• Non ci sono risultati.

Le immobilizzazioni immateriali: differenze tra la disciplina nazionale e i principi IAS/IFRS

Capitolo II: GOODWILL IMPAIRMENT

2.1 Concetti general

2.1.1 Le immobilizzazioni immateriali: differenze tra la disciplina nazionale e i principi IAS/IFRS

Le immobilizzazioni sono fattori produttivi pluriennali detti “a fecondità ripetuta” in quanto permangono in azienda e vengono utilizzati per più cicli produttivi, cedendo la loro utilità gradualmente. Quelle immateriali però si distinguono dalle altre perché sono “intangibili”, in quanto non presentano il carattere della materialità.

Il documento OIC n. 24 definisce i tratti comuni a tutti gli assets intangibili: assenza di tangibilità, utilità pluriennale e sostenimento effettivo di costi per la loro acquisizione o produzione interna.

Inoltre, affinché un’attività possa essere riconosciuta come immateriale, deve possedere le seguenti caratteristiche: identificabilità, controllo e probabilità di benefici economici futuri. Le attività immateriali sono costituite da:

costi d’impianto e di ampliamento;

costi di ricerca e sviluppo, di pubblicità aventi utilità pluriennale;

diritti di brevetto industriale e diritti di utilizzazione delle opere dell’ingegno; concessioni, licenze, marchi e diritti simili;

avviamento.

Per la determinazione del valore da iscrivere nello Stato Patrimoniale, l’art. 2426 c.c. prevede che il valore di un’immobilizzazione immateriale sia dato dal costo di acquisto o di produzione, compresi tutti gli oneri accessori – nel primo caso – ed i costi direttamente imputabili - nel secondo -.

Il Principio contabile n. 24 stabilisce che il valore d’iscrizione non può eccedere il valore recuperabile, definito come il maggiore tra il presumibile valore di realizzo – ossia derivante dalla vendita del bene a prezzi normali di mercato tra parti ben informate e interessate, al netto degli oneri diretti di cessione – e il suo valore d’uso – ossia il valore attuale dei flussi di cassa attesi futuri derivanti dall’uso, compresi quelli che saranno sostenuti per lo smobilizzo del bene stesso -.

Successivamente all’iscrizione, l’attività deve essere sottoposta ad una verifica periodica del valore.

33

Per le immobilizzazioni immateriali la cui utilizzazione è limitata nel tempo è previsto un ammortamento sistematico in relazione alla residua possibilità di utilizzazione; per talune tipologie (costi d’impianto e di ampliamento, spese per ricerca, sviluppo e pubblicità, avviamento) il legislatore ha indicato un periodo massimo di cinque anni in cui ammortizzare il bene.

La normativa nazionale stabilisce inoltre che devono essere calcolate tutte le necessarie “perdite durevoli di valore”. Infatti, se alla data di chiusura del bilancio il valore delle immobilizzazioni immateriali risultasse più basso di quello iscritto, esse dovranno essere iscritte a tale minor valore.

La normativa prevista dall’art. 2426 stabilisce che la perdita di valore che comporta la svalutazione di un’immobilizzazione immateriale deve essere durevole e accertata da una ragionevole valutazione delle cause, le quali possono essere interne o esterne all’impresa (cioè derivanti da variazioni negative del mercato in cui l’impresa opera) e devono essere caratterizzate da straordinarietà e gravità.

Inoltre, quando tali cause vengono meno in tutto o in parte, il valore corrispondente deve essere ripristinato, senza però superare il costo ridotto degli eventuali ammortamenti che sarebbero stati effettuati in assenza di svalutazione. Ad ogni modo, un ripristino di valore si verifica raramente in quanto i fatti che lo determinano sono particolarmente gravi e ponderati e, per alcune immobilizzazioni immateriali quali l’avviamento e i costi pluriennali, il ripristino di valore è vietato.

Secondo la normativa nazionale, una perdita di valore può essere rilevata a condizione che si determini un “valore recuperabile” inferiore al valore contabile e che la perdita possa essere definita “durevole”.

Il principio contabile n. 24 definisce il valore recuperabile come il maggiore tra il valore effettivo d’uso e il valore realizzabile dall’alienazione: si noti come vi sia oggi una piena parificazione fra IAS 36 e principi contabili nazionali.

Tuttavia, come si vedrà in seguito, i principi contabili nazionali non indicano un procedimento analitico di calcolo delle perdite di valore delle immobilizzazioni, come invece fa lo IAS 36 con l’Impairment test.

I principi contabili internazionali, a differenza di quelli nazionali, prevedono una diversa metodologia di determinazione del valore delle immobilizzazioni immateriali: essi

34

introducono inoltre una possibilità di scelta per la valutazione degli assets immateriali dopo la loro rilevazione iniziale.

In sede di iscrizione preventiva, il criterio di valutazione di tali poste come elementi dell’attivo è quello del costo. Successivamente, il valore delle risorse immateriali dovrà essere rideterminato e lo IAS 38 suggerisce due modelli per la rivisitazione: il Cost Model e il Revaluation Model36.

Il Revaluation Model è il criterio del fair value inteso come valore al netto degli ammortamenti e delle perdite nell’ipotesi che esso faccia riferimento ad un mercato attivo. Una volta determinato il fair value, il valore può essere corretto in due modi: annullando gli ammortamenti precedentemente contabilizzati ed iscrivendo gli stessi adeguandoli al fair value; oppure rideterminando la somma degli ammortamenti rilevati in proporzione alla variazione del valore del bene.

Il Cost Model è il criterio del costo al netto degli ammortamenti e delle perdite per riduzione di valore. Questa modalità presuppone quindi una prima valutazione al costo ed un successivo processo di ammortamento collegato alla vita utile del bene. A tal proposito, lo IAS introduce una diversa configurazione di tali risorse in relazione alla loro vita utile, la quale può essere definita o indefinita.

Le attività immateriali con vita utile definita vengono obbligatoriamente assoggettate al processo di ammortamento sistematico dal momento in cui divengono disponibili per l’uso e quindi iniziano a produrre benefici economici.

L’ammortamento non viene invece applicato a quelle attività che hanno vita utile indefinita, le quali vengono sottoposte alla procedura sostitutiva dell’Impairment Test.

Le disposizioni dello IAS 36 per questo tipo di attività possono essere riassunte come segue: 1. Tutte le attività immateriali a vita utile indefinita devono essere sottoposte ad

Impairment test almeno una volta all'anno e ogni anno nello stesso periodo37;

2. Tutte le attività immateriali a vita utile indefinita riconosciute durante il periodo di riferimento devono essere testate per riduzione di valore prima della fine dell’esercizio38;

36Accademia italiana di economia aziendale, “L’analisi degli effetti sul bilancio dell’introduzione dei principi contabili

internazionali IAS/IFRS - Gruppo di studio e attenzione dell’Accademia italiana di economia aziendale”, Rirea, Roma, 2007

37IAS 36, paragrafo 10 38

35

3. Qualsiasi attività immateriali (indipendentemente dal fatto che abbia vita utile indefinita oppure no) che non è ancora disponibile per l'uso riconosciuta durante il periodo di riferimento deve essere testata per riduzione di valore prima della fine dell’esercizio39;

4. Se un'attività immateriale a vita utile indefinita o non ancora disponibile per l'uso può essere sottoposta ad Impairment test solo all’interno di una CGU, tale CGU deve essere testata almeno una volta l'anno40;

5. Se emergono indicatori di Impairment nel corso dell’anno, dovrà essere eseguito un test di periodo41;

6. Per un'attività immateriale con una vita utile indefinita appartenente ad una CGU, lo standard consente di fare riferimento alla più recente misurazione del valore recuperabile, nel caso in cui il test abbia dimostrato un margine sufficiente42 (tale

eventualità verrà meglio chiarita nel paragrafo 2.2).

Le attività immateriali e l’avviamento devono essere valutate, ai fini dell’Impairment test, in via individuale oppure in relazione alle Cash generating units a cui si riferiscono.

In via individuale possono essere valutate tutte quelle attività immateriali che generano flussi finanziari ampiamente indipendenti dai flussi generati da altre attività. Esempi sono tutte quelle attività concedibili attraverso accordi di licenza, quali marchi, brevetti, software, know-how dati in uso a terzi con contratti di licenza a fronte di royalties, ecc.

Le attività che non generano flussi indipendenti da altre attività e l’avviamento devono, invece, essere valutate ai fini dell’Impairment test in relazione alle relative CGU.

Mentre nella normativa nazionale l’Impairment test è previsto solo ogni qualvolta vi siano indicazioni di perdite durevoli di valore, nella normativa internazionale, oltre che in questi casi, esso è da applicare ogni anno (in particolar modo per le attività immateriali a vita utile indefinita, quelle non ancora disponibili per l’uso e per l’avviamento derivante da aggregazione d’imprese). La normativa nazionale non disciplina né l’unità di riferimento per la valutazione, né le metodologie da seguire.

39 IAS 36, paragrafi 10-11 40IAS 36, paragrafo 89 41IAS 36, paragrafo 9 42IAS 36, paragrafo 24

36

Il concetto di unità generatrice di flussi finanziari è per la normativa italiana quasi sconosciuto, prevedendo, invece, per l’avviamento, la determinazione del valore recuperabile sulla base dell’intera società, in mancanza di un procedimento di ripartizione della perdita fra i vari componenti dell’unità.

Al contrario, gli IAS/IFRS considerano quale unità di riferimento la singola attività o la CGU e come metodologia un test, ossia un confronto tra valore contabile e valore recuperabile. Entrambe le normative prevedono la possibilità di effettuare i ripristini di valore, escludendo, tuttavia, da tale opportunità le perdite di valore dell’avviamento. Diversamente dai principi internazionali, invece, non viene esposto, nei principi nazionali, un procedimento analitico per la determinazione del valore ripristinabile. Inoltre, in Italia i ripristini di valore sono più difficili e meno frequenti, perché riguardano perdite durevoli di valore, che si rilevano con molta minor frequenza di quanto accada applicando lo IAS 36. Un’ulteriore importante differenza è data dal requisito di perdita “durevole”, che nella normativa nazionale è fondamentale affinché un’immobilizzazione venga iscritta ad un valore inferiore rispetto al costo ammortizzato, mentre nei principi internazionali tale requisito non è richiesto. Ciò accresce sensibilmente l’elasticità (in alcuni casi con l’arbitrarietà) delle valutazioni nei bilanci delle imprese italiane, a danno del fondamentale criterio della “comparabilità” dei bilanci.

Lo IAS 36 specifica quali sono le fasi da seguire per la determinazione ed allocazione delle perdite di valore:

1) Identificazione di un’attività che possa aver subito una perdita di valore;

2) Determinazione del valore recuperabile, considerato come il maggiore tra il fair value al netto dei costi di vendita e il valore d’uso;

3) Criteri per il calcolo del valore d’uso: flussi finanziari futuri e tasso di attualizzazione; 4) Configurazione della cash generating unit;

5) Allocazione dell’avviamento e delle corporate assets ad una o più CGU e determinazione del valore recuperabile;

6) Determinazione della perdita per riduzione di valore di singole attività o di cash generating units. Allocazione della perdita all’avviamento ed ai restanti componenti.

37