• Non ci sono risultati.

INDIVIDUAL VERSUS ORGANIZATION 148

4. LE TENSIONI PRINCIPALI DELL’APPROCCIO

4.2 INDIVIDUAL VERSUS ORGANIZATION 148

Gli studi sull’ambidestrità propongono solitamente dei meccanismi organizzativi che consentono alle imprese di svolgere contemporaneamente attività di exploration e di exploitation. Di conseguenza una business unit può diventare ambidestra creando due funzioni incentrate su due obbiettivi distinti. Uno stabilimento manifatturiero ad esempio può diventare ambidestro creando due team diversi, uno incaricato dell’exploration e l’altro dell’exploitation, e un singolo team può diventare ambidestro dando ruoli diversi a ciascun individuo. In poche parole, ricerche recenti suggeriscono l’utilizzo di meccanismi strutturali in grado di sviluppare l’ambidestrità poiché gli individui solitamente svolgono o attività di exploration o di exploitation. È necessario, infatti, che solo alcune persone poste ai vertici organizzativi, agiscano ambidestramente integrando attività di esplorazione e sfruttamento. La dimensione individuale dell’ambidestrità non va oltre quest’affermazione.

Alcuni studi sull’ambidestrità contestuale tuttavia, ne descrivono le caratteristiche culturali e non strutturali. Gibson e Birkinshaw (2004), ad esempio, studiano il contesto di una business unit che permette ai dipendenti di condurre sia attività di exploration sia attività di exploitation. Rispetto agli studi precenti, secondo questi autori l’ambidestrità è l’abilità individuale di esplorare e sfruttare. Allo stesso modo, secondo Mom e altri autori (2007), i manager sono individui che raggiungono simultaneamente alti livelli di exploration e alti livelli di exploitation e rappresentano fonti importanti per l’ambidestrità organizzativa.

La possibilità che gli individui possano simultaneamente svolgere compiti sia exploitative che explorative crea numerose sfide cui dedicare attenzione. I manager ambidestri devono gestire contraddizioni e obbiettivi in conflitto, impegnarsi a pensare per paradossi e ricoprire molteplici ruoli. Gli individui che svolgono attività creative o esplorative possono differire anche a livello personale da quelli che si occupano dell’implementazione o dello sfruttamento. Gupta (2006) sostiene che eccellere in entrambe le attività è davvero un obbiettivo di difficile attuazione.

Che cosa rende un individuo ambidestro?

Come abbiamo visto, Mom e altri autori (2007) affermano che maggiore è il numero di flussi cognitivi top-down e bottom-up, più alti saranno i livelli delle attività di esplorazione e sfruttamento che il vertice può intraprendere. Diversi autori affermano che i manager ambidestri hanno sia un orientamento di breve periodo sia di lungo periodo. Ciò che non è spiegato tuttavia, è il motivo per cui essi possiedono tale caratteristica. Rispondere a questa domanda significa, come nel caso degli studi sull’imprenditorialità, esplorare le caratteristiche personali di questi individui. Come abbiamo visto, Cohen e Levinthal (1990) affermano che gli individui necessitano di una conoscenza anteriore per assimilare e utilizzare la nuova conoscenza e coloro che possiedono questo tipo di conoscenza sono più preparati a svolgere sia i compiti dell’exploitation sia quelli dell’exploration.

Oltre alle caratteristiche personali anche quelle organizzative influenzano l’abilità individuale di agire in modo ambidestro. Gibson e Birkinshaw (2004) presentano dei contesti che permettono ai manager di dividere il loro tempo tra attività di “alignment” e “adaptability”. Lubatkin e altri autori (2006) notano che l’integrazione comportamentale del TMT aiuta a gestire le contraddizioni. I “contigency rewards” del senior team (Jansen, 2008), prevedendo che la remunerazione dei manager sia collegata alle performance dell’intera squadra, aiutano i vertici a gestire meglio le tensioni che emergono nelle organizzazioni ambidestre.

Tutto questo per dire che i fattori organizzativi incidono quanto quelli personali nella spiegazione dell’ambidestrità individuale e devono essere interrelati tra loro. Badiamo però che l’ambidestrità organizzativa è diversa dalla somma dell’ambidestrità personale degli individui che vi operano. Come affermano Tushman e O’Reilly (1996) solo un piccolo numero di manager ambidestri è in grado di integrare gli esiti dell’attività di esplorazione e sfruttamento generati in luoghi diversi dell’impresa da membri che sono focalizzati o sull’exploration e sull’exploitation. L’ambidestrità deriva, infatti, da effetti organizzativi e individuali insieme.

Tushman e gli altri autori affermano in definitiva che: in primo luogo i manager possono dimostrare una certa ambidestrità individuale quando s’impegnano sia in attività di esplorazione sia in attività di sfruttamento. In secondo luogo, il grado ambidestrità dei manager varia da contesto a contesto. Da ultimo l’ambidestrità organizzativa è influenzata ma non limitata alla somma dell’ambidestrità personale dei suoi membri.

Un contributo che secondo Tushman e altri autori (2009) ben si presta a descrivere questa tensione è quello di Mom, Van Den Bosh e Volderba (2009). Questi ultimi affermano che i manager ambidestri possiedono caratteristiche ben precise e devono affrontare contemporaneamente tre sfide: gestire contraddizioni, svolgere più compiti contemporaneamente, raffinare e innovare le loro conoscenze e la loro expertise.

In primo luogo quindi i manager devono sviluppare opportunità che sono in contraddizione tra loro, devono trattare il conflitto e imparare a ragionare per paradossi. In secondo luogo essi, essendo dotati di conoscenze trasversali, ricoprono ruoli molteplici, conducono sia attività di routine che non, e prevaricano il confine del loro lavoro, sviluppando azioni creative. Da ultimo, i manager dovrebbero saper acquisire sia conoscenze esplicite sia tacite e si impegnano in una ricerca che va anche al di là dei confini organizzativi.

Oltre alle caratteristiche suddette, gli autori indagano la relazione che esiste tra l’ambidestrità dei manager e due meccanismi di coordinazione denominati rispettivamente coordinazione formale e coordinazione personale.

I meccanismi di coordinazione formali sono quelli più importanti nella gestione delle attività. Per descriverli Mom, Van Den Bosh e Volderba, si avvalgono di due variabili rispettivamente denominate, “Decision-making authority” e “Formalization”. La prima riguarda il grado con cui il manager prende delle decisioni in modo autonomo. La seconda si riferisce al grado in cui le regole e il codice organizzativo descrivono i compiti dei manager. Un leader con ampia autorità decisionale gestisce in modo migliore i compiti che gli sono stati affidati. Ciò gli consente di riconoscere opportunità diverse e di rispondere a bisogni differenti. Aumentando la formalizzazione dei compiti dei manager invece, aumenta la possibilità che questi ultimi divengano meno sensibili agli

stimoli che non sono monitorati da sistemi di controllo formali. Perciò maggiore è il livello di formalizzazione, minori saranno le opportunità che i manager vorranno sviluppare. Inoltre i manager ambidestri necessitano di unire i loro sforzi con quelli di tutti gli altri membri dell’organizzazione. Tuttavia, aumentando il grado di formalizzazione dei loro compiti, essi potrebbero provare un senso di isolamento dovuto alla mancata percezione della connessione tra i loro sforzi e quelli degli altri membri. Da ultimo, i manager, costretti a specializzarsi in una determinata area, non riescono ad allargare il loro pool di competenze. Per questi motivi l’eccessiva formalizzazione è negativamente associata all’ambidestrità.

Accanto ai meccanismi d’integrazione formale vi sono quelli di cooperazione personale. Questi ultimi comprendono tutte le relazioni che s’instaurano tra gli individui all’interno dell’organizzazione. Per comprenderne l’effetto, gli autori verificano la partecipazione dei manager alle interfacce cognitive e il numero di relazioni personali che permette loro di connettersi al resto dell’organizzazione (“connectedeness”).

L’intervento dei manager sulle interfacce consente loro di cooperare con i colleghi di altre funzioni, unità o livelli gerarchici e di prendere in considerazione nuove prospettive, valori e opportunità. Le interfacce sono un ottimo mezzo di scambio per la conoscenza perciò, quando i manager cooperano, imparano l’uno dall’altro aumentando la loro expertise personale. Le interfacce cognitive, come abbiamo visto nel contributo di Cohen e Levinthal (1990) rappresentano uno strumento fondamentale per l’ambidestrità. La connettività si riferisce invece alla dimensione personale del network dei manager. Maggiore è la grandezza della rete di contatti personali, maggiore sarà la possibilità di acquisire conoscenze utili sia alle attività di exploration sia a quelle di exploitation.

Insieme, questi quattro meccanismi d’integrazione favoriscono lo sviluppo dell’ambidestrità individuale. Sebbene sia molto difficile per un individuo eccellere sia nelle attività di exploration sia in quelle di exploitation, tale sfida non è insormontabile. Perciò a parere di Mom, Van Den Bosh e Volderba (2009, p.823), esplorazione e sfruttamento non possono essere rappresentate

come i due estremi di un continuum semmai come due rette ortogonali (Gupta, 2006).