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Il successo e l’insuccesso: abilità o fortuna, colpa o sfortuna

Nel documento A che gioco ... gioca... il crimine...? (pagine 116-120)

Camorristi e studenti: esperimenti e questionar

B) Dilemma del Prigioniero con Punizione di un terzo (TP-PD)

3.9. Questionari: camorristi e student

3.9.3. Il successo e l’insuccesso: abilità o fortuna, colpa o sfortuna

Un altro aspetto oggetto di indagine è stato quello di analizzare il grado di considerazione che ciascuno dei due campioni possiede nei confronti dei fattori casuali (quali la fortuna e la sfortuna) e del peso ad essi riconosciuto nell’incidere sugli eventi della vita.

In sostanza si tende a testare, se i campioni considerino più determinanti negli accadimenti della vita i comportamenti individuali o gli eventi casuali.

Le risposte fornite dai campioni in merito alla prima delle due domande sono rappresentati nella Figura 3.8.

117 La percentuale di coloro che si dichiara completamente d’accordo nell’attribuire all’abilità più che alla fortuna il maggior peso ai fini del successo, è più alta tra gli universitari (63,89%) che tra i camorristi (49,18%).

Al livello immediatamente inferiore la percentuale maggiore è quella dei camorristi, visto che il 27,24% di essi si dichiara quasi d’accordo nell’attribuire una maggiore importanza alle qualità personali che non alla cosiddetta buona sorte, contro il 22,22% degli studenti.73

Per quanto riguarda le ultime due opzioni, il 13,82% dei detenuti di Secondigliano ed il 10,19% degli studenti rappresentano le rispettive percentuali di intervistati che si dichiarano in parte

d’accordo nel riconoscere alle capacità individuali un ruolo chiave per il successo, mentre il 9,76%

dei camorristi, ed il 3,70% degli universitari si dichiarano per niente d’accordo.

Lo 0,92% degli studenti ed il 3,88% dei detenuti di Secondigliano non ha fornito invece alcuna risposta, mentre lo 0.78% di questi ultimi ha fornito una risposta non valida.74

Dal test chi-quadrato, rispetto alle risposte fornite a tale quesito, non è emersa alcuna differenza statisticamente significativa tra i due campioni.

Nell’altro quesito si è cercato invece di verificare il peso che ciascuno dei gruppi assegna agli eventi casuali nel determinare gli eventi negativi della vita

73

Un solo camorrista, che corrisponde allo 0,78% del relativo campione, ha barrato contemporaneamente il numero 3 e 4 ed in base al criterio già adottato in precedenza la risposta è stata considerata valida.. In tal caso si è diviso per due la risposta fornita ed assegnato 0,5 all’opzione 3 e 0,5 a quella 4.

74 In questo caso le risposte sono state considerate errate perché sia lo 0,78% ha barrato contemporaneamente il numero

118

Fig. 3. 9: Le disgrazie si verificano per sfortuna

Come è possibile constatare dalla lettura del grafico rappresentato nella figura 3.9, la percentuale di coloro che si dichiara completamente d’accordo nell’attribuire alla sfortuna un ruolo fondamentale nel causare disgrazie è del 20,90% per i camorristi e dello 0,93% per gli universitari.

Al livello immediatamente inferiore si registra un leggero incremento della percentuale riferita agli universitari, visto che il 6,48% di essi si dichiara quasi d’accordo, quantunque tale valore continui ad essere sempre inferiore rispetto a quello dei camorristi, che si attesta al 16,81%.

In corrispondenza dell’opzione 2, le percentuali riferite ai due campioni risultano pressoché simili, visto che il 20,37% degli studenti di Capua ed il 19,67% dei detenuti si dichiarano in parte

d’accordo.

Invece la percentuale degli universitari che si dichiara per niente d’accordo nell’individuare nella sfortuna la causa degli eventi sfavorevoli è pari al 72,22% (valore che rappresenta quasi i 3/4 dell’intero campione), di molto superiore a quella dei camorristi che si attesta al 42,62%.

Da segnalare infine che il 4,65% dei camorristi e lo 0,92% degli studenti non ha fornito alcuna risposta, mentre lo 0,78% dei primi ha dato una risposta non valida.75

Rispetto a questo quesito, dal test chi-quadrato la differenza tra camorristi e studenti è risultata estremamente significativa da un punto di vista statistico (p<0,01) e questo risultato presenta diversi motivi di spiegazione.

Occorre in primo luogo tener presente che i soggetti che formano i due campioni, pur provenendo dallo stesso ambito territoriale, posseggono un diverso bagaglio culturale.

119 Da ciò ne deriva che gli universitari, che hanno intrapreso un percorso di studi ben avviato e consolidato, tendono ad assumere un atteggiamento più razionale, mentre i detenuti di Secondigliano, il cui livello di scolarizzazione, nella maggior parte dei casi, si ferma al titolo di licenza media, risultano maggiormente legati a stereotipi, più tipici della cultura popolare napoletana, che legano gli eventi negativi della vita ad aspetti che richiamano alla superstizione. Quest’ultima rappresenta quella credenza di natura irrazionale che tutti gli eventi futuri possano essere in qualche modo influenzati da particolari comportamenti o da oggetti, senza che esista una relazione logica e causale tra di essi.76

Un altro elemento importante da sottolineare è che i camorristi attribuiscono alla sfortuna un peso più influente nelle disgrazie rispetto a quello riconosciuto alla fortuna nei casi di successo e in questo tipo di visione emerge un atteggiamento autoassolutorio o per lo meno indulgente con se stessi, concetto ben espresso nel 1958 nella teoria dell’attribuzione dallo psicologo Fritz Heider. Secondo lo studioso austriaco quando si ci trova di fronte a un evento e se ne analizza la causa, si ci può basare su una dimensione interna o esterna rispetto a se stesso, e stabile o instabile in termini temporali.

Insomma è possibile attribuire un esame fallito alla propria impreparazione, a un improvviso malumore del docente oppure alla sua costante ed inevitabile antipatia nei confronti dello studente. In questo quadro, fortuna e sfortuna,sono cause esterne instabili, che assolvono da eventuali colpe, rappresentando un errore di protezione del self, tanto più che spesso si tende ad attribuire i successi alle proprie capacità ed i fallimenti alla sfortuna.

Questa teoria apparirebbe quella più idonea a spiegare il comportamento dei camorristi, teso a voler attribuire le ragioni dello stato detentivo alla malasorte più che alle proprie scelte sbagliate e proiettato a riconoscere alla sfortuna molto più che alla fortuna una particolare incidenza negli eventi della vita.

Questo aspetto ben spiega anche l’atteggiamento fortemente punitivo adoperato dai camorristi nel gioco. Esso ben si lega ad una concezione fatalista, incline ad assegnare a fattori e situazioni esterne ed imponderabili, indipendenti dalle stesse volontà individuali, la “responsabilità”di scelte e decisioni concrete, che incidono negativamente sulla vita dei singoli e su quelle della collettività in genere (si pensi al traffico sullo smaltimento dei rifiuti, sul quale la camorra nel corso degli anni ha costruito un autentico impero finanziario, a danno della salute di centinaia di persone).

76Matilde Serao, la grande giornalista e scrittrice napoletana, cofondatrice de "Il Mattino" insieme al marito Eduardo

Scarfoglio, così scriveva sulla diffusa cultura della superstizione a Napoli: “Tutte le superstizioni sparse nel mondo sono raccolte a Napoli e ingrandite, moltiplicate poiché la sua credulità è frutto dell'ignoranza, della miseria e delle sventure che a Napoli si sono alternate dai diversi attacchi del colera all'eruzione del Vesuvio nel 1872”.

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Nel documento A che gioco ... gioca... il crimine...? (pagine 116-120)