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2. Literature review.

2.6. L’importanza delle stime di crescita e la loro revisione.

Doukas43(2001) ha cercato di attribuire a quale tipologia di azione possano essere considerate le maggiori revisioni nella stima di crescita durante il periodo 1976-1998. L’errore di stima (definibile come il consenso medio meno gli utili attuali) e la revisione di stima (definibile come il valore della più recente stima meno la precedente previsione) sono utilizzate per determinare gli errori nelle stime sugli utili realizzati dagli invesitori. Quindi, di conseguenza, revisioni a ribasso (rialzo) nelle aspettative sulla crescita degli utili delle azioni growth (value) dovrebbero supportare maggiore evidenza sul fatto che gli investitori erano eccessivamente ottimistici (pessimistici). I risultati della ricerca falliscono nel supportare una tale casistica. Portafogli con rapporti B/M alti (quindi value) dimostrano maggiori errori e più ampie stime al ribasso rispetto ai portafogli con azioni con bassi B/M. Questo indica che gli investitori sono più ottimisti rispetto alle azioni value più che alle azioni growth. Per questo il value premium non può trovare spiegazione nell’eccessivo pessimismo sul futuro di crescita degli utili di tali azioni dato che inizialmente le stime sono eccessivamente ottimistiche, per poi essere corrette a ribasso ma solo in un secondo momento.

Queste conclusioni restano marginali dato che più vasta è la presenza di condivisoni rispetto alla presenza di un maggiore pessimismo verso azioni value e un maggiore ottimismo verso azioni growth. Ad esempio La Porta44(1996) mostra come le aspettative di crescita futura degli utili siano considerabili come estreme per le azioni growth mentre siano troppo pessimistiche verso le azioni value. Il risultato ottenuto evidenzia come azioni con più bassi tassi di crescita attesi per gli utili (value) superano le azioni con i più alti tassi di crescita attesi degli utili (growth) di circa il 20%. Inoltre, è in riferimento alle azioni con una maggiore stima di crescita degli utili che si registrano i più ampi errori nelle previsioni degli analisti rispetto agli utili dell’anno successivo. Non ci sono evidenze che le azioni con utili attesi a bassa crescita siano più rischiose delle azioni growth. Le azioni value hanno registrato una deviazione standard e un beta inferiori rispetto alle azioni growth. È inoltre affermato che è in periodi di Bear Market le azioni a minore

43John A. Doukas, Chansog Kim, Christos Pantzalis, “ A test of the errors in expectations explanation of the

value/glamour stock returns performance: evidence from analysts forecasts”, October 12, 2001

44 Rafael La Porta, Expectations and the Cross-Section of Stock Returns, The Journal of Finance NO. 5,

72 crescita attesa superano in rendimento le azioni a più alta crescita attesa. Queste conclusioni sono simili a quelle raggiunte da De Bondt e Thaler45(1990) per cui una “overreaction” nel mercato è sempre presente a causa delle stime implicite condotte da ogni analista troppo legate ad un pattern stabile e continuo. Infatti, il mercato fallisce ad aggiustare gradualmente l’inversione di trend degli utili per azione dato che lo stesso periodo in cui l’inversione accade non è anticipabile. Per questo si osserva che azioni considerate perdenti per un periodo da 3 a 5 anni ottengono nei successivi anni performance in eccesso al mercato. Questi cambiamenti non sono spiegabili né da un cambiamento dei fattori di rischio o da un effetto delle imposte né dall’effetto anomalo della bassa capitalizzazione di mercato.

Una valutazione più formale è emersa da Zhang46(2006) secondo la quale le aziende considerabili value dovrebbero essere più inclini a ridimensionare i loro assets produttivi in periodi di recessione a causa della loro inferiore profittabilità rispetto alle azionde growh. Però, tagliare capitali è più costoso della loro espansione e per questo le aziende value restano con maggiori assets che non producono valore. Le aziende growth sono meno inclini a questo effetto perché hanno assets più produttivi e quindi non ridimensionano tali assets. Questo genera rapporti di B/M più alti per le aziende value e alti spread di B/M in periodi di recessione. Inoltre, le aziende growth investono di più delle aziende value, specialmente in periodi di espansione. La crescita e gli investimenti sono meno urgenti per le aziende value perché i loro precedenti assets diventano più produttivi. Per questo lo spread nelle opzioni di crescita catturate dal valore di mercato tra aziende value e growth si amplifica in periodi di espansione, dando origine ad uno spread M/B prociclico. Per questo il value spread, inteso dalla formula seguente, è un debole previsore dei rendimenti aggregati tra le azioni:

(12)

45 De Bondt, Richard H. Thaler, Do security analysts overreact?, The American Economic Review, Vol. 80,

NO. 2, May 1990. 52-57

46Zhang, L., and N. Liu, 2006, “Is the Value Spread a Useful Predictor of Returns?”, presented at WFA, last

updated in September 2006 [revision of NBER working paper #11326, Ross School of Business working paper #1051], September.

73 La formula di previsione dei rendimenti deriva dal modello assunto da Campbell- Vuolteenaho47(2004) per costruire un modello di previsione a due beta per riflettere le conseguenze di news sul mercato sui futuri cash flow e news riguardanti il livello dei tassi di sconto. BE è il book value mentre ME è il market value.

Il primo spread è dominato dall’effetto controciclico dei valori B/M per le azioni value che prevede rendimenti con segno positivo. Lo spread M/B è dominato dal prociclico M/B delle azioni growth e prevede rendimenti con segno negativo. Dato che lo spread value è una combinazione di questi spread con opposte variazioni cicliche e prevede rendimenti con segni opposti, il modello è largamente aciclico e non utile nel prevedere i rendimenti. Quindi se si porta un esempio, in caso di recessione economica il primo spread si amplifica perché dominato dall’effetto delle azioni value con alti valori di BE rispetto alle azioni growth, mentre il secondo spread dell’equazione si contrae perché dominato dall’effetto prociclico delle azioni growth che riducendo le loro opportunità di crescita vedono ridursi la loro capitalizzazione molto di più delle azioni value. Nel prossimo grafico emerge questa considerazione in termini numerici considerando l’arco temporale 1927-2001. Il value spread è prevalentemente aciclico a causa delle assunzioni sottostanti e non consente di determinare i rendimenti attesi futuri.

Fig.2.18 Fama and French, The equity premium. Journal of Finance 57, 637–659, 2002

47 John Y. Campbell and Tuomo Vuolteenaho, Bad Beta, Good Beta, The American Economic Review,

74 Nel paragrafo si è osservata la difficoltà nel prevedere il value premium soprattutto considerando come elemento di giudizio lo spread Price/book value e il suo reciproco. Questo perché i due rapporti hanno un andamento opposto nelle diverse fasi dell’economia rendendo il modello aciclico e quindi insufficiente a spiegare il premio.