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6.1 – Risultati analisi GIS e immagini

satellitari

La delimitazione del poligono dell’area incendiata usando l’immagine acquisita da Sentinel 2 è stata ottenuta aggiungendo un vertice alla volta e seguendo il limite tra la zona bruciata e quella non bruciata. Per questo obiettivo è stata particolarmente utile la combinazione delle bande 8-4-3 in RGB (false color infrared) (Fig. 6.1), in quanto evidenzia molto chiaramente in rosso la vegetazione.

Figura 6.1 – Poligono costruito manualmente sull’acquisizione di Sentinel 2 (8-4-3 in RGB).

87 La risoluzione spaziale dell’immagine (10 m) però ha reso molto difficile definire i limiti del poligono in maniera accurata, soprattutto nelle zone dove il passaggio tra bruciato e non era difficile da interpretare. Questo è stato il principale problema incontrato durante questa prima elaborazione che abbiamo tentato di superare confrontando il poligono creato manualmente con uno creato in modalità semiautomatica utilizzando un tool del

software Arcgis.

Il tool utilizzato è stato “Maximum Likelihood

Classification” (Fig. 6.2)

Figura 6.2 - Tool utilizzato per creare il poligono (Da GIS).

Il Maximum Likelihood Classification è un algoritmo, che permette di riclassificare un’immagine secondo intervalli discreti definiti dall’operatore (https://desktop.arcgis. com/). Come input è stata data la prima immagine Sentinel 2 acquisita dopo l’incendio e sono stati definiti 3 intervalli: vegetazione in salute, vegetazione rada e vegetazione assente, selezionando delle aree di training

88 sull’immagine. Il tool restituisce un grid di output, assegnando un nuovo valore a questi intervalli sulla base delle aree di training precedentemente individuate (Fig.6.3).

Figura 6.3 - Differenza tra il poligono creato manualmente e l’elaborazione semiautomatica tramite Maximum Likelihood

Classification.

Il risultato mostra in verde le zone con più fitta vegetazione, in viola con vegetazione bassa o zone antropizzate, in nero le zone con assenza di vegetazione che sono quelle interessate dall’incendio. La classificazione semiautomatica si basa esclusivamente sul valore di riflettanza di ogni cella che compone l'immagine, quindi è definibile come il valore di riflettanza mediato all'interno di una cella di 10x10 m. Aree con caratteristiche diverse possono mostrare valori di riflettanza molto simili fra loro, di conseguenza la scelta del set di training deve essere effettuata con molta attenzione per cercare di discriminare il più possibile fra loro zone con caratteristiche diverse, ma simili valori di riflettanza. Queste problematiche si riflettono nella classificazione finale; infatti con i tools di classificazione

89 automatica c'è un rischio abbastanza elevato di classificare oggetti diversi nella stessa classe.

Ad esempio, non è infrequente che il tool associ le zone bruciate a porzioni di territorio con scarsa o nulla vegetazione, che non sono necessariamente legate all’incendio, come seminativi o porzioni di zone urbane o zone particolarmente in ombra. Questo ovviamente porta ad un errore grossolano soprattutto nella fase di delimitazione del poligono e di conseguenza ad una errata valutazione dell’estensione dell’area bruciata.

Attualmente la separazione manuale delle due zone porta sicuramente a risultati migliori rispetto a quella semiautomatica, infatti è stata presa la prima come riferimento per andare a calcolarne l’area e per le successive elaborazioni. Questo assunto è valido per aree relativamente piccole per le quali l'ispezione visiva non risulta eccessivamente dispendiosa in termini di tempo. Lo stesso procedimento è stato applicato anche all’immagine Pléiades (Fig. 6.4). In questo caso la delimitazione del poligono (POLIGONO 2) è stata facilitata dalla maggiore risoluzione dell’immagine. Per questo non è stato necessario il tentativo di delimitare il poligono tramite il tool semiautomatico. Anche in questo caso sono state utilizzate le immagini in true colors (combinazione 3-2-1 in RGB) e sfruttando la banda dell’infrarosso vicino (4-2-1 in RGB).

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Figura 6.4 - Poligono costruito usando l’immagine Pléiades.

Una volta delimitato il poligono dell’area interessata dall’incendio, anche da questa immagine è stato possibile andare a valutare l’area totale della zona bruciata e, se pur non troppo evidente, si rileva comunque una differenza tra i due poligoni (Fig. 6.5).

POLIGONO 1 = 1195,80 ettari POLIGONO 2 = 1219,91 ettari

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Figura 6.5 - La stessa zona bruciata, su cui sono stati costruiti i poligoni, usando le due immagini a differente risoluzione.

La differenza che si nota tra le due aree è dovuta alla difficile interpretazione dei limiti delle aree bruciate, soprattutto nel caso del primo poligono. Nel secondo, grazie ad una risoluzione maggiore, è stato nettamente più facile delimitare i bordi e quindi avere un valore dell’area totale più veritiero. Tuttavia, paragonando le due aree ottenute con quella ufficiale riportata dal Consorzio Lamma (1100 ha) si vede che entrambe non si discostano di così tanto.

In questo studio il primo obiettivo è stato quello di quantificare le aree bruciate, così è stato scelto il POLIGONO 2 ricavato utilizzando l’immagine Pléiades in quanto caratterizzata da una maggiore risoluzione ed un minore errore umano dato dalla costruzione manuale del poligono.

Creato il poligono che racchiude l’area interessata dall’incendio, è stato possibile valutare quali tipi di uso del suolo siano andati distrutti o parzialmente compromessi

92 dall’evento di Settembre 2018. Per questa analisi è stato utilizzato il Database pedologico della Regione Toscana (Fig. 6.6).

Figura 6.6 - Carta uso del suolo ricavata dal Database Pedologico.

La carta mostra vari poligoni associati nella legenda a vari codici. Ogni codice corrisponde ad un diverso tipo di suolo con caratteristiche di profondità, alterazione, granulometrie ecc. Una seconda carta è stata elaborata utilizzando il database di Uso e Copertura del Suolo, con il seguente risultato (Fig. 6.7).

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Figura 6.7 - Carta completa ricavata dall’ Uso e Copertura Del Suolo.

Per ogni carta prodotta è stata elaborata una tabella, dove sono riportate le aree corrispondenti a ciascuna classe di Uso del Suolo e la relativa percentuale sul totale dell’area bruciata (Fig. 6.8).

Figura 6.8 – Tabella relativa alla carta del Database Pedologico, con le tipologie di suolo e gli ettari corrispondenti.

94 Come per il Database pedologico, anche per il Database di Uso e Copertura del Suolo, alla carta è stata associata una tabella in cui sono riportate le aree e la loro percentuale rispetto all’area totale bruciata (Fig. 6.9).

Figura 6.9 – Tabella relativa alla carta da Uso e Copertura del Suolo.

Dalle tabelle soprastanti si nota come le classi più colpite siano quelle delle conifere, delle latifoglie e degli oliveti, che corrispondono rispettivamente ai codici VP01_MVA1, STB1, VP01/TCH1, e MVA_1 che corrisponde ai cespuglieti. Nel caso della tabella relativa al Database Pedologico, alcuni codici non compaiono perché sono stati uniti ad altri per facilitare il calcolo delle aree.

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6.2 – Analisi delle serie temporali

ricavate dalle immagini ottiche e radar

Le immagini Sentinel-2 acquisite (Fig. 6.10) sono state utilizzate per valutare i cambiamenti nel tempo legati alla ricrescita o alla scomparsa della vegetazione. Il confronto è stato effettuato con la tecnica Change detection e di seguito vengono presentati i risultati anche sotto forma di tabella.

Figura 6.10 – Tabella che riporta le date delle acquisizioni di Sentinel- 2 utilizzate.

Una prima comparazione è stata fatta prendendo come riferimento l’acquisizione più recente precedente l'incendio (21 settembre 2018) e confrontandola con la prima immagine disponibile post-incendio (26 settembre 2018). Tale confronto è servito per evidenziare l'area boschiva interessata dall'incendio. Successivamente, l'immagine del 26 settembre è stata considerata come punto 0 ed è stata confrontata con le immagini acquisite successivamente, con cadenza mensile. Questo confronto è stato effettuato con lo scopo di individuare le aree che hanno subito una ricrescita della vegetazione e quelle che

96 hanno subito un graduale peggioramento della vegetazione dovuto all’incendio. Nei mesi dopo l’incendio, essendo mesi invernali, si sono verificati peggioramenti dovuti alla stagionalità oltre a quelli provocati dalla morte di molti alberi colpiti dall’incendio. Al contrario, i miglioramenti, come previsto, si sono verificati nella stagione primaverile. Questi ultimi sono legati alla rapida ricrescita della vegetazione, soprattutto erba e felci, che hanno impiegato solo qualche mese per ricrescere (Fig.

6.11) ed alla ripresa di quegli alberi e arbusti che sono

stati parzialmente bruciati, ma che sono comunque sopravvissuti. La vegetazione bassa, in particolare quella erbacea, ha mostrato i primi segni di ripresa già durante la stagione invernale. Durante la stagione primaverile si sono verificati però anche peggioramenti della vegetazione, legati alla lenta decomposizione di alberi e arbusti sempreverdi che sono stati bruciati nella parte bassa del fusto. Infatti, si osservano spesso zone caratterizzate dalla presenza di pini il cui tronco è bruciato mentre la chioma è rimasta relativamente intatta e verde. Queste piante, comunque uccise dall’incendio, tendono a perdere la chioma molto lentamente, anche durante la stagione primaverile.

Di seguito sono riportate le tabelle corrispondenti alle due diverse comparazioni, con le aree in miglioramento e peggioramento e le rispettive aree in ettari.

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Figura 6.11 – Ricrescita della vegetazione su un versante colpito dall’incendio, (foto acquisita il 17/04/2019)

98 Se si osservano le varie tabelle comparative si nota che il periodo di maggiore decremento si verifica nei mesi di novembre, dicembre e gennaio, con aree in diminuzione di rispettivamente di 42.6 ha, 58.6 ha, e 50.7 ha. Successivamente con il passare dei mesi, le aree in aumento si sviluppano soprattutto nei mesi di marzo, aprile e giugno con aree di 106.7 ha, 169.5 ha, 488,4 ha.

99 Una seconda comparazione progressiva è stata fatta prendendo ogni acquisizione e confrontandola con quella successiva. Le comparazioni fatte in precedenza mostrano cambiamenti a lungo termine, cioè i cambiamenti totali avvenuti dall’incendio al momento dell’acquisizione. Con questa comparazione invece è stato possibile osservare cambiamenti a piccola scala temporale, di mese in mese, che non potevano essere quantificati con la comparazione precedente.

100 In generale, man mano che ci si allontana temporalmente dall’acquisizione del 26 settembre le zone in cui si nota un miglioramento della vegetazione vanno aumentando, già nei primi mesi dopo l’incendio (Fig. 6.12).

Figura 6.12 - Carta 26 Settembre-15 Novembre, è visibile come già dopo circa 2 mesi dall’incendio la vegetazione abbia ricominciato a

101 Nelle ultime acquisizioni dei mesi di Marzo, Aprile e Giugno (Fig. 6.13), le aree caratterizzate da un miglioramento della vegetazione sono molto estese, al contrario le zone dove la vegetazione subisce un peggioramento diventano minime nel mese di Giugno.

Figura 6.13 - Carte relative ai mesi di Marzo, Aprile e Giugno.

Nei primi mesi dopo l’incendio, da Novembre a Gennaio, l’aumento progressivo della vegetazione viene accompagnato anche da zone in cui si ha un decremento. (Fig. 6.14).

Figura 6.14 - Carte ricavate dai mesi di Novembre, Dicembre, Gennaio.

In data 25 Febbraio si è sviluppato un secondo incendio nella zona di Vicopisano, al limite con la zona bruciata

102 precedentemente. Infatti, al limite sud-est della zona di studio, compaiono nelle acquisizioni delle zone che mostrano una diminuzione della vegetazione dovuta proprio a questo incendio (Fig. 6.15).

Figura 6.15 - La zona gialla rappresenta la zona dell’incendio a settembre, mentre quello rosso il nuovo incendio del 25

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6.3 – PS e serie storiche.

Sono state analizzate le serie storiche di deformazione dei PS/DS ricadenti all’interno dell’area di studio. Questa analisi mira all’individuazione di possibili accelerazioni nelle serie storiche di deformazione, che potrebbero essere legate al peggioramento delle condizioni di stabilità dei versanti a seguito dell’incendio. I PS sono stati classificati utilizzando 5 classi differenti, in base alla velocità (Fig. 6.16). L’intervallo di stabilità ± 2 mm/a è stato deciso sulla base della deviazione standard del dataset dei PS.

Figura 6.16 - Carta dei PS, acquisiti tramite Sentinel 1, classificati in base alle velocità.

Per ogni classe di velocità è stato associato un colore differente, anche per facilitare l’elaborazione successiva.

104 Questi dati sono stati acquisiti dal satellite Sentinel 1 con un’orbita descending, in un intervallo temporale dal 22/03/2015 al 05/06/2019. Esaminate le serie temporali, è stata ricercata una possibile correlazione tra gli spostamenti dei PS ed il periodo post-incendio. Questa tipologia di dato permette di effettuare due diverse considerazioni:

1. L’analisi delle serie storiche di deformazione può mettere in evidenza possibili accelerazioni di movimenti di versante, avvenute successivamente all’incendio e ad esso legate;

2. la presenza di possibili cluster di punti in movimento, situati al di fuori di frane cartografate nell’inventario dei fenomeni franosi, può evidenziare la presenza di altri dissesti non conosciuti.

Nella prima analisi infatti si sono avute deformazioni evidenti su una serie di punti, evidenziate nella figura (Fig. 6.17).

Figura 6.17 - Nella figura soprastante sono riportate le serie di 3 PS all’interno della zona bruciata. È riportato lo spostamento in relazione al tempo ed in tutti i tre casi si possono vedere dei picchi,

evidenziati in verde, che corrispondono a deformazioni nei giorni seguenti all’incendio.

105 Il secondo risultato previsto, era notare cambiamenti nel

trend di deformazione dei PS, ossia una variazione nel

normale andamento del trend. E questo è visibile nell’immagine seguente (Fig. 6.18).

Figura 6.18 - In queste tre serie temporali si può vedere un diverso andamento prima e dopo la linea rossa che sta ad indicare il

momento dell’incendio.

Il miglioramento della rumorosità delle serie storiche a seguito dell’incendio è probabilmente legato alla diminuzione della vegetazione e quindi al miglioramento della riflettività dei bersagli a terra.

Un ulteriore confronto è stato fatto anche con alcune serie temporali di PS, non all’interno dell’area bruciata, (Fig.

6.19) per verificare la presenza di cambiamenti nel trend

di deformazioni, simili o uguali a quelli osservati in corrispondenza dei punti situati dentro l’area incendiata.

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Figura 6.19 - Serie temporale di quattro punti al di fuori dell’area bruciata. Evidenziati in verde sono l’incendio ed i giorni successivi.

Come si può vedere dall’area evidenziata in verde, anche i PS al di fuori della zona bruciata hanno registrato nei periodi successivi all’incendio delle deformazioni. Queste deformazioni quindi, visibili in molti PS dentro e fuori la zona bruciata, non sono correlabili all’incendio. Mentre si osserva che in queste serie di PS al di fuori dell’incendio, non ci sono stati cambiamenti di trend, come visto invece per i punti all’interno della zona bruciata.

Utilizzando i PS è stato possibile valutare lo stato di attività delle frane nell’inventario dei fenomeni franosi della Regione Toscana. Per fare questo sono stati utilizzati tutti i punti di misura situati all’interno dei poligoni che rappresentavano i corpi di frana (Fig. 6.20).

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Figura 6.20 – Carta che mostra la velocità dei vari corpi di frana.

La carta riportata sopra (Fig. 6.20) mostra la velocità delle frane, ottenuta facendo la media delle velocità di tutti i PS presenti all’interno di esse; ad ogni colore corrisponde un intervallo di velocità. Per valutare lo stato di attività delle frane sono stati utilizzati anche i PS provenienti da COSMO-skyMed, sfruttando la densità maggiore di punti sull’area interessata. I PS provenienti dall’elaborazione di Sentinel 1 non sono stati utilizzati perché poco numerosi per ricoprire un numero sufficiente di corpi di frana, tale da elaborare una mappa come quella sopra riportata.

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6.4 – Carta della suscettibilità

Durante la creazione della carta di suscettibilità delle frane, ogni fattore è stato prima convertito da shapefile a

raster e poi riclassificato con nuovi valori. I raster

riclassificati saranno poi utilizzati nell’elaborazione della carta di suscettibilità. Di seguito sono riportate le tabelle che associano i vecchi valori a quelli nuovi dopo la riclassificazione.

Slope

Per lo Slope, i vecchi valori rappresentavano la pendenza dei vari versanti, suddivisa in diverse classi. Le superfici aventi maggiore acclività sono state riclassificate con nuovi valori più elevati, indicando una maggiore propensione al rischio frana (Fig. 6.21).

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Aspect

Nel caso dell’Aspect i nuovi valori sono stati riassegnati a seconda dell’esposizione dei versanti verso il mare. Questo perché i versanti rivolti a sud-ovest, ovest e nord ovest sono maggiormente colpiti durante tutto l’anno dalle perturbazioni provenienti dalla costa. (Fig. 6.22).

Figura 6.22 – Tabella e carta relativa alla classificazione dell’Aspect.

Litologia (CARG)

Per riclassificare le litologie presenti nel CARG sono stati presi in considerazione i corpi di frana dall’inventario delle frane. Per determinare quali sono le litologie più propense al dissesto, all'interno dell'area di interesse, sono stati utilizzati i centroidi della maglia creata precedentemente con il tool fishnet. Sono stati selezionati i centroidi della maglia che ricadono all'interno dei corpi franosi dell'inventario delle frane, contando quanti di questi centroidi ricadevano all’interno di ogni litologia (Fig.

110 Alle litologie caratterizzate dal maggior numero di centroidi è stato assegnato il valore più alto. Dalla tabella poi è stata ricavata la mappa, riportando i valori ottenuti (Fig. 6.24).

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Figura 6.24 – Carta derivata dalla tabella del CARG. Il valore 1 è stato assegnato a quei poligoni che non hanno all’interno nessun punto

appartenente ai corpi di frana.

Uso del Suolo

Lo stesso procedimento usato per la riclassificazione del CARG è stato usato anche per l'Uso del Suolo. Sono stati calcolati quanti punti ricadenti all'interno dei corpi di frana sono inclusi anche all’interno dei vari poligoni dell’Uso del Suolo. La classe zero, aggiunta nella mappa, rappresenta quelle tipologie di suolo ritenute non importanti per la suscettibilità, tra cui rupi o affioramenti, prati stabili, aree percorse da incendi recenti e reti stradali.

I dati sono stati riportati in una tabella (Fig. 6.25) e da questa è stata creata la relativa carta (Fig. 6.26).

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Figura 6.25 – Tabella relativa ai valori dell’Uso del Suolo.

Figura 6.26 – Carta relativa alla riclassificazione del fattore Uso del Suolo.

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Drenaggio

Nella classificazione relativa al drenaggio sono stati assegnati valori più alti dove il drenaggio è minore e di conseguenza c’è maggiore rischio di sviluppo di

frane.(Fig. 6.27).

Figura 6.27 – Tabella e carta della classificazione relativa al Drenaggio.

Profondità ed Erosione

Sia per la profondità che per l’erosione il concetto per la riclassificazione è stato lo stesso. Più la profondità è elevata, più il rischio di frana è maggiore e maggiori saranno i nuovi valori. Più l’erosione è elevata e più i nuovi valori saranno alti. In alcune tabelle riportate sopra, nella colonna dei nuovi valori, mancano alcuni intervalli che non sono presenti nell’area studiata. Ad esempio, nel caso del fattore erosione, la classe corrispondente all’intervallo di spessore tra 50 e 75 cm non si ritrova nella zona di studio.

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Figura 6.28 – Tabella e carta della classificazione relativa alla Profondità.

Figura 6.29 – Tabella e carta relativa alla classificazione del fattore Erosione.

Ottenuto il relativo raster da ogni fattore riclassificato, è stato possibile passare alla realizzazione della carta di suscettibilità semplificata. In corrispondenza di ogni

115 centroide della maglia 20 x 20 m è stato estratto il valore di ogni raster. Tali valori sono stati sommati per ottenere un valore rappresentativo della suscettibilità basata sui fattori predisponenti considerati. (Fig. 6.30).

Figura 6.30 – Stralcio della tabella dello shape contenente tutti i fattori.

Nella tabella è stata creata una colonna, “Somma” dove sono stati sommati tutti i valori riclassificati dei vari fattori. Questa colonna finale è stata poi suddivisa in 5 classi di suscettibilità con i seguenti valori:

(3-10) molto bassa (10-15) bassa (15-18) media (18-20) alta (20-25) molto alta (Fig. 6.31).

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Figura 6.31 – Carta della suscettibilità iniziale.

In questa prima carta non sono stati aggiunti i corpi di frana alla somma finale, per avere un’idea di quali zone fossero più a rischio, mentre nella mappa sottostante è stato considerato anche l’inventario dei fenomeni franosi (Fig. 6.32).

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Figura 6.32 – Carta della suscettibilità con aggiunto il fattore dei corpi di frana.

Aggiungendo i corpi di frana si notano dei cambiamenti, se pur piccoli, della suscettibilità. Ovviamente, nelle zone in cui non si sono riscontrate frane, la suscettibilità è rimasta invariata mentre, nelle zone in cui si sono sovrapposti i poligoni delle frane, la suscettibilità è aumentata, passando nella maggior parte dei casi dalla classe di colore arancione (18-20) a quella di colore rosso (20-25) (Fig. 6.33).

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Figura 6.33 – L’immagine in alto è una porzione della mappa di suscettibilità senza il fattore delle frane, nell’immagine in basso è

stato aggiunto il fattore frane.

Ottenuta la mappa della suscettibilità, è stata confrontata con quella che evidenzia le zone dove c’era stato un peggioramento, per valutare se le zone maggiormente a rischio fossero legate ad una mancata ricrescita della vegetazione (Fig. 6.34).

Le acquisizioni valutate sono quelle riferite ai primi mesi dopo l’incendio. Dal confronto si vede come le zone in peggioramento si trovano nella parte orientale della zona bruciata dove, da ciò che risulta dalla mappa della suscettibilità, è maggiore il rischio di frana (zone rosse).

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Figura 6.34 – Questo confronto mostra come alcune zone che sono

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