Abbiamo rivisto in modo retrospettivo 36 pazienti che sono stati sottoposti a intervento di ricostruzione dell’articolazione di gomito mediante l’utilizzo di megaprotesi modulari, effettuati presso l’U.O di Ortopedia Oncologica e Ricostruttiva del CTO di Firenze fra Gennaio 1999 e Dicembre 2015. I pazienti inclusi nello studio presentavano tutti un’estesa perdita ossea del segmento distale dell’omero o del tratto prossimale dell’ulna, tanto che la componente ossea residua non risultava più sufficiente per poter utilizzare una protesi convenzionale. 31 di questi 36 pazienti ha inoltre subito una resezione della massa tumorale prima della ricostruzione articolare (86,1%).
Un totale di 19 pazienti (52,8%) si presentava già metastatico, di cui 17 (47,2%) con uno stato di frattura imminente e 2 (5,6%) già con una frattura patologica. In queste condizioni e con le lesioni così prossime all’articolazione, interventi più conservativi come il curettage o l’osteosintesi cementata non erano possibili. Sempre nel gruppo oncologico 5 pazienti (13,9%) erano affetti da una neoplasia primitiva maligna dell’osso (2 da osteosarcoma (5,5%), 1 osteosarcoma di basso grado, 1 condrosarcoma di grado 2 e 1 fibrosarcoma). Inoltre, vi erano anche 2 plasmocitoma (5,5%), 2 tumori a cellule giganti (5,5%) e 3 sarcomi dei tessuti molli (8,3%) che interessavano l’estremità distale dell’omero.
In questo studio erano presenti anche 5 pazienti non oncologici (13,9%), in cui un precedente intervento ricostruttivo dell’articolazione del gomito era fallito per vari motivi: 4 di essi (11,1%) a causa di una osteosintesi insufficiente o di un allentamento asettico dello stelo di una protesi convenzionale; un paziente affetto da sarcoma di
Ewing invece era stato trattato con l’inserimento di un innesto di perone vascolarizzato, ma il successivo sviluppo di pseudoartrosi a cui è conseguita anche una frattura patologica rese necessaria la revisione con sostituzione totale di omero e con copertura mediata da lembo di grande dorsale.
Età Sede Diagnosi F-up (mesi) MSTS MEPS Ris. Onco
65 Omero distale Metastasi 7 25 83 DOD
71 Omero distale Plasmocitoma 25 28 85 DOD
14 Ulna prossimale TCG 204 26 90 NED
77 Omero distale Metastasi 14 23 75 DOD
61 Omero distale Metastasi 6 24 80 DOD
67 Omero distale TCG 144 30 95 NED
65 Omero distale Metastasi 6 28 85 DOD
73 Omero distale Metastasi 6 10 45 DOD
68 Omero distale Metastasi 3 28 86 DOD
81 Omero distale Metastasi 4 26 88 DOD
57 Omero distale Metastasi 6 30 85 DOD
35 Omero distale Condrosarcoma G2 12 28 87 DOD
59 Omero distale Plasmocitoma 14 27 70 DOD
76 Omero distale Fibrosarcoma 6 25 71 DOD
65 Omero distale Metastasi 5 22 65 DOD
63 Omero distale Metastasi 10 23 67 DOD
58 Omero distale Metastasi 20 27 85 DOD
76 Omero distale Metastasi 14 28 86 DOD
24 Omero distale Osteosarcoma 2 20 70 DOD
70 Omero distale Metastasi 48 25 80 DOD
72 Omero distale Sarcoma tessuti molli 120 28 85 NED
42 Omero distale Fallimento osteosintesi 2 85
71 Omero distale Pseudoartrosi 46 50
70 Omero distale Pseudoartrosi 42 90
29 Omero distale Fallimento osteosintesi 32 95
50 Omero distale Metastasi 26 29 60 AWD
11 Omero distale Osteosarcoma 12 25 82 NED
53 Omero distale Sarcoma tessuti molli 10 14 80 DOD
62 Omero distale Metastasi 3 20 70 DOD
83 Omero distale Metastasi 12 11 52 AWD
65 Omero distale Metastasi 11 22 90 AWD
75 Omero distale Metastasi 5 23 86 AWD
84 Omero totale Sarcoma tessuti molli 2 22 70 DOD
74 Omero totale Metastasi 3 15 80 AWD
48 Omero totale Fallimento ricostruzione 10 8 40 NED
intercalare con perone vasc.
51 Omero distale Osteosarcoma, basso grado 8 28 90 NED
Tab. 1 Caratteristiche dettagliate dei pazienti del nostro studio. TCG=tumore a cellule giganti, F-up=follow-up, DOD=died of disease, AWD=alive with disease, NED=no evidence of disease, MEPS=Mayo elbow performance score, MSTS=muskoleskeletal society tumor score.
Tecnica chirurgica
In tutte le resezioni di gomito è stata utilizzata un via chirurgica d’accesso laterale, ad eccezione del caso della sostituzione totale dell’omero dove è stato necessario allargare in senso prossimale l’incisione con una via deltoideo-pettorale. Il nervo radiale è stato identificato e isolato preventivamente, lungo tutto il suo decorso tra il muscolo brachiale e il brachioradiale. Una volta salvaguardata tale struttura siamo passati alla resezione dell’estremità distale dell’omero o del segmento prossimale dell’ulna, e alla rimozione dei tessuti molli circostanti, prestando massima attenzione all’integrità del nervo ulnare. In 24 casi (66.7%) è stata usata una megaprotesi tipo HMRS (Howmedica International, Limerick, Ireland) mentre in 12 casi (33.3%) è stata utilizzata una protesi Discovery- SRS (Biomet Orthopedics, Warsaw, Indiana, USA). Entrambi gli impianti sono di tipo vincolato con giunto a cerniera. In tre pazienti (8.3%), la sola protesi non era sufficiente a compensare l’estesa perdita ossea, perciò è stato necessario sostituire completamente l’omero per ottimizzare la ricostruzione.
La mobilizzazione passiva del gomito è stata garantita subito dopo l’intervento chirurgico; il programma di fisioterapia in questi pazienti è iniziato una volta avvenuta la completa guarigione della ferita.
Follow up
Tutti i pazienti del nostro studio sono stati poi seguiti clinicamente e radiologicamente, in maniera da poter registrare eventuali complicanze. Fra i pazienti oncologici abbiamo anche studiato la loro sopravvivenza, le possibili metastasi e le recidive locali. Per poter
valutare i risultati funzionali ci siamo avvalsi del Musculoskeletal Tumor Society Score (MSTS) e del Mayo Elbow Performance Score (MEPS) (tabelle n.2-3) [27,64].
Tab.2 Musculoskeletal Society Tumor Score (MSTS); Tab.3 Mayo Elbow Performance Score (MEPS).
RISULTATI
Il follow-up medio con cui sono stati seguiti questi pazienti nel post-intervento è stata di 25 mesi, con un range compreso fra i 2 e i 204 mesi.
Risultati oncologici
All’interno del gruppo oncologico, dei 19 pazienti affetti da metastasi ossee di gomito solo in 5 non hanno mostrato evidenza di malattia al termine del follow up; purtroppo, 14 sono morti a causa della progressione sistemica della neoplasia. Dei 5 casi di tumore primitivo maligno dell’osso, 2 sono risultati ancora vivi al termine del follow up (un osteosarcoma e un osteosarcoma di basso grado), mentre i restanti 3 (un paziente con fibrosarcoma, uno con osteosarcoma e uno con condrosarcoma di alto grado) sono deceduti dopo aver sviluppato metastasi a distanza. Due dei pazienti affetti da sarcoma delle parti molli interessante l’omero distale e il paziente affetto da plasmocitoma sono morti per progressione di malattia dopo 10 mesi.
I due pazienti con diagnosi di tumore a cellule giganti invece non hanno mostrato alcun segno di recidiva locale.
Da questi dati comunque, si capisce come indipendentemente da quella che è la nostra casistica, che si presenta eterogenea e con ampio spettro di istotipi, una neoplasia che si sviluppa nella regione di gomito ha una prognosi piuttosto infausta. Considerando il totale dei pazienti la sopravvivenza a 5 anni è stata del 25,1% (95%CI: 8,8-45,4%) (Fig. 5).
Fig. 5: sopravvivenza generale dei pazienti con neoplasia intorno all’articolazione di gomito.
Risultati funzionali
Il punteggio medio secondo il MEPS è stato di 78.2 (range: 45-95). Il risultato funzionale ottenuto è stato considerato eccellente in 6 pazienti (16.7%), buono in 18 (50%), discreto in 8 (22.2%) e scarso in 4 (11.1%). Non abbiamo riscontrato una differenza significativa al MEPS tra i pazienti oncologici e non oncologici (p=0.366). Il R.O.M. articolare era oltre i 100° in 24 pazienti (66.7%), tra i 50° e i 100° in otto pazienti (22.2%) e meno di 50° in quattro pazienti (11.1%).
I tre pazienti che hanno subito una sostituzione totale dell’omero hanno presentato una scarsa abduzione della spalla: due pazienti riuscivano a compiere un’abduzione attiva di 45°, mentre un paziente non era in grado di abdurla attivamente.
L’MSTS è stato valutato in tutti i 31 pazienti oncologici, nei quali l’articolazione è stata sostituita in seguito alla resezione del tumore. L’MSTS medio è stato di 23.4 (con valori compresi fra 8-30; 76.7% del punteggio massimo possibile). Il miglior risultato funzionale postoperatorio è stato ottenuto dai due pazienti con diagnosi di tumore a cellule giganti, con un punteggio medio di 92.5 punti al MEPS e 27 punti all’MSTS. Al contrario, i pazienti affetti da sarcoma dei tessuti molli hanno ottenuto il peggior risultato, con un MEPS medio di 75 e un MSTS medio di 18.
Complicanze
In questo studio, la principale complicanza si è dimostrata essere la lesione nervosa. Si sono verificate due paralisi del nervo radiale (5,5%) che non si sono mai completamente risolte, mentre una perdita temporanea di funzione si è poi risolta nel corso dei mesi. Da un punto di vista strutturale le protesi impiantate hanno dimostrato di poter sopportare molto bene i carichi applicati, tanto che solo in un caso, a 20 mesi dall’operazione, è stata necessaria la revisione per risolvere il disassemblaggio delle componenti articolari. Il paziente che aveva precedentemente subito un intervento di ricostruzione articolare con sostituzione totale di omero con un innesto di perone vascolarizzato, e che avevamo revisionato con impianto di protesi modulare, ha subito un’infezione profonda 13 mesi dopo l’operazione; la coltura cellulare ha permesso di identificare l’agente patogeno in Pseudomonas Aeruginosa, così si è potuto trattare questa complicanza con un ciclo di antibiotici per via endovenosa e la successiva revisione in due tempi dell’impianto.
Considerato quindi che la revisione si è resa necessaria solo in un caso, possiamo dire che la sopravvivenza della protesi modulare a 5 anni è stata del 93,7% (95%CI: 63,2- 99,1%).
6. DISCUSSIONE
Le gravi perdite osteoarticolari di gomito sono da sempre una grande sfida per il chirurgo. Le protesi convenzionali raramente sono sufficienti a ricostituire l’articolazione a causa della massiccia perdita di tessuto osseo; oltre a questo ci sono le varie insidie nascoste in questi interventi, dai possibili danni alle strutture nervose fino alla mancanza di rivestimento cutaneo.
L’artrodesi di gomito riduce significativamente il dolore, ma la mobilità viene completamente persa [42]; inoltre, nei pazienti oncologici è sconsigliata poiché spesso, essendo necessaria la chemioterapia e/o la radioterapia adiuvante, questo ritarda la fusione fra i due segmenti ossei favorendo la comparsa di fratture.
Le megaprotesi sembrano mostrare dei risultati molto incoraggianti, nonostante ancora non esistano molte casistiche in letteratura [26, 43-45, 65-68]. La più ampia è quella riportata da Funovics, in cui sono stati studiati i risultati ottenuti da pazienti oncologici e non oncologici; in questi soggetti l’MSTS medio è stato del 78%, con un R.O.M di circa 100° [26]. Altra casistica importante è quella fornita da Tang, in cui 25 pazienti sono stati trattati con protesi su misura con buoni risultati funzionali e oncologici (MEPS: 82%, MSTS 79,7%) [43]. Hanna ha valutato 18 pazienti con tumori primitivi e metastasi, ottenendo responsi positivi in termini di mobilità e di risoluzione del dolore, oltreché di outcome (MSTS 76%), con protesi custom made [44]. Kulkarni, nei suoi 10 pazienti con protesi su misura ha ottenuto gli stessi risultati [65]. Casadei, sulla base dei dati dell’istituto Rizzoli, ha osservato un MSTS e un MEPS eccellente o buono in 16 pazienti su 25 [45].
Nella nostra casistica abbiamo ottenuto un MEPS medio del 78,2% e un MSTS medio di 23,4 (il 76,7% del punteggio massimo ottenibile), dati comparabili a quelli visti in
letteratura. Il peggior outcome post-operatorio è stato riscontrato nei due pazienti con sarcoma dei tessuti molli, che si spiega col fatto che la componente muscolare peri- articolare è stata resecata al fine di ottenere dei margini adeguati. I dati migliori invece li abbiamo ottenuti nei due casi di TCG, con risultati abbondantemente sopra la media (MEPS medio 92,5%, MSTS medio di 28, il 93,3% del massimo ottenibile). Questo può essere spiegato con la natura solo localmente aggressiva della lesione, che ha permesso una escissione completa con margini liberi da malattia.
Inoltre, in 32 dei 36 pazienti studiati la mobilità si è avvicinata o ha addirittura superato i 100° di R.O.M (88,9%). Questo dato è molto importante, poiché indica come questa ricostruzione permetta di ristabilire un funzionalità di gomito sufficiente a svolgere le basilari attività quotidiane [4].
Questo studio ha diversi limiti. In primo luogo, nonostante sia la più ampia casistica a nostra disposizione, il campione analizzato è ancora esiguo per poter avere una valenza statistica importante. Inoltre, esso è estremamente eterogeneo, contenendo pazienti con indicazioni all’intervento che sono spesso diverse fra loro. Un’altra cosa importante da considerare è che buona parte di questi soggetti sono affetti da metastasi, con bassa aspettativa di vita, il che ha causato diversi decessi che hanno impedito un ampio follow-up. Infine, lo studio è retrospettivo, non in cieco, cosa che può provocare potenziali bias.
Gli interventi ricostruttivi con megaprotesi non sono tuttavia privi di complicanze. Henderson nel 2011 ha proposto un metodo per la loro classificazione in pazienti oncologici (vedi fig.6) [46]. Nel nostro studio ne abbiamo osservate 4 di tipo 1 (tutti danni a strutture nervose, di cui uno solo temporaneo), 1 di tipo 3 e 1 di tipo 4. Contrariamente alla letteratura da noi presa in analisi, non si sono verificate né complicanze di tipo 2 (allentamenti dello stelo) né di tipo 5 (recidiva locale); le prime
sono risultate alcune delle più frequenti con un’incidenza del 11,1%, insieme alle paralisi da danno alle strutture nervose (11,7%, sovrapponibile ai dati del nostro studio). Una spiegazione alla mancanza di complicanze di tipo 2 e 5 potrebbe essere nella cospicua presenza di pazienti metastatici la cui aspettativa di vita ridotta non ha dato tempo a queste lesioni di realizzarsi.
Un’altra lieve differenza con i lavori che abbiamo analizzato dalla letteratura riguarda l’incidenza delle infezioni profonde. Nel nostro studio, esse si sono presentate nel 2,8% dei casi, contro il 7,8% riscontrato nei vari studi. Inoltre, si sono verificate anche alcune infezioni più superficiali, trattabili con terapia antibiotica conservativa, mentre questa complicanza non è stata osservata nei nostri pazienti.
Se si valutano solo ed esclusivamente le complicanze dei pazienti oncologici utilizzando la classificazione di Henderson, possiamo vedere come analogamente al nostro studio le più frequenti sono quelle di tipo 1 (13%), seguite da quelle di tipo 5 (recidiva locale e/o progressione di malattia, 9,9%) e dalle tipo 2 (9,2%).
Un quadro più dettagliato è esposto nelle tabelle 4, 7 e 8.
Abbiamo voluto poi confrontare i dati in nostro possesso riguardo alla ricostruzione con megaprotesi con quelli presenti in letteratura inerenti lo stesso tipo di ricostruzione ma utilizzando gli innesti osteoarticolari e le protesi composite. Gli innesti osteoarticolari, così come le megaprotesi, garantiscono un buon recupero della funzionalità di gomito. In letteratura non troviamo casistiche molto ampie: Kharrazi ha osservato dei risultati soddisfacenti, con un R.O.M di 88° (flessione 115°, estensione 27°) e un A.R.M di 133° (76° di supinazione, 57° di pronazione) in 19 pazienti, di cui ben 18 neoplastici [47]. Di questi 19 soggetti, 16 hanno subito un intervento di innesto emiarticolare dell’estremo distale di omero, mentre 3 un innesto osteoarticolare totale; proprio in questi ultimi si sono ottenuti i risultati peggiori, con alto tasso di fallimenti (75%). Ehsan invece ha analizzato i risultati ottenuti in 8 pazienti trattati con innesto osteoarticolare a seguito di traumi e ha riscontrato un MEPS dell’81%, con R.O.M di 102° e A.R.M di 100° [48]. Questo tipo di intervento presenta però un tasso di complicanze molto più elevato rispetto alle megaprotesi. Kharrazi ne ha riscontrate in ben 9 pazienti, e 3 di questi (15,8%) hanno richiesto la rimozione dell’innesto; Ehsan ha cercato di ridurre l’incidenza di quest’ultime utilizzando il BMP-2 (Bone Morphogenetic Protein II), una sostanza in grado di favorire il consolidamento dell’innesto con l’osso del paziente, e ricostruendo i legamenti collaterali sfruttando un trapianto di tendine del muscolo gracile; nonostante ciò in 2 pazienti si è registrato un eccessivo riassorbimento del trapianto esitato in mobilizzazione e instabilità, mentre in un altro caso un paziente ha evidenziato una pseudoartrosi non responsiva a terapia con ultrasuoni. La stabilità è risultata essere maggiore nei 6 soggetti su 8 in cui si è sostituita anche la testa del radio. Negli studi presi dalla letteratura da noi analizzati, prendendo in esame un campione comprensivo di 79 pazienti [47-56], in ben 54 casi si sono riscontrate delle complicanze (68,4%). Fra queste, le più frequenti risultano l’instabilità (24%) e le pseudoartrosi
(19%); la paralisi successiva a danno nervoso, una delle principali insidie degli interventi ricostruttivi, si realizza nell’8,8% dei casi, così come le infezioni (8,8%). Tali dati sono visibili in tab. 5.
Le protesi composite hanno la capacità di coniugare la stabilità articolare dell’impianto protesico con l’ottima mobilità conseguente alla salvaguardia delle strutture tendinee e legamentose preservandone l’inserzione. Questo permette a tali impianti di essere usati in casi molto complessi, come ad esempio gli interventi di revisione. Amirfeyz in un campione di 10 pazienti con gravi difetti ossei, già ripetutamente operati con vari tipi di interventi ricostruttivi, ha osservato un MEPS del 74% [57]. Morrey [58] ha revisionato 25 persone con questa tecnica, ottenendo un MEPS medio dell’84%. Aponte-Tinao invece ha usufruito di questi strumenti per operare in prima istanza 7 soggetti neoplastici, osservando in essi un MEPS dell’80% e un MSTS di 24 [59]. Complessivamente nella letteratura da noi presa in considerazione si annoverano 89 pazienti trattati con protesi composite [57-63], con un tasso di complicanze di circa il 50,6%, tra cui spiccano i riassorbimenti dell’osso trapiantato (13,5%), le infezioni (12,4%) e le pseudoartrosi (11,2%); le paralisi invece sono meno frequenti (4,5%). Amirfeyz nel tentativo di ridurre l’incidenza di contaminazione dell’impianto ha sottoposto i suoi pazienti a esami ematochimici e a colture batteriche pre-operatorie; in seguito ha effettuato un intervento in due tempi, in cui nel primo ha rimosso ogni porzione di tessuto necrotico e prelevato almeno 5 campioni da analizzare in laboratorio, prima di lavare la regione con Clorexidina e di utilizzare del cemento con Gentamicina. Nonostante queste accortezze, in un paziente si è sviluppata un’infezione profonda che ha reso necessaria la rimozione dell’impianto [57]. Lo stesso Morrey ha effettuato una revisione in due tempi di precedenti interventi di artroplastica, applicando il medesimo protocollo contro la contaminazione dei tessuti, ma nonostante questo le
infezioni hanno complicato gli impianti di 3 pazienti (12%); questa condizione ha portato inevitabilmente ad una resezione dell’impianto. I dati sono rappresentati in tab. 6.
Se confrontiamo questi dati riguardanti gli innesti osteoarticolari e le protesi composite con il nostro studio e con la letteratura da noi analizzata riguardante le megaprotesi, vediamo che nei primi due tipi di intervento l’incidenza delle complicanze è estremamente più alta (rispettivamente il 68,4% e il 50,6% contro il 33,8%). Le megaprotesi si sono rivelate più sicure per quanto riguarda le infezioni, con un’incidenza del 6,9% contro l’8,8% degli innesti osteoarticolari e il 12,4% delle protesi composite. In queste ultime invece l’incidenza dei danni alle strutture nervose è risultata la più bassa, il 4,5% contro l’11,6% nei megaimpianti e l’8,8% nei trapianti ossei (vedi tabella 9). Nelle megaprotesi non può verificarsi la pseudoartrosi, che invece spesso complica le altre ricostruzioni (19% degli innesti, 11,2% delle protesi composite). I risultati funzionali invece sono sostanzialmente sovrapponibili, con buon controllo del dolore e R.O.M e A.R.M sufficienti a svolgere le normali attività quotidiane.