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LE MIGRAZIONI : “ KAIROS ” UNA OCCASIONE DA NON PERDERE

Le migrazioni non sono soltanto accadimenti imprevedibili e transitori da accettare e affrontare al pari di una crisi economica ciclica a cui rispondere con provvedimenti urgenti allo scopo di ripristinare rapidamente la situazione precedente. Gli spostamenti di masse umane hanno ragioni più complesse che non sono causati soltanto da situazioni contingenti a cui rispondere con una accoglienza temporanea.

Sono rimescolamenti di popoli, di razze, di culture, di fedi religiose che richiede molto di più dell'accoglienza assistenzialistica o degli osannati slogan aiutiamoli a casa loro, peraltro difficili da realizzare. Oggi occorre una rivoluzione pacifica che cambi prima di tutto il modo di pensare della vita delle popolazioni ricche civilizzate non più chiuse nel loro benessere e nella loro cultura da esportare nei Paesi in via di sviluppo. Non un arroccamento a protezione di un declamato genuino e unico modello identitario occidentale, ma vedere l'incontro con lo straniero come un appello ad una compenetrazione di identità necessarie per avviare un processo di integrazione e costruire una società più Cristiana. Si può affermare, pertanto,

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che non è solo un fenomeno sociale, economico o politico, a cui dare soluzione alle divisioni tra ricchi e poveri, tra potenti e senza potere; che non è solo creare strutture che risolvano il problema della fame e porre procedure che evitino le privazioni e la morte di viaggi di disperati; che non è solo dare risposta alla piaga della disoccupazione che si trasforma in sfruttamento senza alcun rispetto della dignità umana violata, nella totale assuefazione di un'altra parte del mondo preoccupata di difendere il proprio status senza disturbo del quieto vivere.

E' necessario, invece, adoperarsi per formare un'unica famiglia e garantire la fratellanza con un modello sociale che permetta a tutti di poter restare a casa propria o di ricercare le condizioni migliori di vita dove queste esistono. Un cambiamento di mentalità che diventi obbligo per ogni governo, cominciando da quelli che determinano le strategie economiche del pianeta, perché si passi da una economia del profitto, a una più attenta ai valori di solidarietà fra i popoli, in un mondo più ecosostenibile che dia certezze di vita alle future generazioni.

Un cambiamento già annunciato nel 1989 l'anno del crollo del muro di Berlino, ma anche l'anno che segna una tappa importante del cammino ecumenico. Nel maggio di quello stesso anno a Basilea, infatti, si riuniscono in Assemblea i delegati di tutte le chiese cristiane presenti in Europa,

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protestanti, cattoliche e ortodosse, presieduta dal metropolita l'Arcivescovo russo Alessio e dal Cardinale Carlo Maria Martini sul tema “Pace nella Giustizia”. L'Assemblea si conclude con l'invito alle comunità cristiane perché offrano al mondo una testimonianza evangelica di mutua accoglienza e collaborazione, nell'impegno per promuovere i valori della pace e della giustizia a vantaggio di tutti gli uomini.( 31) Sono necessarie condizioni di vita che siano rispettose dell'individuo e della famiglia, il diritto ad un lavoro, il diritto alla casa, il diritto allo studio, la libertà di religione, la partecipazione alla comunità sociale e alle scelte per una convivenza pacifica in un processo d'integrazione dello straniero nel Paese ospitante. La cultura occidentale predominante colloca invece l'uomo al centro della propria esistenza negando qualsiasi valore se non quello della propria vita terrena asservita ad aspirazioni puramente materiali della persona. Ecco il perché dei molti muri che sorgono un po' in ogni parte del mondo : dagli Stati Uniti, alla Bulgaria, Ungheria, Israele e in tanti altri Paesi per fermare l'immigrazione irregolare ritenuta il veicolo di tutto quanto mette in pericolo il nostro benessere. Oltre quelle lunghe barriere di cemento o filo 31 Invito - della Presidenza della CEI a inserire nella Veglia di Pentecoste - la recita della preghiera ecumenica a promuovere i valori di pace e giustizia 9 maggio 1989 Roma.

68 spinato vi è un muro invisibile che sta dentro i nostri cuori; un muro di paura e aggressività verso colui che è diverso da noi che ha un diverso colore della pelle, appartiene ad un'altra razza, ha altre convinzioni religiose, una persona che non si conosce ed anche per questo ci spaventa. La conseguenza è il venir meno della solidarietà con riguardo al valore della vita e della dignità dell'immigrato. Evidente che la Chiesa non può essere la panacea di tutti questi problemi, ma comunque è responsabilmente al suo posto con le sue strutture per offrire il suo contributo, nel rispetto delle disposizioni prefettizie ad accogliere i migranti.

Nel messaggio per la Giornata delle Migrazioni del 2004 Sua Santità Giovanni Paolo II indica che la risposta non va data entro i limiti imposti dalla legge, ma nello stile della solidarietà :“ Quando le diversità si incontrano integrandosi, danno vita ad una convivialità delle differenze. Si riscoprono i valori comuni ad una cultura capace di unire e non di dividere; valori che affondano le loro radici nell'identico humus umano. (32)

La Chiesa che si caratterizza per la sua vocazione universale può spaziare oltre i confini posti dall'uomo vivendo la diversità delle culture nel rispetto di una società plurale e sfuggendo alla incomprensione della diversa lingua o etnia. Il suo impegno di solidarietà può pertanto manifestarsi al di là

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della sfera puramente economica riconoscendo al migrante la sua dignità di essere umano creato ad immagine di DIO.

Il mondo di oggi vive in un benessere che ha portato ad un torpore delle nostre coscienze lontane da coloro che sono a rischio di emarginazione, degli esclusi, dei forestieri. Prestando attenzione ai migranti prestiamo il nostro interesse anche alle nostre coscienze per ritrovare quella umanità che per certi aspetti ci pungola a sacrificare un po' delle acquisite comodità per vivere una esistenza che sia veramente cristiana. Riconoscere le sofferenze dello straniero non può significare non prestare attenzione a chi anche nel nostro Paese sta male e vive in condizioni di povertà, perché siamo tutti familiari di Dio. Nessuna creatura umana può essere esclusa e la nostra forza sta proprio in questo amore nei confronti di chiunque per necessità chiede aiuto, a sostegno di “chi bussa alla nostra porta”, come ci ricorda Papa Francesco. Il Santo Padre, infatti, richiama l'azione pastorale che deve mettere al centro la persona umana in ogni sua componente compresa quella spirituale. Dunque, non è in gioco solo la causa dei migranti, non è solo di loro che si tratta, ma di tutti noi, del presente e del futuro della famiglia umana. I migranti, e specialmente quelli più vulnerabili, ci aiutano a leggere i "segni dei tempi”.(33)

33 Messaggio del Santo Padre Papa Francesco per la 105ma giornata del migrante 2019 dal Vaticano 27 maggio 2019.

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