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IMMIGRAZIONE : NORMATIVA , ISTITUZIONI , COMPETENZE NEL NOSTRO P AESE E IN EUROPA

L’Unione Europea deve essere meno condizionata dalle legislazioni degli Stati Nazionali e deve essere, essa stessa, il soggetto politico che elabora, orienta e determina le strategie da attuare al fenomeno migratorio.

Il quadro normativo europeo si presenta invece condizionato sotto vari aspetti. "La delimitazione delle competenze dell’Unione si fonda sul principio di

attribuzione" (17)."In virtù del principio di attribuzione, l’Unione agisce esclusivamente nei

limiti delle competenze che le sono attribuite dagli Stati membri nei trattati per realizzare gli obiettivi da questi stabiliti" (18)

Il quadro delle competenze distribuite fra l’Unione e gli Stati che ne fanno parte in materia di immigrazione, sono molto articolate, e ad esse, a livello nazionale, si aggiunge un groviglio di competenze fra i vari organi del

17 Art.5 paragrafo 1 del TUE.

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singolo Stato membro. Nel nostro Paese tra le varie strutture amministrative dello Stato, va ricordato, il Ministero dell’Interno, con il compito di delineare e indirizzare la politica migratoria, mentre altre competenze di tale politica interessano altri Ministeri. Il Ministero degli Affari Esteri (la Farnesina) che ha competenze per i visti d’ingresso, le relazioni e gli accordi con gli Stati terzi, mentre il Dicastero del Lavoro, così come altri uffici amministrativi , hanno autorità in altri ambiti. La Guardia costiera e le varie forze dell’ordine hanno altresì compiti inerenti la pubblica sicurezza.

Non trascurabili infine le competenze delle Regioni e Comuni per la gestione dell’emergenza dei migranti provenienti dagli sbarchi.

Il ruolo guida resta comunque incardinato principalmente nelle competenze del Ministero dell’Interno, che spazia dal riconoscimento dell’asilo politico a quello dello status di rifugiato e della cittadinanza, al rilascio dei permessi di soggiorno, oltre ad avere il compito del controllo delle frontiere avverso l’immigrazione clandestina.

Un sistema complesso che deve rispondere all’esigenza primaria di coordinare i flussi di ingresso dei migranti in modo coerente con la capacità di accoglienza e di inserimento nella nostra società. In certe situazioni poi si rasenta il grottesco, se pensiamo che agli sbarchi, si aggiungono i cosiddetti “Dublimanti” ovvero i migranti sbarcati in Italia e successivamente scoperti e

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identificati dalla Polizia negli altri paesi dell’Unione e rispediti indietro nel Paese di prima accoglienza.

E’ da rilevare, inoltre, la non presenza nel nostro ordinamento di una legge apposita per il riconoscimento di asilo politico, quale diritto fondamentale cosi come prevede e garantisce l’art. 10 della nostra Carta Costituzionale. Sono numerose le disposizioni presenti nel nostro ordinamento per regolamentare questo diritto. Nell’ultima legislatura sono state adottate, infatti, con decretazioni di urgenza, i decreti legge che hanno preso il nome di decreti sicurezza.

Alcune Regioni al riguardo hanno sollevato problemi di

incostituzionalità, sia in ordine allo strumento legislativo del decreto-legge, non ravvedendo i presupposti dell’urgenza in un momento in cui il fenomeno degli sbarchi degli stranieri era diminuito drasticamente, sia con riferimento ai contenuti dei decreti che prevedono una riduzione drastica della protezione umanitaria e sia per lo sconfinamento del legislatore italiano in materie di competenza concorrente delle Regioni (accoglienza, sanità, diritto alla formazione).

Sono molteplici i fattori di natura politica, legislativa e sociale ad evidenziare il rischio, già entrato nella nostra quotidianità, che la migrazione diventi o la si faccia diventare strumentalmente un problema esclusivamente inerente l’ordine pubblico e la sicurezza. I Paesi che si dichiarano con orgoglio

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sovranisti, un termine entrato nel nostro lessico comune, aprendo, a vecchi nazionalismi, che credevamo ormai superati e a nuovi preoccupanti fondamentalismi, pongono questo problema in cima all’agenda politica. Spontanea la domanda in che modo, con quali regole e con quali riferimenti costruire modelli armonici di convivenza e allo stesso tempo di pace per le generazioni a venire?

Un primo passo potrebbe essere l’accordo firmato nel settembre scorso tra Malta, Francia, Germania, Italia e Finlandia mediante il quale provvedere all’automatica redistribuzione dei migranti salvati nel Mediterraneo. Questo meccanismo si è arenato però nel successivo incontro tra i Ministri degli Interni su alcuni punti riguardanti : “la redistribuzione automatica”, in quanto, nonostante al momento vi sia la disponibilità dei Paesi cosiddetti volenterosi, sono invece contrari all’accoglienza i Paesi di Visegrad, ovvero Polonia, Ungheria, Repubblica Ceca e Slovacchia; “la rotazione dei porti” riguardo l’alternanza fra gli Stati di destinazione per l’approdo; “l’accoglienza” in quanto la Francia non vorrebbe includere nella redistribuzione i migranti economici e inoltre, permangono divergenze per la questione dei rimpatri. Pur in assenza al momento di decisioni definitive la strada aperta è un primo passo per una soluzione ad una accoglienza programmata e regolata dall’Unione Europea.

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CAPITOLO III :

LA CHIESA E IL PROBLEMA ACCOGLIENZA

Sommario : 1. Oltre i problemi di natura assistenzialista.- 2. Il migrante una persona non un oggetto.- 3. L’esempio Lampedusa luogo di approdo del migrante.- 4. Il migrante e la famiglia.- 5. I matrimoni misti.- 6. I minori e la scuola.- 7. Migrazioni: segni dei tempi.- 8. Il diritto a emigrare.- 9. Le migrazioni : kairos una occasione da non perdere.- 10. L’assistenza spirituale del sacerdote missionario.-

48 1. OLTRE IL PROBLEMA DI NATURA ASSISTENZIALISTA. La Chiesa italiana non può pensare risolto il problema degli immigrati con una legge dello Stato. (19) …il povero, il viandante, lo straniero non sono cittadini qualunque per la Chiesa, proprio perché essa è mossa verso di loro dalla carità di Cristo e non da altre ragioni. (20) La Chiesa riconosce a ogni uomo il diritto di emigrare e di andare alla ricerca di condizioni migliori di vita per sé e la sua famiglia, ma questo pone inevitabilmente dei limiti ai Paesi ospitanti non sopportabili senza inevitabili conflitti sociali.

Solo quando il flusso degli stranieri nel nostro Paese provenienti dai Paesi del Terzo Mondo alla ricerca di lavoro, a cui vanno ad aggiungersi un gran numero di richiedenti asilo e rifugiati, sarà numericamente importante, diviene improcrastinabile disciplinare questa presenza. Il primo problema da affrontare sarà, pertanto, rimuovere i pregiudizi che si manifestano nella popolazione locale a causa della presenza dei migranti, quali la perdita di posti di lavoro, il pericolo di una crescita della criminalità ed anche la tendenza a rapportarsi con loro con un atteggiamento di superiorità culturale,

19 Impronte e scie di Simone M. Varisco Immigrati e profughi pg. 122.

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sull’equivoco di porre a confronto il nostro progresso economico più evoluto, con la loro civiltà ritenuta per questa ragione arcaica e non adeguata al mondo di oggi.

Analizzando la questione lavoro le attività che interessano i migranti sono poco appetibili per la nostra manodopera, in quanto considerate pesanti, umili, non conformi al titolo di studio raggiunto, come ad esempio i lavori domestici, i lavori nell’agricoltura e nella pastorizia e comunque quando sono lavori particolarmente faticosi o pericolosi.

In riferimento alla questione della devianza degli immigrati molto spesso questo è dovuto proprio ai pregiudizi e discriminazioni della società di accoglienza che ostacola un’integrazione paritaria che permetta loro di condurre una vita dignitosa. Con una entrata regolare dei migranti e l’assegnazione di permessi di soggiorno per lavoro, diminuisce la propensione a commettere attività illegali.

Diverso è l’atteggiamento della Chiesa che non può limitarsi a prestare attenzione ai soli problemi materiali e civili del migrante nel suo peregrinare, poiché i problemi non sono solo di natura assistenzialista; non si può infatti ignorare la complessità della persona umana le cui esigenze sono anche di natura spirituale.

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La Chiesa affronta aspetti del migrante di più difficile comprensione e di più complessa risoluzione, poiché deve prestare attenzione anche alla angoscia che pervade l'animo umano di queste persone, di chi ha lasciato la famiglia, la casa, le sue tradizioni e pertanto non può limitarsi ad “interventi di solo pane”, ma dovrà rivolgere l'attenzione anche al problema religioso e spirituale. Per dare risposta a queste necessità si avvale dell'opera missionaria di ministri del culto cattolici, che parlano la lingua degli immigrati, che conoscono il loro rito adoperandosi per quanto possibile a rendere disponibile un luogo di culto per raccogliersi e pregare.

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