Per poter scegliere il miglior intervento chirurgico per il paziente bisogna studiare approfonditamente la regione di gomito. L’esame standard è la radiografia, che ci permette di localizzare e riconoscere il tipo di lesione. Se ci troviamo in ambito oncologico sono obbligatorie anche TC e RMN; in questi casi è importante capire se la neoplasia si è estesa lungo il canale midollare e/o nello spazio sub periostale (triangolo di Codman), poiché la linea di resezione deve stare almeno 1cm al di sopra del canale per le lesioni benigne e 3cm per le maligne. Inoltre, le immagini devono contenere l’omero e l’avambraccio in toto per cercare eventuali skip lesions, le quali richiederebbero un aumento dell’osso da sacrificare. Nel caso in cui la malattia si estenda in sede intra-articolare bisogna ricorrere ad una escissione en-bloc di tutto il complesso.
TC e RMN permettono di studiare anche le strutture nobili che devono essere riconosciute e salvaguardate in sede di intervento, come l’a. brachiale, il n. radiale e il n. ulnare. In alcune circostanze infatti questi possono essere già danneggiati, oppure in contatto o addirittura invasi da una neoplasia. Particolare attenzione va posta all’epicondilo mediale dell’omero (in cui si trova la doccia in cui è alloggiato il n. ulnare) e il solco del n. radiale.
Sulla base di questi dati, se l’idea è quella di inserire un innesto o una protesi custom made bisogna completare lo studio con una TC 3D che ci consente di avere una ricostruzione fedele delle strutture ossee e articolari [25]
INSIDIE
Una delle principali complicanze che si verifica a seguito di un intervento ricostruttivo di gomito è quella del danno di una delle strutture nervose che alloggiano in questa regione. Da studi effettuati su pazienti oncologici, la resezione comporta un’incidenza del 17-31% di lesioni nervose [36] (fig.3).
Se la lesione interessa esclusivamente la porzione distale di omero, con necessità di sostituzione esclusivamente di questa zona, per salvaguardare il n. ulnare è consigliata la tecnica del “triceps-sparing” [37], in cui si solleva il tendine del muscolo tricipite dall’olecrano scoprendo e identificando il nervo. Quando però la patologia in essere comporta la resezione di segmenti più prossimali anche il n. radiale è a rischio; a questo punto è preferibile un accesso laterale, con esposizione del gruppo muscolare anteriore e posteriore. Solo quando i nervi sono stati identificati e messi in sicurezza si può procedere con la resezione ossea.
Quando si verificano lesioni nervose in sede operatoria, il trapianto di nervo rimane un’opzione solo in pazienti giovani che non necessitano di chemio/radioterapia; altra possibilità è quella della sutura termino-terminale con anteposizione, soprattutto per il n. ulnare, ma le chance di successo sono scarse.
Nei pazienti oncologici è spesso necessario rimuovere anche le strutture muscolari, come il bicipite, il brachiale anteriore o il tricipite; ciò comporterebbe una completa perdita della capacità di flettere e/o estendere il gomito, perciò si ricorre al trasferimento di un lembo di muscolo gran dorsale per ristabilire il movimento (trasferimento dell’unità motoria). Questo viene fatto soprattutto nei più giovani, con maggiori richieste funzionali, mentre nei più anziani si lascia ai muscoli epicondiloidei il compito di compensare il deficit flessorio e alla forza di gravità quello di estendere il gomito. Un’altra insidia è quella della copertura cutanea completa; ciò è fondamentale da un lato per ridurre il rischio di infezioni post-operatorie, dall’altro per impedire limitazioni funzionali al movimento dati dalla tensione esercitata dai tessuti molli. A questo proposito l’utilizzo del test diagnostico con la luce di Wood per controllare la vitalità della pelle aiuta a prevenire il rischio di necrosi cutanea severa, che complicherebbe l’intervento. Le difficoltà che potrebbero insorgere nella chiusura della ferita chirurgica
andrebbero discusse prima dell’intervento con un chirurgo plastico esperto, prendendo in considerazione la possibilità di praticare lembi di rotazione dall’avambraccio (lembo cinese [38]) o lembi liberi (ad esempio lembo di gran dorsale o dal tensore della fascia lata [39]) al fine di ottenere una buona copertura cutanea.
Per poter effettuare un intervento chirurgico e avere buone probabilità di ottenere un buon risultato finale è indispensabile prendere in attenta considerazione tutti questi punti.
L’ARTRODESI
Per artrodesi si intende l’azione chirurgica atta a trasformare un’articolazione dinamica in una statica; tecnicamente quindi, tale azione può essere vista come una “anchilosi chirurgica”.
In passato l’artrodesi veniva effettuata principalmente su pazienti in cui l’articolazione era stata distrutta da un’infezione sostenuta da Mycobacterium Tubercolosis, agente eziologico della TBC [23]. Oggi invece, grazie anche alla riduzione dell’incidenza di tale infezione, questa strategia ricostruttiva non rappresenta esattamente il gold standard nel trattamento delle gravi lesioni osteo-articolari di gomito, in quanto già dalla definizione si capisce come si venga a perdere completamente la funzione motoria dello stesso; si tratta comunque di una tecnica di salvataggio in condizioni molto complesse laddove le altre tecniche ricostruttive hanno fallito. Le indicazioni chirurgiche per l’artrodesi quindi sono [23]:
- Pseudoartrosi molto dolorosa;
- Pazienti con artrite post-traumatica ma ancora troppo giovani per sottoporsi a artroplastica;
- Lesioni complesse, come fratture comminute intra-articolari dell’estremità distale dell’omero con distruzione articolare oppure in tutti quegli infortuni in cui viene a mancare una grossa componente sia ossea che di tessuto molle; - Osteomielite cronica e sequele settiche di artrite;
- Fallimento del posizionamento di un fissatore interno.
In altre condizioni invece l’artrodesi è controindicata. Innanzitutto è consigliabile avere una completa funzionalità e stabilità della spalla oltre che una buona funzionalità della mano, nonostante la mancata possibilità di movimento del gomito venga compensata prevalentemente dai movimenti spinali e da quelli del polso. Senza questi requisiti l’artrodesi tende ad essere sconsigliata. Le maggiori controindicazioni [23] a questo tipo di intervento sono:
- Estese perdite ossee;
- Eccessive perdite di tessuto molle non ricostruibile.
- Situazioni in cui il necessario abbassamento estensivo dell’arto provochi lesioni sulle strutture neurovascolari.
L’incidenza della fusione delle componenti ossee varia dal 56% al 100% [23]. I risultati in termini di risoluzione del dolore sono ottimali, mentre altrettanto non si può dire della motilità articolare, intrinsecamente limitata nell’operazione. L’artrodesi rappresenta quindi una valida opzione chirurgica in pazienti giovani con lesioni complesse, molto
dolorose e difficilmente trattabili con altre tecniche; d’altro canto, la capacità di utilizzare il gomito risulta irrimediabilmente compromessa.