statuizioni sono stati infatti adottati una serie di provvedimenti normativi:

a) su proposta della Banca d’Italia, ad opera del CICR, la deliberazione n. 275 del 2008 che, a sua volta, dava incarico alla Banca d’Italia al fine di nominare i membri dell’organo deliberante, di svolgimento delle

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attività di supporto tecnico e organizzativo e di emanazione delle previsioni applicative;

b) ad opera della Banca d’Italia, il provvedimento del 18 giugno 2009, “Disposizioni sui sistemi di

risoluzione stragiudiziale delle controversie in materia di operazioni e servizi bancari e finanziari”, che

racchiude senz’altro le norme più importanti relative all’istituto de quo;

c) infine il 14 ottobre 2009 la Banca d’Italia emanava il “Regolamento per il funzionamento

dell’organo decidente dell’ABF”, il quale si limitava a specificare alcune norme già introdotte dai provvedimenti anzidetti.

Il provvedimento del 18 giugno 2009 è stato più volte modificato dalla Banca d’Italia, dapprima per adeguarlo alle nuove disposizioni legislative relative ai servizi di pagamento, successivamente allo scopo di dare una risoluzione positiva a problematiche di rilevanza giuridica poste in fase di prima applicazione dell’istituto.

Tale normativa, che si può definire “a cascata”, ha suscitato forti perplessità in seno ad autorevole dottrina,

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- innanzitutto le critiche degli studiosi del diritto si sono rivolte verso una presunta illegittimità della fonte regolamentare con palese violazione del principio di legalità1: e difatti il CICR ha subdelegato la Banca

d’Italia all’adozione delle norme di dettaglio, fondando così il potere regolamentare anziché su un atto legislativo di rango primario su un atto di rango secondario quale è il regolamento de quo;

- secondariamente, la circostanza rappresentata dal fatto che l’organo delegato è lo stesso legittimato dalla legge a formulare al CICR la proposta di provvedimento da adottare;

- in ultimo, il fatto che la Banca d’Italia, senza ricevere espressa delega che le attribuisse un tale potere, abbia provveduto a modificare più volte il testo delle Disposizioni sui sistemi di risoluzione stragiudiziale delle controversie in materia di operazioni e servizi bancari e finanziari.

1 L. Carlassare, P. Veronesi, Regolamento (dir. cost.), Enc. Dir. Agg. V, Milano 2001, 951 e ss.

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Per poter valutare adeguatamente tali critiche mosse dalla dottrina si deve necessariamente analizzare, almeno da un punto di vista di carattere generale, l’ordinamento bancario e in ispecie, all’interno dello stesso, definire il ruolo specifico della Banca d’Italia. Così come disciplinato nel Testo Unico Bancario (d’ora in avanti nominato t.u.b) il CICR, il Ministero dell’Economia e delle finanze e la Banca d’Italia sono autorità deputate al governo del settore creditizio e finanziario.

In materia di vigilanza2 il CICR è munito di un potere di

indirizzo regolamentare, su impulso della Banca d’Italia, che si estrinseca nell’assunzione di delibere di portata generale; la Banca d’Italia invece, nella sua veste di organo tecnico, svolge un ruolo centrale nell’esercizio dei controlli ed è investita di un potere di normazione

2 La vigilanza si distingue dalla funzione di controllo in quantorappresenta un momento essenziale ed antecedente rispetto alla concreta verifica della regolarità di un determinato comportamento, che avviene avendo come punto di riferimento prescrizioni ben determinate.

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secondaria, anche di carattere prudenziale, su aspetti per l’appunto di natura tecnica.

La Banca d’Italia ha un ruolo primario nella normazione in materia creditizia e finanziaria mentre il CICR, pur essendo l’organo politico posto al vertice dell’organizzazione amministrativa del settore, ha un compito evidentemente più formale che sostanziale. Da quanto anzidetto appare chiaro come le norme che regolano la materia giuridica de quo siano soltanto in minima parte di rango primario, e per lo più di rango prettamente regolamentare con funzioni sanzionatorie e di controllo.

Ecco perché si deve affermare che l’ordinamento bancario costituisce un c.d. ordinamento di settore, con la caratteristica precipua di essere rivolto ad un gruppo limitato di soggetti accomunati non solo da una organizzazione specifica ma, anche e soprattutto, da una disciplina normativa propria solo del gruppo stesso. Si è soliti affermare che la Banca d’Italia svolga una funzione amministrativa “a ciclo integrale” nei confronti delle società operanti in campo finanziario: difatti essa

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osservare, successivamente vigila sull’osservanza di dette norme ed infine, in caso di violazioni, addotta gli opportuni provvedimenti sanzionatori.

Seguendo la sistematica adottata dal t.u.b. si può affermare che la Banca d’Italia pone in essere un’attività di vigilanza che si distingue in: 1) informativa; 2) regolamentare; 3) ispettiva; 4) consolidata, ovvero relativa ai gruppi bancari.

In particolare l’art. 53 rubricato “Vigilanza

regolamentare” attribuisce alla Banca d’Italia il potere

di emanare, in conformità delle deliberazioni del CICR, disposizioni di carattere generale aventi ad oggetto diversi aspetti della materia creditizia.

Autorevole dottrina3 ritiene che tale norma contenga un

rinvio in bianco, limitandosi la legge ad individuare gli oggetti delle disposizioni senza fissare neanche i principi direttivi del contenuto delle disposizioni medesime che,

3 M.A. Stefanelli, Le istruzioni di vigilanza della Banca d’ Italia, Parte

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pertanto, viene completamente individuato dalla Banca d’Italia.

Ecco perché si è sostenuta la tesi secondo cui l’attività di vigilanza delle Autorità creditizie sia da definirsi più correttamente di “regolazione” piuttosto che di “regolamentazione”; la prima infatti, pur fissando una fitta rete di norme contenenti principi e criteri oggettivi, garantisce alle aziende di credito una sostanziale libertà nelle scelte imprenditoriali, mentre la seconda si estrinseca principalmente in poteri coercitivi e di natura particolare.

Il potere regolamentare della Banca d’Italia trova legittimazione non solo nel citato art. 53 del t.u.b., ma anche nell’art. 107, comma 2 che incarica l’Autorità creditizia di negare agli intermediari finanziari l’autorizzazione ad esercitare la propria attività quando non risulti garantita la sana e prudente gestione.

In relazione a tale disposizione si deve allora richiamare l’art. 128-bis, comma 1, t.u.b. in base al quale gli intermediari finanziari aderiscono a sistemi di risoluzione stragiudiziale delle controversie con la clientela; la pressoché unanime dottrina, benché la legge

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non preveda un obbligo né un onere espresso, ritiene che tutti gli intermediari finanziari siano tenuti ad aderire all’ABF, considerato che tale adesione rappresenta una condizione per lo svolgimento dell’attività bancaria e finanziaria e per la prestazione di servizi di pagamento4.

Inoltre, a coronamento di tali statuizioni, l’art. 144 t.u.b. stabilisce che la mancata adesione ai sistemi di risoluzione stragiudiziale delle controversie comporta una sanzione amministrativa pecuniaria fino ad € 258.255.

Dal quadro normativo precedentemente disegnato emerge, quindi, come l’istituto dell’ ABF sia a pieno titolo da iscrivere all’interno della funzione di vigilanza sistemica ed a “ciclo integrale” della Banca d’Italia e, difatti, l’art. 128-bis è, non a caso, inserito nel Capo rubricato “ Regole generali e controlli”.

4 A.V. Guccione, C.A. Russo, L’ arbitrato finanziario, in Nuove leggi civ.

comm., 2010, 475, ove si afferma che tale obbligo di adesione sembrerebbe

doversi qualificare quale obbligo di vigilanza piuttosto che come obbligazione ex lege, non essendo stato identificato l’eventuale titolare della posizione attiva del rapporto.

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Quanto affermato non esclude, ma anzi conferma, come l’ABF sia contemporaneamente preposto anche alla tutela dei soggetti coinvolti nelle controversie sottoposte al suo giudizio, e ciò non sorprende se si considera che le disposizioni che gli intermediari finanziari devono rispettare fanno riferimento alla trasparenza delle condizioni contrattuali e alla correttezza dei rapporti con la clientela.

Va anche tenuto in considerazione il fatto che l’istituzione dell’ABF è un sistema di risoluzione stragiudiziale delle controversie che, avendo come ratio sia la tutela dell’interessi degli intermediari finanziari sia quella della clientela, consente in tal modo di ottenere un rapida soluzione delle vertenze senza condurre necessariamente ad interrompere il rapporto bancario fondato sul legame di fiducia tra le due parti.

L’istituzione dell’ABF ha innescato senz’altro un circolo virtuoso che trova le sue ragioni fondanti sui seguenti elementi:

1) le disposizioni del t.u.b., che garantiscono la trasparenza e la correttezza dei rapporti tra intermediari e clientela, riconoscono a favore dei

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clienti delle posizioni giuridiche meritevoli di tutela giurisdizionale;

2) la clientela, ricorrendo all’ABF, viene investita del potere di promuovere l’attività di vigilanza relativa al rispetto delle diposizioni in materia di trasparenza e correttezza;

3) la tutela offerta dall’ABF rende tendenzialmente superfluo il ricorso alla tutela giurisdizionale, che può essere così considerata una extrema ratio cui far ricorso oppure solamente uno strumento alternativo di risoluzione per controversie in materia bancaria e finanziaria.

Quest’ultimo assunto appare apertamente condiviso dal legislatore il quale, all’art. 5 del d.lgs. n. 28 del 2010, contempla l’ABF tra i procedimenti di mediazione finalizzati alla conciliazione delle controversie civili e commerciali e rinvia al citato art 128-bis del t.u.b; in altre parole, nelle citate controversie il cliente può scegliere di avvalersi dell’ABF, del procedimento di conciliazione avanti alla Camera della Consob, ovvero del procedimento di mediazione c.d. ordinario.

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Muovendo dalle considerazioni appena svolte deve escludersi ogni profilo di illegittimità dei provvedimenti della Banca d’Italia: infatti la parziale sovrapposizione di funzioni regolamentari facenti capo al CICR e alla Banca d’Italia viene espressamente prevista dall’art. 128-bis comma 2, che attribuisce per l’appunto al CICR il compito non di dettare la disciplina di dettaglio, ma solo di individuare i criteri di svolgimento delle procedure di risoluzione delle controversie e di composizione dell’organo decidente.

Tale norma mostra come la regolamentazione debba avvenire in modo progressivo: ovvero per principi, attraverso la determinazione dei criteri fondamentali ad opera del CICR, secondariamente, con la fissazione delle norme di dettaglio ad opera della Banca d’Italia. Affrontando, per così dire, l’argomento dal punto di vista delle fonti del diritto si può allora affermare che i regolamenti adottati dalla Banca d’Italia per disciplinare l’ABF, avendo di mira la disciplina dell’uso delle facoltà

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alla medesima attribuite dalla legge, possono essere considerati regolamenti c.d. “indipendenti”5.

Ciò consente, dunque, alla Banca d’Italia di modificare a sua discrezione le proprie disposizioni di dettaglio in materia di funzionamento dell’ABF, trovando come unico vincolo il rispetto dei criteri generali stabiliti dal CICR e dei principi direttivi statuiti dall’art. 128-bis del t.u.b.

Le conseguenze di tale libertà nell’attività di vigilanza regolamentare sono, pertanto, costituite sia dalla duttilità delle norme, che, di volta in volta, vengono adattate allo scorrere del tempo, sia dalla possibilità di modificarle tempestivamente, eliminando eventuali incertezze interpretative.

Peraltro, lo stesso legislatore ha avallato la necessità di una continua revisione della normativa regolamentare, laddove all’art. 23, l. 28 dicembre 2005 n. 2626 prevede

l’obbligo per Banca d’Italia, Consob, Isvap e Covip di

5 F. Sorrentino, Le fonti del diritto, Manuale di diritto pubblico, Bologna, 1984.

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procedere ogni tre anni al controllo degli atti regolamentari, affinché vi sia il giusto contemperamento tra l’esercizio del potere per i fini perseguiti dall’Ente ed il sacrificio degli interessi dei soggetti vigilati. Ed in attuazione di detta previsione normativa la Banca d’Italia ha adottato il provvedimento del 24 marzo 2010 rubricato “Disciplina dell’adozione degli atti di natura

normativa o di contenuto generale della Banca d’Italia nell’esercizio delle funzioni di vigilanza bancaria e finanziaria ai sensi dell’art. 23 della legge 23 dicembre 2005 n. 262”, che prevede l’analisi dell’impatto della

regolamentazione (c.d. “Air”) sui soggetti vigilati e sugli utenti dei servizi bancari e finanziari.

Infine il D.lgs. 130/2015, dando attuazione in Italia alla direttiva UE/2013/11 sui sistemi ADR, ha attribuito alla

Banca D'Italia il ruolo di autorità nazionale competente con riferimento ai sistemi di risoluzione stragiudiziale delle controversie disciplinati ai sensi dell’art. 128-bis TUB, e nello specifico all’Arbitro Bancario Finanziario.

6 “Disposizioni per la tutela del risparmio e la disciplina dei mercati

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Il decreto legislativo ha declinato in dettaglio i requisiti di stabilità, efficienza, imparzialità e tendenziale non onerosità per il consumatore che gli organismi ADR sono tenuti a rispettare, secondo quanto previsto dalla direttiva, affidandone il monitoraggio alle autorità nazionali competenti appositamente individuate nei diversi settori di competenza.

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CAPITOLO II

AMBITO DI APPLICAZIONE DELL’ABF

L’ABF non è un organismo di mediazione, né un arbitro né un giudice, di talché non sarebbe corretto utilizzare in tale ambito la terminologia propria del diritto processuale civile; tuttavia, tale istituto è conformato ai modelli processuali civili e l’art. 128-bis comma 1 lo qualifica come un sistema di risoluzione stragiudiziale delle controversie, ossia alternativo al processo giurisdizionale, ma che vede in quest’ultimo un proprio punto di riferimento7.

Orbene, posto che l’ABF è un istituto che ha portata speciale, è necessario determinare le controversie devolute alla sua cognizione, individuandone, dunque, gli elementi soggettivi ed oggettivi.

7 G. Finocchiaro, L’arbitrato bancario finanziario tra funzioni di tutela e di

vigilanza, Ed. Giuffré 2012, 50, preferisce parlare di “procedimento avanti

l’ABF” anziché di “procedimento dell’ABF” proprio in virtù delle somiglianze esistenti con i procedimenti di mediazione e giurisdizionali: ciò, nonostante le numerose critiche mosse a tale terminologia, tra cui quella che rileva come, terminata la fase introduttiva, le parti non abbiano più alcun ruolo.

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In particolare, per quanto concerne l’elemento soggettivo, legittimati passivi dell’ABF sono le banche, gli intermediari finanziari iscritti nell’albo di cui all’art. 106 t.u.b., gli istituti di moneta elettronica, le Poste italiane s.p.a. in relazione all’attività di “bancoposta”. E non potrebbe essere altrimenti, posto che, essendo l’adesione all’ABF requisito per la concessione dell’autorizzazione all’esercizio dell’attività bancaria da parte della Banca d’Italia, essa per gli intermediari finanziari costituisce un obbligo8.

Siffatto obbligo, tuttavia, non sussiste per gli intermediari aventi sede in un altro Stato membro dell’Unione Europea, che agiscano in Italia in regime di libera prestazione di servizi, purché abbiano preventivamente comunicato alla Banca d’Italia il sistema stragiudiziale estero al quale aderiscono

8 Ad ogni modo, come specificato nella sez. II, Adesione all’Arbitro bancario finanziario, la mancata adesione dell’intermediario all’ABF non comporta l’irricevibilità dei ricorsi presentati nei suoi confronti; ciò al fine di garantire comunque la tutela della clientela; peraltro, l’intermediario può ben aderire successivamente o partecipare al procedimento o adempiere spontaneamente alla decisione assunta dall’ABF in favore del cliente.

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all’interno della rete Fin.Net promossa dalla Commissione Europea9.

Non hanno, invece, legittimazione passiva gli agenti in attività finanziaria né i mediatori creditizi, posto che, anche se l’art. 128-decies t.u.b. prevede anche per essi l’applicazione, laddove compatibile, del Titolo VI del t.u.b., l’attività di tali soggetti consiste nel promuovere e concludere contratti tra intermediario e cliente e nel crearne il relativo contatto10; la clientela, dunque,

9 Fin.Net ovvero Financial services complaints Networks è la rete promossa dalla Commissione Europea sin dal 2001 con lo scopo di favorire lo sviluppo e la cooperazione dei sistemi di ADR dei vari Stati membri; ciascun consumatore, dunque, può rivolgersi al sistema ADR previsto nel proprio ordinamento, il quale, avvalendosi della rete stessa, lo metterà in contatto con il sistema equivalente nello Stato in cui opera l’intermediario.

10 In senso conforme, Decisione ABF n. 2069 del 07 ottobre 2011, secondo cui è inammissibile il ricorso proposto nei confronti della società iscritta nell’albo dei mediatori creditizi, non potendo la stessa essere considerata intermediario.

Contra, A.V. Guccione, C.A. Russo, L’arbitro bancario finanziario, cit.,

2010, 496, posto che al mediatore creditizio sembra potersi applicare la disciplina di cui all’art. 1759 c.c., a mente del quale egli risponde dell’informazione al cliente in merito alla sicurezza o meno dell’affare, in virtù dei principi di correttezza precontrattuale, lealtà e buona fede.

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potrà rivalersi direttamente nei confronti dell’intermediario.

Se la categoria dei legittimati passivi è circoscritta, più ampia, anche se con alcune limitazioni, è quella dei soggetti a cui spetta la legittimazione attiva.

L’art. 128-bis, comma 1, infatti, nella sua formulazione modificata dall’art. 1, comma 6, del d.lgs. 29 dicembre 2006 n. 30311, la attribuisce alla “clientela”, intendendo

per tale qualsiasi controparte dell’intermediario finanziario, indipendentemente dalle qualifiche personali; può trattarsi del consumatore, del professionista, dell’imprenditore e, persino, delle persone giuridiche, ossia di tutti coloro che entrano in relazione con gli intermediari finanziari e che debbano riceverne una prestazione12.

11 Nella sua formulazione iniziale, di cui alla legge 28 dicembre 2005 n. 262, l’art. 128-bis circoscriveva la legittimazione attiva al solo consumatore ossia alla persona fisica che agisce per scopi estranei all’attività imprenditoriale, commerciale, artigianale o professionale eventualmente svolta (art. 3, lett. a) del d.lgs. 6 settembre 2005 n. 206).

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Da tale ampia definizione sono, tuttavia, esclusi tutti coloro che svolgono in via professionale attività nei settori bancario, finanziario, assicurativo, previdenziale e dei servizi a pagamento, a meno che essi agiscano per scopi estranei all’attività professionale13, sia perché si

ritiene superfluo attribuire tutela a soggetti che hanno le competenze necessarie per intrattenere rapporti con gli intermediari che operano nel loro stesso settore, sia per evitare che l’ABF diventi arbitro di controversie insorte tra intermediari entrambi assoggettati alla vigilanza della Banca d’Italia.

Autorevole dottrina ha, quindi, definito la legittimazione attiva in materia di ABF come “legittimazione esclusiva del cliente”14, posto che l’ABF può avere cognizione

12 A.V. Guccione, C.A. Russo, op. cit. 479; M.R. La Torre, Intermediari

finanziari e soggetti operanti nel settore finanziario, in a cura di E. Picozza,

E. Gabrielli, Trattato di diritto dell’economia, Padova, 2010, 263.

13 Si vedano le disposizioni sui sistemi di risoluzione stragiudiziale, Sez. I, Disposizione di carattere generale, par. 3, Definizioni.

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solo delle contestazioni della clientela e non anche delle eventuali pretese dell’intermediario, come dimostrano le disposizioni sui sistemi di risoluzione stragiudiziale, Sez. VI, Procedimento e decisione, par. 1, Avvio del

procedimento, a norma delle quali l’intermediario

trasmette alla segreteria tecnica le proprie “controdeduzioni” ossia le proprie difese a fronte dei rilievi mossigli dal cliente.

Si tratta, dunque, di un sistema “volto ad assicurare un

alternativo ed additivo rimedio dei conflitti economici in materia bancaria, finanziaria e dei pagamenti al solo cliente: (…) per lui e per lui solo questo meccanismo di enforcement alternativo si somma a quelli tradizionali”15.

Pare, però, opportuno precisare che nel concetto di clientela non rientrano solo i soggetti che hanno o hanno avuto un rapporto contrattuale con l’intermediario

15 G. Carriero, Arbitro Bancario Finanziario: la cornice, in ABF e

supervisione bancaria, a cura di F. Capriglione, M. Pellegrini, Cedam, 2011,

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finanziario ma altresì coloro che siano semplicemente entrati in relazione con questi per la prestazione di servizi bancari e finanziari16, o addirittura coloro che con

l’intermediario non abbiano intrattenuto alcun rapporto contrattuale, determinando, dunque, in capo al medesimo una responsabilità precontrattuale, nel primo caso, ed extracontrattuale nel secondo.

L’ampliamento della definizione, fornito dalle disposizioni sui sistemi di risoluzione stragiudiziale (al contrario, l’art. 1, lett. a), delib. CICR cit. continua a circoscrivere la categoria all’ambito esclusivamente contrattuale), è pienamente legittimo, sia perché una siffatta estensione amplia la portata della tutela fornita dall’ABF sia perché recepisce un orientamento

16 Cfr. Disposizioni sui sistemi di risoluzione stragiudiziale, Sez. I, Disposizioni di carattere generale, par. 3, Definizioni.

Per G. Finocchiaro, op. cit., p. 63, legittimato attivo è, altresì, colui che non è un vero cliente ma semplicemente il garante del cliente; Contra, M.R. La Torre, op. cit., p. 63, per il quale le garanzie non costituiscono una prestazione dell’intermediario ma integrano una prestazione del cliente.

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interpretativo emerso ed ormai consolidato in sede di ABF17.

In primis, pertanto, l’Organo decidente può conoscere

anche le controversie riguardanti le trattative precontrattuali, indipendentemente dalla conclusione del contratto, con particolare riguardo alla violazione delle norme in materia di trasparenza e, come rilevato da insigne dottrina18, anche all’inosservanza delle

disposizioni in materia di pubblicità e informazione precontrattuale.

Ciò non comporta, tuttavia, in capo all’intermediario un automatico obbligo di concedere il credito: ai sensi dell’art. 5 t.u.b., infatti, gli istituti bancari devono operare con grande prudenza per assicurare la stabilità del sistema finanziario stesso.

17 Si veda la Decisione n. 736 del 15 luglio 2010.

18 E. Quadri, L’Arbitrato Bancario Finanziario nel quadro dei sistemi di

risoluzione stragiudiziale delle controversie, in Nuova giur. civ. comm.,

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La responsabilità precontrattuale ex art. 1337 c.c., dunque, si manifesta allorquando la mancata erogazione del credito non sia supportata da alcun giustificato motivo e, soprattutto, l’istituto bancario abbia ingenerato nel cliente l’affidamento sull’esito positivo della trattativa, il che si è verificato, ad esempio, quando l’intermediario:

- ha protratto le trattative per un periodo di tempo tale da indurre il cliente a credere che la procedura avesse superato la fase iniziale di valutazione di fattibilità dell’operazione19;

- ha fatto aprire un conto corrente ai fini dello svolgimento del rapporto di mutuo richiesto20;

- ha promesso più volte il finanziamento senza concederlo, nonostante il richiedente si sia attenuto a tutte le richieste avanzate dall’intermediario21.

19 Decisione n. 1425 del 6 dicembre 2010.

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L’eccessiva durata delle trattative, che, in assenza di giustificato motivo, ingeneri nella clientela l’affidamento sulla conclusione del contratto, è, dunque, l’elemento principale che secondo l’ABF fa sorgere la responsabilità precontrattuale senza che sia necessaria la malafede dell’istituto finanziario.

In secondo luogo, come già accennato, in capo all’intermediario può configurarsi una responsabilità extracontrattuale.

È questo il caso dell’erronea segnalazione alla c.d. Centrale d’allarme interbancaria (CAI)22 del nominativo

di un soggetto che non ha alcun rapporto con l’intermediario che procede alla segnalazione. L’ABF ha, infatti, condannato al risarcimento del danno l’intermediario che aveva erroneamente segnalato alla CAI il nominativo del cliente di un altro intermediario23,

22 Trattasi di una delle banche dati facenti parte del Sistema di informazioni creditizie (SIC), nate su iniziativa privata e volte a raccogliere informazioni economiche sulla solvibilità di chi accede ai finanziamenti.

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ciò perché il cliente è cliente di tutto il sistema creditizio e non solo di questo o di quell’istituto finanziario e perché l’illegittima iscrizione nella centrale rischi comporta una distorsione della concorrenza all’interno del sistema.

Orbene, il cliente può devolvere all’ABF controversie di natura sia precontrattuale che extracontrattuale, ma l’ambito in cui esso maggiormente svolge le proprie funzioni è certamente quello contrattuale.

La competenza dell’ABF, tuttavia, incontra dei limiti per materia, per valore ed anche, per così dire, di natura “cronologica”.

La materia devoluta alla cognizione dell’istituto concerne le controversie relative ai contratti bancari e finanziari, mentre ne rimangono escluse quelle inerenti ai servizi, alle attività di investimento ed al collocamento di prodotti finanziari, tra cui, come precisato nelle Disposizioni adottate dalla Banca d’Italia in tema di “Trasparenza delle operazioni e dei servizi

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intermediari e clienti”, si annoverano, a mero titolo

esemplificativo, obbligazioni, titoli di debito, certificati di deposito, contratti derivati e pronti contro termini. Peraltro, le disposizioni citate chiariscono che in caso di prodotti “composti”, ossia quei prodotti che rientrano sia nella disciplina del titolo VI del t.u.b. sia in quella del t.u.f., si deve avere riguardo al “criterio della prevalenza”: l’ABF è competente ogni volta che il prodotto abbia finalità esclusive o preponderanti di finanziamento o di gestione della liquidità e non di investimento; ciò esclude che possa parlarsi di competenza “parziale” dell’ABF e sottolinea come funzione di tale istituto sia quella di vigilare sul rispetto dei principi dettati dal Titolo VI t.u.b..

Applicando il sopramenzionato criterio, quindi, l’ABF ha di volta in volta riconosciuto od escluso la propria competenza; si è, ad esempio, dichiarato competente in caso di contratto di deposito titoli in amministrazione in quanto trattasi di contratto tipico non specificamente correlato alla prestazione di servizi in investimento24,

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mentre ha riconosciuto la propria incompetenza in caso di malfunzionamento di sistemi operativi per lo svolgimento del trading on-line25.

Non possono, infine, essere devolute alla cognizione dell’ABF le richieste di risarcimento del danno che non sia conseguenza dell’inadempimento dell’intermediario, né quelle relative a beni materiali o servizi diversi da quelli bancari e finanziari oggetto del contratto stipulato tra cliente e intermediario come, ad esempio, questioni attinenti i vizi del bene concesso in leasing26.

Per quanto concerne il limite di valore della competenza dell’ABF, l’art. 2, comma 4, della delib. CICR n. 275 del 2008 ed il par. 4 delle Disposizioni sui sistemi di risoluzione stragiudiziale, Sez. I, già citate, lo fissano a 100.000 euro, laddove la richiesta avanzata dal cliente con la proposizione del ricorso abbia ad oggetto la corresponsione di denaro; al contrario, in mancanza di 25 Decisione n. 17 del 2 febbraio 2010.

26 Disposizioni sui sistemi di risoluzione stragiudiziale, Sez. I, Disposizioni di carattere generale, par. 4, ambito di applicazione oggettivo.

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siffatta richiesta, l’ABF è competente a decidere qualsivoglia controversia che verta in materia di accertamento di diritti, obblighi e facoltà, indipendentemente dal valore del rapporto a cui ineriscono27.

Superata tale soglia, il ricorso viene dichiarato improcedibile, così come sono improcedibili le domande separatamente proposte al fine di frazionare il valore eccedente la soglia dei 100.000 euro.

La ratio di siffatto limite, che non può certamente dirsi elevato se rapportato al valore dei servizi offerti dall’intermediario, si comprende se solo si pensi alle sanzioni indirette che derivano dal mancato adempimento alla decisione assunta dall’ABF: la reputazione dell’intermediario ne sarebbe certamente compromessa e, di conseguenza, dovrebbe sostenere costi maggiori per riacquistare la fiducia della clientela. Proprio per tali motivi, dunque, le decisioni dell’ABF

27 Si pensi al caso in cui il cliente si lamenti della mancata cancellazione di un’ipoteca dopo aver estinto un mutuo.

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hanno un elevatissimo tasso di adempimento, anche se non sono munite di efficacia esecutiva diretta.

Il par. 4 delle disposizioni sui sistemi di risoluzione stragiudiziale, Sez. I, già citato, nella sua formulazione attuale28, stabilisce la competenza temporale dell’ABF,

prevedendo che non possono essere devolute alla sua cognizione controversie relative ad operazioni o comportamenti anteriori al 1° gennaio 2009.

Ciò determina il rigetto di tutte le domande inerenti operazioni poste in essere e concluse prima di tale data o i cui effetti si siano esauriti prima di tale limite temporale; in riferimento agli effetti, infatti, pare il caso rilevare che l’ABF ha più volte respinto l’eccezione di irricevibilità del ricorso allorquando gli effetti dell’operazione, conclusasi prima del 1° gennaio 2009, continuavano a manifestarsi anche dopo tale data29.

28 Nelle formulazione originaria il limite temporale era fissato al 1° gennaio 2007.

29 Si vedano, a titolo esemplificativo, decisione n. 834 del 21 aprile 2011 e n. 286 del 23 aprile 2010.

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Peraltro, in nota al par. 4 delle citate disposizioni si precisa che non possono essere devolute alla cognizione dell’ABF quelle controversie per le quali sia maturata la prescrizione secondo la disciplina generale.

Secondo il parere di autorevole dottrina30, tale

riferimento non è corretto. La prescrizione, infatti, ex art. 2934 c.c. incide sul merito della controversia, essendo causa di estinzione dei diritti, mentre il limite temporale di applicazione dell’ABF attiene al rito: i ricorsi attinenti ad operazioni anteriori al 1° gennaio 2009 sono dichiarati inammissibili o irricevibili senza esaminarne la fondatezza31.

30 G. Finocchiaro, op. cit., 86.

31 Contra R. Ferretti, L’arbitrato e l’ADR nel settore bancario, in Il diritto

dell’arbitrato, a cura di M. Rubino – Sammartano, 6° ed., Padova, 2010, II,

1574, il quale attribuisce alla nota riferita in materia di prescrizione efficacia normativa e, non avendo l’ABF natura giurisdizionale, non sarebbe soggetta ai principi che regolano il processo civile; di conseguenza, le condizioni che consentono di ricorrere all’ABF non devono necessariamente coincidere con quelle che consentono di promuovere un’azione in sede giurisdizionale ordinaria; secondo tale teoria, dunque, il cliente, che, con la sua inerzia, abbia lasciato prescrivere il proprio diritto ad agire in sede di ABF nei confronti dell’intermediario, può rivolgersi al giudice ordinario.

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La ratio del limite temporale previsto per la competenza dell’ABF deve essere ricercata nelle esigenze di buon funzionamento dell’organo decidente così da garantire rapidità, economicità ed effettività della tutela accordata.

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CAPITOLO III

L’ORDINAMENTO DELL’ABF

L’ordinamento dell’ABF è l’insieme delle disposizioni che disciplinano gli elementi, che consentono al “sistema” ABF di funzionare.

Quest’ultimo, infatti, è costituito da più organi decidenti, che si articolano sul territorio nazionale, da un “Collegio di coordinamento” con la funzione di comporre gli eventuali orientamenti discordanti emersi in seno ai vari collegi, dalle Segreterie tecniche, nonché dalla Struttura centrale di coordinamento.

Fino al 2016 l’ABF era articolato in tre collegi, a ciascuno dei quali era attribuito un ambito territoriale di competenza: Milano, per le Regioni del Nord Italia, Roma per quelle centrali e per i ricorsi presentati da clienti aventi il proprio domicilio in uno Stato estero, Napoli per le Regioni del Sud.

A partire dal 20 dicembre 2016 sono diventati operativi nelle città di Bari, Bologna, Palermo e Torino quattro nuovi collegi, pertanto la competenza territoriale dei tre collegi originari è stata ridefinita.

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Il Collegio con sede a Bari decide i ricorsi presentati dai clienti che hanno il proprio domicilio in Basilicata, Calabria e Puglia.

Il Collegio con sede a Bologna decide i ricorsi presentati dai clienti che hanno il proprio domicilio in Emilia-Romagna e Toscana.

Il Collegio con sede a Milano decide i ricorsi presentati dai clienti che hanno il proprio domicilio in Friuli-Venezia Giulia, Lombardia, Trentino-Alto Adige, e Veneto.

Il Collegio con sede a Napoli decide i ricorsi presentati dai clienti che hanno il proprio domicilio in Campania e Molise. Il Collegio con sede a Palermo decide i ricorsi presentati dai clienti che hanno il proprio domicilio in Sardegna e Sicilia. Il Collegio con sede a Roma decide i ricorsi presentati dai clienti che hanno il proprio domicilio in Abruzzo, Lazio, Marche e Umbria. Il Collegio è inoltre competente per i ricorsi presentati dai clienti che hanno il proprio domicilio all'estero.

Il Collegio con sede a Torino decide i ricorsi presentati dai clienti che hanno il proprio domicilio in Liguria, Piemonte e Valle d’Aosta.

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Trattasi di una suddivisione che pare richiamare la competenza territoriale propria degli organi giurisdizionali, ma se ne differenzia, in quanto la competenza di ciascun collegio è determinata dal domicilio dichiarato dal cliente nel proprio ricorso: la scelta del collegio è rimessa, quindi, alla discrezionalità del cliente.

Ogni collegio è costituito da un numero minimo di cinque componenti: tre, tra cui il presidente, sono designati dalla Banca d’Italia, uno dalle associazioni degli intermediari e l’altro da quelle rappresentative dei clienti.

Tuttavia, la composizione dell’Organo decidente dell’ABF è definita “a geometria variabile”, posto che ai sensi del par. 2 delle disposizioni sui sistemi di risoluzione stragiudiziale, Sez. III, su autorizzazione della Banca d’Italia, l’organismo associativo può nominare più componenti sempre che sussistano particolari esigenze di specializzazione e rappresentatività dei componenti e sempre che ciò non pregiudichi l’efficienza della procedura. Si tratta, in particolare, di due membri che rappresentano, l’uno, i

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consumatori ed è nominato dal Consiglio Nazionale dei consumatori e degli utenti ex art. 136 del Codice del consumo, mentre l’altro rappresenta le restanti categorie di clienti. Inoltre, il numero dei componenti è destinato ad aumentare ancora, posto che vengono nominati anche membri supplenti per sostituire i componenti effettivi in caso di impedimento, assenza o astensione di questi ultimi.

Peraltro, il provvedimento di nomina viene emesso dalla Banca d’Italia, la quale ha, altresì, il potere di dichiarare decaduti dall’ufficio i membri che abbiano effettuato reiterate assenze nonché il potere di revocare per giusta causa coloro che perdano i requisiti previsti per la nomina32.

A tale ultimo proposito, il par. 3, Sez. III delle disposizioni citate stabilisce che requisiti per la nomina sono l’esperienza, la professionalità, l’integrità e l’indipendenza; in particolare, la scelta ricade sui docenti universitari in discipline giuridiche ed

32 Il fatto che la Banca d’Italia abbia siffatti poteri consente di affermare che l’ABF è un organismo incardinato all’interno dell’Autorità creditizia.

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economiche, sui professionisti iscritti ad albi professionali nelle suddette materie da almeno dodici anni, sui magistrati in quiescenza e, comunque, su soggetti in possesso di comprovata esperienza in materia bancaria, finanziaria o di tutela dei consumatori. La preparazione che, dunque, viene richiesta è essenzialmente tecnica così da garantire che l’organo decidente sia in grado di valutare la fondatezza o meno del ricorso.

Una tale composizione, così equilibrata nel rappresentare i soggetti coinvolti, garantisce la terzietà dell’Organo decidente33.

Per comprendere a fondo il sistema dell’ABF bisogna analizzare in modo approfondito le varie disposizioni inerenti la posizione giuridica dei componenti degli organi decidenti.

Innanzitutto bisogna sottolineare come nella loro condotta tutti i membri dell’organo decidente siano

33 G. Costantino, L’arbitro bancario finanziario. Premessa, in Foro

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obbligati ad uniformarsi al codice deontologico predisposto dalla Banca d’Italia, il cui art. 2 è rubricato, per l’appunto, “Valori e principi fondamentali”.

Dall’esame del predetto codice deontologico emerge la profonda diversità di ruoli tra il presidente e gli altri membri del collegio; in particolare gli artt. 8, comma III e 10, comma I, prevedono che i membri del collegio debbano:

a) comunicare immediatamente al presidente del collegio nonché alla Banca d’Italia gli eventuali intervenuti condizionamenti dell’indipendenza o danno all’immagine del collegio;

b) collaborare con il presidente per assicurare la migliore organizzazione dei lavori.

Da ciò si deduce chiaramente come il ruolo del presidente sia preminente rispetto a quello dei membri, in quanto allo stesso sono riconosciute prerogative particolari: in primis il presidente rimane in carica per 5 anni, anziché tre, e tale circostanza è da considerarsi come affermazione della garanzia della continuità della funzione svolta.

(42)

In secondo luogo il presidente è chiamato a verificare la regolare costituzione dell’organo decidente verificando, non soltanto il rispetto della regola della rappresentatività in caso di sostituzione di alcuni membri effettivi con dei supplenti, ma anche in quali casi il collegio deve essere composto con il membro rappresentante dei consumatori o delle altre categorie di clienti.

Un ulteriore compito del presidente è quello di coordinare e regolare l’attività del collegio, anche al fine di promuovere il rispetto dei termini della procedura; tale attività, manifestazione del suo ruolo preminente di stampo quasi manageriale, viene meglio descritta e disciplinata dall’ art. 6 comma 1 del Regolamento per il funzionamento dell’Organo decidente dell’ ABF, ai sensi del quale “Il Presidente assegna ciascun ricorso ad un

relatore individuato tra i componenti del Collegio, salvo che non ritenga di svolgere personalmente tale compito”, analogamente a quanto avviene nei collegi

giudicanti giurisdizionali.

Ulteriore espressione del ruolo di garanzia formale attribuito al presidente sono le previsioni in base alle

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quali egli accerta i risultati delle votazioni e sottoscrive la decisione, rendendo così imputabile l’atto ad una specifica persona fisica, elemento indispensabile affinché l’atto stesso acquisti giuridica esistenza. Occorre evidenziare come tale ultima disposizione si discosti dagli artt. 132 comma 3 e 832 comma 2 n. 7 c.p.c. che, per le sentenze rese dai giudici civili collegiali e per i lodi rituali, richiedono la sottoscrizione del presidente e del giudice estensore e di tutti gli arbitri. Il particolare ruolo rivestito dal presidente trova riscontro anche sul piano economico in quanto allo stesso viene riconosciuto un compenso annuo fisso pari al doppio di quello degli altri membri effettivi e un gettone di presenza per ogni riunione cui partecipa aumentato della metà rispetto agli altri membri.

Per quanto riguarda invece il trattamento economico dei membri dei collegi, le disposizioni sui sistemi di risoluzione stragiudiziale stabiliscono che la Banca d’Italia debba liquidare i compensi dei componenti effettivi e supplenti scelti dalla stessa e dalle associazioni rappresentative dei clienti, mentre rimangono a carico delle associazioni degli intermediari

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i compensi dei membri da esse designati. Questa statuizione, che garantisce la natura rappresentativa dell’organo, è espressamente riconosciuta dal codice deontologico ed in particolare dagli artt. 10 comma 1 e 11 comma 1: tale circostanza ovviamente non comporta che la decisione debba essere conforme agli interessi prevalenti ma è invece da considerarsi una garanzia che consente una definizione più giusta della vertenza.

Dobbiamo adesso affrontare la normativa relativa al “Collegio di coordinamento”34 che è senz’altro da

considerarsi una speciale articolazione del sistema dell’ ABF: tale collegio può essere investito della decisione dei ricorsi o su iniziativa del presidente di ciascun collegio, prima che il ricorso venga esaminato dal collegio medesimo, o su determinazione del collegio medesimo. In tutti e due i casi i presupposti di tale investitura sono rappresentati dal fatto che ci si trovi di

34 Il Collegio di coordinamento istituito in sede di revisione delle disposizioni sui sistemi di risoluzione stragiudiziale nel dicembre 2011, si ispira molto alla figura delle Sezioni Unite istituite presso la Suprema Corte di cassazione.

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fronte a questioni di particolare importanza oppure a questioni che abbiano dato luogo o possano dar luogo ad orientamenti non uniformi tra i singoli collegi35.

In relazione ad esso le disposizioni sui sistemi di risoluzione stragiudiziale stabiliscono che il collegio territoriale può discostarsi dalla decisione del Collegio di coordinamento solo a condizione che il primo ritenga sussistano nella fattispecie concreta specificità tali da giustificare la violazione del c.d. vincolo al precedente del collegio di coordinamento.

Bisogna però chiarire sin da subito come l’eventuale violazione del vincolo de quo, analogamente a quanto accade in relazione alla Corte di legittimità, non determina alcuna invalidità né può essere fatta valere in nessun modo ma ciò nondimeno comporta che il vincolo sia meno cogente ed effettivo. E difatti l’osservanza dei

35 Il rischio che questioni identiche possano essere decise in termini discordanti dai diversi collegi è connaturato non soltanto all’istituzione di una pluralità di collegi decidenti ma anche alla previsione che la composizione dell’organo possa mutare: F. Maimeri, sub art. 128 bis, in

Commentario al Testo Unico bancario, a cura di F. Belli, G. Losappio, M.

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precedenti del collegio di coordinamento da parte dei collegi territoriali è garantita dalla parziale coincidenza della composizione dei due organi.

In relazione al funzionamento dell’ABF non si pongono questioni di legittimità costituzionale della predetta norma regolamentare che impone il vincolo dei diversi collegi al precedente del Collegio di coordinamento in quanto il fondamento giuridico della disposizione è da individuarsi, come sostenuto da attenta dottrina, nel carattere unitario del sistema analogamente a quello individuato nella cornice della nostra Costituzione per l’art. 374 comma III c.p.c. 36

Nonostante le similitudini evidenziate, vi sono però anche rilevanti differenze tra le Sezioni unite della Suprema Corte e il Collegio di coordinamento: innanzitutto l’organizzazione dell’ ABF è priva del carattere gerarchico che rileva nell’organico della Suprema Corte, infatti non è previsto un primo Presidente ma il Presidente di ciascun collegio 36 F. Auletta, Profili nuovi del principio di diritto, in Diritto processuale

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territoriale ha pari dignità degli altri. Secondariamente, la maggior autorevolezza delle decisioni rese dal Collegio di coordinamento risulta dalla semplice presenza dei presidenti dei collegi anziché, come previsto per le Sezioni Unite, da una composizione più estesa.

Abbiamo infine una particolarità che riguarda il Collegio di coordinamento ovvero la possibilità che le sue riunioni si svolgano anche in modalità di videoconferenza in modo da mediare con le distanze geografiche che separano i diversi membri. Tale scelta è lasciata alla discrezionalità del Presidente che, ove reputi più opportuna la presenza fisica dei membri, può invece stabilire presso quale delle sedi indirla.

Il sistema dell’ABF si compone non soltanto degli organi che devono adottare le decisioni ma anche di uffici che svolgono una funzione di supporto ai primi: ogni collegio territoriale è assistito nello svolgimento della propria attività da una segreteria tecnica istituita presso la corrispondente sede della Banca d’ Italia37.

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La segreteria tecnica non si limita a fornire un ausilio tecnico ma svolge funzioni più rilevanti di quelle riservate di regola alle cancellerie e segreterie degli uffici giudiziari: difatti accerta completezza, regolarità e tempestività della documentazione presentata dalle parti e, ove lo ritenga necessario, chiede alle parti le necessarie integrazioni, fissando un termine per la loro produzione.

Altri sono i delicati e particolari compiti della segreteria tecnica:

1) attestare l’irricevibilità del ricorso in caso di sua palese incompletezza, irregolarità o intempestività, dandone comunicazioni alle parti; nei casi di manifesta irricevibilità o inammissibilità del ricorso, sottoporre prontamente lo stesso al presidente per l’assunzione delle determinazioni previste;

2) predisporre una relazione da rendere disponibile a ciascun componente del collegio

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prima della riunione in cui viene discusso il ricorso;

3) sottoporre il calendario delle riunioni al presidente per l’approvazione e convocare i membri del collegio ed informarli sull’agenda dei ricorsi da trattare.

Dunque l’attribuzione di un ruolo attivo alle segreterie tecniche, pur essendo distante dalla realtà della maggior parte degli uffici giudiziari, all’interno dei quali le cancellerie si limitano al compimento di attività non discrezionali, sembra trovare un

interessante ed eloquente paragone

nell’organizzazione della Corte di cassazione. Infatti, analogamente a quanto fanno le Segreterie tecniche nell’ambito dell’ABF, le cancellerie della Suprema Corte segnalano ordinariamente ai consiglieri relatori la presenza di motivi di manifesta inammissibilità dei ricorsi, curano la predisposizione dei fascicoli delle cause, provvedono alla selezione dei ricorsi che siano omogenei.

All’interno del sistema dell’ABF abbiamo poi un ulteriore organo che ricorda l’Ufficio del ruolo e del

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centrale di coordinamento istituita presso l’Amministrazione centrale della Banca d’Italia. Tale organismo svolge una serie di importanti compiti tra i quali: a) coordina le segreterie tecniche, cura il buon funzionamento del sistema ed in particolare provvede alle attività connesse con la nomina, la revoca e la decadenza dei componenti dell’organo decidente; b) si occupa dell’informativa al pubblico sulle attività svolte dall’ABF; c) provvede al monitoraggio dei processi di lavoro e all’individuazione di linee guida al fine di garantire l’efficienza complessiva del sistema.

La funzione principale è comunque quella di curare la diffusione e la pubblicazione delle decisioni dell’ABF sul sito internet ufficiale, attività che consiste nella indicizzazione delle decisioni stesse e cioè nell’indicazione dei lemmi più significativi che ricorrono all’interno delle decisioni38. Oltre a questa,

altra funzione di particolare rilevanza è

38 Tale attività è sostanzialmente assimilabile a quella principalmente svolta dall’ufficio del massimario presso la Suprema Corte.

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l’individuazione della segreteria tecnica competente allorché vengano rimessi contestualmente al Collegio di Coordinamento una pluralità di ricorsi su questioni di particolare importanza, o che abbiano dato luogo o possano dare luogo a orientamenti non uniformi tra i singoli collegi.

Abbiamo infine un’ulteriore previsione normativa che autorizza la Struttura centrale di coordinamento, limitatamente alle cause rimesse al Collegio di coordinamento - ma ciò è da ritenersi sempre permesso seppur soltanto all’interno del medesimo organo di decisione - all’aggregazione dei ricorsi dal contenuto simile per poterli decidere durante la stessa riunione.

Alla luce di quanto sopra si può affermare che39

l’ABF costituisce una specie di organo all’interno della Banca d’Italia: questa affermazione impone

39 In senso conforme F. Capriglione, Il ruolo dell’ ABF tra funzione

giustiziale e supervisione bancaria, in ABF e supervisione bancaria, a cura

di F. Capriglione, M. Pellegrini, Cedam, 2011, che sottolinea come la collocazione dell’ ABF “lato sensu si è concretizzata all’interno dell’apparato della Banca d’Italia”.

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un’importante riflessione sull’imparzialità dell’ABF,

poiché sin da subito non si deve dimenticare che l’art. 128-bis comma 2 non prescrive che l’organo sia indipendente bensì che siano assicurate (soltanto) imparzialità e rappresentatività dei soggetti interessati40.

Operando un parallelo con l’ordinamento giudiziario ricordiamo come i magistrati ordinari siano legati all’amministrazione giudiziaria da rapporti a tempo indeterminato di stampo burocratico mentre nel sistema dell’ABF i rapporti tra la Banca d’Italia e i membri degli organi decidenti sono molto diversi. Si tratta innanzitutto di rapporti a tempo determinato e deve escludersi qualsiasi vincolo di subordinazione all’Autorità creditizia potendo, tra l’altro, i componenti dei collegi svolgere anche altre attività come ad esempio di docenza universitaria o relativa a libere professioni; la qualificazione giuridica che appare meglio applicabile a tale rapporto giuridico è

40 F. Capriglione, op. cit., che ricorda come i concetti di imparzialità ed indipendenza non possano tra loro né essere assimilati né confusi.

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senz’altro quella della prestazione professionale intellettuale ex art. 2229 e ss. c.c.

All’interno di tale qualifica sembrano rientrare i rapporti instaurati tra la Banca d’Italia ed i Presidenti e membri dalla stessa designati, nonché quelli scelti dalle associazioni rappresentative della clientela. Invece i membri delle associazioni degli intermediari instaurano un rapporto giuridico direttamente con le predette associazioni, dalle quali ricevono i compensi, ma a favore del terzo Banca d’Italia la quale ex art. 1411 comma 2 c.c. dichiara di voler profittare della stipulazione avvenuta tra associazione e professionista attraverso la nomina dei componenti designati.

Muovendo quindi da tale qualificazione giuridica si comprende come i membri degli Organi decidenti dell’ABF godano di una posizione di piena e completa indipendenza nei confronti della Banca d’Italia: ciò è confermato dal fatto che la prestazione professionale intellettuale è per sua stessa natura ispirata alla assoluta indipendenza, indipendenza

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assicurata altresì dai requisiti necessari richiesti per poter ricoprire il ruolo stesso.

Ad ogni buon conto non può sottacersi che l’indipendenza dei membri dei collegi dell’ABF è profondamente diversa da quella assicurata alla magistratura dalla Costituzione e dalle norme di rango ordinario attuative dei principi costituzionali; pertanto non può non affermarsi che l’indipendenza deve essere assicurata individualmente da ciascun membro dell’organo decidente.

Tale assunto trova conferma nelle statuizioni di cui all’art. 8 del Codice deontologico per i componenti dell’organo decidente, rubricato “Indipendenza”, le quali specificano nel dettaglio quali comportamenti devono essere mantenuti dai membri dei collegi. Come sostenuto da autorevole dottrina, peraltro, l’indipendenza dell’organo decidente è inoltre esaltata dalla piena rappresentatività dei suoi

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membri41, inoltre deve sottolinearsi come l’autorità

creditizia non abbia alcun interesse nella controversia tra intermediario e clientela. Ed anzi, proprio per assicurare la più completa imparzialità nell’esercizio della propria attività di vigilanza, la Banca d’Italia ha così istituito l’ABF e l’ha circondato di una serie di prerogative idonee ad assicurarne l’indipendenza.

Pur se connessi, i concetti di indipendenza e di imparzialità non coincidono e, come chiarito dalla Corte costituzionale 42, il principio dell’indipendenza

è presupposto di quello di imparzialità ma non ne esaurisce il contenuto, infatti quest’ultimo impone che ogni giudice operi in condizione di assoluta estraneità ed indifferenza rispetto agli interessi in causa. Analogamente a quanto avviene per i giudici

41 B. De Carolis, L’arbitrato bancario finanziario come strumento di tutela

della trasparenza, Roma, 2011, in Quaderni di Ricerca Giuridica e della Consulenza Legale, n. 70.

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civili, la cui imparzialità è conseguita dalle disposizioni in tema di astensione e ricusazione ex artt. 51 e 52 c.p.c., per i componenti dei collegi dell’ABF l’imparzialità è perseguita dalle norme del Codice deontologico ed in particolare dagli artt. 9 e 10 rubricati rispettivamente “imparzialità” e “correttezza”.

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CAP IV

IL PROCEDIMENTO DELL’ARBITRO BANCARIO FINANZIARIO

Col termine procedimento ci si riferisce a quel concetto, proprio della teoria generale del diritto, che consiste nella serie ordinata di atti compiuta da un organo per lo svolgimento della sua attività.

Per analizzare compiutamente le norme sul procedimento dell’ABF si deve ricordare come il sistema giuridico de quo sia di difficile qualificazione non essendo infatti chiaro se quanto disciplinato dall’art. 128-bis debba essere ricondotto alla nozione di arbitrato ai sensi degli artt. 806 e ss c.p.c. ovvero all’attività di vigilanza regolamentare della Banca d’Italia.

Ad ogni buon conto, pur consapevoli che il procedimento dell’ABF non possa essere inquadrato

simpliciter nell’ambito del diritto processuale civile, per

comprenderne la struttura se ne dovranno comunque utilizzare le tradizionali categorie, anche perché a quest’ultime fanno riferimento le disposizioni sui sistemi di risoluzione stragiudiziale.

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Innanzitutto si deve chiarire come il sistema dell’ABF, pur essendo expressis verbis definito un sistema di risoluzione stragiudiziale delle controversie tra intermediari e clientela, è comunque strutturato come una forma residuale di tutela.

Le disposizioni sui sistemi di risoluzione stragiudiziale, nella versione attualmente vigente in seguito alla revisione del dicembre 2011, stabiliscono che il ricorso all’ABF è preceduto da un reclamo preventivo all’intermediario: tale previsione si giustifica in base alla considerazione che il ricorso all’ABF come sistema stragiudiziale non sostituisce ma presuppone un’effettiva e soddisfacente interlocuzione tra intermediario e cliente.

Peraltro, viene introdotta l’importante eccezione in base alla quale sono ammissibili i ricorsi proposti senza reclamo inerenti controversie pendenti davanti all’autorità giudiziaria, per le quali il giudice abbia rilevato il mancato esperimento della condizione di procedibilità di cui all’art. 5 comma 1 del d.lgs. 28 del 2010.

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Inoltre, le disposizioni sui sistemi di risoluzione stragiudiziale stabiliscono che gli intermediari devono adottare procedure interne che assicurino che l’ufficio reclami si mantenga costantemente aggiornato in merito agli orientamenti seguiti dall’organo decidente, attraverso la consultazione dell’archivio elettronico delle decisioni dei collegi pubblicato su internet; secondariamente, il predetto ufficio deve valutare i reclami pervenuti anche in virtù degli anzidetti orientamenti.

Sembra allora potersi affermare che le decisioni rese dai collegi dell’ABF sono destinate a spiegare un’efficacia di portata generale anche se nei confronti delle parti non siano né direttamente né giuridicamente vincolanti né tanto meno suscettibili di esecuzione coattiva, avendo puramente forza persuasiva.

Si può affermare allora che le decisioni dell’ABF sono dotate di un’efficacia anche più pregnante di quella che deve riconoscersi ai precedenti della Suprema Corte di cassazione, e ciò anche solo se si tengono a mente gli incisivi poteri esercitati dalla Banca d’Italia sugli

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intermediari nello svolgimento dell’attività di vigilanza regolamentare.

Insigne dottrina43 ci spiega come la fase del reclamo che

stiamo analizzando può essere considerata come di negoziazione diretta tra le parti la cui finalità è quella di evitare il contenzioso davanti all’ABF: ciò ovviamente non può condurre alla considerazione che il reclamo possa essere paragonato ad un procedimento di mediazione, per la ovvia constatazione che non si ha l’intervento di un soggetto terzo.

Altra parte della dottrina44 ritiene, invece, che il reclamo

interno all’intermediario e il ricorso all’ABF sarebbero da considerarsi come una sorta di decisione di prime cure e come specie di impugnazione; vi è poi chi sostiene45 che tale ultima tesi sia assolutamente da

43 F. Auletta, Profili nuovi del principio di diritto, in Diritto processuale

civile e Corte costituzionale, a cura di E. Fazzalari, Napoli, 2006.

44 M.R. La Torre, Intermediari finanziari e soggetti operanti nel settore

finanziario, in E. Gabrielli, Trattato di diritto dell’economia, a cura di E.

Picozza, Padova, 2010.

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respingere innanzitutto perché, seppur eccezionalmente, il ricorso all’ABF può non essere preceduto dalla fase di reclamo e poi perché l’atto conclusivo del procedimento avanti all’ABF è privo di qualsiasi effetto diretto in capo alle parti e pertanto non incide neppure sul provvedimento emesso in sede di reclamo.

Continuando ad esaminare la fase di reclamo, si deve evidenziare come le fonti regolamentari stabiliscano che l’intermediario deve pronunciarsi sul reclamo entro 30 giorni dalla ricezione del medesimo: se il reclamo è ritenuto fondato, le risposte devono contenere le iniziative che l’intermediario si impegna ad assumere e i tempi entro i quali le stesse verranno realizzate, se invece è ritenuto infondato occorre un’illustrazione delle motivazioni del rigetto nonché indicazioni circa la possibilità di adire l’ABF o altre forme di soluzione stragiudiziale delle controversie.

Se entro il predetto termine di 30 giorni il cliente non ha ricevuto risposta al reclamo, ovvero sia comunque rimasto insoddisfatto, può proporre ricorso all’ABF purché non siano trascorsi più di 12 mesi dalla presentazione del reclamo stesso. Tali statuizioni

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rispondono indubbiamente all’esigenza di centralità che viene riconosciuta alla funzione di tutela delle posizioni giuridiche della clientela e, secondo accreditata dottrina46, il ricorso all’ABF dovrebbe essere considerato

come atto di iniziativa privata del procedimento di vigilanza.

Le disposizioni sui sistemi di risoluzione stragiudiziale, Sez VI, par. 1 disciplinano poi nel dettaglio le modalità di proposizione del ricorso, stabilendo che lo stesso possa essere presentato anche senza l’assistenza di un avvocato: questa previsione, oltre ad essere coerente con la tesi che proclama l’impossibilità di qualificare l’ABF come un organo giudiziario, risponde altresì alle esigenze di un rito semplificato ed economico47.

46 F. Auletta, Profili nuovi del principio di diritto, cit.

47 Tale considerazione ha una ulteriore conferma nella previsione che né il tutore del minore o dell’interdetto, né quello dell’inabilitato o del minore emancipato per rivolgersi all’ABF abbisognano della previa autorizzazione del giudice tutelare richiesta dall’art. 374 n.5 c.c.

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