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Il sistema autorizzativo delle attività estrattive

Nel documento INCONCRETO n.82 (pagine 122-126)

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PAoLo zAMbiAnCHi, RAPPRESEntAntE iMPRESAASSoCiAtA

AtECAP

In Italia molte delle aziende che producono aggregati presen-tano anche attività di produzione di calcestruzzo. Questo è il caso anche dell’azienda rappresentata dal relatore Zambian-chi che contestualizzando l’intervento all’esperienza specifica dell’azienda nelle regioni del Piemonte e della Lombardia ha de-scritto quelli che sono i riflessi delle tempistiche autorizzative relative agli aggregati, sul comparto del calcestruzzo. A prescindere dai ritardi con cui vengono approvati i Piani Cave Provinciali, con l’approvazione di questi strumenti inizia per l’operatore di cava il vero e proprio iter autorizzativo, un percorso lungo e complesso anche per la moltitudine di documentazione da sottoporre a giu-dizio dei vari enti preposti. Tutta questa complessa procedura, che per la Regione Lombardia ri-chiede un tempo medio di 7-9 anni, ha di fatto influenzato l’attività di questa categoria e di riflesso anche quella dei produttori di calcestruzzo. Proprio per queste difficoltà infatti ci si sta rivolgendo sempre di più a materiali come le terre e rocce da scavo non sempre in grado di garantire, a parità di condizioni, le stesse caratteristiche meccaniche di un calcestruzzo confezionato con aggregati da cava, con conseguente aumento dei costi per lo stesso produttore, necessari per il raggiungi-mento delle stesse caratteristiche meccaniche che per i maggiori controlli qualitativi.

MARCo SERtoRio, ConSigLiERE gEAM (ASSoCiAzionE gE

-oRiSoRSEE AMbiEntE)

A fare un quadro di quelli che sono i rapporti tra attività estrattiva e urbanistica è intervenuto Marco Sertorio, con-sulente legale per le P.A..

Per legge l’attività estrattiva costituisce una disciplina au-tonoma rispetto a quella urbanistica e lo conferma la non necessità di una concessione edilizia.

Questo esonero però vale solo per gli scavi e non per gli impianti. È chiaro quindi che se la competenza delle autorizzazioni alla coltivazione di una cava è regionale e quella degli impianti è del sindaco, è auspicabile che il legislatore preveda che, una volta data l’auto-rizzazione regionale, quella del sindaco sia solo un atto dovuto. Tra l’attività estrattiva e la disciplina urbanistica esiste inoltre anche un’altra difficoltà legata all’impianto, al termine della coltivazione della cava. Per poter superare il problema dell’utilizzo dell’impianto è ne-cessario intervenire sul PRG, con un cambio di destinazione, cosa, questa, non sempre co-sì veloce e di facile attuazione. Una soluzione: il PRAE, uno strumento sovra comunale che permetterebbe di superare le norme e le previsioni di PRG e di risolvere quindi il problema degli impianti di una cava esaurita.

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FRAnCESCo LuDA Di CoRtEMigLiA, PRESiDEntE gEAM (ASSoCiAzionE gEoRiSoRSEE AMbiEntE)

La pianificazione di un’attività come quella estrattiva non può prescindere da considerazioni di sostenibilità.

“Parlare oggi di sostenibilità significa coniugare l’utilizzo delle risorse di cui si ha necessità non solo con l’ambiente in cui viviamo ma anche con le esigenze delle generazioni future.” Questo per l’attività estrattiva vuol dire anche rivolgere una maggior attenzione ai materiali riciclati cercando di far comprendere al mercato i maggiori costi che questi comportano. Non solo. Se guardiamo ai bisogni futuri di aggregati, significa pianificare l’attività tenendo conto più che alle statistiche di produzione, ai giacimenti presenti, ai vincoli ambientali e non ultimo a nuove opportunità. Non va inoltre dimenticato che in una corretta pianificazione è importante garantire una durata certa alla autorizzazione e renderla compatibile con l’investimento e con la fiscalità. Solo così un imprenditore “accetterà di assumere rischi e creare valore aggiunto”

nAnDo FERRAnti, ConSigLiERE AniM (ASSoCiAzionE

nAzionALE ingEgnERi MinERARi)

Uno scorcio di quella che è la realtà dei sistemi autorizza-tivi delle atautorizza-tività estrattive in Italia è stato possibile grazie ai risultati di un’indagine fatta dall’ANIM e presentati dal suo consigliere, Nando Ferranti. L’indagine, che ha coinvolto una serie di Enti (14, tra Regioni e Province) dislocati in tutta la penisola, ha permesso di evidenziare innanzitutto una situazione differenziata tra Nord e Sud, quest’ultimo spesso regolato dalla sola legge ordinaria. Per quelli invece che presen-tano un Piano Cave approvato è risultato operativo solo il 43%.

Sulla durata delle autorizzazioni è emerso come i periodi di minore durata siano quelli pre-visti dai Piani; mentre nelle regioni prive di Piano, sono previste le maggiori durate, fino all’assenza di un limite temporale (es.: Basilicata e Calabria).

L’indagine infine conferma un dato comune: quello delle lunghe tempistiche delle autoriz-zazioni. Nonostante il ricorso a strumenti come la Conferenza dei servizi, nati proprio per velocizzare i procedimenti, i tempi di autorizzazione risultano ancora troppo lunghi per le

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Tavola Rotonda

Dopo gli interventi dei relatori sopracitati, il tema del sistema autorizzativo ha trovato nella tavola rotonda il giusto approfondimento. Al dibattito infatti oltre a Vezzola e a Zambianchi, sono intervenute anche le P.A., rappresentate da Valentina Bianchi, Assessore alle Attività Produttive della Regione Abruzzo, e Stefano Gattoni, Dirigente del Servizio Uso e Tutela del Suolo della Amm. Prov. di Pesaro. Come sottolineato nella prima parte del forum, nel campo delle attività estrattive le difficoltà o meno per gli operatori del settore di ottenere le autorizzazioni, varia a seconda della Regione, ma anche da Provincia a Provincia. “Molto – ha aggiunto Zambianchi – dipende da quanto sono strutturate e da quante risorse hanno a disposizione”.

Un esempio delle diverse realtà è stato descritto dalle due amministrazioni presenti.

Quella della Provincia pesarese, per es., vede la presenza di vari strumenti esecutivi che prevedono un aggiornamento in itinere: “una esperienza, quella pesarese, – ha sottolineato Gattoni – piuttosto positiva, anche se con qualche ritardo”. In Abruzzo invece non esiste an-cora un PRAE e la legge di riferimento è datata al 1983. La presenza di un territorio coperto da parchi per il 30% e vincolato al 98% non rende sicuramente facile il percorso di questi strumenti. Tuttavia molti sono gli sforzi che si stanno facendo per giungere al più presto alla stesura di strumenti aggiornati e di ridurre anche attraverso una reale comunicazione tra le istituzioni, la tempistica autorizzativa. “Anche noi, come produttori di aggregati, ha infine aggiunto Vezzola, possiamo fare molto: primo fra tutti porre, attraverso i nostri progetti, maggior attenzione all’ambiente e al recupero della cava”.

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