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Nel 2010 il saldo del settore privato non finanziario, che include famiglie e impre-se, è tornato negativo (-1,5 per cento del PIL) dopo la ripresa osservata nel 2009 (1,0 per cento). Per entrambi i settori l’andamento riflette la modesta dinamica dei flussi di reddito.

Seguendo una tendenza ormai decennale, la propensione al risparmio delle fa-miglie consumatrici e produttrici si è ridotta. L’avanzo finanziario è risultato pari a 31 miliardi (il 2,0 per cento del PIL), un livello inferiore a quello del 2009. Le famiglie hanno continuato a investire sia in prodotti postali e assicurativi, caratterizzati da una modesta rischiosità, sia in azioni e altre partecipazioni; nel complesso la quota di stru-menti rischiosi in portafoglio è diminuita, per effetto del negativo andamento delle quotazioni azionarie. Si è interrotto l’elevato flusso di acquisti di obbligazioni bancarie che aveva connotato il periodo 2007-09. I prestiti contratti dalle famiglie presso gli in-termediari sono cresciuti a un ritmo maggiore rispetto a quello del 2009, in particolare nella componente dei mutui. I debiti finanziari in rapporto al reddito disponibile sono rimasti inferiori alla media dell’area dell’euro. Tra le erogazioni di prestiti per l’acquisto di abitazioni hanno continuato a prevalere i contratti a tasso variabile. In una fase di debole dinamica dei redditi, il livello storicamente basso dei tassi di interesse e le misure adottate in favore delle famiglie mutuatarie hanno evitato l’incremento dell’incidenza del servizio del debito sul reddito.

Una ripresa economica debole e incerta ha consentito un recupero solo parziale della redditività delle imprese dopo la forte contrazione dell’anno precedente. Le esigenze finanziarie connesse con l’aumento degli investimenti e del volume della produzione hanno determinato un ampliamento del disavanzo finanziario, al 3,5 per cento del PIL. Ne ha tratto impulso la domanda di credito: pur permanendo attri-ti sul lato dell’offerta, i presattri-tiattri-ti bancari hanno ripreso a crescere. Alcuni intervenattri-ti attuati durante la crisi a sostegno dell’accesso al credito si sono dimostrati efficaci nell’allentare le tensioni di liquidità delle aziende. Nel complesso il recupero dell’at-tività produttiva non ha consentito un miglioramento sostanziale delle condizioni finanziarie delle imprese, che sono rimaste fragili. Tensioni traspaiono dai frequenti ritardi nei pagamenti tra aziende, dalle persistenti difficoltà di rimborso dei prestiti bancari, dalla crescita ancora sostenuta dei fallimenti. Il grado di indebitamento, elevato rispetto al passato, e il forte peso della componente a breve scadenza o con tasso variabile espongono molte imprese agli effetti negativi di un eventuale rialzo dei tassi di interesse, soprattutto in assenza di un miglioramento dei flussi di reddito.

Le imprese di maggiori dimensioni appaiono più preparate a fronteggiare l’aumento dei tassi, per la più equilibrata struttura finanziaria e il maggiore ricorso a strumenti finanziari finalizzati alla copertura di tale rischio.

BANCA D’ITALIA Relazione Annuale

164 2010

LE FAMIGLIE

Il risparmio finanziario e la ricchezza delle famiglie

Nel 2010 la propensione al risparmio delle famiglie consumatrici e produttrici è diminuita al 12,1 per cento, 1,4 punti in meno rispetto all’anno precedente. La riduzione del tasso di risparmio rappresenta una tendenza di lungo periodo: nello scorso decennio si è osservato un calo di circa quattro punti percentuali (cfr. il capitolo 8: La domanda, l’offerta e i prezzi).

In base ai dati dell’Indagine sui bilanci delle famiglie italiane (IBF), dal 2000 al 2008 la riduzio-ne del valore mediano della propensioriduzio-ne al risparmio è concentrata riduzio-nelle classi di reddito e ricchezza equivalenti più basse, è maggiore per quelle residenti nelle regioni meridionali e nelle isole e per quelle che non hanno fatto ricorso al debito. La quota di nuclei familiari con risparmio nullo o negativo, pari a circa il 20 per cento, è rimasta stabile nell’ultimo decennio, ma si è ampliata tra quelli con capofami-glia di età inferiore a 35 anni (dal 26 per cento nel 2000 al 32 nel 2008).

Le attività finanziarie lorde sono diminuite di quasi l’1 per cento, una riduzione inferiore a quella registrata nel 2009 (-1,7 per cento). La contrazione è dovuta a un calo del valore delle attività finanziarie, comunque inferiore rispetto a quello dell’anno precedente. La ricchezza finanziaria netta è rimasta sostanzialmente stabile, pari a 2,6 volte il reddito disponibile, un valore prossimo a quello registrato nei paesi anglosassoni (2,9) e superiore alla media dei paesi dell’area dell’euro (2,0; tav. 14.1).

Nel 2009 la ricchezza netta delle famiglie era pari a 8,2 volte il reddito disponibi-le. Nel corso del decennio la componente finanziaria è diminuita: le attività reali sono salite a circa il 68 per cento della ricchezza, dal 58 registrato nel 2000. La variazione del peso delle due componenti è per larga parte riconducibile alla diversa dinamica delle quotazioni delle attività finanziarie rispetto al prezzo delle abitazioni.

Gli investimenti in attività finanziarie. - Nel 2010 gli investimenti in attività finan-ziarie sono aumentati rispetto all’anno precedente (tav. 14.2): il totale degli acquisti netti è stato pari a 70 miliardi, a fronte dei 57 del 2009.

Sono rimasti elevati gli acquisti netti di strumenti del risparmio postale (12 miliardi) e di polizze assicurative del ramo vita (24 miliardi), soprattutto di tipo tradizionale con garanzie sul rendimento minimo. La quota di riserve assicurative e previdenziali, inclusi i fondi di quiescenza, sulle attività totali è aumentata con continuità negli ultimi 15 anni;

nel 2010 è risultata pari al 18,2 per cento. L’aggregato rimane comunque inferiore al valore registrato per l’area dell’euro (30,2 per cento), principalmente a causa del limitato sviluppo della previdenza complementare (cfr. il capitolo 18: L’attività degli investitori istituzionali).

Rispetto al 2009 si sono interrotti gli acquisti netti di strumenti di origine banca-ria. Dopo tre anni di ingenti investimenti, le vendite di obbligazioni bancarie hanno superato gli acquisti di quasi 10 miliardi, anche per effetto di un mutamento nelle politiche di offerta delle banche (cfr. il capitolo 17: L’attività delle banche e degli inter-mediari finanziari). Nel complesso la quota di attività finanziarie detenuta in strumenti bancari è diminuita dal 28,2 al 27,7 per cento. Sono proseguiti i disinvestimenti in titoli pubblici (-4 miliardi), sebbene in misura nettamente inferiore rispetto al 2009

BANCA D’ITALIA Relazione Annuale 2010 165 (-55 miliardi): le vendite hanno riguardato i titoli a breve termine. Nel confronto inter-nazionale le famiglie italiane continuano a caratterizzarsi per l’ingente quota di attività investita in obbligazioni (19,8 per cento rispetto al 7,5 nell’area dell’euro), metà della quale è rappresentata da titoli bancari.

Tavola 14.1 Composizione delle attività e passività finanziarie delle famiglie (1)

(consistenze di fine periodo) Quote percentuali sul totale In rapporto al reddito disponibile Italia

2007 27,3 19,2 33,7 6,9 16,6 3,44 0,78 0,58 0,31 2,66

2009 31,2 20,6 27,8 6,1 17,1 3,49 0,84 0,63 0,33 2,65

2010 31,4 19,8 27,3 6,6 18,2 3,43 0,87 0,66 0,33 2,57

Francia

2007 28,4 1,7 29,3 7,7 34,8 2,92 0,88 0,72 0,50 2,03

2009 29,5 2,0 24,7 6,7 37,1 2,84 0,89 0,76 0,54 1,95

2010 29,0 1,7 24,8 6,6 36,8 2,94 0,93 0,79 0,57 2,01

Germania

2007 35,4 7,7 24,4 12,0 31,5 2,80 0,95 0,94 0,59 1,86

2009 38,0 8,8 19,3 11,7 33,1 2,81 0,92 0,91 0,57 1,90

2010 37,9 8,2 20,1 11,9 33,0 2,88 0,90 0,89 0,56 1,98

Spagna

2007 38,0 2,6 42,5 10,7 13,5 2,44 1,17 1,12 0,79 1,26

2009 47,0 2,9 32,2 8,4 14,9 2,06 1,10 1,06 0,76 0,96

2007 12,0 7,8 48,0 11,8 28,9 4,76 1,35 1,33 0,99 3,41

2009 14,9 9,1 42,7 12,4 29,8 3,97 1,26 1,24 0,93 2,71

2010 14,3 8,9 43,2 12,3 30,1 4,14 1,21 1,18 0,87 2,93

Giappone

2007 50,9 5,0 13,2 4,5 26,5 4,94 1,23 1,05 0,58 3,71

2009 53,9 5,1 9,6 3,6 27,4 4,87 1,21 1,01 0,59 3,66

2010 54,7 4,9 9,5 3,4 27,2

Fonte: Banca d’Italia e Istat per i dati italiani. Per gli altri paesi: Banque de France e INSEE (Francia); Deutsche Bundesbank (Germania);

Banco de España (Spagna); Eurostat e BCE (per i paesi dell’area dell’euro); Bank of England e Central Statistical Office (Regno Unito);

Federal Reserve System - Board of Governors e Bureau of Economic Analysis (Stati Uniti); Bank of Japan e Cabinet Office (Giappone).

(1) Famiglie consumatrici, famiglie produttrici e istituzioni senza scopo di lucro al servizio delle famiglie. Per la definizione delle serie e per le modalità di calcolo, cfr. nell’Appendice la sezione: Note metodologiche. La composizione percentuale delle attività non include alcune partite minori. – (2) Riserve tecniche di assicurazione, fondi pensione e fondi di quiescenza. – (3) I dati si riferiscono all’area composta da 16 paesi. – (4) Dati riferiti alle famiglie consumatrici e alle istituzioni senza scopo di lucro al servizio delle famiglie.

BANCA D’ITALIA Relazione Annuale

166 2010

Tavola 14.2 Attività e passività finanziarie delle famiglie (1)

(milioni di euro e valori percentuali)

VOCI

Consistenze di fine periodo Flussi dic. 2010 Composizione percentuale 2009 2010

dic. 2009 dic. 2010

ATTIVITà (2)

Biglietti e monete 111.939 2,9 3,1 7.062 5.305

Strumenti di origine bancaria 1.016.240 28,2 27,7 50.910 -23.559

di cui: depositi a vista 515.823 13,9 14,1 21.309 -9.729

altri depositi 132.541 4,1 3,6 3.656 -4.081

titoli a medio e a lungo termine 367.876 10,2 10,0 25.945 -9.749

Depositi e altra raccolta postale (3) 325.788 8,5 8,9 17.948 11.904

Titoli pubblici 188.254 5,8 5,1 -55.221 -4.369

di cui: a breve termine 19.038 0,7 0,5 -64.275 -5.858

a medio e a lungo termine 169.216 5,1 4,6 9.054 1.489

Titoli di imprese a medio e a lungo termine 329 0,1 0,0 -2.081 4.865

Quote di fondi comuni 243.204 6,1 6,6 8.712 -867

di cui: italiani 153.416 4,3 4,2 -616 -18.199

esteri 89.788 1,8 2,5 9.328 17.332

Azioni e altre partecipazioni 755.555 21,7 20,6 43.042 48.065

di cui: italiane 725.407 21,0 19,8 44.031 46.670

estere 30.148 0,7 0,8 -989 1.395

Altre attività sull’estero 230.793 6,3 6,3 -35.178 -1.698

di cui: depositi 63.780 1,8 1,7 -33.514 -3.426

titoli a breve termine 624 0,0 0,0 444 11

titoli a medio e a lungo termine 166.389 4,5 4,5 -2.109 1.717

Assicurazioni, fondi pensione e TFR 668.287 17,1 18,2 28.029 26.396

di cui: riserve ramo vita 417.782 10,4 11,4 24.343 23.837

Altre attività (4) 122.625 3,2 3,3 -6.460 3.925

Totale attività 3.663.013 100,0 100,0 56.763 69.966

PASSIVITà

Debiti a breve termine (5) 58.338 6,3 6,3 -72 2.574

di cui: bancari 54.666 6,0 5,9 57 2.077

Debiti a medio e a lungo termine (6) 643.404 69,2 69,7 20.368 31.468

di cui: bancari 537.998 50,1 58,3 27.608 37.333

Altre passività finanziarie (7) 221.523 24,5 24,0 -5.285 5.283

Totale passività 923.265 100,0 100,0 15.011 39.325

SALDO 2.739.748 41.752 30.641

(1) Famiglie consumatrici, famiglie produttrici e istituzioni senza scopo di lucro al servizio delle famiglie. Per la definizione delle serie e per le modalità di calcolo, cfr. nell’Appendice la sezione: Note metodologiche. L’eventuale mancata quadratura dell’ultima cifra è dovuta agli arrotondamenti. – (2) Le gestioni patrimoniali non sono evidenziate. Le attività oggetto di investimento sono incluse nei singoli strumenti. – (3) Conti correnti, libretti e buoni postali – (4) Crediti commerciali e altre partite minori. – (5) Includono anche i finanziamenti da società di factoring. – (6) Includono anche i prestiti cartolarizzati, i finanziamenti da società di leasing, il credito al consumo da società finanziarie e prestiti da altri residenti. – (7) Debiti commerciali, fondi di quiescenza e altre partite minori.

Gli acquisti netti di azioni e altre partecipazioni sono stati pari a 48 miliardi, in leggero aumento rispetto al dato del 2009; la quota in portafoglio è però diminuita al 21 per cento per effetto del calo delle quotazioni azionarie avvenuto durante l’anno.

Azioni, altre partecipazioni e fondi comuni nel 2010 erano pari al 27 per cento del

BANCA D’ITALIA Relazione Annuale 2010 167 portafoglio delle famiglie italiane, una quota superiore a quella registrata nei paesi dell’area dell’euro (24 per cento) a causa del peso elevato delle azioni non quotate e delle partecipazioni non azionarie. Gli investimenti in fondi comuni si sono nel complesso ridotti, con una riallocazione a favore dei fondi di diritto estero. La recente riforma fiscale dei fondi comuni di investimento italiani potrebbe costituire un incentivo a investire in fondi italiani, attualmente pari a poco più del 4 per cento delle attività finanziarie delle famiglie (cfr. il capitolo 18: L’attività degli investitori istituzionali).

L’indebitamento delle famiglie

Nel 2010 i prestiti concessi dalle banche alle famiglie (consumatrici e produt-trici) sono cresciuti del 4,9 per cento (3,5 nel 2009; fig. 14.1); l’espansione nell’area dell’euro è risultata più contenuta e molto differenziata tra i principali paesi. I prestiti erogati da tutti gli intermediari finanziari alle sole famiglie consumatrici, al netto di sofferenze e pronti contro termine, sono aumentati in misura inferiore (3,4 per cento) e hanno rallentato nei primi mesi del 2011 (3,2 per cento a marzo; tav. 14.3).

Figura 14.1

2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 '11 0

Fonte: elaborazioni su dati BCE e segnalazioni di vigilanza.

(1) Famiglie consumatrici, famiglie produttrici e istituzioni senza scopo di lucro al servizio delle famiglie. I prestiti includono i pronti contro termine e le sofferenze. Le variazioni percentuali sono calcolate al netto degli effetti di riclassificazioni, variazioni del cambio, aggiustamenti di valore e altre variazioni non derivanti da transazioni. Per la definizione delle serie e le modalità di calcolo cfr. nell’Appendice la sezione:

Note metodologiche. – (2) Le variazioni percentuali sono calcolate anche al netto degli effetti delle cartolarizzazioni.

I debiti finanziari delle famiglie hanno raggiunto il 66 per cento del reddito dispo-nibile (fig. 14.2), un dato inferiore a quello medio dell’area dell’euro (99 per cento) e dei paesi anglosassoni (oltre il 100 per cento).

Dal 2004 il rapporto fra i debiti finanziari e il reddito delle famiglie è cresciuto di quasi 21 punti percentuali, 7 punti in più di quanto osservato nell’area dell’euro. L’incremento ha riguardato tutte le diverse forme di prestito. La differenza con la media dei paesi dell’area in termini di credito al consumo si è annullata: alla fine del 2010 il rapporto tra il credito al consumo e il reddito disponibile delle fami-glie italiane era pari a circa l’11 per cento.

BANCA D’ITALIA Relazione Annuale

168 2010

Tavola 14.3 Credito alle famiglie consumatrici (1)

(dati di fine periodo; milioni di euro e valori percentuali)

VOCI

Variazioni percentuali sull’anno precedente Consistenze dic. 2010

(1) I prestiti escludono i pronti contro termine e le sofferenze; le famiglie non comprendono le istituzioni senza scopo di lucro. Le varia-zioni percentuali sono corrette per tenere conto dell’effetto delle cartolarizzavaria-zioni e riclassificavaria-zioni. I dati di marzo 2011 sono provvisori.

Per le definizioni delle serie cfr. nell’Appendice la sezione: Note metodologiche. – (2) Il dato include i prestiti cartolarizzati. – (3) Gli altri prestiti includono principalmente aperture di credito in conto corrente e mutui diversi da quelli per l’acquisto, la costruzione e la ristrutturazione di unità immobiliari a uso abitativo.

I prestiti per l’acquisto di abi-tazioni. – Il livello storicamente basso dei tassi di interesse ha de-terminato un rafforzamento della domanda da parte delle famiglie consumatrici dei prestiti per l’ac-quisto di abitazioni, cresciuti del 3,4 per cento su base annua; nei primi mesi del 2011 il ritmo di espansione è ulteriormente in-crementato (4,0 per cento a mar-zo). Nel 2010 sono aumentati in misura sostenuta anche gli altri prestiti diversi dal credito al con-sumo (8,5 per cento), soprattutto per effetto della crescita dei mutui senza finalità specifica; tale dina-mica si è attenuata nei primi mesi del 2011 (6,0 per cento a marzo).

Dopo essere diminuite per due anni consecutivi, le erogazio-ni di prestiti per l’acquisto di

abi-tazioni sono aumentate del 12 per cento rispetto all’anno precedente, risultando pari a 57 miliardi; non considerando surroghe e sostituzioni, che comportano la stipula

Figura 14.2

2004 2010 2004 2010 2004 2010 2004 2010 2004 2010 2004 2010 2004 2010

Italia Francia Germania Spagna Area

Fonte: Banca d’Italia e Istat per i dati italiani. Per gli altri paesi: Banque de France e INSEE (Francia); Deutsche Bundesbank (Germania); Banco de España (Spa-gna); Eurostat e BCE (per i paesi dell’area dell’euro); Bank of England e Central Statistical Office (Regno Unito); Federal Reserve System - Board of Governors e Bureau of Economic Analysis (Stati Uniti).

(1) Famiglie consumatrici, famiglie produttrici e istituzioni senza scopo di lucro al servizio delle famiglie. Per la definizione delle serie cfr. nell’Appendice la se-zione: Note metodologiche. – (2) I dati si riferiscono alle famiglie consumatrici e alle istituzioni senza scopo di lucro al servizio delle famiglie.

BANCA D’ITALIA Relazione Annuale 2010 169 di un nuovo contratto di mutuo al posto di quello in essere, la crescita è stata più sostenuta (19 per cento).

In base ai dati dell’Agenzia del territorio, nel 2010 le compravendite di immobili residenziali sono risultate sostanzialmente stabili, mentre sono aumentate del 9 per cento circa quelle avvenute ricorren-do a un mutuo; queste ultime rappresentavano nell’anno oltre il 40 per cento delle compravendite totali.

Le erogazioni di mutui sono state influenzate dal ricorso a surroghe e sostituzioni da parte della clientela alla ricerca di migliori condizioni contrattuali: l’incidenza delle surroghe sulle erogazioni è stata pari al 13 per cento (16 per cento nel 2009); il peso delle sostituzioni è risultato stabile attorno al 3 per cento. Le rinegoziazioni delle con-dizioni del contratto con la propria banca, che non comportano una nuova stipula, hanno riguardato il 2 per cento dei mutui in essere.

Nel 2010, in media, oltre l’80 per cento dei nuovi mutui è stato concesso a tasso variabi-le (fig. 14.3), un valore doppio rispetto al dato registrato per l’area dell’euro. Nella parte fi-nale dell’anno le attese di futuri incrementi dei tassi di politica monetaria hanno spinto le fa-miglie a ridurre le richieste di contratti di mutuo a tasso varia-bile. Molte famiglie hanno fatto ricorso a mutui che consentono di limitare l’innalzamento della rata: in base all’indagine con-dotta dalle Filiali della Banca d’Italia presso oltre 400 banche italiane, tra le erogazioni di mu-tui è raddoppiata l’incidenza dei contratti che prevedono un li-mite massimo al livello dei tassi

di interesse e di quelli che consentono di allungare la durata o di sospendere tempo-raneamente i pagamenti senza costi addizionali (nel 2010 rispettivamente pari al 23 e al 26 per cento).

I rischi derivanti da un possibile rialzo dei tassi di interesse restano comunque in parte in capo alle famiglie, che non ne sono sempre consapevoli. In base ai dati dell’IBF, un quinto dei nuclei familia-ri che hanno un mutuo non è in grado di distinguere tra le diverse tipologie di contratto e di valutare adeguatamente il connesso rischio di tasso.

Le banche hanno continuato a mantenere un atteggiamento selettivo nella concessione dei mutui. Il rapporto medio tra i prestiti concessi e il valore dell’im-mobile (loan to value), che prima della crisi era prossimo al 65 per cento, si è ulte-riormente ridotto nel 2010, raggiungendo il 61 per cento. In particolare, nel 2010 è diminuita l’incidenza sulle erogazioni di mutui di quelle con un loan to value superiore all’80 per cento (5 per cento, rispetto all’8 del 2009); si è inoltre ridotta

Figura 14.3 Tassi di interesse ed erogazioni

di mutui a tasso variabile alle famiglie (1) (dati mensili riferiti a nuove operazioni; valori percentuali)

'11

quota dei mutui a tasso variabile sulle erogazioni totali (2) (3) tasso di interesse sui mutui a tasso variabile (2) (4)

tasso di interesse sui mutui a tasso fisso per almeno 10 anni (4) Fonte: segnalazioni armonizzate del SEBC.

(1) Famiglie consumatrici, famiglie produttrici e istituzioni senza scopo di lucro al servizio delle famiglie. Per la definizione delle serie cfr. nell’Appendice la se-zione: Note metodologiche. – (2) Tasso variabile o rinegoziabile entro l’anno. – (3) Scala di sinistra. – (4) Scala di destra.

BANCA D’ITALIA Relazione Annuale

170 2010

la quota di mutui con una durata di 30 anni o maggiore (22 per cento, rispetto al 26 del 2009).

I tassi di interesse sui mutui. – Nel 2010 i tassi di interesse applicati alle nuove ero-gazioni di mutui a tasso variabile sono leggermente aumentati (0,3 punti percentuali) seguendo la dinamica del tasso di riferimento (Euribor a tre mesi); l’incremento è stato in linea con quello osservato per l’area dell’euro (fig. 14.4.a). Il costo dei nuovi mutui a tasso fisso di durata superiore a dieci anni si è al contrario ridotto di 0,6 punti percentuali sia in Italia sia nell’area dell’euro, grazie all’andamento decrescente dei corrispondenti tassi di riferimento (IRS a dieci anni); dalla fine del 2010 tale tendenza si è rapidamente in-vertita. Il differenziale fra il costo di un mutuo a tasso fisso per oltre dieci anni e quello di un mutuo a tasso variabile alla fine del 2010 era di 1,8 punti percentuali in Italia, in calo di quasi un punto rispetto all’anno precedente, ma ancora doppio rispetto al differenziale osservato nell’area dell’euro.

Figura 14.4 Tassi di interesse sui prestiti bancari alle famiglie (1)

(dati mensili riferiti a nuove operazioni; valori percentuali)

(a) Prestiti per l’acquisto di abitazioni (b) Credito al consumo (2)

2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 '11 6 Italia: tasso fisso per almeno 10 anni Area euro: tasso fisso per almeno 10 anni Fonte: segnalazioni armonizzate del SEBC.

(1) Famiglie consumatrici, famiglie produttrici e istituzioni senza scopo di lucro al servizio delle famiglie. Contratti stipulati nel periodo di riferimento o che costituicono una rinegoziazione di condizioni precedentemente determinate. Per la definizione delle serie cfr. nell’Appen-dice la sezione: Note metodologiche. – (2) TAEG sulle nuove operazioni. Il TAEG è comprensivo delle spese accessorie (amministrative, istruttorie, assicurative) ed è ottenuto come media ponderata, per gli importi, tra le varie scadenze. Dal giugno del 2010 i tassi di interesse relativi alle carte di credito non sono più inclusi – (3) Tasso variabile o rinegoziabile entro l’anno.

Dalla fine del 2010 lo spread sui contratti di mutuo a tasso fisso di durata superiore a dieci anni rispetto al tasso di riferimento è risultato inferiore a quello dei contratti a tasso variabile rispetto all’Euri-bor (1,0 punti rispetto a 1,5). Questa relazione si osserva anche nell’area dell’euro dove i corrispondenti margini erano a fine 2010 pari a 0,4 e 1,8 punti percentuali, in linea con una rischiosità più elevata dei mutui a tasso variabile, per i quali il rischio di tasso rimane in capo alla famiglia.

Il credito al consumo. – Nel corso del 2010, il credito al consumo ha registrato un progressivo rallentamento: il tasso di crescita si è collocato su valori sostanzialmente nulli a fine anno e negativi nei primi mesi del 2011 (tav. 14.3). La decelerazione è stata più sostenuta per i prestiti concessi dalle banche. Il credito finalizzato ha registrato nell’anno una consistente diminuzione, coerentemente con la dinamica negativa

del-BANCA D’ITALIA Relazione Annuale 2010 171 le spese per beni durevoli, in particolare delle immatricolazioni di autovetture (cfr. il capitolo 8: La domanda, l’offerta e i prezzi). I finanziamenti non finalizzati hanno per contro proseguito la loro crescita, sia nella forma tecnica dei prestiti personali sia in quella della cessione del quinto.

Il decreto legislativo 13 agosto 2010 n.141, con il quale è stata recepita la direttiva CE 23 aprile 2008 n. 48 relativa ai contratti di credito ai consumatori, ha apportato notevoli cambiamenti alla di-sciplina di questo mercato (cfr. il capitolo 19: L’azione di vigilanza). Tali modifiche mirano, in partico-lare, a rafforzare la trasparenza delle condizioni contrattuali e il livello di protezione del consumatore.

L’intervento si inserisce in un contesto di crescente diffusione del credito al consumo tra famiglie con redditi non alti, con un basso grado di istruzione e fra i pensionati, come rilevato dall’IBF per il periodo 2006-08.

I tassi di interesse sul credito al consumo. – I tassi di interesse bancari sulle nuove operazioni di credito al consumo hanno registrato una tendenza alla riduzione, che si è invertita alla fine del 2010 (fig. 14.4.b).

Tenendo conto di una discontinuità statistica registrata sui dati relativi allo scorso giugno, la riduzione del costo del credito al consumo nel 2010 sarebbe stata di circa mezzo punto percentuale (8,3 per cento alla fine dell’anno). La modifica metodologica ha comportato, tra l’altro, la riduzione del differenziale del costo del credito al consumo con l’area dell’euro da oltre 2 a circa 1,5 punti per-centuali. Tale divario è particolarmente ampio per le operazioni di credito al consumo a tasso variabile (1,5 punti percentuali alla fine del 2010) e risulta al contrario negativo (-0,5 punti) per le operazioni a tasso fisso con durata superiore a cinque anni.

Un’analisi svolta con riferimento al periodo 2003-09 e ai principali paesi dell’area dell’euro in-dica, tra le variabili maggiormente correlate con il costo del credito al consumo, la frequenza degli arretrati e la dimensione del mercato del credito. Anche al netto di questi fattori, rimane ampia

Un’analisi svolta con riferimento al periodo 2003-09 e ai principali paesi dell’area dell’euro in-dica, tra le variabili maggiormente correlate con il costo del credito al consumo, la frequenza degli arretrati e la dimensione del mercato del credito. Anche al netto di questi fattori, rimane ampia