La questione riguardante, la natura giuridica degli incarichi dirigenziali, costituisce uno degli aspetti di maggiore criticità della disciplina del conferimento e revoca degli incarichi stessi.
66 Sul punto si sono spese sia la dottrina che la giurisprudenza, il confronto tra queste ultime, che si è protratto per oltre quindici anni, sembrava sopito con la pronuncia delle sezioni unite della Corte di Cassazione precisamente la n.5659 del 2004, con la quale senza troppe circonlocuzioni si affermava la natura privatistica degli atti unilaterali di conferimento e revoca degli incarichi, anche se nonostante ciò parte della dottrina definì ,fin da subito, detta sentenza come lacunosa63. Tralasciando le varie tesi dottrinali, che non è qui il caso di esporre in maniera approfondita, possiamo rilevare come l’attuale sistema mostri dei punti deboli che attengono in particolar modo a due profili64.
Il primo dei quali, riguarda l’ipotesi in cui attraverso un potere privato si incida su aspetti organizzativi, il secondo concerne il grado di tutela sostanziale e giurisdizionale che ne discende per il Dirigente.
La questione che coinvolge il primo profilo, è stata risolta attraverso una distinzione, tra la scelta organizzativa che riguarda l’ufficio Dirigenziale e i compiti annessi a tale ufficio, da quella inerente le vicende che interessano l’incarico.
Infatti, poiché la materia relativa all’organizzazione degli uffici nonché all’individuazione dei loro compiti deve essere disciplinata da fonti pubbliche, le vicende altre che
coinvolgono il conferimento e la revoca dell’incarico possono legittimamente essere espressione di un potere privato, anche se,ad esercitare lo stesso, sia un Ministro.
63
Questa tesi venne sostenuta dalla Dottrina c.d. della tesi pubblicistica tra i cui autori si annovera G.D’Alessio ,La disciplina della Dirigenza Pubblica:
profili critici ed ipotesi di revisione del quadro normativo, Il Lavoro nelle
Pubbliche Amministrazioni 2006 pag.561
64
67 Passando al secondo profilo citato, poiché la configurazione privatistica del rapporto, non appare, almeno astrattamente, meno idonea di quella pubblicistica, ad assicurare la tutela dell’individuo che si ritenga leso nei propri diritti, si rileva come il vero problema, sia invece relativo alle norme che il giudice è chiamato ad applicare , in sede di verifica del corretto esercizio del potere di conferimento o revoca dell’incarico dirigenziale.
Alla luce di quanto sopra detto, al fine di assicurare maggiori garanzie di tutela ai dirigenti di fronte al potere, pressoché, unilaterale di conferimento e di revoca, sarebbe necessario prevedere almeno una procedura collegata all’esercizio di tale potere che consenta passaggi comparativi e valutativi. Tale sollecitazione perviene anche attraverso una attenta lettura delle note sentenze della Consulta le n.103 e 104 del 2007, che nonostante non si pronunci mai esplicitamente sulla natura giuridica degli atti in questione, richiama in più punti, l’applicazione della legge n.241 del 1990 affermando che i provvedimenti di revoca anticipata dell’incarico
dirigenziale presso le Amministrazioni devono costituire l’esito di un giusto procedimento.
Ma ciò detto bisogna rilevare come, anche l’ultimo
intervento in materia, costituito dal Decreto oggetto della nostra attenzione, non abbia dissipato i dubbi relativi alla natura giuridica degli atti in questione.
Il Decreto legislativo n.150 del 2009,infatti,da un lato fa propri i principi enunciati nelle sentenze della Corte
Costituzionale, in merito al procedimento inerente al potere di incarico, nonché l’obbligo di trasparenza nella fase del conferimento dell’incarico dirigenziale e, in caso, di revoca del medesimo, viene prevista la partecipazione del Dirigente coinvolto , il contraddittorio tra il Dirigente e la Pubblica
68 Amministrazione ed infine l’obbligo di motivazione e di comunicazione da parte dell’Amministrazione revocante. Dall’altro lato, non interviene sull’art.63 del Decreto legislativo n.165 del 2001il quale prevede la competenza giurisdizionale del giudice ordinario65.
Ma soprattutto, non si esprime in maniera chiara e netta, in modo da fugare qualsiasi dubbio, sulla natura giuridica degli atti in questione .
Seguendo, invece, la tesi privatistica, poteva esser lasciata intonsa la disciplina previgente, esclusivamente per la
Dirigenza apicale o se si preferisce fiduciaria, e modificare , per quanto concerne gli altri dirigenti, il provvedimento unilaterale di conferimento e revoca dell’incarico
dirigenziale con il contratto che individua l’oggetto gli obiettivi e la durata.
Rendendo così facendo, maggiormente autonomo il
Dirigente rispetto al potere politico nello svolgimento della sua funzione.
La riforma, invece, ha portato avanti un disegno volutamente ambiguo, che da un lato non facesse parlare di una nuova pubblicizzazione della Dirigenza Pubblica, e dall’altro lato non riconosce una vera e propria autonomia ,sulla falsa riga del modello privatistico, alla Dirigenza.
65Art.63 primo comma d.lgs. n.165/2001 : “ Controversie relative ai rapporti
di lavoro “: “Sono devolute al giudice ordinario, in funzione di giudice del lavoro, tutte le controversie relative ai rapporti di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, ad eccezione di quelle relative ai rapporti di lavoro di cui al comma 4, incluse le controversie concernenti l'assunzione al lavoro, il conferimento e la revoca degli incarichi dirigenziali e la responsabilità' dirigenziale, nonchè' quelle concernenti le indennità' di fine rapporto, comunque denominate e corrisposte, ancorche' vengano in questione atti amministrativi presupposti. Quando questi ultimi siano rilevanti ai fini della decisione, il giudice li disapplica, se illegittimi. L'impugnazione davanti al giudice amministrativo dell'atto amministrativo rilevante nella controversia non e' causa di sospensione del processo”.
69 Infine dobbiamo segnalare come , nella riforma sottoposta alla nostra attenzione, si crei una differente tutela delle situazioni giuridiche, una che vede coinvolto un Dirigente che aspira ad un incarico, l’altra che vede come protagonista il Dirigente che già ricopre un incarico
Nella prima situazione, il Dirigente che si vede affidare l’incarico di direzione di un ufficio, la cui vacanza è stata resa nota con mezzi idonei , e per la cui copertura egli ha inoltrato la propria domanda di partecipazione, egli per tutelare la propria posizione può solamente invocare il principio generale di buona fede e correttezza.
Se tale principio non viene osservato, egli può chiedere un risarcimento dei danni, o al massimo una rivalutazione della sua posizione all’interno della Pubblica Amministrazione, ma senza incidere sull’incarico, oramai, conferito ad altri. Diversa è,invece, la situazione del Dirigente a cui
l’Amministrazione intende revocare l’incarico, in quanto per espressa previsione, tale incarico, può essere revocato, solo laddove si rientri nei casi previsti dalla legge, ovvero a seguito di adeguata motivazione di siffatta scelta, oltre a coinvolgere il Dirigente nel contraddittorio, che deve
necessariamente instaurarsi tra le parti, ed infine il tutto deve essere ottemperato da parte dell’Amministrazione che
procede, entro un congruo termine.
5 La responsabilità del Dirigente
Con riferimento all’istituto della Responsabilità del Dirigente Pubblico,se da un lato la Riforma accentua le
70 prerogative manageriali del Dirigente, dall’altro lo rende responsabile sotto il profilo disciplinare ed economico. Non solo per quanto riguarda la sua prestazione individuale , ma anche per i risultati raggiunti o non conseguiti, dal
proprio ufficio.
Pertanto, mantenendo comunque ferma la “classica”
responsabilità dirigenziale, la Riforma con l’inserimento di un nuovo comma, ovvero il comma 1 bis, all’interno
dell’art.21 del Decreto Legislativo n.165/2001, assegna al Dirigente l’obbligo di vigilare sul rispetto, da parte del personale assegnato all’organico del proprio ufficio, degli standard qualitativi e quantitativi fissati
dall’amministrazione, la cui violazione fa scattare delle sanzioni che consistono nella decurtazione della retribuzione da risultato del Dirigente, ovviamente calibrata sulla base della gravità della situazione , con una quota che può arrivare fino all’ottanta per cento66.
Alla medesima sanzione soggiace il Dirigente, nell’ipotesi di inadempimento colposo, rispetto al dovere di vigilanza
sull’osservanza, da parte dei suoi dipendenti, delle disposizioni relative alle assenze per malattie.
L’art.55sexies comma 367 contenuto nel D.lgs. n.165/2001, inserito con il D.lgs. n.150/2009 infine, estende la
66
M.T.Altorio ,Gli incarichi e la responsabilità dirigenziale alla luce della
riforma Brunetta, in amministr@tivamente rivista giuridica elettronica
pag.15-16.
67
Art.55 sexies comma terzo D.lgs.n.165/2001: “Il mancato esercizio o la decadenza dell’azione disciplinare, dovuti all’omissione o al ritardo, senza giustificato motivo, degli atti del procedimento disciplinare o a valutazioni sull’insussistenza dell’illecitodisciplinare irragionevoli o manifestamente infondate, in relazione a condotte aventi oggettiva e palese rilevanza disciplinare, comporta, per i soggetti responsabili aventi qualifica
dirigenziale, l’applicazione della sanzione disciplinare della sospensione dal servizio con privazione della retribuzione in proporzione alla gravità dell’infrazione non perseguita, fino ad un massimo di tre mesi in relazione alle infrazioni sanzionabili con il licenziamento, ed altresì la mancata
71 responsabilità del Dirigente anche al caso di mancato
esercizio o di decadenza dell’azione disciplinare, causati da omissione o da ritardo, senza giustificato motivo, degli atti del procedimento disciplinare o dalle valutazioni del
Dirigente verificatesi irragionevoli o manifestamente infondate, in merito all’insussistenza dell’illecito
disciplinare, in relazione a condotte che sono oggettivamente o palesemente rilevanti sotto il profilo disciplinare.
Per un miglior approfondimento, in tema di responsabilità del Dirigente, si rinvia a quanto verrà detto nel capitolo quinto, di questo elaborato.
Emerge dunque, da questa seppur breve e per certi versi concisa analisi, come a distanza di qualche anno dalla sua pubblicazione, siano pur sempre evidenti le difficoltà di implementazione del Decreto Brunetta.
Ciò è dimostrato dai ritardi nell’attuazione del programma, le difficili convivenze fra i diversi attori del processo di gestione delle performance nonché dalla distanza tra quanto il legislatore delegato enuncia in merito ad una certa
autonomia del Dirigente ,rispetto alla politica e alle organizzazioni sindacali , e quanto effettivamente,
analizzando nel complesso il progetto di riforma, tali norme appaiono di facciata e isolate.
Si assiste poi ad una penetrante attività nell’attuazione dei metodi di rilevazione e di controllo, cui non corrisponde un’adeguata cultura del controllo e della valutazione ispirata ad un miglioramento continuo.
attribuzione della retribuzione di risultato per un importo pari a quello
spettante per il doppio del periodo della durata della sospensione. Ai soggetti non aventi qualifica dirigenziale si applica la predetta sanzione della
sospensione dal servizio con privazione della retribuzione, ove non diversamente stabilito
72 Si avverte, dunque,come il momento per un ripensamento critico, su questi temi, sia oramai maturo.
CAPITOLO IV
ACCESSO ALLA DIRIGENZA PUBBLICA
73 Passiamo adesso ad esaminare , più nel dettaglio un aspetto a dir poco fondamentale della disciplina della Dirigenza
Pubblica, segnatamente il tema dell’accesso e della selezione del Dirigente.
Nei capitoli precedenti ci siamo soffermati su aspetti generali, ed abbiamo visto come ogni riforma, abbia
contribuito a cambiare complessivamente o marginalmente , la Dirigenza Pubblica.
Ripercorrendo brevemente alcuni passaggi fondamentali, possiamo vedere come alcuni interventi normativi, hanno inciso sulla selezione dei dirigenti, anche e soprattutto a seconda del modello di Dirigenza che di volta in volta veniva designato dai testi normativi in questione.
Possiamo dire,riassumendo in maniera concisa, che il D.P.R. n.748 del 1972 prevedeva una Dirigenza stabile e con pochi poteri, fornendo al Dirigente mezzi antiquati e ingessati per il governo degli apparati, facendo rivestire allo stesso un ruolo marginale nella gestione della cosa pubblica.
La Dirigenza che emerge,invece, dalle riforme degli anni novanta, ha a disposizione strumenti incisivi,e tecniche di gestione moderne, nonché una rinnovata forma di
organizzazione, e conseguentemente è chiamata ad adottare scelte discrezionali importanti con un’autonomia che si avvicina a quella prevista per i dirigenti di azienda.
In questo contesto il problema della selezione della classe dirigente diviene cruciale.
Fino a quando, l’alta burocrazia, si limitava ad eseguire scelte assunte altrove, dalla Legge o dal Governo, essa poteva essere reclutata solo all’interno delle strutture, sulla base di concorsi riservati e in larga parte nozionistici.
74 Il nuovo corso intrapreso sul finire del secolo scorso,
richiede una Dirigenza che sia autorevole, generalista, con forti attitudini gestionali ed una formazione che non sia esclusivamente giuridica, pronta ad accogliere i vari impulsi provenienti da differenti maggioranze politiche.
Dunque, il sistema così delineato richiede, implicitamente, nuove tecniche di formazione nonché di selezione.
2 Sistemi di scelta dei Dirigenti
Volendo, per un attimo, alzare lo sguardo in un’ottica internazionale,possiamo apprendere come sistemi , anche molto diversi dal nostro, si rifanno sostanzialmente a due principali modelli di reclutamento dell’alta burocrazia68. Il primo modello è quello che prevede la formazione di un corpo stabile di funzionari , dotato delle necessarie
competenze e di un certo grado di professionalità, attraverso un processo di selezione aperto e meritocratico.
Questo archetipo trova il suo più fulgido esempio nel sistema Francese delle grandes ècoles , risalente al XIX, secolo per la formazione dei corpi tecnici e successivamente esteso anche al reclutamento dell’alta dirigenza
amministrativa attraverso la fondazione dell’Ecole nationale
d’administration.
68Per un approfondimento si veda L.Saltari ,La formazione e la selezione dei
Dirigenti Pubblici nell’ordinamento Statale, negli ordinamenti Regionali e negli altri Stati ,in IRPA Istituto di Ricerche sulla Pubblica Amministrazione,
75 Il secondo archetipo, è quello adottato nei paesi
anglosassoni, la così detta political patronage , dove la legge e l’amministrazione non si curano della formazione e della selezione dell’alta burocrazia, in quanto la scelta dei
funzionari pubblici è rimessa agli organi di Governo, con la conseguente responsabilità politica che ne deriva.
I Dirigenti scelti dagli Organi di Governo, provengono da ambienti esterni all’amministrazione, sia per formazione che per inquadramento, e restano in carica fino alla scadenza naturale del mandato politico di chi li ha nominati.
Questo sistema, detto anche sistema delle spoglie (o spoil system) inizialmente vedeva coinvolta l’intera funzione pubblica, mentre successivamente è stato, giustamente, ad avviso di chi scrive, limitato ai gradi più alti
dell’amministrazione.
Per quanto concerne il nostro Ordinamento, dobbiamo dire che entrambi i modelli, poc’anzi descritti, mal si prestano ad essere integralmente adottati nel nostro sistema.
Vi sono ovvie ragioni di opportunità perché ciò non può accadere.
Il primo modello necessita di lunghi tempi di attuazione nonché di maggioranze politiche non troppo distanti, in modo da non creare orientamenti politici diametralmente opposti.
Il secondo modello se implementato nella sua forma pura, presenterebbe, addirittura, problemi sul piano Costituzionale e segnatamente in merito ai principi che regolano l’accesso alla Pubblica Amministrazione.
Il Sistema adottato dal nostro Ordinamento,quindi, non poteva che essere una sorta di ibrido tra il sistema del merito e il sistema delle spoglie.
76 Tale sistema prevede un ingresso attraverso una doppia selezione, la prima di tipo concorsuale la seconda politica. Chi si candida a diventare Dirigente deve passare attraverso il vaglio di una selezione più o meno aperta, il cui scrutinio viene effettuato sulla comparazione nonché sul merito. I vincitori della selezione,che avviene per concorso
pubblico, stipulano con l’Amministrazione un contratto di lavoro, entrando, così facendo, a far parte di un ruolo e acquisiscono lo status e per certi versi lo stipendio da Dirigente Pubblico.
Non bisogna,tuttavia, cadere nell’errore di pensare che, una volta superato il concorso, si possano esercitare le funzioni dirigenziali.
In quanto per assumere la titolarità dell’incarico temporaneo, e delle relative funzioni, bisogna attendere la scelta
tendenzialmente fiduciaria da parte dell’autorità politica, che deve ricadere fra uno dei dirigenti presenti in ruolo.
Entro certe percentuali,poi, è possibile effettuare, da parte dell’autorità politica una chiamata diretta di personale esterno che sia dotato di comprovata esperienza e competenza69.
Questo schema è replicato, sia pure con meccanismi di nomina parzialmente differenti, per tutte le diverse figure apicali dell’Amministrazione, tanto per fare qualche esempio: per i Prefetti,i Diplomatici, la Dirigenza
Amministrativa dello Stato e degli altri Enti territoriali, la Dirigenza Sanitaria e Scolastica e così via di seguito.
69
B.Dente ,Verso una Dirigenza Pubblica Responsabile: il nodo della
Riforma organizzativa,in Lavoro nelle Pubbliche Amministrazioni 2002 ,
77 Volendo dare una sommaria opinione su questo modello del tutto peculiare, possiamo osservare come da un lato che l’accesso per concorso e la conseguente stabilità che ne deriva protegge la burocrazia dalla smania pervasiva della politica, in quanto garantisce un’adeguata legittimazione tecnica della Dirigenza.
Per converso, la chiamata fiduciaria assicura la continuità dell’azione amministrativa con l’indirizzo politico, per un miglior conseguimento degli obiettivi prefissati dagli organi di Governo.
Questo modello, però presenta diversi punti critici.
In quanto per essere efficiente, il suddetto schema poc’anzi delineato, necessiterebbe di forti garanzie legali, soprattutto per quanto attiene ai suoi snodi critici, nonché di una chiara individuazione delle responsabilità .
Molte delle esigenze avvertite dal sistema, per una corretta implementazione dello stesso, sono state disattese.
Le selezioni pubbliche dovrebbero essere in grado di attrarre i migliori, non soltanto sotto il profilo teorico ma anche tenendo conto dell’esperienza maturata e dei risultati ottenuti professionalmente dall’aspirante Dirigente.
Inoltre le stesse selezioni dovrebbero essere indette da strutture istituzionalmente deputate alla formazione della burocrazia e separate dall’amministrazione attiva.
Per quanto riguarda il potere di nomina politico, esso comporta dei seri rischi di potenziale opacità, qualora sia scevro da controlli.
Il rapporto fiduciario che si instaura tra il Dirigente e l’Organo di Governo deve essere esclusivamente basato su ragioni di natura tecnica .
78 Perseguendo, infine, il disegno di privatizzazione del
pubblico impiego, il legislatore lascia sguarnita la Dirigenza di tutta una serie di tutele che garantiscono lo svolgimento delle funzioni pubblicistiche, ed al contempo vengono usati i modelli propri del diritto privato,in particolar modo il
contratto come luogo del consenso e fonte di responsabilità, i canoni di buona fede e correttezza , la concorrenza ed il mercato come luogo di incontro tra domanda e offerta di competenze professionali, la verifica dei risultati gestionali ed il controllo strategico70.
Bisogna però rilevare, come negli anni , questo impianto legislativo sia rimasto per certi versi inattuato, a causa di molteplici resistenze di ogni tipo, sia interne che esterne, sfociate,poi, in interventi di riforma, volti nuovamente a metter mano ad un impianto nevralgico e fondamentale, non solo per la Dirigenza Pubblica, ma a cascata per la Pubblica Amministrazione in genere.
3 Accesso alla Dirigenza dopo l’entrata in vigore
della Riforma Brunetta
E’ doveroso premettere, come il paragrafo in esame e più in genere questo intero capitolo quarto, prenda in
considerazione l’accesso alla qualifica Dirigenziale, dando per presupposta la più ampia disciplina inerente al
conferimento degli incarichi Dirigenziali ai sensi dell’art.19 del Decreto Legislativo n.165 del 2001così come modificato dal Decreto Legislativo n.150 del 200971.
70
B.Cimino , Il nuovo ruolo della Dirigenza Pubblica e il nodo della
selezione,In IRPA Istituto di Ricerche sulla Pubblica Amministrazione pag. 6
e ss.
71
E’ noto come l’acquisto della qualifica Dirigenziale ed il pressoché consequenziale inserimento nei ruoli organici di tale categoria presso la pubblica amministrazione, avvenga attraverso il superamento di un concorso
79 Passiamo,dunque, adesso,ad esaminare come si presenta l’accesso alla Dirigenza Pubblica, dopo il penetrante intervento normativo costituito dal Decreto Legislativo n.150 del 2009 che abbiamo già ,seppur per sommi capi, illustrato.
Come è ormai noto, l’art.23 del Decreto Legislativo n.165 del 2001 ha istituito per le Amministrazioni dello Stato, comprese quelle ad ordinamento autonomo, il ruolo dei Dirigenti articolandolo in una prima ed in una seconda fascia, fornendo ciascuna fascia di apposite sezioni in grado di garantire la sufficiente specificità tecnica, eventualmente necessaria.
La riforma in questione interviene, integrando il sopra menzionato articolo, nello specifico prevedendo un canale alternativo rispetto a quello sostanzialmente basato
sull’anzianità, attraverso la previsione contenuta nell’art.43 del Decreto Legislativo n.150 del 200972.
Un’altra importante novità relativa al concorso pubblico per esami è costituita dal requisito del possesso anche del
dottorato di ricerca in alternativa al diploma di
pubblico. Con l’unica eccezione, rappresentata dall’accesso da parte della Dirigenza di seconda fascia alla qualifica Dirigenziale di livello generale per