• Non ci sono risultati.

La protezione specifica degli ambienti marino costieri attraverso la zonizzazione funzionale degli habitat

Le forme di tutela degli ambienti marino costieri si caratterizzano per il dinamismo determinato dalla sottesa dialettica tra istanze ecocentriche ed istanze antropocentriche. L’ analisi giuridica richiede tuttavia, pur nel riconoscimento della rilevanza filosofica oltre che anche antropologica del complesso rapporto tra uomo e ambiente, una verifica formale del carattere impresso dalle singole norme, positivamente poste, alle forme di tutela di determinati habitat ricercando, per tale via, il bene giuridico tutelato e le pertinenti strategie di protezione ovvero di valorizzazione dello stesso. Una analisi formale così condotta può consentire infatti di superare i limiti di quelli che potrebbero apparire, usando una espressione di Wittgenstein, dei “giochi linguistici” (nell’ambito dei quali confluiscono locuzioni affini come: “riserva marina”, “area marina protetta”, “parco naturale”, “zona di protezione speciale”, “area marina specialmente protetta” ecc.) che tali non sono proprio perché esplicativi, mutuando la riflessione del filosofo viennese (per il quale non c’è significato senza spiegazione esterna del significato), di un modo diverso di essere delle cose che intendono rappresentare145. La materia della protezione specifica degli ambienti attraverso la zonizzazione funzionale degli habitat si configura come il luogo di convergenza di valori sociali complessi caratterizzati dalla coesistenza di esigenze connesse alla tutela della natura e delle espressioni culturali incardinate in un determinarlo spazio geofisico suscettibile di valorizzazione socio-economica anche attraverso

145 F. ADORNO, T. GREGORY, V. VERRA, Ludwing Wittgenstein. Linguaggio e filosofia , in

l’adozione di misure meramente protettive146. La perimetrazione di spazi naturali trae in realtà origine dalla visione antropocentrica che ha determinato nella storia dell’architettura la realizzazione di “parchi”, “giardini”, “orti” , “riserve di caccia”, intesi come luoghi soggetti al dominio dell’uomo che, attraverso il controllo di determinati spazi ed elementi naturali (anche attraverso l’imposizione di architetture simmetriche), ha inteso affermare la sua “hýbris”, il suo possesso sulle risorse naturali e l’esercizio su di esse delle sue prerogative non solo giuridiche ma anche di ricerca estetico-culturale, ricreativa e scientifica e, in alcuni casi, per riprodurre un luogo ricco di rilevanza simbolica, mitica e mistica, un giardino-eden, un paradiso, un luogo-archetipo capace di rappresentare il ritorno e il ricominciamento, l’al di là e l’al di qua in una ritrovata libertà spirituale dalle interferenze della modernità per vivere l’esperienza “apparentemente autentica” di un rapporto unitario e armonico con l’ambiente. La crisi ecologica dell’ultimo secolo ha tuttavia inciso profondamente sul rapporto tra uomo e ambiente determinando un mutamento della weltanschauung che è all’origine di un complesso processo di sperimentazione e di ricerca ordinato al conseguimento di un nuovo rapporto con la natura, responsabile e funzionale, capace pertanto di rispettare l’ambiente nella sua dimensione unitaria di “bene immemorabile” e di tutelare l’equilibrio e la salute dei viventi e delle future generazioni. La protezione specifica degli habitat naturali in generale e degli ambienti marino costieri in particolare attraverso la zonizzazione o perimetrazione funzionale si iscrive all’interno di questo processo di ricerca e di sperimentazione di un moderno rapporto tra l’uomo e l’ambiente e deve pertanto essere letta nella sua alta valenza culturale e antropologica che trova, nei pertinenti strumenti giuridici di attuazione, pianificazione e protezione, un veicolo e non un “vincolo”, uno strumento e non un fine non solo per “testimoniare” un “dover essere” ma per provocare, anche attraverso la capacità diffusiva insita nell’accoglimento nel c.d. “turismo di massa”, un nuovo modo di “essere nel mondo” che sappia mettere in prospettiva

146 In tal senso L. FUSCO GIRARD, L’economia della conservazione delle aree naturali

protette, a cura di F. JANNUZZI, C.N.R., Le aree naturali protette: ambizione e realtà , Napoli, 1999.

tutte le strategie possibili per conseguire un modello di sviluppo sostenibile. Tali esigenze si sono tradotte, a livello internazionale, regionale, comunitario, nazionale e locale nella formazione di un corpus giuridico caratterizzato dalla adozione di misure di protezione e promozione di determinati habitat naturali (terrestri, costieri, costieri e marini) ritenuti rilevanti per le loro caratteristiche ecologiche ritenute meritevoli di tutela.

Storicamente il processo di zonizzazione funzionale delle aree marino-costiere, per finalità connesse alla tutela dei relativi ecosistemi, è successivo alla realizzazione dei “parchi naturali terrestri” che trovano nel parco nazionale di Yellowstone, istituito nel 1872 negli Stati Uniti d’America, l’antesignano storico. Tali esperienze si differenziano tuttavia non solo in funzione degli habitat tutelati ma anche del rapporto tra questi e le espressioni antropiche ivi insistenti. A livello internazionale l’accresciuta consapevolezza circa l’esigenza di assicurare adeguati strumenti di tutela dell’ambiente in generale e dell’ambiente marino-costiero in particolare è stata espressa dalla Conferenza delle Nazioni Unite sull’ambiente umano (Stoccolma, 1972) nell’ambito della quale si produsse una dichiarazione che sanciva, in 26 principi, i diritti dell’umanità a utilizzare le risorse naturali per le proprie necessità di sviluppo ma, al tempo stesso, anche il dovere di preservarle , anche attraverso programmi mirati di tutela e gestione di determinati ecosistemi, per le generazioni presenti e future. Successivamente, alla Conferenza delle Nazioni Unite su ambiente e sviluppo (Rio de Janeiro, 1992), vennero adottati una dichiarazione e un piano d’azione (Agenda 21): il capitolo 17 del programma, al par. 7, sottolinea in particolare la necessità di istituire aree marine protette147.

147 Agenda 21, Chapter 17: Protection of the oceans, all kind of seas, including enclosed and semi-enclosed seas, and coastal areas and the protection, rational use and development of their living resources, par. 17.7: “Coastal States, with the support

of international organizations, upon request, should undertake measures to maintain biological diversity and productivity of marine species and habitats under national jurisdiction. Inter alia, these measures might include: surveys of marine biodiversity, inventories of endangered species and critical coastal and marine habitats; establishment and management of protected areas; and support of scientific research and dissemination of its results”.

L’Agenda 21 raccomanda in particolare agli Stati di individuare, nell’ambito delle proprie giurisdizioni nazionali, gli ecosistemi marini che presentano un elevato grado di biodiversità e di produttività e gli altri habitat critici, per provvedere alle limitazioni di utilizzo necessarie in queste zone, anche attraverso la designazione di aree marine protette (par. 17.85). Sia nell’ambito delle proprie giurisdizioni nazionali sia in alto mare, gli Stati sono inoltre incoraggiati a preservare gli ecosistemi più fragili o rari, gli habitat e le altre aree ecologicamente sensibili, allo scopo di garantire uno sfruttamento sostenibile delle risorse marine viventi (parr. 17.74 e 17.46). La possibilità di attuare negli ambiti marittimi forme di tutela specifica di determinati habitat è prevista dal par. 5 dell’art. 194 della Convenzione di Montego Bay (UNCLOS 1982) per il quale le misure di protezione e preservazione dell’ambiente marino includono tutte le misure necessarie a proteggere gli ecosistemi rari o delicati nonché gli habitat di specie in diminuzione, in pericolo di estinzione e, in generale, di altre forme di vita marina. Il sistema zonale adottato dalla UNCLOS 1982 deve essere riferito anche alle aree marine protette il cui regime è pertanto strettamente connesso al pertinente status previsto dalla Convenzione in relazione alla specifica collocazione geografica dell’area tutelata. Con riferimento ai rischi di inquinamento provocato dalle navi la Convenzione UNCLOS prevede inoltre la possibilità, ex art. 211 par. 6, di designare determinate aree speciali mediante la previsione, da parte degli Stati, nell’ambito della propria ZEE, di particolari misure ingiuntive correlate alle caratteristiche ecologiche e oceanografiche di determinate zone nonché alla protezione e utilizzazione delle relative risorse; in tali aree, designate dall’IMO secondo la procedura prevista dalla norma in esame, lo Stato costiero può infatti adottare leggi e regolamenti volti a prevenire, ridurre e tenere sotto controllo l’inquinamento provocato dalle navi; secondo la Convenzione UNCLOS 1982 nelle aree speciali ex art. 211 par. 6 lo Stato costiero può esercitare la sua potestà prescrittiva restando tuttavia inalterata, in forza dell’art. 220 par. 8, la sua giurisdizione applicativa nella ZEE secondo le disposizioni della medesima Convenzione.

Con particolare riferimento alle aree marine protette deve inoltre essere evidenziato il ruolo assunto dall’I.U.C.N. (Unione Internazionale per la Conservazione della Natura) che è una Organizzazione internazionale istituita dalla conferenza di Fontainebleau del 1948 alla quale aderiscono sia i governi e le loro Agenzie che le Organizzazioni non governative (ONG). Nell’ambito dell’I.U.C.N. operano sei commissioni tra le quali una dedicata in modo specifico alle aree protette: la World Commission on Protected Areas (WCPA) che si occupa in particolare sia delle aree protette marine che di quelle terrestri ; la WCPA segue in particolare quattro principali obiettivi:

- rafforzare la capacità e l’efficienza dei gestori delle aree protette attraverso la produzione di linee guida, strumenti ed informazioni;

- integrare le aree protette con lo sviluppo sostenibile e la conservazione della biodiversità tramite suggerimenti strategici rivolti ai governi;

- aumentare gli aiuti economici a sostegno delle aree protette, persuadendo investitori pubblici e privati sul valore delle stesse;

- rafforzare la capacità della WCPA stessa ad implementare il suo programma attraverso la collaborazione della IUCN e dei suoi partner. Sia le raccomandazioni dell’I.U.C.N. che quelle del Congresso Mondiale sui Parchi organizzati dal W.C.P.A. partecipano alla formazione di principi generali e linee guida che pur non essendo fonti giuridicamente vincolanti per gli Stati rappresentano un sistema di produzione di riferimenti metodologici e scientifici efficaci in sede di implementazione, anche a livello normativo, di strumenti di tutela di determinati habitat ritenuti rilevanti.

Dal 1961 si pubblica ed aggiorna, a cura della I.U.C.N., e per conto del Segretariato delle Nazioni Unite, la lista ufficiale dei Parchi Nazionali e Riserve Equivalenti che consente di monitorare la situazione delle aree protette a livello mondiale e di verificarne la rispondenza ai parametri istitutivi. Nell’ambito di queste aree devono essere comprese

le varie aree marine destinate ad assicurare la tutela di tratti di mare , di fondali marini, di barriere coralline, di biocenosi sommerse e di determinate specie marine.

Le aree marine protette definite dall’ I.U.C.N. come “qualsiasi area dell’infralitorale o del mesalitorale con le acque che la ricoprono, e la flora, la fauna, le caratteristiche storiche e culturali, che è stata sottoposta per legge a misure di protezione dell’ambiente riferite, in tutto o in parte, all’ecosistema ivi presente ” 148 sono classificate, secondo la Ris. 17.38 del 1988 - successivamente confermata dalla Ris. 19.46 del 1994, in sei categorie per ciascuna delle quali sono possibili determinati obiettivi di gestione. Tale catalogazione, peraltro sottoposta a periodica analisi e revisione, non deve tuttavia ritenersi esaustiva di tutte le fattispecie di tutela zonale in essere in quanto la realizzazione di forme specifiche di tutela degli habitat può trovare la fonte specifica in altre disposizioni ordinate ad assicurare forme di tutela differenziata come ad esempio nel caso dei cc.dd. siti Ramsar (previsti dalla Convenzione di Ramsar del 1970 sulla Conservazione e sullo Sviluppo Sostenibile delle zone umide)149 o delle SA (special areas) previste dalla Convenzione MARPOL 73/78 e delle PSSA (particularly sensitive sea areas)150.

148 A. ANTONINI, Trattato breve di Diritto Marittimo, Milano, 2007, p. 551.

149 La Convenzione di Ramsar del 2 febbraio 1971 relativa alle zone umide di importanza internazionale ha l’obiettivo di tutelare gli habitat rilevanti per gli uccelli acquatici ( definiti come gli uccelli che dipendono ecologicamente dalle zone umide). In base alla Convenzione di Ramsar nella categoria delle zone umide rientrano le paludi, gli acquitrini, le torbe, i bacini, naturali o artificiali, permanenti o temporanei, con acqua stagnante o corrente, dolce, salmastra o salata ivi comprese le distese di acqua marina la cui profondità, durante la bassa marea, non supera i sei metri. In Italia, al 23 giugno 2012, sono stati istituiti 52 siti Ramsar per un totale di 60.223 ettari (www.ramsar.org/pdf/sitelist.pdf). La convenzione di Ramsar tuttavia non offre una definizione delle “riserve naturali” nè esplicitamente afferma che le zone umide designate ( inserite nella prevista Lista dei siti Ramsar ) siano da considerare “aree protette” e lascia pertanto ampia discrezionalità agli Stati circa la scelta del provvedimento nazionale istitutivo e delle relative misure protettive.

150 G. TELLARINI, Alcune importanti misure adottate nel corso della 62° sessione del marine environment protection committee (Mepc) dell’Imo (Londra, 11-15 luglio 2011), in The Italian marittime Journal, Bologna, anno X, n. 3, p. 27: “ Le sostanziali differenze tra le suddette zone e le “Aree Speciali” risiedono, in primo luogo, nella particolare vulnerabilità riconosciuta alle “Aree Marine Particolarmente Sensibili”, valutabile in termini ecologici, socio-economici e scientifici, ed, in secondo luogo, nel fatto che le “Aree Marine Particolarmente Sensibili” non sono disciplinate nel corpo di una convenzione internazionale, come, invece, accade per le “Aree Speciali”, non assumendo, pertanto, il carattere di strumento internazionale. Esse, tuttavia,

Altre forme di tutela zonale comprensive degli habitat marino-costieri o di determinate specie marine o dipendenti dagli ecosistemi marino-costieri sono previste:

a) a livello internazionale:

- dalla Convenzione internazionale per la regolamentazione della caccia baleniera (Washington del 1946 ICRW che prevede la possibilità per la Commissione baleniera internazionale – IWC - di designare santuari internazionali per le balene)151 che tutela i mammiferi marini. L’esigenza di una tutela specifica dei mammiferi marini trova altresì conferma nelle norme di cui al combinato disposto dagli artt. 65 e 120 dalla successiva Convenzione UNCLOS 1982;

- dalla Convenzione di Bonn del 23 giugno 1979 (CMS) sulla conservazione delle specie migratorie appartenenti alla fauna selvatica (tra le quali rientrano, in base alla Convenzione CMS, i cetacei) che prevede l’obbligo per gli Stati di adottare misure di conservazione delle specie protette e dei loro habitat anche attraverso la prevenzione, la riduzione o il controllo degli scarichi contenenti sostanze nocive

condividono la procedura istitutiva, che prevede che l’identificazione dell’area sia attuata dall’IMO, a seguito della proposta dello Stato o degli Stati interessati, nonché la finalità che le stesse perseguono e che è ravvisabile nella preservazione dell’ecosistema marino dall’inquinamento provocato da navi”.

151 In Italia La Legge del 9 dicembre 1998 n. 426 ha impegnato il Ministero dell'ambiente italiano ad avviare l'istituzione dell'area protetta marina denominata "Santuario dei Mammiferi marini" e ad intraprendere opportune iniziative volte ad estenderla alle acque territoriali dei Paesi confinanti ed alle acque internazionali: nel 1999, a seguito di una ulteriore fase negoziale, Italia, Francia e Principato di Monaco sono giunti alla definizione ultima del testo dell'accordo per l'istituzione del Santuario, che è stato firmato il 25.11.99; tale accordo è stato ratificato e reso esecutivo con Legge n. 391 del 11 Ottobre 2001. Nell'area individuata, di circa 96.000 km² compresa tra la penisola di Giens, in Francia, la costa settentrionale della Sardegna e la costa continentale italiana fino al confine tosco-laziale, è previsto il rispetto delle legislazioni nazionali, comunitarie ed internazionali. Con tale Accordo i tre Paesi firmatari si sono impegnati a tutelare i mammiferi marini di ogni specie e i loro habitat, proteggendoli dagli impatti negativi diretti o indiretti delle attività umane nonché a favorire programmi di ricerca scientifica e campagne di sensibilizzazione presso i vari utenti del mare, in particolare per quanto riguarda la prevenzione delle collisioni tra navi e mammiferi marini e la segnalazione di esemplari in difficoltà. Il Santuario in argomento è un’area protetta a livello internazionale in forza del suo inserimento nell’elenco delle Aree a Protezione Speciale di Interesse Mediterraneo di cui al Protocollo sulle Aree Protette (ASPIM) della Convenzione di Barcellona.

all’interno degli habitat utilizzati dalle specie oggetto di tutela da parte della Convenzione (art. 3, comma 5, lett. i) );

- dalla Convenzione di Parigi del 1972 (WHC) che prevede l’adozione di misure di protezione del patrimonio mondiale culturale e naturale sulla base di determinate liste152 nell’ambito delle quali vengono inseriti i c.d. World Heritage Sities che, a prescindere da ogni specifica appartenenza nazionale o locale (in quanto eredità universale unica ed insostituibile e comune a tutti i popoli del mondo) necessitano di assistenza e tutela internazionale153; con riferimento al patrimonio naturale l’IUCN svolge, nell’ambito della Convenzione WHC, il ruolo di organo consultivo incaricato di valutare le istanze di inserimento nella lista del patrimonio mondiale proposte dagli Stati e di controllare lo stato di conservazione dei siti naturali iscritti nella lista del patrimonio mondiale naturale154;

- dalla Convenzione sulla diversità biologica ( CBD - Rio de Janeiro 22 maggio 1992) che prevede un programma specifico sulla diversità biologica marina e costiera con il riconoscimento del ruolo specifico

152 Ai fini della Convenzione di Parigi del 1972 (WHC), nell’ambito del patrimonio naturale rientrano: a) i monumenti naturali costituiti da formazioni fisiche e biologiche o da gruppi di tali formazioni di valore universale eccezionale per l’aspetto estetico o scientifico; b) le formazioni geologiche e fisiografiche e le zone strettamente delimitate costituenti l’habitat di specie animali e vegetali minacciate, di valore eccezionale per l’aspetto scientifico o conservativo; c) i siti naturali e le zone naturali strettamente delimitate di valore universale eccezionale per l’aspetto scientifico, conservativo o estetico culturale.

153 Allo scopo di assicurare la protezione di siti dal valore universale eccezionale, la WHC si avvale di un Comitato, di una Lista del patrimonio mondiale, di una Lista del patrimonio mondiale in pericolo e di un Fondo del patrimonio mondiale.

154 Nel 2005 il Comitato ha avviato, con riferimento ai siti marini e costieri, uno specifico programma (World Heritage Marine Programme) inteso ad assicurare la conservazione delle aree protette marine e costiere potenzialmente istituibili ovvero già esistenti che presentano un valore universale eccezionale. Il World Heritage Marine Program si propone in particolare di promuovere la credibilità del patrimonio mondiale attraverso il coinvolgimento dei paesi ancora scarsamente rappresentati del Pacifico e della regione caraibica e facilitare le nomine di siti marini “collegati” (serial) o transfrontalieri (transboundary), allo scopo di: a) rispondere adeguatamente alle necessità di un ambiente naturale che presenta fortissime connessioni ecosistemiche e di garantire la conformità dei siti al requisito dell’integrita; b) sviluppare progetti di gestione che rispondano alle pratiche migliori (best practices); c) perseguire la

conservazione effettiva dei siti; d) sviluppare una rete internazionale di gestori di aree

marine protette ai quali venga garantita una formazione specializzata: e) promuovere

capacità autonome di intervento e di gestione; f) migliorare la consapevolezza

pubblica circa l’applicabilita della WHC quale strumento rivolto anche alla conservazione del patrimonio marino.

delle aree marine protette ; le Parti della CBD sono inoltre obbligate a conservare e a garantire un utilizzo sostenibile della biodiversità marina all’interno degli spazi soggetti alle giurisdizioni nazionali nonché a prevenire gli impatti negativi sulla biodiversità derivanti da attività esercitate in alto mare e sui fondali marini internazionali (trasporto marittimo, pesca, attività minerarie) da navi battenti la propria bandiera; con riferimento alla tutela della biodiversità negli spazi marini internazionali gli Stati Parti della CBD devono invece cooperare con gli altri Stati anche attraverso la definizione di misure protettive caratterizzate dalla definizione di forme di tutela zonale funzionali alla tutela della diversità biologica marina;

- dal Programma sull’uomo e la biosfera dell’UNESCO (MAB – Man and Biosphere) che prevede l’istituzione di siti denominati “riserve di biosfera”.

b) a livello regionale

- dalla Convenzione di Helsinki del 1992 per la protezione dell’ambiente marino nell’area del Mar Baltico che prevede l’implementazione di un sistema di aree protette marine e costiere (BSPA - Baltic Sea Protected Areas );

- dalla Convenzione di Parigi del 1992 per la protezione dell’ambiente marino dell’Atlantico nord-orientale che prevede la designazione di determinate aree protette (OSPAR Marine Protected Area);

- dal Protocollo di Madrid del 1991 sulla sicurezza ambientale in Antartico che integra il Trattato Antartico, stipulato a Washington D.C. del 1959, designando l’Antartico come riserva naturale consacrata alla pace e alla scienza. Il Protocollo di Madrid si propone in particolare di favorire lo sviluppo di un sistema globale per la protezione dell’ambiente antartico e dei suoi ecosistemi dipendenti e associati; le aree coperte dai ghiacci e inclusi nella ZEE trovano altresì specifica

tutela in forza di quanto disposto dall’art. 234 dalla Convenzione di Montego Bay (UNCLOS1982)155;

- dalla Convenzione sulla conservazione della natura nel Pacifico meridionale ( Apia, 12 giugno 1976) che distingue le aree protette nelle categorie dei “parchi” e delle “riserve”;

- dalla Convenzione per la cooperazione nella protezione e sviluppo dell’ambiente marino e costiero nell’Africa centrale e occidentale (Abidjan, 1981);

- dalla Convenzione per la protezione e lo sviluppo dell’ambiente marino e costiero dell’Africa orientale ( Nairobi, 1985);

- dalla Convenzione Africana per la conservazione della natura e delle risorse naturali (Algeri, 1968);

- dall’Accordo sulla conservazione della natura e delle risorse naturali dell’Area del Sud Est Asiatico ( Kuala Lumpur, 1985);

- dalla Convenzione per la protezione delle risorse naturali e dell’ambiente nella regione del Pacifico del Sud (Noumea, 24 novembre 1986);

- dal Protocollo per la conservazione e la gestione delle aree