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Il rischio comparato ad altre fonti d’energia

Nel documento Scienza e ambiente (pagine 122-125)

81Figura 2: Frazioni di abitazioni (%) con livelli eccedenti 200 Bq/m 3 (dati normalizzati alla

6. Energia nucleare

6.10 Il rischio comparato ad altre fonti d’energia

La generazione di energia elettrica comporta rischi associati alle fasi di estra-zione del combustibile, al trasporto, alla generaestra-zione di potenza e allo smal-timento delle scorie, qualunque sia la tecnologia di generazione usata. Una stima comparativa dei rischi associati al carbone e alla fonte nucleare è stata condotta nei primi anni Settanta e successivamente aggiornata da un gruppo

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di ricercatori del Brookhaven National Laboratory. I risultati evidenziano che per il carbone la morbilità e la mortalità sono determinate principalmente dalla fase di estrazione e dall’inquinamento, mentre subito dopo viene il tra-sporto. Se il carbone è estratto dal sottosuolo e trasportato su rotaia, il ciclo del combustibile produce 279 infortuni e malattie e 18,1 decessi per giga-watt-anno. In contrapposizione, il ciclo del combustibile nucleare, con uranio estratto dal sottosuolo, produce 17,3 infortuni e malattie e 1 decesso per gigawatt-anno.

Una approfondita valutazione comparativa del rischio associato alle diverse fonti di produzione elettrica con specifico riferimento alla situazione italiana è stata condotta nell’ambito della Conferenza nazionale sull’energia del 1987 dal gruppo di lavoro “Ambiente e Sanità” presieduto dal prof. Umber-to Veronesi, tenendo conUmber-to delle risposte contenute nei 79 questionari perve-nuti alla commissione con riferimento a nove fattori rilevanti: l’emissione di anidride carbonica (causa presunta dell’effetto serra), l’emissione di ossidi di zolfo (causa di acidificazione dell’ambiente e di affezioni polmonari), l’emis-sione di ossidi di azoto (acidificazione dell’ambiente, perturbazione dell’o-zonosfera, formazione di nitrosamine cancerogene), l’emissione di polveri (impatto ambientale, affezioni polmonari, cancerogenesi), l’emissione di monossido di carbonio (effetto tossico immediato), l’emissione di sostanze genotossiche (cancerogene e mutagene), gli effetti dello smaltimento delle scorie e gli effetti di eventuali incidenti. Il lavoro del gruppo di Veronesi è improntato a un’analisi qualitativa e quantitativa dei diversi effetti con riferi-mento a un impianto della potenza di 1 GWe alimentato con le diverse fonti possibili.

Una centrale a carbone da 1 GWe consuma annualmente circa 2 milioni di tonnellate di carbone, equivalenti a circa 2 milioni di metri cubi. L’impatto sani-tario inizia dalla fase di estrazione del carbone: gli incidenti in miniera sono responsabili su base statistica di decessi che vanno da qualche frazione a qualche unità all’anno. Sono inoltre valutabili in una decina all’anno i casi mortali di antracosi contratta in miniera. Il trasporto del carbone alla centrale, effettuato ipoteticamente per ferrovia, richiede la movimentazione di 1.000 carri al giorno, con infortuni e decessi fra i lavoratori (da zero a quattro all’an-no) e fra la popolazione (da zero a due all’anall’an-no). A seconda del tipo di inter-vento sull’abbattimento delle emissioni, nel funzionamento dell’impianto ogni anno si producono da 6 a 7,4 milioni di tonnellate di CO2, da 1.000 a 2.000 t di CO, da 5.400 a 119.000 t di SOX, da 8.500 a 27.000 t di NOX, da 1.000 a 4.170 t di particolati e da 0,02 a 0,06 mSv di radiazioni.

Un impianto termoelettrico da 1 GWe a olio combustibile richiede 1.5

mente un rilascio in mare di 750 tonnellate di greggio, di cui 500 per opera-zioni di routine e 250 per incidenti. A seconda delle tecnologie adottate, il funzionamento dell’impianto genera ogni anno da 4.2 a 6.1 Mt di CO2, da 630 a 720 t di CO, da 4.500 a 80.000 t di SOX, da 4.000 a 25.000 t di NOX, da 30 a 5.400 t di particolati e in media 0,00004 mSv di radioattività. Per un impianto a gas da 1 GWe gli effetti sull’ambiente sono molto più con-tenuti. Ogni anno esso produce da 3 a 4.4 Mt di CO2, 510 t di CO, 20 t di SOX, da 8.000 a 22.000 t di NOX, da 135 a 520 t di particolati e da una notevole quantità di radon.

Allo sfruttamento dell’energia geotermica è sempre associata la liberazione nell’ambiente di gas incondensabili contenenti elevati tenori di arsenico e mercurio.

Le fonti eolica, idroelettrica, fotovoltaica e solare termica non presentano feno-meni di inquinamento paragonabili a quelli degli impianti termoelettrici e nucleari. Non devono tuttavia essere sottovalutati gli impatti sul territorio e sul-l’ambiente. Questi si manifestano, nel caso dell’idroelettrico - a parte la fase ini-ziale delle operazioni di cantiere - con grosse alterazioni dell’assetto idrogeo-logico e climatico del sito, con la necessità di realizzare grandi bacini di accu-mulo, con la sottrazione di risorse idriche ad altri usi e con la drastica riduzio-ne di portata dei corsi d’acqua; riduzio-nel caso dell’eolico con l’occupazioriduzio-ne del suolo e con il forte rumore emesso dalle pale; nel caso del solare termico e fotovol-taico con l’occupazione del suolo attraverso i captatori. Nel caso dell’idroelet-trico, inoltre, se è nullo l’impatto sulla salute in condizioni di esercizio, la pro-babilità di incidenti catastrofici (rottura o tracimazione delle dighe) è la più alta fra quelle calcolate nel campo dell’elettroproduzione.

Per un impianto nucleare equivalente l’unico impatto ambientale durante l’e-sercizio consiste nell’emissione di 0,02-0,06 mSv/anno di radiazioni, fatto che non presenta aspetti degni di rilievo sotto il profilo sanitario, visto che la dose media annua cui tutti noi siamo esposti è di circa 2 mSv (e che vi sono zone del mondo ove tale dose è anche 50 volte superiore, senza che si siano osservati alterazioni sanitarie di alcuna natura per la popolazione di quelle zone). I potenziali problemi di impatto sull’ambiente e sulla salute della popo-lazione sono in questo caso associati ai rilasci accidentali dovuti a possibili anomalie di funzionamento dell’impianto, e inoltre alle fasi di trattamento del combustibile e di smaltimento delle scorie. Il disastro di Chernobyl ha dimo-strato che simili inconvenienti possono avere conseguenze molto gravi, ma il precedente incidente occorso alla centrale di Three-Mile Island ha altresì dimostrato che in un impianto di tecnologia occidentale è possibile impedire o limitare sostanzialmente il rilascio di radioattività nell’ambiente anche in caso di incidente grave.

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