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La tutela dell’ambiente marino e costiero in relazione ai sinistri marittimi

L’incidentalità nei trasporti marittimi rappresenta un fattore primario di rischio per gli ecosistemi marini e costieri a causa delle grandi quantità di inquinanti che possono essere immessi nell’ambiente in occasione dei sinistri marittimi, della complessità delle operazioni di recupero degli stessi e della lunghezza dei processi di biodegradibilità dei c.d. agenti inquinanti. Non possono neanche essere trascurati, ancorché non oggetto della presente analisi, gli impatti sulla pubblica opinione originati da incidenti marittimi e le conseguenze economiche determinate dalle immissioni in mare di inquinanti per i danni arrecati ai settori produttivi legati alla pesca, al turismo e al traffico marittimo. In relazione a un sinistro marittimo è possibile rilevare la convergenza di una pluralità di discipline tecniche (in materia di prevenzione degli incidenti a mare, di ricerca e soccorso e di tutela dell’ambiente marino) che si differenziano con riferimento sia ai presupposti applicativi che agli ambiti spaziali di esercizio della pertinente giurisdizione dello Stato di bandiera e/o dello Stato costiero.

Nell’analisi dell’incidentalità nella navigazione marittima negli anni 2001 – 2010 elaborata dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti259 viene richiamata la definizione elaborata dall’analisi sociologica260 in base alla quale deve considerarsi incidente: “un evento inatteso, non voluto, non desiderato e non desiderabile di azioni sociali razionali che ha conseguenze sulla vita e sull’integrità fisica e psichica di esseri umani e/o conseguenze economiche. Le conseguenze possono essere sia vicine al luogo dell’evento, sia distanti. L’incidente è una conseguenza che deriva dall’aggregazione o composizione di azioni umane con comportamenti del sistema fisico. 259 Dipartimento per I Trasporti, la Navigazione ed i Sistemi Informativi e Statistici Direzione Generale per Il Trasporto Marittimo e per vie d’acqua interne Divisione 4 - Sistemi di Gestione Integrati per il trasporto marittimo e per vie d'acqua interne:

Incidentalità nella navigazione marittima negli anni 2001 – 2010, Roma, giugno 2011.

L’incidente non va confuso con un attentato o un atto di sabotaggio, in cui il danno è esplicitamente voluto o ricercato dal suo o dai suoi autori. Esso non è neppure, almeno nella maggior parte dei casi, il frutto di comportamenti irrazionali o privi di senso da parte di specifici attori sociali”. A tale definizione viene associata, secondo il citato studio elaborato dal Ministero , la distinzione tra “incidente organizzativo”261, “incidente individuale”262 e “quasi-incidente”263 che aiuta a completare l’analisi sociologica della incidentalità indubbiamente utile per ogni ricerca tesa ad accertare le cause dei sinistri e a individuare le possibili azioni di prevenzione.

Secondo il codice IMO sulle investigazioni in materia di sinistri marittimi adottato con Ris. IMO A.849 (20) del 1997, per sinistro marittimo deve intendersi qualsiasi evento che ha causato:

- la morte o gravi lesioni ad una persona, causate da, o in connessione con, le operazioni di una nave;

- la perdita di una persona da una nave causata da, o in connessione con, le operazioni della stessa;

- la perdita, la perdita presunta o l’abbandono di una nave; - danni materiali ad una nave;

- danni materiali causati da una nave o connessi alle sue operazioni;

- l’incaglio, il coinvolgimento in una collisione o l’impossibilità per una nave a proseguire il viaggio;

- danni all’ambiente in conseguenza di danni subiti da una o più navi provocati da, o in connessione con, le loro operazioni.

261 E’ un incidente che accade alle organizzazioni: è un fenomeno recente, legato allo sviluppo tecnologico, e può avere cause multiple con conseguenze disastrose sia per la popolazione coinvolta, direttamente e/o indirettamente, che per l’ambiente.

262 Si contrappone all’incidente organizzativo, in quanto evento causato da un singolo individuo o gruppo, che spesso finisce per subirne le conseguenze.

263 Ha cause analoghe a quelle dell’incidente vero e proprio, la differenza è nella magnitudo delle conseguenze. È evidentemente più difficile da rilevare e quantificare, ma, se individuato, può dare un aiuto prezioso alla comprensione delle criticità del sistema organizzativo nonché alla prevenzione da futuri incidenti. È stato accertato infatti che nel periodo di incubazione di un incidente si verificano un gran numero di near miss.

Il citato Codice IMO distingue inoltre tra:

- sinistro molto grave: inteso come un sinistro ad una nave che ha come conseguenza la perdita della stessa, la perdita di vite umane o un inquinamento molto grave;

- sinistro grave: inteso come un sinistro non qualificabile “molto grave” e che deriva da un incendio, un’esplosione, un incaglio, un urto, rilevanti danni causati da cattive condimeteo o da icebergs ovvero da danni o difetti dello scafo che comportano, congiuntamente o alternativamente, le seguenti conseguenze:a) danni strutturali tali da rendere la nave inidonea alla navigazione, quali falle nell’opera viva, immobilizzazione dei motori principali, danni rilevanti agli alloggi, ecc.; b) inquinamento (senza alcun riguardo della quantità sversata); c) necessità di rimorchiare l’unità sinistrata.

Con riferimento alle tipologie di sinistro marittimo l’analisi svolta dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti 264 dimostra come la collisione rappresenta il 28,76% della incidentalità mentre, con riferimento alle cause dei sinistri, assume un ruolo determinante il c.d. fattore umano inteso, secondo le specifiche fornite dal Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti nel citato Rapporto 2011, come il complesso dei fattori (slips, lapses, mistakes) riconducibili alla errabilità dell’essere umano. Il c.d. fattore umano è infatti alla base del 30 % dei sinistri nel periodo 2009-2011 265 ed è originato, nel 44,44 % dei casi, da imperizia del conduttore / comandante dell’unità navale.

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264 Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, Dipartimento per i Trasporti, la Navigazione ed i Sistemi Informativi e statistici, Direzione Generale per il Trasporto Marittimo e per Vie d’Acqua Interne, Rapporto annuale sui sinistri marittimi 2011. 265 Il rapporto 2011 sui Sinistri Marittimi del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti evidenzia inoltre che oltre al fattore causale umano devono essere individuate altre cause dell’incidentalità marittima attribuibili ad es. all’ambiente esterno ( inteso come condizioni meteo-marine o anche fattori ambientali esterni alla nave, individuato come fattore causale in circa un quarto dei sinistri complessivamente occorsi nel periodo 2009-2011), e al caso fortuito (inteso come tutte le circostanze casuali, non modificabili e non prevedibili, come ad esempio l’urto contro un corpo semisommerso, che origina quasi un quinto dei sinistri del periodo 2009-2011).

Fig. 18: sinistri marittimi per tipo di sinistro, periodo 2009-2011 (fonte Ministero delle infrastrutture e dei Trasporti: rapporto annuale sui sinistri marittimi 2011).

Fig. 19: Distribuzione dei fattori causali dei sinistri marittimi – Periodo 2009 – 2011 (fonte Ministero delle infrastrutture e dei Trasporti: rapporto annuale sui sinistri

marittimi 2011).

Da quanto sopra esposto emerge come l’inquinamento marino sia strettamente correlato, anche dal punto di vista formale, all’incidentalità nei trasporti marittimi266 e alla relativa disciplina dettata in materia di

266 Tra gli incidenti marittimi di maggiore rilevo che hanno causato gravi forme di inquinamento del mare, delle coste e dei fondali e, in molti casi, vittime, si richiamano: il naufragio al largo della Cornovaglia, il 18.03.1967 della petroliera liberiana Torrey Canyon che ha causato il riversamento in mare di 123.000 ton. di greggio e

sinistri marittimi267, nonché alla disciplina dettata in materia di salvataggio268 e, in via preventiva, in materia di sicurezza della navigazione269. In tal senso deve essere interpretata la volontà espressa dal legislatore italiano con il D.Lgs. 28/2001270 di integrare la Commissione centrale di indagine sui sinistri marittimi, di cui all’art. 466 bis del Regolamento di esecuzione al Codice della Navigazione, con un esperto designato dal Ministero dell’Ambiente e della Tutela del

l’inquinando di 180 km di spiagge inglesi e francesi; la dispersione in mare, al largo di Thalhvet Bay in Svezia, di 91.000 ton. di petrolio a seguito della collisione, il 20.03.1970, della petroliera Othello; lo sversamento nel golfo di Oman di 115.000 ton. di greggio a seguito dalla collisione della Sea Star avvenuto il 19.12.1972; l’immissione del 21.05.1976, nella baia di La Coruña, in Spagna, da parte della petroliera Urquiola il 21.05.1976, di 91.000 tonnellate di carico; il naufragio del 16.03.1978 dell’Amoco Cadiz al largo della Bretagna che ha causato il riversamento a mare di 233.564 ton. di greggio; l’affondamento del 28.04.79 della petroliera Gino a largo d’Ouessant dopo una collisione con una petroliera norvegese che ha causato l’immissione in mare di 41.000 ton di bitume; la collisione tra due petroliere liberiane, l'Atlantic Express e l'Aegean Captain, nel Mar dei Carabi che , il 19.07.79, ha causato la fuoriuscita di 272.000 ton. di petrolio; l’incidente occorso il 05.08.83, al largo di Città del Capo, alla petroliera spagnola Castillo de Beliver con la fuoriuscita di circa 250.000 tonnellate; l’incidente della petroliera Exxon Valdez, naufragata in Alaska nel 1989 a circa 25 miglia dal terminale dell'oleodotto Trans Alaska di Valdez, con l’immissione di 40.000 tonnellate di greggio; l’immissione in mare, il 09.06.1990,di 100.000 tonn. di greggio al largo di Galverston (Texas, USA), da parte della petroliera norvegese Mega Borg; l’esplosione del 11.04.1991 (a poche ore dalla drammatica collisione avvenuta nelle acque antistanti il porto di Livorno tra il Moby Prince e l’Agip Abruzzo) e il successivo affondamento avvenuto il 14.04.91 al largo di Genova , della petroliera cipriota Haven che ha causato l’immissione di 147.000 tonn. di petrolio; l’affondamento del 03.12.92 a largo delle coste spagnole della petroliera greca Aegean Sea che ha causato lo sversamento di 80.000 ton. di petrolio; l’affondamento del 05.01.1993 della petroliera liberiana Braer nelle acque antistanti le scogliere delle isole Shetland, in Gran Bretagna, che ha causato il riversamento in mare oltre 80.000 ton di greggio; l’affondamento, il 13.12.1999 a sud di Penmarc’h, della petroliera Erika che, spezzandosi in due, ha causato l’immissione di 13.000 ton. di petrolio; l’affondamento della petroliera Prestige, avvenuto al largo delle coste della Galizia il 19.11.2002, che ha causato l’immissione in mare di 63.000 ton. di petrolio. Per un esame dei maggiori incidenti avvenuti in mare, cfr. Gianni Silei, Imparare dalle

catastrofi: disastri navali e incidenti petroliferi, in Storia e Futuro, Rivista di storia e

storiografia n. 27, novembre 2011. 267

L’art, 17 del D.Lgt. 19 agosto 2005, n. 196 recante attuazione della direttiva 2002/59/CE relativa all'istituzione di un sistema comunitario di monitoraggio e di informazione sul traffico navale , prevede in particolare l’obbligo, da parte del comandante della nave che naviga all’interno dell’area S.A.R. (individuata in Italia, in attuazione della Convenzione di Amburgo del 1979, con D.P.R. 662/1994) di rapportare all’Autorità marittima competente ogni evento riconducibile alle seguenti fattispecie: a) qualsiasi incidente che pregiudica la sicurezza della nave, come collisioni, incagli, avarie, disfunzioni o guasti, allagamento o spostamento del carico, eventuali difetti riscontrati nello scafo o cedimenti della struttura; b) qualsiasi incidente che compromette la sicurezza della navigazione, come guasti o difetti idonei ad alterare le capacità di manovra o la navigabilità della nave, qualsiasi guasto o disfunzione che alteri i sistemi di propulsione o la macchina di governo, le installazioni per la produzione di elettricità, le apparecchiature di navigazione o di comunicazione; c) qualsiasi situazione potenzialmente idonea a provocare un

Territorio e del Mare. Come rilevato dalla dottrina271, l’esercizio dei poteri di inchiesta connessi agli incidenti marittimi è infatti funzionale sia a consentire alle competenti autorità di ricostruire le dinamiche del sinistro marittimo, anche al fine di procedere all’irrogazione delle eventuali sanzioni amministrative e penali, che ad accrescere le misure preventive attraverso il costante esame dell’efficacia delle stesse nei contesti operativi dell’esercizio nautico.

inquinamento delle acque o del litorale, quale lo scarico o il rischio di scarico di sostanze inquinanti in mare; d) qualsiasi perdita di prodotti inquinanti, contenitori o colli alla deriva. Le suddette informazioni devono altresì essere integrate dalle pertinenti indicazioni relative al nome della nave, alla sua posizione, al porto di partenza, al porto di destinazione, nonché a tutte le indicazioni che consentano di ottenere informazioni sulle merci pericolose e inquinanti trasportate a bordo, sul numero delle persone a bordo, sull’incidente occorso nonché qualsiasi informazione pertinente prevista dalla risoluzione 851(20) dell'IMO. Nelle fattispecie

de quibus l’Autorità marittima, qualora ritenga, nel rispetto del diritto internazionale,

necessario allontanare, attenuare o eliminare un pericolo grave ed imminente che minaccia il litorale o interessi connessi, la sicurezza di altre navi, del loro equipaggio e dei loro passeggeri o delle persone che si trovano a terra oppure che è necessario proteggere l'ambiente marino, adotta, ex art. 18 del D.Lgt. 196/2005, le misure appropriate tra le quali quelle di cui All. IV del decreto in argomento e consistenti: a) nella limitazione dei movimenti della nave o nel direzionamento della stessa su una data rotta (questa prescrizione lascia tuttavia impregiudicata la responsabilita' del comandante per la conduzione in sicurezza della nave); b) nell’ordine rivolto al comandante della nave di far cessare il rischio per l'ambiente o per la sicurezza della navigazione; c) nell’invio a a bordo della nave di una squadra di esperti per valutare il grado di rischio, per assistere il comandante e per rimediare alla situazione; d) nell’ordinare al comandante di recarsi in un luogo di rifugio in caso di pericolo imminente ovvero nell’ordinare che la nave sia pilotata o rimorchiata. Deve inoltre essere richiamato il disposto dell’art. 12 della Convenzione MARPOL 73/78 in base al quale ogni Stato contraente, per il tramite dell’Autorità a tal fine designata, si impegna, in caso di sinistro marittimo che abbia causato danni all’ambiente marino, ad effettuare un'indagine su qualsiasi sinistro che avvenga ad una qualsiasi delle sue navi soggetta alle disposizioni della MARPOL e a fornire all’IMO le informazioni sui risultati di tale indagine qualora le stesse possono servire a determinare le modifiche che sarebbe auspicabile apportare alla Convenzione MARPOL. 268 Si richiama al riguardo la Convenzione Salvage 1989 (ratificata dall’Italia con L. 129/1995) che, all’art. 8, nel richiamare gli obblighi del soccorritore, del proprietario e del capitano, prevede che gli stessi agiscano con la dovuta cura per prevenire o ridurre danni all'ambiente definiti, dall’art. 1, come “i danni materiali alla salute

dell’uomo, alla fauna o alla flora marine, o alle risorse marine nelle acque costiere o interne o nelle zone adiacenti, causati da inquinamento, contaminazione, incendio, esplosioni o gravi fatti similari”. Nei successivi artt. 13 e 14 la Convenzione Salvage

1989 prevede per il salvor forme di remunerazione parametrate anche in funzione della cura e degli sforzi dei soccorritori per prevenire o ridurre danni all'ambiente; in particolare il citato art 14 prevede un compenso speciale ovvero un compenso speciale equivalente (anche qualora non vi sia stato un risultato utile) a favore del soccorritore che abbia operato a favore di una nave che di per sè o per via del suo carico minacciava di causare danni all'ambiente. Con riferimento all’ordinamento italiano e considerato il fatto che la Convenzione Salvage 1989 si applica a tutte le “salvage operations” intraprese per assistere una nave o ogni altro bene in pericolo in acque navigabili (art. 1), deve essere evidenziato che, come sostenuto da F. BERLINGIERI in Le convenzioni internazionali di diritto marittimo e il

In particolare, con riferimento alla disciplina dettata a livello internazionale per prevenire i sinistri marittimi, deve essere richiamata la Convenzione COLREG 1972 firmata a Londra il 20 Ottobre 1972 272 e ratificata dall’Italia con L. 27.12.1977, n. 1085 con la quale è stata posta la disciplina per prevenire gli abbordi in mare nonchè una dettagliata regolamentazione sia in materia di governo e di manovra per la condotta delle navi che in ordine all’utilizzo dei fanali e dei segnali (luminosi ed acustici); tra gli obblighi dello Stato di bandiera rientrano in codice della navigazione, Milano , 2009, p. 619, la disciplina del Codice della

Navigazione in materia di salvataggio di cui agli artt. 69 e 70 nonché i diversi istituti riferibili all’assistenza al salvataggio e al ricupero e ritrovamento dei relitti (artt. da 489 a 513 del Codice della Navigazione) trovano applicazione solo con riferimento alle fattispecie escluse dall’applicazione della normativa internazionale uniforme e riferibili ai seguenti casi: a) quando la nave che svolge le operazioni di salvataggio è una nave dello Stato; b) quando la nave assistita è una nave dello Stato; c) quando l’unità assistita è una piattaforma o una unità di trivellazione ed i servizi vengono resi mentre tale piattaforma o unità di trivellazione si trova sul luogo delle operazioni e sta svolgendo tali operazioni.

269 S. ZUNNARELLI, M.M. COMENALE PINTO, Manuale dei diritto della navigazione e dei

trasporti, Padova,2009, p. 67: “Nell’ambito della safety va peraltro sottolineato il rilievo

della disciplina in materia di prevenzione dei rischi ambientali, il cui ruolo è venuto ad essere accentuato nella più recente produzione normativa, sia di diritto interno che di diritto internazionale, per effetto della raggiunta consapevolezza dell’esigenza di conciliare navigazione e trasporto con quelle di preservazione dell’ambiente, nell’ottica della sostenibilità ambientale di tali attività” . M. BRIGNARDELLO, La normativa

comunitaria in materia di safety nella navigazione marittima, Milano, 2008, p. 176

osserva che “La sicurezza appare strettamente connessa alle problematiche

ambientali in quanto il rafforzamento della sicurezza riduce la probabilità che si verifichino incidenti i quali, soprattutto laddove sono coinvolte petroliere o navi che trasportano sostanze pericolose o nocive, spesso sono causa di disastrosi inquinamenti marini. La sicurezza è quindi rivolta non solo alla salvaguardia delle persone a bordo delle navi (passeggeri ed equipaggio), dei beni (nave, carico, altri beni di bordo), ma anche, non ultimo, all’ambiente marino”.

270 Il Decreto Legislativo 2 febbraio 2001, n. 28 recante Attuazione della direttiva

1999/35/CE relativa a un sistema di visite obbligatorie per l'esercizio in condizioni di sicurezza di traghetti roll-on/roll-off e di unita' veloci da passeggeri adibiti a servizi di linea, nonché disciplina delle procedure di indagine sui sinistri marittimi, ha introdotto

nel nostro ordinamento l’art. 466-bis al Regolamento di esecuzione al Codice che ha istituito, presso il Comando Generale delle Capitanerie di Porto, la Commissione centrale di indagine sui sinistri marittimi con il compito di monitorare, secondo le modalità fissate dal decreto stesso, i sinistri marittimi “al fine di proporre interventi di

modifica delle regole tecniche o normative che risultino necessari o opportuni per il costante miglioramento delle condizioni della sicurezza della navigazione, di salvaguardia della vita umana in mare e di tutela dell'ambiente marino”.

271 C.INGRATOCI , Inchieste marittime e investigazioni tecniche, Milano, 2012, pp. 29 –30 che, nel richiamare le pertinenti disposizioni della Convenzione UNCLOS (artt. 94, 97, 192, 194, 195, 211, 217, 220, 235) rileva come “il primo interesse (sanzionatorio)fa

capo, direttamente, allo Stato le cui norme siano state violate , chiamato ad esercitare la giurisdizione sui mezzi e sulle persone, come pure a quello danneggiato, in ragione del pregiudizio subito dai propri cittadini o beni; il secondo, di carattere essenzialmente preventivo, ci sembra invece vada, invece, correttamente ascritto alla Comunità internazionale nel suo complesso, anche al fine di conferire effettività al disposto dell’art. 211, § 1, della UNCLOS, a norma del quale l’Organizzazione internazionale competente, o una conferenza diplomatica, possono adottare norme o

particolare quelli relativi all’adozione di tutte le misure (previste dalle norme, dalle procedure e dalle pratiche internazionali generalmente accettate) per assicurare che il proprio naviglio impieghi i prescritti segnali per il buon funzionamento delle comunicazioni e per prevenire gli abbordi in mare 273. Il sistema dei segnalamenti marittimi ( costituiti principalmente da fari, fanali, battelli faro, battelli fanali, boe luminose, dromi, mede, miragli, briccole, gavitelli) è stato definito invece da una speciale Commissione istituita nell’ambito dell’A.I.S.M. – I.A.L.A. 274 e approvato dall’IMO in data 16.03.1977275; tale sistema prevede l’impiego di cinque tipi di segnali (laterali, cardinali, di pericolo isolato, di acque sicure e speciali) distinti tra Regione A (della quale fa parte il Mediterraneo, l’Atlantico orientale, l’oceano indiano, parte dell’oceano Pacifico occidentale) e Regione B ( alla quale appartengono tutti i Paesi del continente americano, la Corea, le Filippine, il Giappone).

L’osservanza delle disposizioni previste dalla COLREG ’72 e dal sistema di segnalamento marittimo IASM-IALA (A/B) sono di primario rilievo sia in termini di prevenzione degli incidenti marittimi che di analisi delle eventuali responsabilità connesse alla condotta nautica e rilevabili in sede di inchiesta per i sinistri marittimi. Tali regole di condotta di carattere generale devono tuttavia essere integrate da un adeguato sistema informativo capace di consentire un costante aggiornamento del comando di bordo che, in corso di navigazione, deve essere reso edotto in ordine alle situazioni di pericolo, attuali o potenziali, al fine di poter operare le pertinenti valutazioni sulla rotta e sulla manovra da seguire; tale sistema informativo costituisce un fattore determinante in materia di prevenzione dei sinistri marittimi e delle connesse conseguenze dannose per l’ambiente marino e costiero276.

regole per la prevenzione dell’inquinamento provocato da navi (sia in ordine alla