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L’impatto ambientale delle infrastrutture funzionali alla navigazione

La navigazione marittima, in quanto sistema complesso caratterizzato dalla convergenza di una pluralità di attività e soggetti (c.d. cluster marittimo) tra loro complementari, dipende dall’esistenza di infrastrutture strategiche rilevanti anche sotto il profilo della tutela dell’ambiente. I porti commerciali, turistici, pescherecci, i cantieri navali caratterizzano l’utilizzo della fascia costiera variamente incisa e modificata, anche sotto il profilo ambientale, dalla presenza e dall’esercizio delle necessarie infrastrutture. La necessità di contemperare le legittime esigenze, costituzionalmente tutelate, di mobilità (commerciale e ricreativa) e di iniziativa economica con le esigenze di tutela dell’ambiente, del paesaggio e della salute, parimenti tutelate dalla Costituzione, è alla base di una disciplina trasversale caratterizzata dalla coesistenza di forme di tutela di differenti beni giuridici unitariamente ordinati al perseguimento dello sviluppo che, in quanto tale, non può non essere attuato secondo i canoni dello sviluppo sostenibile. Le analisi precedentemente formulate in materia di gestione della fascia costiera, del demanio marittimo e di zonizzazione di determinati habitat rilevanti sotto il profilo ambientale deve essere pertanto integrata attraverso l’approfondimento della disciplina posta dall’ordinamento in materia di infrastrutture connesse alla navigazione che partecipano, a pieno titolo, alla composizione del complesso sistema dei pubblici usi del mare che caratterizza la vigente disciplina enucleata nel Codice della Navigazione in materia di beni pubblici destinati alla navigazione e di beni demaniali e nel cui ambito sono iscritti, ex art. 28, i porti e le rade175. La caratterizzazione del porto come

175 Il Porto, oltre ad essere formalmente un bene demaniale marittimo è, in particolare, un bene funzionale; osserva al riguardo A. XERRI SALAMONE, L’ordinamento giuridico

dei porti italiani, Milano, 1998 p. 15 che: “Già la dottrina successiva al codice della navigazione avvertiva che, accanto alla funzione primaria di luogo di approdo, di stazionamento e di ricovero delle navi, il porto ha non solo funzione di centro delle operazioni inerenti al carico, ma anche quello di centro di sviluppo di attività industriali, presagendo il ruolo che i porti avrebbero assunto nel contesto dell’economia nazionale ed in quello della politica dei trasporti e del territorio. In tale evoluzione

bene demaniale marittimo non esaurisce tuttavia l’intero spettro della sua specificità che si esplica secondo uno sviluppo dinamico (determinato dai flussi commerciali e dalle politiche di assegnazione degli spazi portuali) che non può prescindere dalla dimensione pubblicistica del porto sancita dal codice della navigazione e ampiamente confermata in occasione della riforma operata della L. 84/1994 con la quale il legislatore ha inteso fornire strumenti per valorizzare l’efficacia e l’efficienza delle gestioni portuali e affermare il ruolo strategico delle infrastrutture portuali 176.

Pur non esistendo una definizione giuridica unitaria di porto177 è possibile operare, ai fini della presente analisi, un riconoscimento, sul piano del diritto positivo, della sua rilevanza ambientale considerandone sia gli aspetti statici ( connessi alla dimensione fisico-geografica e funzionale del porto) che gli aspetti dinamici178 ( connessi all’impatto ambientale determinato dall’esercizio delle attività portuali ). Come evidenziato in un recente rapporto dell’ISPRA179 dedicato al traffico marittimo e alla gestione ambientale nelle principali aree portuali italiane “è importante che al processo di sviluppo logistico ed economico e al crescente uso del mare come via di comunicazione e trasporto, soprattutto di prodotti ad alta potenzialità inquinante, si concettuale si profila la distinzione tra aspetto statico ed aspetto dinamico del porto”.

176 Come evidenziato nel Libro bianco trasporti 2011 COM(2011) 144, p. 8 :”Nelle

regioni costiere vi è bisogno di un numero maggiore di punti di ingresso efficienti sui mercati europei, per evitare inutili flussi di traffico attraverso l'Europa. I porti marittimi rivestono un ruolo importante come centri logistici ma richiedono connessioni efficienti con l'entroterra. Il loro sviluppo è fondamentale per gestire i volumi di merci in aumento mediante il trasporto marittimo a corto raggio sia all'interno dell'Unione europea che con il resto del mondo”.

177 Secondo Ulpiano ( Dig. 50, 16,19 ): “portus appellatus est conclusus locus, quo

importantur merces, et inde exportantur; aeque nihilominus statio est conclusa, aeque munita:inde angiportum dictum est”.

178 Secondo A. LEFEBVRE D’OVIDIO, G. PESCATORE, L. TULLIO, Manuale di diritto della

navigazione, Milano, 2000, p. 161: “A una visione del porto come bene e in particolare come bene demaniale, cui si applica la relativa disciplina (concezione statica), si accosta una considerazione del porto come centro di attuazione di servizi pubblici e privati concernenti in generale la movimentazione delle navi e le attività complementari al trasporto marittimo ( concezione dinamica)”.

179 Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale istituito con la Legge 133/2008 di conversione, con modificazioni, del Decreto Legge 25 giugno 2008, n. 112, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 195 del 21 agosto 2008. L’ISPRA svolge le funzioni che erano proprie dell’Agenzia per la Protezione dell’Ambiente e per i servizi Tecnici (ex APAT), dell’Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica (ex INFS) e dell’Istituto Centrale per la Ricerca scientifica e tecnologica Applicata al Mare (ex ICRAM).

accompagni la tutela dell’ambiente delle aree portuali da varie fonti di inquinamento nonché la minimizzazione dell’impatto ambientale delle infrastrutture portuali sul territorio circostante”.180 Come evidenziato nel sopra richiamato rapporto ISPRA 95/2009, la necessità di coniugare e bilanciare la tutela dell’ambiente con la necessità di un costante adeguamento e sviluppo del porto quale realtà economica, in coerenza con le logiche di sviluppo sostenibile, è stato affermato nella conferenza delle Nazioni Unite sullo Stato dell’Ambiente e sullo Sviluppo (UNCED, 1992) in cui si affermava “The Port management must be involved in the sustainable development models”. A livello comunitario il Comitato economico e sociale europeo sulla politica portuale comunitaria (2007/C 168/12) ha affermato , tra l’altro, che “la politica portuale comune nell’Unione Europea deve assicurare lo sviluppo sostenibile della capacità dei porti e delle strutture connesse”. Qualsiasi analisi relativa agli aspetti ambientali della portualità non può tuttavia prescindere dalla qualificazione giuridica del porto che, come sopra evidenziato, è collocato, unitamente alla rada, nell’ambito dei beni pubblici destinati alla navigazione e, in particolare, tra i beni del demanio marittimo181. Il porto si caratterizza per il fatto di essere, in misura prevalente, il luogo di destinazione e provenienza nonché di gestione e organizzazione dei processi distributivi dei beni trasportati, anche attraverso l’organizzazione di soluzioni multimodali, in un contesto territoriale idoneo ad assicurare la convergenza di tipi di trasporto diverso (su nave, gomma, ferrovia, aria ); tale destinazione funzionale del porto si somma ad una pluralità di altre attività connesse

180 Rapporto I.S.P.R.A. 95/2009, Traffico marittimo e gestione ambientale nelle

principali aree portuali italiane, Roma, 2009, p. V.

181 La Sezione centrale di controllo sulla gestione delle Amministrazioni dello Stato della Corte dei Conti, con deliberazione n. 29-2008 del 19 dicembre 2008 ha evidenziato che: “E’ da sottolineare che, stante il chiaro disposto dei codici civile e

della navigazione, i porti, anche se turistici e pur se costruiti da privati concessionari, sono sin dalla realizzazione ipso iure beni demaniali, così come i beni (mare e spiaggia) sui quali insistono. Si fa qui riferimento alle strutture fondamentali che caratterizzano un porto, come dighe, moli e banchine, mentre opere ulteriori, come magazzini, negozi e simili, sono di proprietà privata [proprietà superficiaria] del concessionario-costruttore, ma, in quanto rientranti tra le “pertinenze demaniali”, sono destinate a restare acquisite allo allo Stato al termine della concessione, ai sensi dell’art. 49 del codice della navigazione”. Sul tema della demanialità dei porti cfr. G. DI GIANDOMENICO, Porti e demanialità, in A. ANTONINI (coordinato da), Trattato breve di

al trasporto di passeggeri e alle relative attività terminalistiche, all’attività diportistica ( approdi turistici )182, ai servizi complementari (rimorchio, pilotaggio, battellaggio) e al terziario marittimo. Sotto il profilo strutturale il porto è costituito da un complesso di elementi naturali (gli specchi acquei e le relative profondità, i fondali marini, le sponde, il territorio retrostante) e artificiali ( dighe foranee, banchine, piazzali, magazzini e infrastrutturazioni necessarie per il terziario marittimo) funzionali ad assicurare sia la sicurezza dell’approdo e delle relative adiacenze che l’organizzazione dei pertinenti servizi istituzionali e delle attività complementari al trasporto di persone e merci. Il codice della navigazione e il codice civile collocano le rade tra i beni del demanio marittimo in quanto, unitamente ai porti, strumentali alla navigazione e al traffico marittimo e idonee ad assicurare, in sicurezza, l’ancoraggio delle navi in attesa di entrare in porto o “in attesa di ordini” amatoriali nonchè lo svolgimento delle manovre preparatorie all’ormeggio (imbarco del pilota, rimorchio, visite di pre-mooring ecc.) .

I porti e gli specchi acquei antistanti presentano elevati livelli di rischio per l’ambiente e richiedono l’implementazione di un sistema organizzativo idoneo a prevenire e intervenire in relazione a situazioni di inquinamento originate dalle navi, dalla movimentazione delle merci in banchina e dagli insediamenti produttivi insistenti nell’ambito portuale.

Come evidenziato dalla Commissione delle Comunità Europee nel Libro Verde di cui alla COM(2006)275 in materia di politica marittima dell’Unione, è importante assicurare che lo sviluppo del trasporto

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L’art. 2 del D.P.R. 509/1997 recante disciplina del procedimento di concessione di beni del demanio marittimo per la realizzazione di strutture dedicate alla nautica da diporto si deve distinguere, con riferimento alle strutture destinate alla nautica da diporto, opera la distinzione tra: a) il "porto turistico", ovvero il complesso di strutture amovibili ed inamovibili realizzate con opere a terra e a mare allo scopo di servire unicamente o precipuamente la nautica da diporto ed il diportista nautico, anche mediante l'apprestamento di servizi complementari; b) l'"approdo turistico", ovvero la porzione dei porti polifunzionali aventi le funzioni di cui all'articolo 4, comma 3, della legge 28 gennaio 1994, n. 84, destinata a servire la nautica da diporto ed il diportista nautico, anche mediante l'apprestamento di servizi complementari; c) i "punti d'ormeggio", ovvero le aree demaniali marittime e gli specchi acquei dotati di strutture che non importino impianti di difficile rimozione, destinati all'ormeggio, alaggio, varo e rimessaggio di piccole imbarcazioni e natanti da diporto.

marittimo sia compatibile con la conservazione dell’ambiente, in particolare con le restrizioni imposte dai regolamenti europei relativi alla Rete Natura 2000, tenendo al tempo stesso conto della necessità di ampliare i porti per lo sviluppo dei servizi di trasporto intermodale. Questa problematica, per la Commissione, è connessa alla valutazione dell’opportunità di concentrare le attività portuali in pochi porti estremamente efficienti (collegati alle reti transeuropee di trasporto - RTE-T), ovvero di ripartirle fra un numero più ampio di porti, evitando così una concentrazione eccessiva delle attività, con i conseguenti problemi di congestione e pressione sull’ambiente e sulle infrastrutture dell’entroterra. Una ipotesi solutoria viene offerta dal sopra richiamato Libro Verde nella parte in cui, richiamando le migliori pratiche in essere, esprime il favor della Commissione per un sistema di collegamento dei cluster marittimi (comprensivi della cantieristica) per la formazione di centri di eccellenza in grado di coprire l’intera gamma dei servizi marittimi.

Nel sistema giuridico italiano, la considerazione delle implicazioni ambientali della portualità assume un significativo a partire dalla fase pianificatoria del territorio portuale in quanto, ai sensi dell’art. 5 della L. 84/1994 il Piano Regolatore Portuale deve essere sottoposto a V.I.A.183 e deve essere conforme agli strumenti urbanistici vigenti. La valutazione ambientale per i porti è inoltre sottoposta al regime previsto dalla Parte II del D.Lgt. 152/2006 in base alla quale tuttavia, a seguito delle modifiche introdotte dall’art. 2, comma 3 lett. c) del D.Lgt. 128/2008, per

183 Ai sensi dell'articolo 6 e degli Allegati II, III e IV della Parte Seconda del D.lgt. n. 152/2006, sono sottoposti alla disciplina in materia di valutazione di impatto ambientale i seguenti progetti, nonché le modifiche agli stessi che possano produrre effetti negativi ed apprezzabili sull'ambiente: " Porti marittimi commerciali, nonché vie navigabili e porti per la navigazione interna accessibili a navi di stazza superiore a 1.350 tonnellate. Terminali marittimi, da intendersi quali moli, pontili, boe galleggianti, isole a mare per il carico e lo scarico dei prodotti, collegati con la terraferma e l'esterno dei porti (esclusi gli attracchi per navi traghetto), che possono accogliere navi di stazza superiore a 1.350 tonnellate, comprese le attrezzature e le opere funzionalmente connesse (v. allegato II, punto 11); i porti turistici e da diporto quando lo specchio d'acqua è superiore a 10 ettari o le aree esterne interessate superano i 5 ettari oppure i moli sono di lunghezza superiore ai 500 metri (v. allegato III,lettera l); i porti e impianti portuali marittimi, fluviali e lacuali, compresi i porti di pesca, vie navigabili;(v. allegato IV, punto 7, lettera f); i porti turistici e da diporto, quando lo specchio d'acqua è inferiore o uguale a 10 ettari, le aree esterne interessate non superano i 5 ettari e i moli sono di lunghezza inferiore o uguale a 500 metri, nonché progetti di intervento su porti già esistenti (v. allegato IV, punto 7, lettera q).

i progetti di opere e interventi da realizzarsi nell'ambito del Piano regolatore portuale e già sottoposti ad una valutazione ambientale strategica (VAS) e che rientrano tra le categorie per le quali è prevista la Valutazione di impatto ambientale, costituiscono dati acquisiti tutti gli elementi valutati in sede di VAS o comunque desumibili dal Piano regolatore portuale. Qualora invece il Piano regolatore Portuale ovvero le rispettive varianti abbiano contenuti tali da essere sottoposti a valutazione di impatto ambientale nella loro interezza e in conformità alle norme comunitarie, tale valutazione è effettuata secondo le modalità e le competenze previste dalla Parte Seconda del D.Lgt. 152/2006 ed è integrata dalla valutazione ambientale strategica per gli eventuali contenuti di pianificazione del Piano. Da quanto sopra emerge pertanto che il Piano regolatore Portuale deve essere sottoposto a Valutazione ambientale strategica almeno per tutti i contenuti afferenti la parte pianificatoria del piano. Il Codice della Navigazione e il relativo regolamento disciplinano inoltre, attraverso il richiamo alle disposizioni previste in materia di demanio marittimo, le concessioni per l’impianto e l’esercizio di depositi e stabilimenti costieri comprensivi di tutti gli impianti situati, anche solo in parte, entro i confini del demanio marittimo o del mare territoriale ovvero a questo collegati attraverso corsi d’acqua o canali marittimi; tali impianti e il relativo esercizio sono sottoposti alle disposizioni poste dall’Autorità Marittima e, se relativi a sostanze infiammabili o esplosive, devono essere sottoposti alla preventiva autorizzazione del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti unitamente alle specifiche disposizioni dettate in materia. Con riferimento agli impianti e ai depositi costieri posti negli ambiti portuali è prevista una attività pianificatoria funzionale e diretta ad assicurare adeguate misure in relazione ai rischi di incidenti rilevanti che, in quanto tali, rappresentano una possibile causa di inquinamento. La c.d. Direttiva Seveso bis (dir. 96/82/CE)184 al dodicesimo considerando ha infatti previsto che gli Stati membri possono, nel rispetto del Trattato e in conformità della pertinente

184 La Direttiva Seveso bis ha sostituito la precedente direttiva 82/601/Cee sui rischi di incidenti rilevanti connessi con determinate attività industriali che era stata recepita a livello nazionale con il D.P.R. 17 maggio 1988, n. 175.

legislazione comunitaria, mantenere o adottare misure appropriate per quanto riguarda le attività connesse al trasporto alle banchine, ai moli e agli scali ferroviari di smistamento ( in quanto tali esclusi dall’applicazione della Direttiva de qua) al fine di garantire un livello di sicurezza equivalente a quello stabilito in materia di controllo dei pericoli di incidenti rilevanti connessi con determinate sostanze pericolose. Con il D.Lgs. 238/2005 (c.d. Seveso ter ) il legislatore, recependo le indicazioni comunitarie, è intervenuto sul testo del D.Lgs. 334/1999 (con il quale è stata recepita la Seveso bis) prevedendo, tra l’altro, con l’art. 1 comma 1, lett. d) ed e), la modifica dell’art. 4 comma 3 del D.Lgt. 334/1999 che ha determinato l’applicazione della normativa in materia di controllo dei pericoli di incidenti rilevanti connessi con determinate sostanze pericolose anche ai porti industriali e petroliferi secondo le modalità definite con apposita fonte regolamentare rappresentata dal successivo il decreto del Ministero dell'ambiente del 16 maggio 2001, n. 293. La fonte regolamentare in discorso ha infatti dettato, considerando le peculiarità delle attività portuali, norme di dettaglio al fine di assicurare la prevenzione degli incidenti rilevanti connessi con determinate sostanze pericolose nonché al fine di limitare le relative conseguenze per l'uomo e per l'ambiente. Il D.M. 293/2001 trova in particolare applicazione in tutti i porti industriali e petroliferi intesi come le aree demaniali marittime a terra e le altre infrastrutture portuali individuate nel piano regolatore portuale o delimitate con provvedimento dell'autorità competente, nelle quali si effettuano, con la presenza in quantitativi non inferiori a quelli della colonna 2 dell’Allegato 1 al D.Lgt. 334/1999, attività di carico, scarico, trasbordo e deposito di sostanze pericolose, destinate a stabilimenti industriali, impianti produttivi o depositi, ovvero dagli stessi inviate al porto per l'imbarco. Nella sussistenza dei sopra richiamati presupposti applicativi è prevista per ogni porto la redazione:

- i pericoli e i rischi di incidenti rilevanti derivanti dalle attività svolte nell'area portuale;

- gli scenari incidentali per ciascuna sequenza incidentale individuata;

- le procedure e le condotte operative finalizzate alla riduzione di rischi di incidenti rilevanti;

b) di un piano di emergenza portuale nel quale definire:

- le misure per controllare e circoscrivere gli incidenti in modo da minimizzare gli effetti e limitare i danni per l'uomo, per l'ambiente e per le cose;

- la procedura di attivazione di tutte le misure di protezione dalle conseguenze di incidenti rilevanti;

- le misure per il rapido ripristino delle condizioni di sicurezza operative dopo l'accadimento dell'incidente rilevante.

Il rapporto integrato di sicurezza portuale e il piano di emergenza portuale non sono tuttavia sostitutivi delle misure che devono essere implementate dai gestori degli stabilimenti ubicati nei porti industriali e petroliferi, ai sensi del D.Lgt. 334/1999, e dalle navi che trasportano sostanze pericolose e alle quali si applica, secondo il citato Decreto Legislativo, la normativa internazionale, comunitaria e nazionale in materia di sicurezza della navigazione e di trasporto delle merci pericolose, nonché le ordinanze emesse dalle autorità competenti in materia di navigazione, manovra e sosta negli specchi acquei portuali. L’esigenza di tutela dell’ambiente in relazione all’esercizio delle attività portuali è inoltre strettamente correlata alle misure adottate rispetto ai fenomeni, naturali e non, di “interramento dei fondali” che possono interessare sia l’imboccatura dei porti e dei bacini portuali che le aree prospicienti le banchine utilizzate per l’ormeggio delle navi. Tali fenomeni oltre ad incidere, talvolta in modo determinante, sulla

operatività del porto e sul suo sviluppo commerciale, costituiscono un pericolo per la sicurezza della navigazione e sono potenzialmente rischiosi per l’ambiente e pertanto soggetti, unitamente alla movimentazione dei fondali marini, ad una specifica disciplina autorizzativa differenziata in funzione della caratterizzazione e della destinazione del materiale dragato o movimentato.

Con particolare riferimento ai porti l’art. 48 del D.L. 25.01.2012, n. 2, convertito con modifiche dalla L. 28/2012, ha introdotto nel corpus della L. 84/1994 l’art. 5 bis recante disposizioni in materia di dragaggio. Con la citata novella è stato previsto che nei siti oggetto di interventi di bonifica di interesse nazionale ex art. 252 del Decreto Legislativo 152/2006, le operazioni di dragaggio possono essere svolte anche contestualmente alla predisposizione del progetto relativo alle attività di bonifica185.

Con riferimento invece ai materiali derivanti dalle attività di dragaggio nell’ambito dei S.I.N. sono previste le seguenti destinazioni:

a) su autorizzazione dell'autorità competente per la bonifica possono essere immessi o refluiti nei corpi idrici dai quali provengono, ovvero possono essere utilizzati per il rifacimento degli

185 Al fine di evitare che tali operazioni possano pregiudicare la futura bonifica del sito, il progetto di dragaggio ( basato su tecniche idonee ad evitare la dispersione del materiale), ivi compreso l'eventuale progetto relativo alle casse di colmata, vasche di raccolta o strutture di contenimento, e' presentato dall'Autorita' portuale o, laddove non istituita, dall'ente competente ovvero dal concessionario dell'area demaniale al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, con proprio decreto, approva il progetto entro trenta giorni sotto il profilo tecnico-economico e trasmette il relativo provvedimento al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare per l'approvazione definitiva. Il decreto di approvazione del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare deve intervenire, previo parere della Commissione di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, sull' assoggettabilità o meno del progetto alla valutazione di impatto ambientale, entro trenta giorni dalla suddetta trasmissione. Il decreto di autorizzazione sostituisce a tutti gli effetti le autorizzazioni, le concessioni, i concerti, le intese, i nulla osta, i pareri e gli assensi previsti dalla legislazione vigente, ivi compresi, tra l'altro, quelli relativi alla realizzazione e all'esercizio degli impianti e delle attrezzature necessarie alla loro