• Non ci sono risultati.

Nel 2010 le condizioni sui mercati finanziari internazionali sono migliorate. In diversi paesi avanzati, tra cui gli Stati Uniti, e nei principali paesi emergenti i corsi azionari sono aumentati, in un contesto di calo della volatilità; i premi per il rischio sulle obbligazioni emesse dalle imprese dei paesi industriali si sono ridotti, come pure i differenziali di rendimento sul debito sovrano delle economie emergenti.

Le forti tensioni che alla fine di aprile dello scorso anno avevano investito i mercati dei titoli di Stato di alcuni paesi europei con gravi problemi nei conti pubblici, in primo luogo la Grecia, sono riaffiorate a più riprese nei mesi successivi, colpendo anche l’Irlanda e il Portogallo, dove l’accumulo di significativi squilibri macroeconomici e del settore bancario si era riflesso sui bilanci pubblici. Il soste-gno finanziario accordato a questi tre paesi dall’Unione europea (UE) e dal Fondo monetario internazionale (FMI) ha contribuito a contenere l’estensione delle tur-bolenze. Sebbene i premi per il rischio sui titoli sovrani di Grecia, Irlanda e Por-togallo rimangano molto volatili e su valori assai elevati, a segnalare il permanere di una forte incertezza circa le prospettive delle finanze pubbliche di quei paesi, le condizioni complessive sui mercati finanziari sono migliorate anche nei primi mesi del 2011.

Nel 2010 nei paesi emergenti sono proseguiti gli afflussi di capitali dall’estero, soprattutto nella forma relativamente più volatile degli investimenti di portafoglio.

Le economie che hanno ricevuto i finanziamenti più cospicui hanno avuto difficoltà a contenere l’espansione del credito al settore privato, registrando un aumento delle pressioni inflazionistiche e dei prezzi delle attività finanziarie. Alcune di esse hanno reagito innalzando i tassi di riferimento della politica monetaria e introducendo con-trolli diretti sul credito e vincoli sui movimenti di capitale.

Nei paesi nuovi membri della UE non appartenenti all’area dell’euro il migliora-mento delle condizioni sui mercati finanziari è stato più contenuto, riflettendo anche la più incerta ripresa economica e i minori afflussi di capitali, in particolare di natura bancaria.

I paesi industriali

Nei primi quattro mesi del 2010 le condizioni finanziarie erano divenute via via più distese. Alla fine di aprile la crisi del debito sovrano della Grecia ha innescato una massiccia ricomposizione dei portafogli in favore di attività giudicate meno rischiose, in particolare i titoli di Stato della Germania e degli Stati Uniti, i cui rendimenti sono scesi rapidamente. Il sostegno finanziario alla Grecia, accordato in maggio dalla UE e

BANCA D’ITALIA Relazione Annuale 2010 19 dall’FMI, ha allentato gradualmente le tensioni. Dall’estate i premi per il rischio sui mercati interbancari e obbligazionari si sono ridotti e i corsi azionari sono tornati a salire, risentendo solo in misura contenuta delle nuove pressioni che hanno investito i titoli sovrani di Irlanda e Portogallo dalla fine del 2010.

I premi sui credit default swap (CDS) a cinque anni sui titoli di Stato della Grecia sono saliti fino a oltre 800 punti base alla fine di aprile dello scorso anno (fig. 2.1). Aumenti significativi si sono osservati anche con riferimento al debito di altri paesi europei e, in misura più contenuta, del Giappone. Dopo gli interventi attuati in maggio dalla UE (cfr. il capitolo 2: I mercati finanziari e valutari nella Relazione sull’anno 2009), i premi hanno segnato un calo generalizzato, risalen-do però bruscamente dalla fine di ottobre per i timori di contagio innescati dalle gravi difficoltà del sistema bancario irlandese. Alla fine di novembre la UE e l’FMI hanno concordato un piano di sostegno all’Irlanda, per complessivi 85 miliardi di euro. Lo scorso gennaio le tensioni si sono attenuate ma, già dal mese successivo, i premi di Grecia, Irlanda e Portogallo sono tornati a salire, dopo la decisione delle tre principali agenzie di rating di ridurre il loro merito di credito e quello di alcune banche con sede in quei paesi. In maggio la UE e l’FMI hanno approvato un piano di assistenza finanziaria anche per il Portogallo, per complessivi 78 miliardi di euro (cfr. il capitolo 6: Le politiche di bilancio).

Figura 2.1 Premio sui CDS a 5 anni sui titoli di Stato di alcuni paesi (1)

(dati di fine settimana; punti base)

2011

(1) L’ultimo dato raffigurato è quello della settimana terminante il 13 maggio. – (2) Scala di destra.

I tassi di interesse a lungo termine sui titoli di Stato dei principali paesi avanza-ti, stabili nei primi mesi del 2010, sono rapidamente diminuiti dalla metà di aprile alla fine di agosto, per la ricomposizione dei portafogli verso attività considerate meno rischiose. In questa fase i rendimenti delle obbligazioni pubbliche decennali sono scesi di 1,5 punti percentuali negli Stati Uniti (al 2,5 per cento), di circa un punto in Germania e nel Regno Unito (al 2,1 e 2,9, rispettivamente) e di 0,5 punti in Giappone (allo 0,9). Tra l’inizio di settembre e la metà di febbraio di quest’anno i rendimenti sono risaliti, attestandosi su valori compresi tra il 3,0 e il 3,5 per cento nei primi tre paesi e all’1,1 in Giappone (fig. 2.2).

BANCA D’ITALIA Relazione Annuale

20 2010

Figura 2.2 Rendimenti delle obbligazioni pubbliche decennali (1)

(dati di fine settimana; valori percentuali)

2008 2009 2010 2011

0 1 2 3 4 5 6

0 1 2 3 4 5 6

Germania Giappone Regno Unito Stati Uniti

Fonte: statistiche nazionali.

(1) L’ultimo dato raffigurato è quello della settimana terminante il 13 maggio.

Le condizioni sui mercati interbancari hanno risentito solo temporaneamente delle tensioni che hanno investito i titoli di Stato, dapprima in aprile e poi, limi-tatamente ai depositi in euro, sul finire dello scorso anno. Tra gennaio 2010 e la seconda decade di maggio 2011 i differenziali tra i tassi sui depositi interbancari a tre mesi senza garanzia e quelli sui contratti swap su indici overnight con eguale durata – una misura dei rischi di controparte e di liquidità – sono scesi per l’euro e per lo yen, sono rimasti pressoché invariati per il dollaro e sono lievemente saliti per la sterlina. I differenziali si collocano attualmente su livelli inferiori a 30 punti base per l’euro e la sterlina e attorno a 15 punti base per il dollaro e lo yen; tali valori risultano inferiori a quelli del primo semestre del 2008, alla vigilia del dissesto della banca Lehman Brothers, ma ancora alti nel confronto storico (fig. 2.3). I mercati interbancari hanno beneficiato del permanere di condizioni monetarie accomodan-ti, del rafforzamento della crescita economica mondiale e del ridursi dell’incertez-za sulle prospettive del sistema bancario internazionale. Le perdite annunciate o iscritte a bilancio dalle banche sono scese a 130 miliardi di dollari nel complesso del 2010 e del primo trimestre dell’anno in corso, da quasi 370 miliardi nel 2009 (750 miliardi nel 2008).

L’andamento dei premi sui CDS a cinque anni relativi alle principali banche internazionali ha rispecchiato quello dei differenziali di interesse sul mercato in-terbancario. Da un livello di 80 punti base all’inizio del 2010 (valore mediano), i premi sono saliti, collocandosi attorno a 140 punti in dicembre, dopo aver rag-giunto un picco di oltre 180 punti in giugno, al culmine della crisi greca. Dall’ini-zio del 2011 sono scesi di circa 20 punti base, sia per le banche statunitensi, sia per quelle europee, collocandosi su valori pressoché identici nelle due aree. Con il graduale rafforzamento della redditività e delle condizioni patrimoniali delle banche, il credito alle imprese ha mostrato, in tutti i principali paesi, segnali di miglioramento.

BANCA D’ITALIA Relazione Annuale 2010 21

Figura 2.3 Differenziali di rendimento tra tassi interbancari e tassi sui contratti swap

su indici overnight (OIS) con scadenza trimestrale (1) (dati giornalieri; punti base)

Fonte: Thomson Reuters Datastream e Bloomberg.

(1) L’ultimo dato raffigurato è quello del 18 maggio.

I risultati delle indagini sul credito bancario condotte nei principali paesi industriali, relative al primo trimestre del 2011, indicano una generale ripresa dei prestiti alle imprese. L’indagine della Riserva federale segnala un aumento della domanda di prestiti da parte delle società commerciali e industriali, confermato dalla crescita del credito effettivamente erogato nei primi tre mesi dell’anno e un miglioramento delle condizioni di accesso ai finanziamenti, soprattutto per le imprese di grandi dimensioni. La riduzione del differenziale tra i tassi di interesse attivi e il costo della raccolta sarebbe riconducibile principalmente a una maggiore concorrenza nel settore del credito e a un generale rafforzamento del quadro congiunturale. Secondo la Credit Conditions Survey condotta dalla Banca d’Inghilterra, nel Regno Unito è cresciuta l’offerta di credito alle grandi imprese non finanziarie, mentre è rimasta pressoché invariata quella alle piccole imprese. Tali andamenti hanno riflesso quelli dei tassi di insolvenza, diminuiti per le grandi imprese e aumentati per quelle più piccole. Anche in Giappone i risultati dell’indagine sul credito indicano un aumento della domanda di prestiti del set-tore industriale trainata, per questo paese, dalle piccole imprese. Nell’area dell’euro, la Bank Lending Survey mostra che le condizioni di accesso al credito da parte delle imprese sono rimaste sostanzial-mente invariate, a fronte di un’accelerazione della domanda di prestiti (cfr. il capitolo 7: La politica monetaria comune).

Negli Stati Uniti lo scorso anno si è concluso il processo di riforma della re-golamentazione del sistema finanziario, che era stato avviato in seguito alla crisi del 2008.

Nel luglio del 2010, il Congresso statunitense ha varato una complessa riforma del sistema finanziario (Dodd-Frank Act), che mira a contenere il rischio di crisi sistemiche, rafforzando la sorveglianza, la trasparenza e la regolamentazione dei mercati e degli intermediari, e a tutelare i risparmiatori dagli abusi nei servizi finanziari. Sono stati istituiti due nuovi organismi: il Financial Stability Oversight Council, presieduto dal Segretario al Tesoro e composto dai presidenti delle au-torità federali di vigilanza e da un membro di nomina presidenziale, ha il compito di identificare i rischi per la stabilità finanziaria, promuovere la disciplina di mercato e definire le politiche atte a preservare un ordinato funzionamento dei mercati; il Bureau of Consumer Financial Protection è un’autorità indipendente per la tutela dei risparmiatori. Pur non riducendo la frammentazione della struttura dei poteri di vigilanza, la riforma ha ampliato i compiti della Riserva federale, inclu-dendovi la sorveglianza su qualsiasi società finanziaria che per dimensioni, leva o interconnessioni con altre imprese abbia rilevanza sistemica, nonché la vigilanza sui sistemi di pagamento, compen-sazione e regolamento. Le principali innovazioni in materia di regolamentazione consistono nel divieto per gli intermediari bancari di effettuare attività di trading in conto proprio su titoli finan-ziari o di partecipare o sponsorizzare hedge fund o fondi di private equity (una norma ispirata alla cosiddetta Volcker rule); nella possibilità per le banche di pagare interessi sui depositi a vista; nella

BANCA D’ITALIA Relazione Annuale

22 2010

definizione di una quota minima di rischio di credito che l’originatore di un’operazione di carto-larizzazione deve detenere nel proprio portafoglio; nell’istituzione di clearing house centralizzate per tutte le operazioni di swap; nell’inclusione delle società finanziarie di rilevanza sistemica tra i soggetti cui si applicano le procedure speciali di gestione delle crisi aziendali al posto della liqui-dazione ordinaria. La riforma prevede un lungo periodo transitorio prima dell’entrata in vigore di tutte le disposizioni, anche a causa della necessità da parte delle autorità di supervisione di emettere numerosi regolamenti di attuazione.

La flessione dei premi per il rischio sulle obbligazioni private è proseguita du-rante lo scorso anno, interrompendosi solo temporaneamente tra la fine di aprile e la metà di luglio. Dall’inizio del 2010, i differenziali di rendimento tra le obbligazioni delle società non finanziarie con merito di credito elevato (BBB) e i titoli pubblici a dieci anni sono scesi da 2,0 a 1,7 punti percentuali per il dollaro e da 1,6 a 1,4 punti per l’euro; quelli relativi alle obbligazioni high yield sono diminuiti, rispettivamente, da 6,4 a 4,8 e da 7,6 a 4,9 punti percentuali (fig. 2.4). I bassi rendimenti delle obbli-gazioni private, scesi attorno a valori pari o di poco superiori a quelli minimi storici, hanno incoraggiato un ampio ricorso al mercato obbligazionario da parte delle im-prese, pur in presenza di una elevata capacità di autofinanziamento. Lo scorso anno il valore delle emissioni al netto dei rimborsi negli Stati Uniti, nell’area dell’euro e nel Regno Unito è ammontato, complessivamente, a circa 200 miliardi di dollari, un livello più basso di quello record osservato nel 2009 (oltre 300 miliardi), ma assai elevato nel confronto storico.

Figura 2.4 Differenziali di rendimento tra obbligazioni di imprese non finanziarie

e titoli di Stato in dollari e in euro (1) (dati di fine settimana; punti base)

2009

2008 2010 2011

0 200 400 600 800

0 600 1.200 1.800 2.400 BBB in euro (2)

BBB in dollari (3) High yield in euro (2) (4) High yield in dollari (3) (4)

Fonte: Merrill Lynch.

(1) L’ultimo dato raffigurato è quello della settimana terminante il 13 maggio. – (2) Obbligazioni a tasso fisso e con vita residua non inferiore all’anno emesse sull’euromercato; i differenziali sono calcolati con riferimento ai titoli di Stato francesi e tedeschi. – (3) Obbligazioni a tasso fisso denominate in dollari e con vita residua non inferiore all’anno emesse sul mercato interno statunitense; i differenziali sono calcolati con riferimento ai titoli di Stato statunitensi. – (4) Scala di destra.

Le quotazioni azionarie hanno registrato guadagni contenuti, attorno al 5 per cento, tra l’inizio di gennaio e la metà di aprile del 2010 (fig. 2.5). Successivamen-te, con l’intensificarsi della crisi della Grecia, i corsi hanno subito ovunque ingenti perdite, superiori al 20 per cento, fino ai primi giorni di luglio. Gli interventi attuati dalle autorità europee e dalle istituzioni finanziarie internazionali hanno consentito, nel corso dell’estate, una stabilizzazione dei prezzi. Dalla fine di agosto, in seguito alle attese di una ulteriore espansione monetaria da parte della Riserva federale, gli indici

BANCA D’ITALIA Relazione Annuale 2010 23 di borsa sono tornati a salire, segnando rialzi marcati negli Stati Uniti e nel Regno Unito; nell’area dell’euro la crescita è stata più contenuta, a causa della ripresa delle turbolenze sul mercato delle obbligazioni pubbliche e della loro estensione all’Irlanda e al Portogallo. In Giappone, il rialzo delle quotazioni azionarie registrato tra agosto 2010 e i primi mesi di quest’anno è stato completamente eroso in seguito al terremoto dell’11 marzo.

Figura 2.5 Indici azionari (1)

(dati di fine settimana; indici: 1a settimana di gennaio 2008=100)

2008 2009 2010 2011

40 60 80 100 120

40 60 80 100 Area dell'euro: Dow Jones Euro Stoxx 120

Giappone: Nikkei 225 Regno Unito: FTSE All Share Stati Uniti: S&P 500

Fonte: Thomson Reuters Datastream.

(1) L’ultimo dato raffigurato è quello della settimana terminante il 13 maggio.

Il tasso di crescita sui dodici mesi degli utili delle società quotate è gradualmente aumentato nel 2010 fino a superare il 30 per cento nell’aprile di quest’anno, sia per gli Stati Uniti sia per l’area dell’euro. Il rapporto tra quotazioni e utili corretti per il ciclo economico appare in linea con le medie storiche di lungo periodo, a segnalare l’assenza di fenomeni di sopravvalutazione dei corsi azionari.

Sul mercato dei cambi, nella prima metà del 2010, quando l’evoluzione del quadro congiunturale negli Stati Uniti appariva più favorevole e la prospettiva di una restrizio-ne morestrizio-netaria da parte della Riserva federale più ravvicinata, il dollaro si è apprezzato significativamente rispetto all’euro e alla sterlina (di circa il 20 e il 12 per cento, rispet-tivamente) ed è rimasto pressoché invariato nei confronti dello yen. Dall’estate le attese di una ulteriore espansione monetaria negli Stati Uniti hanno favorito l’avvio di una fase di indebolimento del dollaro, che si è deprezzato di circa il 15 per cento rispetto all’euro e alla sterlina. Nei confronti dello yen, in seguito al mutamento in senso ancora più espansivo dell’intonazione della politica monetaria della Banca del Giappone, da novembre il tasso di cambio è rimasto stabile. Lo scorso 17 marzo, nei giorni immedia-tamente successivi al terremoto che ha colpito il Giappone, la valuta nipponica aveva improvvisamente raggiunto il valore massimo dal dopoguerra, a 79 yen per dollaro, risentendo della brusca chiusura di operazioni di carry trade; l’intervento coordinato delle banche centrali del Gruppo dei Sette (G7), attuato il 18 marzo, ha contribuito a ripristinare l’ordinato funzionamento dei mercati (fig. 2.6).

Le operazioni di carry trade, tramite cui gli investitori si indebitano nella valuta di un paese dove i tassi di interesse sono bassi (funding currency) per acquistare titoli denominati nella valuta di un paese dove i tassi sono elevati (target currency), si erano affievolite dopo il dissesto di Lehman Brothers

BANCA D’ITALIA Relazione Annuale

24 2010

nel settembre 2008, a causa del brusco rialzo della volatilità sui mercati finanziari, che ne riduceva il rendimento atteso corretto per il rischio. Il graduale calo della variabilità dal 2009 ne ha rinnovato l’attrattiva. Un’analisi econometrica relativa al periodo 1996-2010 mostra che l’accumularsi di tali operazioni tende a indebolire la funding currency nei confronti della target currency. Dalla fine dello scorso agosto l’ampliarsi dei differenziali di interesse a breve e a lungo termine tra l’euro e il dollaro ha innescato un aumento delle posizioni corte su quest’ultima valuta favorendone, pertanto, il deprez-zamento. L’ammontare di tali operazioni è inoltre risalito a livelli molto elevati, non lontani da quelli registrati nel primo semestre del 2008.

Figura 2.6 Tassi di cambio delle principali valute

(dati medi mensili)

(1) Unità della prima valuta per una unità della seconda; i dati relativi a maggio 2011 si basano solamente sui primi 18 giorni del mese. – (2) Scala di destra. – (3) Scala di sinistra. – (4) Indici: gennaio 2008=100.

I paesi emergenti

Nella scorsa estate i mercati azionari dei paesi emergenti hanno segnato un recupe-ro, dopo un andamento oscillante nella prima metà del 2010 legato alle incerte prospet-tive della ripresa mondiale e alle tensioni sui debiti sovrani dei paesi periferici dell’area dell’euro. Alla fine dell’anno il miglioramento si è arrestato, per l’intensificarsi dei rischi inflazionistici e la ricomposizione dei portafogli degli investitori internazionali a favore dei titoli dei paesi avanzati. Dopo un sensibile aumento tra la fine di marzo e l’inizio di aprile del 2011, le quotazioni azionarie hanno ricominciato a flettere (fig. 2.7).

Grazie alla forte ripresa segnata nel 2009 e agli ulteriori guadagni conseguiti nel 2010, nell’aprile di quest’anno gli indici di borsa dei paesi emergenti, espressi in valuta nazionale, avevano pressoché completamente recuperato le perdite subite in seguito alla crisi globale, tornando ad atte-starsi su valori prossimi ai picchi del 2007-08; un’importante eccezione è rappresentata dalla Cina, dove i corsi azionari si mantengono ancora ben al di sotto dei livelli registrati nell’autunno del 2007.

Nelle prime settimane di maggio, soprattutto in America latina, i mercati azionari hanno subito una lieve flessione.

Il rapporto tra capitalizzazione e utili delle società quotate, dopo essersi ridotto nei primi mesi del 2010, si è mantenuto stabile nei principali mercati emergenti. In Cina esso si colloca al di sotto della media di lungo periodo, ad eccezione dei comparti azionari aperti agli investitori stranieri;

in Brasile e, più marcatamente, in India tale rapporto risulta invece superiore alla media di lungo periodo.

BANCA D’ITALIA Relazione Annuale 2010 25

Figura 2.7 Indici azionari in dollari statunitensi (1)

(dati giornalieri; indici: media gennaio 2007=100)

2011

Fonte: Thomson Reuters Datastream e Morgan Stanley.

(1) L’ultimo dato raffigurato è quello del 18 maggio 2011. – (2) Esclusi i paesi avanzati. – (3) Inclusa la Russia.

I premi per il rischio sovrano, misurati dal differenziale di rendimento tra i titoli del debito pubblico in dollari dei paesi emergenti e quelli degli Stati Uniti, dopo un modesto ampliamento nel maggio del 2010 per l’acuirsi delle tensioni sul debito greco, hanno ripreso a ridursi e si collocano attualmente su livelli prossimi a quelli osservati alla vigilia del dissesto della banca Lehman Brothers (fig. 2.8).

Figura 2.8 Differenziali di rendimento tra obbligazioni sovrane a lungo termine in dollari delle principali aree emergenti e i corrispondenti titoli del Tesoro statunitense (1)

(dati giornalieri; punti base)

Fonte: Thomson Reuters Datastream e JP Morgan Chase Bank.

(1) L’ultimo dato raffigurato è quello del 18 maggio 2011. – (2) Inclusa la Russia.

La ricerca di rendimenti più elevati da parte degli investitori internazionali ha favorito per buona parte del 2010 una domanda molto sostenuta di obbligazioni in valuta nazionale dei paesi emergenti emesse sui mercati esteri.

Gli acquisti netti internazionali di titoli del debito in valuta locale sono cresciuti soprattutto nella prima metà dell’anno, determinando una contestuale riduzione dei rendimenti, scesi a valori bassi nel

BANCA D’ITALIA Relazione Annuale

26 2010

confronto storico. Dallo scorso ottobre, in connessione con una più moderata domanda dall’estero, i rendimenti sono tornati a crescere. La dinamica della domanda è stata assecondata da una notevole espansione delle nuove emissioni, da parte sia di entità sovrane sia di società private. Si stima che la quota di obbligazioni in valuta locale detenute dai fondi specializzati nel debito dei paesi emergenti sia salita dal 28,5 per cento del loro portafoglio alla fine del 2009 al 41,3 nel marzo 2011.

Nel 2010 in Asia gli afflussi netti di capitali privati hanno superato i livelli se-gnati negli anni immediatamente precedenti la crisi globale; in America latina si sono riportati sui valori del 2007-08. Al rapido aumento dei flussi hanno contribuito, oltre alle prospettive di crescita nettamente migliori nei paesi emergenti, il permanere di condizioni monetarie assai espansive nei paesi avanzati e il loro progressivo inasprirsi

Nel 2010 in Asia gli afflussi netti di capitali privati hanno superato i livelli se-gnati negli anni immediatamente precedenti la crisi globale; in America latina si sono riportati sui valori del 2007-08. Al rapido aumento dei flussi hanno contribuito, oltre alle prospettive di crescita nettamente migliori nei paesi emergenti, il permanere di condizioni monetarie assai espansive nei paesi avanzati e il loro progressivo inasprirsi