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Il riconoscimento come condizione della potenza

2. Il panorama contemporaneo del pensiero della non verità

2.3 Il riconoscimento come condizione della potenza

Su che cosa si fonda in definitiva l'etica della scienza? La tecnica unita 30 E. Severino, La tendenza fondamentale del nostro tempo, cit., p. 71.

ai metodi della scienza sperimentale vuole l'incremento indefinito della propria potenza, ma, ricorda Severino, la potenza è tale solo se è pubblicamente riconosciuta.

Questo carattere della potenza è proprio «non solo della magia, ma anche della religione e della scienza»31.

Ciò che varia tra il riconoscimento che la potenza riceveva nell'era dell'episteme rispetto a quello di cui va in cerca nell'era della tecnica è la dimensione coatta che ha assunto questa ricerca di riconoscimento dal momento in cui non si può più parlare di verità definitive e quindi incontrovertibili (verità che non richiedono riconoscimento ma lo ricevono di per sé).

Ma sia prima, che durante, che con la fine dell'era dell'episteme «il dominio è appunto un evento sociale, pubblico; più ampia è la società che riconosce l'esistenza del dominio, più esso è potente. Il dominio tende a essere riconosciuto da quella società totale che è l'umanità stessa»32. Il dominio

tende alla ricerca del consenso universale.

La potenza suprema della scienza sperimentale e perciò la sua capacità di dominio sono tali solo perché giustificate dal consenso, ma lo stesso consenso è una fede: una fede che ha origine nella volontà di interpretare la scienza come potenza.

Lo stesso consenso, fa notare Severino, non è un dato oggettivo: affermare che vi è un riconoscimento è daccapo l'effetto di una volontà interpretante. Il dominio oggettivo della scienza è tale non in quanto essa domina effettivamente il mondo, ma perché il consenso oggettivo vuole credere in questa dominazione.

Si può affermare che la scienza domina il mondo, solo perché esiste un riconoscimento sociale di tale dominio. Ma che esista tale riconoscimento non è una verità evidente, 31 Ivi, p.74.

immediatamente attestata dall'esperienza, ma è il contenuto di una fede, di un atto di volontà, di una interpretazione, ossia di una decisione che il mondo abbia un certo senso. Così come è interpretazione, decisione, fede, volontà, che il sacrificio magico del fuoco faccia sorgere il sole e che il sacrificio di Cristo produca la salvezza dell'uomo33.

Interpretazione, decisione, fede, volontà, sono qui evidentemente accostate l'una all'altra, questo perché la volontà di potenza che vuole la scienza sperimentale come mezzo per il suo dominio è la stessa volontà, fede, interpretazione e decisione che vuole, ha fede, interpreta e decide che l'evidenza originaria sia il divenire nichilisticamente inteso.

Il fondamento dell'etica della scienza, per rispondere alla domanda che apre il paragrafo, è proprio la fede nell'esistenza di questa particolare interpretazione del divenire come entrare e uscire dal nulla delle cose. Se il perché la scienza necessiti del riconoscimento è ora chiaro, proseguiamo dunque analizzando il “come” essa riesce ad ottenere tale riconoscimento.

Tra quanto è implicato dalla destinazione della tecnica al dominio si trova anche il principio che, per dominare, la tecnica deve conoscere il dominato. Altrimenti ne è dominata. Dominata dalla tecnica è – o ha già cominciato ad esserlo ‒ l'intera storia del Pianeta: sono dominati tutti gli scopi che lungo di essa l'uomo è andato proponendosi […]. Il crescente dominio della tecnica implica dunque una memoria crescente del dominato e quindi un organizzazione sempre più efficacie della memoria34.

La forma più potente di organizzazione della memoria è quello che Severino definisce l'apparato informatico telematico.

Ovviamente, a servirsene sono innanzitutto quelle potenze che credono di servirsi della tecnica stessa per realizzare i loro scopi e si inseriscono 33 Ivi, p. 81.

all'interno di questo sistema di memoria globale per raggiungere con sempre maggior efficacia tutte le coscienze, in modo tale da ottenere il maggior riconoscimento possibile.

Un chiarimento: il dominio, se è un puro dominio di cose, non esiste.

Per esistere, il dominio deve essere un dominio in relazione ad un “altro” che a sua volta contende per il dominio stesso.

La lotta per il dominio, che consegue all'incontro con l'altro e la sua successiva sottomissione, conducono al riconoscimento del dominante che esercita la propria potenza sul dominato.

Elemento chiave è perciò l'incontro con l'altro, che è la base per la sua subordinazione e il successivo riconoscimento che da questa scaturisce. Se, come abbiamo detto, il riconoscimento tende a voler essere universale, è chiaro, fa notare Severino, che l'incontro deve essere il più esteso possibile e le distanze che si interpongono tra gli individui in contesa devono essere eliminate sempre più efficacemente.

Così, le potenze che dicevamo si contendono questo spazio di riconoscimento che è la rete informatico telematica, sviluppano l'Apparato scientifico-tecnologico per poter giungere ad un riconoscimento sempre più vasto.

La situazione ideale per questo scopo (che è attualmente perseguito nel modo più efficacie, rispetto alle altre potenze, dal capitalismo), è un contatto diretto con il singolo, in modo da poter avere meno possibilità di resistenza alla subordinazione rispetto a quella che può opporre un aggregato di individui.

Questa “democrazia elettronica”, come la definisce Severino35,

apparentemente gioca a favore del capitalismo, ma nella sua realizzazione conduce al dominio della tecnica, che ne fuoriesce maggiormente potenziata e comunica tramite questa realizzazione (anche se ancora in 35 Cfr. Ivi, capitolo 2 “La democrazia elettronica”.

modo implicito) la sua potenza.

Essa infatti si pone al centro di questa rete informatico telematica e comunica se stessa. Il messaggio autentico «è cioè costituito da quello che comunemente si considera un semplice mezzo, come un medium che serve alla trasmissione dei messaggi»36. In quest'affermazione risuona l'eco delle

parole di Marshall Mcluhan, rispetto alle quali Severino afferma: «Al di là della consapevolezza che Marshall Mcluhan può averne avuto, questo è il significato più profondo dell'affermazione che “il medium è il messaggio”»37(che è la celebre tesi sostenuta da Marshall Mcluhan in Gli

strumenti del comunicare38).

Dunque è la tecnica, sempre sulla base della fede nel divenire altro delle cose, ad essere destinata al dominio, alla potenza suprema.

Come si sta rendendo sempre più evidente, l'analisi di Severino sul mondo contemporaneo e i suoi accadimenti non si slaccia mai nemmeno per un istante dal fondamento della sua ontologia: ogni elemento preso in analisi all'interno della storia dell'Occidente, proprio in quanto appartenente a questa storia, viene mostrato nel suo essere contraddittorio perché si costituisce all'interno dell'occultamento della verità dell'essere.

La tecnica, da mezzo per il perseguimento degli scopi è destinata a diventare lo scopo supremo, la potenza suprema.

L'analisi del processo che porta al rovesciamento del mezzo nello scopo, e il perché questo processo sia inevitabile per tutte le forme assunte dalla volontà di potenza tranne che per la tecnica sarà il prossimo passo da compiere, per comprendere l'affermazione di Severino per la quale: «che la nostra sia l'età della tecnica è affermazione a cui competono un rigore e un inoppugnabilità essenzialmente superiori a quelli posseduti dalle tesi 36 Ivi, p.13.

37 Ibidem.

38 Cfr. M. Mcluhan, Gli strumenti del comunicare, trad. it a cura di E. Capriolo, Il Saggiatore, Mi- lano 2008.

scientifiche»39.