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I metalli costituiscono uno stato instabile della materia. Quasi tutti, infatti, (tranne l’oro e pochi altri) si trovano in natura sotto forma di minerali come ossidi, solfuri, solfati, carbonati, e tendono a ritornare allo stato minerale a contatto con l’ambiente, non appena siano stati compiuti i processi metallurgici di estrazione dal minerale, di raffinazione e di lavorazione. Il ritorno allo stato originale e ad un equilibrio stabile avviene attraverso processi di corrosione, innescati da agenti atmosferici in determinate condizioni ambientali, ad opera di elementi costituenti l'atmosfera, quali l'acqua, l'ossigeno, l'anidride carbonica e l'anidride solforosa. I metalli hanno un basso potenziale di ionizzazione, tendono cioè a perdere elettroni e a non acquistarli e vengono definiti, per questo motivo, elementi elettropositivi. La capacità di perdere elettroni determina la “nobiltà” del metallo: più elettroni saranno persi, meno nobile sarà il metallo e più forte risulterà l’azione corrosiva da parte degli agenti atmosferici che, al contrario, acquisteranno gli elettroni persi dal materiale metallico (reazione di ossidoriduzione o redox)78. I metalli principalmente attaccati dai fenomeni di corrosione sono il sodio, il calcio e il magnesio (metalli alcalino-terrosi), mentre i più resistenti sono i cosiddetti metalli nobili quali, per esempio, l’oro, il platino e l’argento. Questi ultimi, oltre a perdere pochissimi elettroni, riescono a salvaguardare la loro integrità anche trovandosi in lega con altri metalli; in alcuni casi, può capitare che vengano ricoperti, anche totalmente, dai prodotti di corrosione dei metalli che si trovano più in basso nella serie elettrolitica di nobiltà (Tabella 2). Questo fenomeno avviene soprattutto in casi di corrosione galvanica o

78

Dall’inglese reduction e oxidation; A. Post Baracchi, A. Tagliabue, Chimica, Lattes, Torino, 1999, pp. 288- 291.

elettrolitica, quando cioè due metalli si trovano a contatto tra loro in presenza di acqua o in ambienti umidi. In questi ambienti, i metalli si comportano come dei veri e propri elettrodi di una pila che genera i prodotti di alterazione tramite delle correnti,

Tabella 2. Metalli in ordine decrescente di nobiltà

Metallo Punto di fusione °C Durezza

Oro 1064,18 2,5 Platino 1768,20 3,5 Mercurio -38,83 1,5 Argento 960,50 2,5 Rame 1084,60 3,0 Piombo 327,46 1,5 Stagno 231,93 1,5 Nichel 1455 4,0 Cadmio 321,07 2 Cromo 1857 8,5 Zinco 419,52 2,5 Manganese 1244 6,0 Alluminio 660,32 1,5 Titanio 1667,85 6 Magnesio 649,85 2,5 Sodio 97,72 0,5 Litio 180,54 0,6

nelle quali il materiale meno nobile cede elettroni e si ossida (anodo), mentre quello più nobile li acquista e si riduce (catodo). In ambienti “secchi” e ad alte temperature, invece, i metalli possono essere aggrediti direttamente dai gas come, per esempio, l’ossigeno.

Un’altra reazione caratteristica dei metalli all’attacco degli agenti atmosferici è la cosiddetta passivazione: alcuni metalli riescono ad arrestare i processi di corrosione, ai primi stadi, con la formazione di ossidi superficiali. Tali ossidi assumono l’aspetto di patine uniformi, aderenti e resistenti, che isolano e proteggono il metallo dagli ulteriori attacchi dell’ambiente esterno. I metalli che producono patine di ossidazione sono il rame, il nichel, l’alluminio, il cromo, lo stagno, il piombo e l’argento79.

Esistono, poi, casi in cui i fenomeni di corrosione attaccano i metalli in profondità, in modo assolutamente irreversibile. È il caso del ferro che, a contatto con l’ossigeno e con l’acqua, produce ruggine, un composto costituito da vari ossidi di ferro idrati e carbonati basici di ferro, che non protegge lo strato superficiale del metallo, come succede nei metalli passivati, ma, al contrario, contribuisce alla corrosione in profondità del ferro a causa della sua struttura spugnosa e sfaldabile80. In base al modo in cui agiscono i fenomeni di alterazione sui metalli, soprattutto su quelli antichi, si possono individuare diverse tipologie di corrosione81:

Corrosione generalizzata: si manifesta su tutta la superficie metallica in maniera uniforme; le patine rientrano in questa categoria.

Corrosione localizzata: si innesca soltanto su alcuni punti del manufatto metallico, solitamente passivato, e può avere estensione e profondità variabili. La corrosione per “pitting”, o vaiolatura, appartiene a questa tipologia e si manifesta attraverso fori, talvolta molto profondi, su parti localizzate della superficie, provocati dalla rottura del film protettivo da parte di ioni cloro.

79

P. Silvestroni, Fondamenti di chimica, Masson, Milano, 1992, pp. 478-515.

80

P. Refait, M. Abdelmoula, J.M.R. Génin, Mechanisms of formation and structure of green rust one in

aqueous corrosion of iron in the presence of chloride ions, in Corrosion Science, Elsevier, Parigi, vol. 40, N.

9, pp. 1547-1560.

Corrosione intergranulare: colpisce i margini dei grani che compongono il reticolo cristallino della struttura metallica, risultando quest’ultima notevolmente compromessa all’esame microscopico.

Corrosione intragranulare: compromette direttamente la struttura interna dei grani che compongono il reticolo cristallino. Anche questo tipo di corrosione provoca l’indebolimento del manufatto metallico ed è visibile soltanto al microscopio.

Le monete antiche in argento, per esempio, si presentano al momento del rinvenimento coperte da una patina nera, grigia oppure bianca. Il metallo è completamente stabile in soluzioni acquose ad ogni grado di pH, finché non siano presenti agenti ossidanti o sostanze complessanti. Inoltre, l'argento non è alterabile da aria secca o umida, quando essa si presenti libera da ozono, alogeni, ammoniaca e composti dello zolfo82. È particolarmente suscettibile all'effetto del radicale solfuro (S2-). Questo è ben dimostrato dalla formazione di una patina su oggetti in argento che sono esposti allo zolfo, in qualsiasi forma esso si presenti, e in modo particolare a idrogeno solforato e anidride solforosa, che possono convertirsi in acido solforico83. In un ambiente marino, data l'abbondanza di solfati solubili e materia organica in decomposizione che consuma ossigeno, i solfobatteri utilizzano i solfati in condizioni anaerobiche84 per formare acido solfidrico come prodotto metabolico. L'acido solfidrico reagisce con l'argento per formare solfuro d'argento secondo la reazione:

2Ag + H

2

S → Ag

2

S + H

2

82

M. Pourbaix, Atlas of electrochemical equilibria in aqueous solutions, Pergamon Press, New York, 1966, p.393.

83 H. J. Plenderleith, A.E.A. Werner, The conservation of antiquites and works of art, Oxford University Press,

Oxford, 1971, p.239

In ambienti marini anaerobici, il solfuro d'argento, Ag2S, è il più comune prodotto di alterazione del metallo. È stato riportato in quantità notevoli dai relitti ritrovati nei mari dei Caraibi e in Australia. La maggior parte di artefatti in argento recuperati dal mare presentano un sottile strato superficiale di solfuro che ha rimosso alcuni dettagli di superficie, come iscrizioni, marchi e timbri. Un'ampia percentuale di artefatti è completamente convertita in solfuro, altri hanno conservato soltanto una minima parte di metallo. In acqua marina aerobica85, poi, il prodotto di corrosione più comunemente riscontrato su argento e leghe d'argento è il bromuro d'argento, AgBr, ma possono essere presenti anche quantità variabili di cloruro d'argento, AgCl, e solfuro d'argento, Ag2S86. Gettens nota che le monete d'argento recuperate dall'acqua salata sono talvolta superficialmente ricoperte da questi prodotti di alterazione. Infine, in siti dove le condizioni oscillano tra aerobiche e anaerobiche, sono presenti combinazioni tra tutti i maggiori prodotti di corrosione dell'argento. Nel caso di alterazione di oggetti d'argento relativamente puri, i prodotti del solfuro d'argento e del cloruro d'argento predominano. In leghe a base d'argento con un ammontare significativo di rame, questi si corroderà formando ossido, carbonato e cloruro di rame; l'oggetto in lega di argento, quindi, dovrà essere trattato come se fosse di rame87. Indipendentemente da come si siano formati, tutti i prodotti di corrosione sono stabili e non prendono parte a nessuna reazione corrosiva successiva, infatti gli strati di corrosione aggiungono gradi di protezione contro l'ulteriore corrosione del metallo. La patina, esteticamente gradevole, è spesso desiderabile e deliberatamente preservata. Le uniche ragioni per le quali si ritiene utile

85

Con presenza di ossigeno.

86

N. A. North, I.D. MacLeod. Corrosion of metals, in Conservation of Marine Archaeological Objects, Butterworths, London, 1987, pp. 68-98.

87

R. J. Gettens, The Corrosion Products of Metal Antiquities, Annual Report of the Board of Regents of the Smithsonian Institution, Washington, 1964, pp. 547-568.

rimuovere la patina protettiva dell'argento è a volte l’aspetto deturpante degli strati di corrosione che nascondono dettagli di importanza storica ed estetica88. Come già detto nei capitoli precedenti, lo studio delle patine di alterazione risulta molto utile per lo studio dello stato di conservazione dei manufatti metallici, per gli studi di provenienza del metallo e per la determinazione di eventuali materiali organici mineralizzati nelle patine stesse come fibre di stoffa, legno e cuoio.

88

D. L. Hamilton, Methods of Conserving Archaeological Material from Underwater Sites, Texas University, Texas.

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