Si tratta di un sistema di allevamento messo a punto all’Università di Bologna da Cesare Intrieri a partire dalla fine degli anni Novanta e attualmente al termine della fase di sperimentazione.
Viene proposto come una variante della potatura minima, diffusosi in Australia a partire dagli anni Ottanta.
Mentre il sistema a potatura minima prevede un ricorso molto limitato alla potatura, nel caso della SPS è previsto l’ottenimento di una siepe, a livello della quale si eseguono meccanicamente dei tagli che hanno lo scopo di contenere lo sviluppo, regolare il carico di gemme e rendere costanti le rese.
L’interesse nei confronti di questo sistema deriva innanzitutto dal fatto che permette la meccanizzazione integrale del vigneto, con notevole riduzione dei costi di produzione; si deve inoltre considerare che il sistema induce nella vite una serie di modificazioni fisiologiche, che si traducono in un aumento del numero di grappoli, con acini più piccoli e spargoli e meno soggetti a marciumi.
Il sesto d’impianto, generalmente adottato per questo sistema, prevede una distanza di 2,5 m tra le file e di 0,7-1,0 m sulla fila. Il sistema di allevamento SPS consiste, di fatto, nella creazione di una struttura scheletrica verticale modellata come una “siepe”, ottenuta da un Cordone speronato tradizionale in cui vengono mantenuti alcuni dei tralci dell’anno precedente, i quali sono stabilmente fissati ai fili orizzontali della struttura (figura 23).
Utilizzando una potatrice a barre di taglio multiple ed un profilo di lavoro ad U rovesciato, può così essere effettuata negli anni successivi una potatura invernale molto corta sopra e sui fianchi della siepe, eliminando una parte delle gemme prodotte nell’anno precedente.
La raccolto meccanica di questo sistema di allevamento viene eseguita con vendemmiatrici tradizionali a scuotimento orizzontale.
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La SPS, nonostante sia ancora in fase di sperimentazione, presenta numerosi caratteri positivi, quali la semplicità della potatura meccanica, una produzione elevata, di buona qualità, con grappoli piccoli e spargoli, una maturazione regolare, un annullamento degli attacchi botritici e una estrema facilità di raccolta meccanica.
Figura 23. Siepe con potatura semiminima (fonte: Castaldi).
I sistemi proposti hanno un’ampia gamma di adattabilità produttiva e qualitativa, sono idonei a livelli più o meno spinti di meccanizzazione e si prestano a valorizzare le più diverse condizioni ambientali in cui si svolge la viticoltura.
A queste nuove forme d’allevamento vanno aggiunti i sistemi di allevamento tradizionali nei quali è possibile eseguire la vendemmia meccanica.
3.6 Guyot
Il Guyot è uno dei sistemi di allevamento a tralcio rinnovato più diffusi sia nei Paesi del Nuovo Mondo che in quelli europei.
Tra i principali motivi del successo del Guyot rientrano la relativa semplicità della potatura, l’idoneità a realizzare impianti ad alta densità e, non ultima, l’attitudine alla vendemmia meccanica. Il Guyot è un sistema di allevamento concepito per terreni dotati di scarsa fertilità, per cui viene adottato soprattutto in ambiente collinare. Solitamente si associa a vitigni con ridotta fertilità basale.
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Questa forma d’allevamento necessita di un’impalcatura costituita da pali e fili per il sostegno promiscuo della vegetazione che porta frutto e di quella di rinnovo. Normalmente la pianta ha un tronco di 0,3-1 m d’altezza, sul quale è inserito un capo a frutto di 6-10 gemme, che viene piegato orizzontalmente in direzione del filare, e uno sperone di 1-2 gemme, che ha lo scopo di dare i rinnovi per l’anno seguente (figura 24).
Figura 24. Guyot prima e dopo la potatura secca (fonte: Castaldi).
Per quanto riguarda i sesti d’impianto le distanze consigliate variano da 0,5 a 1 m circa sulla fila, e 2-3 m tra le fila in modo tale da consentire il passaggio delle macchine agricole.
Nelle condizioni ambientali e colturali che consentono un notevole sviluppo vegetativo è necessario ampliare la parete vegetativa. In tali situazioni si assiste a varianti della forma tradizionale, volte ad aumentare la produzione, come il Guyot bilaterale, il Guyot sovrapposto, la palmetta speronata (diffusa in Toscana, sulla quale vengono impostati vari Guyot a diversa altezza), il capovolto, denominato anche "alla cappuccina" (costituita dal ceppo che può raggiungere anche i 2 m, sul quale sono inseriti uno o due capi a frutto piegati verso il basso).
Data la forma delle strutture e della vegetazione non eccedenti i 2-2,2 metri, il Guyot ha il pregio di essere particolarmente adatto alla vendemmia meccanica con macchine scavallatrici a scuotimento orizzontale, anche in virtù del fatto che difficilmente viene danneggiato dagli organi battitori, a differenza dei cordoni permanenti dove esiste il rischio di rotture alla base dei tralci e di conseguenti danneggiamenti dei centri vegetativi.
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3.7 Sylvoz
Il Sylvoz (figura 25) è un sistema d’allevamento tradizionale in parete, che si caratterizza per la presenza di un cordone permanente e per il fatto di richiedere una potatura medio lunga; risulta idoneo per assecondare una buona vigoria della pianta, indotta dal vitigno e dalle condizioni pedoclimatiche dell’ambiente di coltivazione. Questo sistema permette di ottenere produzioni quantitativamente sostenute e valide sotto il profilo qualitativo. Consente una netta separazione tra zona produttiva e quella di rinnovo, collocate rispettivamente al di sotto e al di sopra del cordone permanente.
Figura 25. Vite a Sylvoz prima e dopo la potatura (fonte: Castaldi).
Il sistema a Sylvoz prevede un ceppo verticale alto 1,50-1,80 m che si prolunga in un cordone orizzontale, su cui si trovano i capi a frutto di 6-8 gemme ripiegati verso il basso e legati al filo inferiore della struttura. Gli archetti fruttiferi sono rinnovati annualmente, utilizzando un tralcio formatosi sulla curvatura del tralcio dell'anno precedente o da un breve sperone.
Data la netta separazione della zona produttiva, il Sylvoz ha il pregio di essere adatto alla vendemmia meccanica con macchine scavallatrici a scuotimento orizzontale, purchè l’altezza della controspalliera rimanga nelle misure compatibili con i mezzi in commercio; ovviamente, visto che le zone fruttifere sono molto ampie, sono richiesti un numero elevato di battitori e una maggior pulizia del vendemmiato.
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Allo scopo di meccanizzare le operazioni di potatura invernale, riducendo ulteriormente i costi di gestione, dal Syloz è stato derivato il sistema a Casarsa, che ne ricalca comunque i principi e l’impostazione.
3.8 Casarsa
Il Casarsa, (figura 26) derivato dal Sylvoz, ideato e diffuso in Friuli, è un sistema di allevamento a cordone permanente e potatura medio lunga.
Figura 26. Casarsa prima e dopo la potatura secca (fonte: Castaldi).
Questa forma, diffusa soprattutto in zone fertili, prevede un tronco alto 1,6-1,8 m che prosegue in un cordone permanente orizzontale, su cui sono inseriti i capi a frutto normalmente raccorciati a 0,5-0,7 m e poi lasciati liberi.
I tralci produttivi, prima sotto il peso dei germogli e poi dei grappoli, si piegano progressivamente verso il basso, mentre i germogli portati dagli speroni o dalle gemme basali dei capi a frutto si alzano attaccandosi alle strutture superiori; questo permette una miglior schiusura delle gemme basali e un gradiente di vegetazione più uniforme rispetto al Sylvoz.
Nel Casarsa, come per il Sylvoz, si distinguono una zona produttiva posta sotto il cordone e la zona di rinnovo sostenuta dai fili superiori; per facilitare questa separazione è comunque consigliabile l’operazione di “pettinatura” da effettuarsi a fine fioritura.
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Sul Casarsa è possibile eseguire la vendemmia per scuotimento orizzontale e la potatura meccanica invernale, che necessita di una veloce rifinitura manuale per non determinare in eccessivo carico di gemme.