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Incendi boschivi in Toscana

4.1 - Introduzione

La Toscana, con una superficie di 22.992 kmq, è la quinta regione italiana per estensione. Il 66,5% della superficie si sviluppa su un territorio prevalentemente collinare, il 25% circa è occupato da massicci montuosi, mentre l’8,5% da pianure estese principalmente lungo la fascia costiera. Nel 2013 il Monitoraggio dell’Uso e Copertura del Suolo Toscano (MUST), realizzato dal Consorzio LAMMA per Regione Toscana, ha evidenziato che circa la metà dell’intero territorio regionale (per l’esattezza il 49,3%) è coperto da 1.115.370 ettari di boschi. Sommando a questo dato i 14.096 ettari di impianti di arboricoltura da legno e i 79.383 ettari di arbusteti si raggiungono 1.208.849 ettari, pari al 53,4% del territorio toscano (Piano AIB 2019-2020).

Nelle zone interne della regione gli incendi più pericolosi sono quelli a fattore predominante vento (ovviamente influenzati anche dalla topografia) proveniente da N/E (grecale), caratterizzati anche da comportamento di tipo convettivo, dovuto a grande disponibilità di combustibile e condizioni meteo predisponenti. Nella tabella successiva (Fig. 4.1) è riportato il numero di incendi boschivi, superfici percorse e medie ad evento nel periodo 2000- 2009 e 2010-2017.

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Figura 4.1 – Incendi boschivi dal 2000 al 2017, con le varie superfici percorse e le medie ad evento o totali (da Piano AIB 2019-2020)

Per la classificazione degli incendi boschivi si può prendere a riferimento una soglia critica di superficie, pari a 20 ettari, che separa gli eventi di ridotte dimensioni, nei quali l’intervento di spegnimento risulta tempestivo ed efficace, da quelli nei quali il contenimento delle fiamme richiede un consistente impegno dell’Organizzazione Regionale Antincendi Boschivi (AIB) della Regione Toscana. Un’altra soglia critica è fissata a 100 ettari e comprende una percentuale molto limitata di eventi, stimata in uno 0,23%, che a livello di superficie boscata pesa però per oltre un quarto del totale (26%). Per rendere conto del dato numerico basta considerare che nel decennio 2008-2017 gli incendi di questo tipo sono stati appena 10 in tutto. Alle due soglie critiche di 20 e 100 ettari se ne aggiunge una terza rappresentata dai

35 grandi incendi forestali (GIF) con superficie maggiore di 500 ettari (Fig. 4.2).

Nel periodo analizzato non ci sono stati eventi di questo tipo in Toscana, mentre nel 2018 si è verificato l’incendio studiato in questo lavoro nei Comuni di Calci e Vicopisano, che ha percorso una superficie al momento stimata in 1000 ettari di bosco e 150 ettari di vegetazione (Piano AIB 2019-2020).

Figura 4.2 – Classificazione degli incendi boschivi 2008-2017. (da Piano AIB 2019-2020)

Un’altra classificazione degli incendi viene fatta riguardo alle cause che li hanno innescati (Fig. 4.3). Per analizzare le cause di incendio boschivo si fa riferimento al complesso dei dati gestiti, a seconda del caso preso in considerazione, dalle Unità Carabinieri Forestali che, a partire dagli eventi relativi al 2011, hanno modificato la tipologia di classificazione come di seguito indicato:

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 incendi da cause naturali, legati a diversi fattori naturali;

 incendi da cause involontarie, determinati da azioni e comportamenti dell’uomo per i quali non si ravvisa un’esplicita volontà di provocare un incendio;

 incendi da cause volontarie, riconducibili ad una volontà deliberata di appiccare il fuoco per recare danno ad ambiente, cose e persone;

 incendi da cause dubbie, per i quali gli accertamenti svolti non hanno portato alla raccolta di sufficienti riscontri oggettivi per individuare con certezza la causa di incendio;

 incendi da cause non classificabili, corrispondono agli eventi per i quali l’area di inizio incendio non è stata individuata e pertanto l’incendio non è classificabile, né può essere ipotizzata una motivazione valida e oggettiva.

Figura 4.3 – Questo grafico è stato elaborato dai dati ricavati dal Comando Regione Carabinieri Forestale Toscana nel periodo dal 2011

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4.2 - L’incendio del 24 settembre 2018

L'incendio si è sviluppato lunedì 24 settembre, intorno alle ore 22,00 sul Monte Serra. Il fuoco, complice il forte vento che spirava sulla Toscana, si è diffuso molto rapidamente. Se si osservano i dati riportati (Fig. 4.4) relativi alle velocità dei venti si può notare come ci sia stato un picco proprio nei giorni 24 e 25 settembre. Per il 24/09, velocità media: 3 m/s, velocità max: 13,8 m/s e direzione Ovest; mentre per il 25/09, velocità media: 3,6 m/s, velocità max: 14 m/s e direzione Est.

Figura 4.4 – Grafico della velocità massima del vento nel periodo compreso fra il 01 settembre 2018 e il 01 ottobre 2018 per la stazione di misura di Calci. Sull’asse delle ascisse sono riportati i giorni, mentre su quello delle ordinate la velocità del vento in m/s.

(Dati del Centro Funzionale Regionale di Monitoraggio Meteo- Idrologico)

Altri due parametri che hanno influito sullo sviluppo dell’incendio sono state le precipitazioni e le alte temperature.

In figura 4.5 è riportato l’andamento delle precipitazioni giornaliere dal mese di giugno 2018 fino ad ottobre 2018

38 e si può notare come l’incendio si sia sviluppato alla fine di un periodo con poche precipitazioni e di scarsa intensità, fattore che ha favorito il progredire delle fiamme.

Figura 4.5 – Grafico delle precipitazioni giornaliere nel periodo 01/06/2018-01/10/2018 per la stazione di misura di Calci. Sull’asse

delle ordinate sono riportati i mm di pioggia mentre sulle ascisse i giorni. (Dati del Centro Funzionale Regionale di Monitoraggio Meteo-

Idrologico)

Infine, anche le alte temperature (Fig. 4.6), hanno favorito l’incendio. Si può vedere infatti come nei giorni 24/25 Settembre le temperature sono piuttosto elevate.

Figura 4.6– Grafico delle temperature massime giornaliere nel periodo 01/01/2018-01/01/2019 per la stazione di misura di Calci. Sull’asse delle ordinate sono riportate le temperature mentre sulle ascisse i giorni.

39 L’incendio ha continuato a bruciare per circa 3 giorni costringendo la Protezione Civile all’ uso di due Canadair, mentre il decollo di alcuni elicotteri è stato sospeso per le forti raffiche di vento.

Già negli anni passati i Monti Pisani sono stati caratterizzati da numerosi incendi, tutti però di estensione minore rispetto a quest’ultimo. Fino al 2004 (Fig. 4.7) la massima estensione raggiunta da un incendio era stata di 669 ha nel 1993; un danno esiguo rispetto a quello apportato dall’incendio del mese di settembre.

Figura 4.7 – Aree bruciate suddivise per comune (grafico in alto) e cronologia degli incendi con le rispettive aree bruciate, dal 1983 fino

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4.3 – Interventi post incendio

Nei periodi successivi al completo spegnimento dell’incendio (02/10/2018) e alla estinzione dei focolai sotterranei (26/10/2018), dal 11/10/2018 sono iniziati i primi interventi di messa in sicurezza dei versanti. Successivamente, da febbraio fino a maggio, le autorità si sono mobilitate per attivare un secondo lotto di interventi (febbraio-maggio 2019) per la messa in sicurezza di tutte quelle zone che potevano essere considerate a rischio. Gli interventi sono serviti al taglio del materiale vegetale bruciato ed al suo utilizzo per la realizzazione di opere di messa in sicurezza dei versanti (questo intervento ha interessato circa 200 ettari), di opere di sistemazione idraulica forestale (sono stati realizzati 7 km di fossi di guardia e 177 brigliette) e di interventi di ripristino della viabilità all'interno del bosco (oltre 13 km di viabilità forestale) (www.gonews.it).

La maggior parte degli interventi si sono concentrati a diminuire la pericolosità relativa all’instabilità dei versanti, allo scorrimento delle acque superficiali ed alla gestione della risorsa bosco. Durante l’incendio, la scomparsa di buona parte delle radici ha compromesso la stabilità dei primi decimetri di suolo. In queste condizioni e, soprattutto durante eventi piovosi di grande intensità, come noto, la probabilità dell’innesco di dissesti superficiali aumenta notevolmente. Pertanto, diventa di fondamentale importanza andare a stabilizzare artificialmente il suolo e favorire la ricrescita di nuova vegetazione che, con il passare del tempo, porterà ad

41 aumentare di nuovo le forze resistenti tramite radici (Melo

et al., 2017).

Peraltro, le grandi quantità di polveri prodotte durante la combustione e le alte temperature provocano una progressiva impermeabilizzazione degli spessori più superficiali del suolo. Questo fenomeno ostacola l’infiltrazione dell’acqua e quindi comporta maggiore scorrimento delle acque superficiali aumentando la possibilità che nei tratti più a valle si sviluppi una maggiore erosione.

La manutenzione dei corsi d’acqua e la regimazione delle acque superficiali contribuiscono ad attenuare la pericolosità dovuta al possibile sviluppo di gullies, debris

flow o frane superficiali (Santi et al., 2010).

Nell’area di studio gli interventi sono stati fondamentalmente tre: innanzitutto taglio degli alberi bruciati durante l’incendio per risolvere il pericolo di caduta, la costruzione di palizzate sui versanti e la manutenzione e messa in sicurezza dei canali con tubazioni, fossi di guardia e opere in muratura.

La tecnica della palizzata in legname è un sistema di strutture fisse in legno per la stabilizzazione di pendii e scarpate, naturali o artificiali, in dissesto.

Con questo sistema si tende a rinverdire le scarpate attraverso la formazione di piccoli gradoni lineari, sostenuti dalle strutture di legno, che corrono lungo le curve di livello del pendio e dove, a monte, si raccoglie del materiale terroso. Quest’ultimo può essere di riporto oppure, in molti casi, si lascia che i fenomeni atmosferici e

42 la gravità portino all’accumulo di materiale a monte della palizzata (Fig. 4.8).

Figura 4.8 – Accumulo di materiale a monte della palizzata (foto acquisita il 24 settembre 2019).

Le piante, una volta che la vegetazione si sarà sviluppata, garantiranno una miglior tenuta del terreno con l'apparato radicale ed un aumento della resistenza all'erosione superficiale.

La costruzione delle palizzate, in generale, (Fig. 4.9) prevede una serie di modalità di esecuzione, che però variano a seconda del luogo in cui si vanno a costruire. Normalmente le fasi sono le seguenti (Atlante delle opere di sistemazione dei versanti, 2002):

 Preparazione del terreno e modellamento del pendio con formazioni di gradoni, paralleli tra di loro, lungo tutta la superficie del versante interessato.

 Infissione nel terreno di pali di larice o di castagno, lunghi circa 1,30 m e con diametro di 10-15 cm, posti ad una distanza di 1- 2 m.

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 Posa in opera di mezzi tronchi di larice o di castagno, con diametro di circa 10 cm e lunghezza superiore ai 2 m, aventi la funzione di trattenere il materiale di risulta dello scavo, posto a monte della struttura e di garantire la sua stabilità.

 Messa a dimora, appoggiate sul fondo dello scavo, di talee e/o di piantine radicate.

Figura 4.9 – Sezione frontale e laterale di una palizzata viva con inserimento di piantine (da Atlante delle opere di sistemazione dei

versanti, 2002).

Nel caso dell’area di studio l’applicazione di questa opera è stata modificata a causa delle particolari condizioni post- incendio. La maggior parte degli alberi che erano stati bruciati, ma che non erano caduti, lungo le strade o vicino ad abitazioni, creavano un pericolo soprattutto durante raffiche di vento. Sono stati così tagliati ad un’altezza di circa 50-100 cm dal suolo, utilizzando le ceppaie rimaste come palizzate verticali, ed i tronchi superiori disposti orizzontalmente (Fig. 4.10). In questo modo sono stati riutilizzati i materiali presenti in loco,

44 limitando le spese e velocizzando le opere di messa in sicurezza.

Figura 4.10 – Palizzate costruite sfruttando i tronchi degli alberi bruciati dall’incendio. Questa foto acquisita ad un anno di distanza

dall’incendio mostra come l’accumulo di materiale a monte delle palizzate abbia favorito la ricrescita della vegetazione.

Le opere di regimazione (Fig. 4.11), costruzione di fossi di guardia e manutenzione dei corsi d’acqua sono state eseguite soprattutto dove, a causa delle piogge intense, molti torrenti avevano causato accumuli di materiale detritico o parzialmente ostruito gli alvei.

Figura 4.11 – Costruzione di una briglietta per la raccolta delle acque superficiali

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