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Nei capitoli precednti è stata trattata la monetazione Repubblicana, cercando di fornire un quadro storico sufficientemente completo di tutti quei fenomeni politici, sociali ed economici che investirono Roma, le sue aree di interesse, e che concorsero necessariamente allo sviluppo della produzione monetale durante il I secolo a.C.. Partendo dall’approvvigionamento di metallo prezioso, passando per le tecniche di produzione e coniazione della moneta, fino alla diffusione delle zecche, è stato ricostruito un percorso di conoscenza che si è avvalso fondamentalmente degli strumenti propri delle scienze umane. Il confronto tra le fonti, lo studio tipologico ed iconografico delle monete, e lo studio evolutivo delle forme artistiche, sono metodi di ricerca che permettono la ricostruzione dell’edificio storico. In questo capitolo, vedremo come parallelamente l’archeometria arricchisca e completi l’indagine storica attraverso un approccio scientifico, che utilizza metodi analitici e tecniche diagnostiche presi a prestito da altre discipline, quali la chimica, la fisica, la statistica e la geologia. Verranno prese in considerazione praticamente tutte le tecniche diagnostiche distruttive e non distruttive utilizzabili per lo studio qualitativo e quantitativo dei metalli; successivamente si prenderà in considerazione l’argento, le sue proprietà e caratteristiche e il suo specifico utilizzo nella monetazione antica (paragrafo 3.2); si affronteranno le problematiche legate allo studio dei fenomeni di alterazione, di corrosione e delle patine che caratterizzano i metalli e in particolare l’argento (paragrafo 3.3), fino a focalizzare l’attenzione su un campione di monete appartenenti a due collezioni private, che sono state analizzate nei laboratori del CNR di Pisa e di Montelibretti con le tecniche diagnostiche XRF e LIBS.

Risulterà una nuova ricostruzione storica del periodo Repubblicano, frutto di questa intensa collaborazione tra scienze sperimentali e scienze umane (capitolo 4).

3.2 L’Argento

Elemento chimico di simbolo Ag, peso atomico 107,86 enumero atomico47; isotopi stabili107Ag (51,35%) e109Ag (48,65%); durezza: 2,5-2,7; è un metallo nobile conosciuto e usato sin dal Neolitico finale; il suo utilizzo, infatti, è anteriore rispetto a quella che comunemente viene definita l’età dei metalli, che coincide con l’introduzione della tecnologia di estrazione per fusione del rame dai suoi minerali (età del rame). L'argento puro è un metallo piuttosto tenero, molto duttile e malleabile, tanto da poter essere ridotto in fili e fogli sottilissimi. Fonde a 961 ºC e ha un peso specifico di 10,5 Kg/dm3. Presenta elevato potere riflettente, ottima resistenza alla corrosione in tutti gli ambienti: esposto all'aria contenenteidrogeno solforato, anche in bassa concentrazione, l'argento imbrunisce ricoprendosi di una sottile patina di solfuro che lo preserva da ulteriori attacchi:

2Ag+H

2

S+0,5 O

2

→ Ag

2

S+H

2

O

I suoi atomi si aggregano in celle che compongono il caratteristico reticolo cristallino a sistema cubico nella varietà a faccia centrata, (FCC)70, in cui gli atomi occupano i vertici del cubo, e uno è al centro di ognuna delle sei facce, come mostra la figura 2. Questa struttura compatta è resa tale dal legame metallico, che unisce gli atomi e conferisce all’argento le sue caratteristiche proprietà fisiche e meccaniche71:

 Alta conducibilità elettrica  Alta conducibilità termica

 Duttilità (può essere ridotto in fili)

70

L. Campanella, G. Portalone, I metalli e le leghe, in Chimica per l’arte, cit., pp. 347-409.

71C. Robert Cappel, Silver Compounds, in Kirk-Othmer Encyclopedia of Chemical Technology, Wiley, New

York, 2000, pp. 1-18.

 Malleabilità (può essere ridotto in fogli sottili)

 Insolubilità in acqua e nei più comuni solventi (si scioglie in acido nitrico)72.

Figura 2. Cella cubica a facce centrate.

L'argento è presente nella crosta terrestre in piccolissima quantità. Si trova allo stato nativo, generalmente in lega con oro, rame e antimonio, nella zona di cementazione dei minerali d'argento. E’ di colore bianco e può presentarsi in lamine, in aggregati filamentosi e in dendriti, ricoperto da una patina di solfuro. Per la maggior parte l'argento è contenuto in minerali che possono essere raffinati senza particolari processi di lavorazione, quali: argentite, Ag2S; clorargirite o luna cornea, AgCl; pirargirite, 3Ag2S.Sb2S3; proustite 3Ag2S.Sb2S3; stefanite, 5Ag2S.Sb2S3, i cosiddetti argenti rossi. È inoltre presente in molti minerali piombiferi dai quali può essere estratto tramite coppellazione: cerussite, PbCO3; anglesite, PbSO4, e specialmente nelle galene argentifere, PbS, che comunemente contengono dallo 0,05% d'argento allo 0,3%, ma può anche raggiungere una quantità dello 0,6– 0,7%. In minori quantità, l’argento è presente anche nella jarosite, KFe3+3(OH)6(SO4)2; nell’ argento-jarosite, AgFe33+(SO4)2(OH)6, e nella plumbojarosite, Pb0.5Fe33+(SO4)2(OH)6, solfati basici depositati nelle zone dei giacimenti

sottoposte ad ossidazione73. Infine, si possono ritrovare quantità d’argento anche nelle piriti: pirite, FeS2; calcopirite CuFeS2; arsenopirite FeAsS. Mescolando l’argento con altri metalli si otterranno delle leghe metalliche con determinate caratteristiche, che corrisponderanno alla combinazione delle proprietà dell’alligante e dell’alligato e alla presenza in percentuali di questi ultimi all’interno della lega. Il primo fenomeno evidenziabile dai processi di alligazione, è l’abbassamento del punto di fusione del metallo che da solo fonde a più alte temperature. Ogni metallo elementare, sottoposto a sollecitazione termica, raggiunge una temperatura specifica che spezza i legami metallici tra gli atomi, consentendone la trasformazione dallo stato solido a quello liquido. La temperatura specifica, alla quale avviene questa rottura, si abbassa, solitamente, quando al metallo elementare vengono aggiunti un metallo (leghe binarie) o più metalli (leghe ternarie, ecc.), oppure un metallo e un non metallo: l’acciaio, per esempio, è il prodotto della combinazione del ferro più una percentuale di carbonio inferiore all’1,78%. Ecco le principali leghe binarie e ternarie ottenute con l’argento nell’antichità:

 Ag – Cu (Argento-Rame)  Ag – Au (Elettro)

 Ag – Cu – Au (Argento-Rame-Oro)

La fonte di approvvigionamento principale era costituita dalla galena, dalla quale veniva estratto l’argento attraverso un primo procedimento di raffinazione seguito dalla coppellazione74. La galena veniva fusa ad una temperatura tra i 950 e i 1200 °C, in un

73

R. L. Frost, S. J. Palmer, J. Kristóf, E. Horváth, Thermoanalytical studies of silver and lead jarosites and their

solid solution, Journal of Thermal Analysis and Calorimetry, Akadémiai Kiadó, Budapest, vol. 101, N. 1,

2009, pp. 73-79.

74

Il termine “coppellazione”, deriva da “coppella”, un crogiolo utilizzato sin dall’antichità, ma diventato di uso comune soltanto in età medievale.

ambiente riducente, dopo essere stata frantumata e liberata dalla ganga75. Questo primo procedimento era fondamentale affinché il piombo contenuto nel minerale (insieme a percentuali minori di oro, rame, zinco, antimonio, arsenico, bismuto) inglobasse l’argento. La coppellazione, in seguito, aveva l’importante funzione, in ambiente ossidante, di separare l’argento dalla lega ottenuta. Portando a fusione la lega ad una temperatura di circa 1000 °C, in presenza di aria, gli ossidi dei metalli presenti in percentuale minore venivano inglobati dal piombo ossidato, formando così il litargirio, PbO, e rilasciando l’oro e l’argento. La possibilità di una lavorazione a freddo anche per martellatura, unita ad una buona resistenza meccanica ed ad un’eccezionale malleabilità (possibilità essere ridotto in lamine molto sottili) e duttilità (possibilità di essere trasformato in fili sottili), lo rendevano il metallo ideale per la realizzazione di molti oggetti. L’argento, inoltre, possiede un punto di fusione sufficiente a renderlo adatto alla lavorazione per riscaldamento diretto con una fiamma, ma sufficientemente basso da poter essere fuso senza particolari difficoltà. L’utilizzo dell’argento, per la realizzazione di manufatti di pregio, trovava la sua logica nell’elevato valore del metallo, accresciuto dalle notevoli difficoltà per il reperimento della materia prima e dalla complessità delle tecniche di lavorazione. Queste sono tra le ragioni, che hanno fatto della moneta d’argento uno strumento di accumulo della ricchezza, e di quantificazione del valore dei beni di scambio, all’interno dei sistemi monetali del mondo antico.

Attraverso indagini archeometriche sui reperti archeologici, su scorie e scarti di lavorazione d’argento, è possibile risalire al minerale d’origine e, a volte, ai giacimenti di provenienza. Inoltre, è possibile comprendere se siano stati adoperati determinati processi di lavorazione, oppure se siano stati adoperati in malo modo: l’argento nativo, di

solito, è quasi puro (circa per il 99%), con scarse tracce di altri metalli (rame inferiore allo 0,5%; bismuto inferiore allo 0,04%; piombo inferiore allo 0,08%; mercurio a partire da una percentuale inferiore a 0,4% a 4%). L’argento non coppellato, ricavato da clorargirite, argentite, pirargirite, proustite e stefanite, sembra essere caratterizzato da scarse quantità sia di rame che di bismuto, ma da più alti tenori di oro (fino allo 0,5%); la clorargirite può avere anche il 2,5% di piombo, e poiché il processo di estrazione dell’argento dal minerale, non prevede la coppellazione, può essere inglobato nell’argento. Nell’argento ottenuto tramite coppellazione dalla galena, la quantità di piombo dovrebbe aggirarsi intorno a una percentuale fra lo 0,05% e il 2,5%; ma mentre tenori più bassi, di solito, escludono la coppellazione, quantità intorno al 2,5% di piombo, potrebbero costituire caratteristiche del minerale di base, quindi, non attestano un utilizzo certo del particolare processo estrattivo. La coppellazione separa in maniera efficace l’argento da altri elementi, quali antimonio, arsenico, stagno, ferro, zinco e rame, anche se quest’ultimo rimane, in genere, in quantità inferiori allo 0,5%. Tenori di rame superiori all’1% sono indicatori della cattiva riuscita del processo di raffinazione. La coppellazione, inoltre, è meno efficace per la separazione del bismuto, che rimane nell’argento in concentrazioni comprese fra lo 0,01 e l’1%. Infine, il rapporto tra l’oro e l’argento a coppellazione avvenuta non cambia rispetto al rapporto esistente tra i due metalli nel minerale d’origine (la galena), e comunque, l’oro, nei minerali piombiferi, non è mai presente in elevate quantità76. Un altro metodo d’indagine, per quanto riguarda la provenienza dei materiali archeologici in argento, è costituito dall’analisi isotopica del piombo. Gli isotopi del piombo: 206Pb, 207Pb, 208Pb, sono sottoposti a decadimento radioattivo. Il rapporto tra questi ultimi e l’isotopo 204Pb, costante in tutte le rocce dalla

loro origine, determina le specifiche caratteristiche dei depositi geologici; tutti i minerali di un determinato deposito, quindi, avranno lo stesso rapporto isotopico del piombo. Variazioni anche leggere di questo rapporto, sono indicative dei meccanismi di formazione del deposito e della diversa provenienza dei minerali. A differenza della composizione chimica, la composizione isotopica non viene modificata dai processi fusori, quindi, un oggetto finito e lavorato avrà la stessa composizione isotopica del minerale d’origine, tranne nel caso in cui ad un argento venga aggiunto altro argento di diversa provenienza. Un fenomeno molto diffuso nell’antichità durante i periodi di gravi difficoltà economiche, soprattutto dall’Ellenismo in poi, era il vero e proprio spoglio dei templi che costituivano luoghi di culto, ma anche dei veri e propri luoghi di tesaurizzazione. Gioielleria, statue, ex-voto e monete in metallo prezioso, anche di diversa provenienza, venivano “riciclati”, rifusi e rilavorati per la produzione di altri oggetti e di altra moneta. In definitiva, questo tipo di analisi presuppone che il piombo e l’argento abbiano la stessa origine, che quindi appartengano allo stesso minerale. Bisogna tener conto, però, anche di alcuni casi in cui il piombo viene aggiunto di proposito nei procedimenti di lavorazione, per fare in modo che concentri l’argento, per esempio, durante la raffinazione delle jarositi o nella cementazione dell’elettro. Ovviamente, in questi casi, il piombo può avere anche un’origine diversa. Sarà, allora, molto importante determinare il minerale di provenienza, per una corretta lettura dei dati analitici. Campionamenti geologici che tengano in considerazione informazioni storiche e geografiche, riguardo alle zone e alle tecniche estrattive, insieme ai risultati ottenuti dalle analisi dei reperti archeologici, forniranno, a riguardo, indicazioni esaustive77.

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