5. MORELLATO: IL CASO DI UNA PM
5.2 LA LOGICA OPEN INNOVATION DEL GRUPPO 179
Come abbiamo più volte sottolineato nei precedenti paragrafi, l’innovazione non rappresenta solo un fatto tecnologico ma di sistema. L’invenzione ultima che un’impresa porta alla luce è frutto di un mix di conoscenze, istruzioni, idee provenienti da tutto il tessuto organizzativo e inoltre la sua diffusione prevede l’attivazione di diversi attori del sistema tra cui clienti, distributori, fornitori, soggetti pubblici, governi stranieri e così via. Con il termine Open Innovation si vuole riconoscere che l’innovazione è un fatto di sistema, aperta cioè alla compartecipazione di tutti gli attori.
L’abilità di intessere relazioni utili allo sviluppo delle competenze quindi non basta, è necessario sapere come sfruttare tali opportunità e creare le giuste innovazioni. Avvalendosi delle relazioni di cui abbiamo parlato in precedenza, possiamo affermare che Morellato ha realizzato principalmente quattro tipi d’innovazione che hanno sancito il suo successo.
Prima fra tutte, ha realizzato un’innovazione di prodotto: il gioiello easy to wear. Quest’ultimo non solo si è posizionato su uno spazio di mercato ancora inesplorato ma ha attratto a se anche coloro che Kim e Mauborgne (2005) chiamerebbero “ i non-clienti”. L’idea del gioiello nasce anche nel momento giusto e cioè quando nei mercati si afferma un nuovo concetto di lusso, il lusso accessibile. Non si comprano più i prodotti per la loro qualità o per il design che li contraddistinguono ma per i significati e le emozioni che quegli oggetti sono in grado di creare. Questa nuova categoria di lusso differisce da quella del lusso tradizionale poiché in primo luogo si amplia notevolmente il numero delle categorie di prodotti e servizi coinvolte: come si è detto, i beni del nuovo lusso sono basati sulle emozioni che riescono a trasmettere, sulla capacità di diffondere uno stile. In secondo luogo lussuoso non significa più costoso, ma soprattutto eccellente (Cappellari, 2008). I gioielli in passato erano prodotti di lusso perché fatti con costosissimi materiali preziosi, oggi grazie all’idea di Morellato, non è più così. Come sostiene con un’efficace espressione l’amministratore delegato dell’azienda, Massimo Carraro, Morellato ha
dematerializzato il gioiello trasformandolo in una “protesi emotiva”. (Cappellari, Carraro, Grandinetti, 2007).
Il secondo tipo d’innovazione realizzato dal gruppo in collaborazione con Silmar è un’innovazione di processo: l’oro molecolare. Quest’ultimo è ottenibile mediante la distribuzione all’interno di una lega di una quantità di molecole d’oro che consentono al gioiello di avere la stessa lucentezza che avrebbe se fosse realizzato esclusivamente in oro. Senza le conoscenze e competenze di Silmar, la società Molecole e l’omonimo marchio non sarebbero venuti in essere così come tutti quei prodotti di maggior prestigio della gamma Morellato.
Il terzo tipo d’innovazione è organizzativo e riguarda quelle alleanze strategiche, partnership e joint venture che il gruppo padovano ha saputo creare e valorizzare. L’insieme intero di relazioni intrattenute nella rete del valore è fonte d’informazioni e conoscenze e alimenta processi di apprendimento congiunto con riflessi positivi sullo sviluppo delle competenze aziendali (Cappellari, Grandinetti, 2009). Particolare ruolo hanno inoltre quelle competenze d’interfaccia il cui compito è quello di ricercare, selezionare e gestire i soggetti esterni con le conoscenze più adeguate, siano essi fornitori, dettaglianti, stilisti, designer. La capacità di creare e gestire delle relazioni con diversi attori all’interno del network è una caratteristica distintiva che Morellato ha saputo sviluppare nel tempo, creandosi nel tempo una posizione difficilmente imitabile.
Quarta e ultima innovazione su cui poniamo la nostra attenzione è quella di
marketing. In primo luogo è doveroso affermare che Morellato sta investendo
ormai da tempo milioni di euro per la realizzazione delle sue campagne di comunicazione, a volte con testimonial tanto celebri quanto costose. Nel 2011 ha siglato un rapporto di collaborazione quadriennale con Jade Jagger (figlia del celebre cantante Mick Jagger) per disegnare una linea di gioielli che riprende le creature del mare. Oltre che una new entry tra le fila dei designer che lavorano per Morellato, questa collaborazione sembra essere anche un’ottima trovata pubblicitaria.
In secondo luogo, tra le strategie di marketing rientra soprattutto quella di penetrazione del mercato cinese. Con una domanda interna vivace e in rapida crescita, il popolo asiatico sembra vivere ora una fase particolarmente consumistica che ha arricchito le tasche delle molte imprese che hanno deciso di commercializzare i loro prodotti laggiù.
Grazie al notevole rafforzamento del marchio specialmente negli ultimi anni, le vendite nei mercati dell’estremo oriente stanno aumentando considerevolmente. In un articolo recente, l’amministratore delegato ha dichiarato che entro il 2012 saranno aperti in totale ottanta negozi in Cina tutti a gestione diretta tranne una ventina che saranno invece in franchising e che tra il 2012 e il 2013 solo sul mercato cinese il gruppo investirà 10 milioni di Euro. In India invece l’obiettivo è quello di aprire 50 punti vendita entro il 2012 oltre a quelli già inaugurati a Nuova Delhi e Mumbay. Ambizioso quindi il piano d’internazionalizzazione nei mercati orientali che a oggi rappresenta una delle variabili chiave della strategia di marketing di Morellato.
Tutte e quattro le innovazioni che sono state presentate nascono certamente dal presidio delle core competences interne al gruppo ma queste ultime costituiscono la base che si alimenta mediante la combinazione delle conoscenze e competenze che sono presenti nella rete cognitiva di cui Morellato fa parte. La capacità di creare una rete di relazioni strategiche permette alle imprese di presidiare conoscenze cruciali per l’innovazione e, spesso, complementari rispetto alle core competences possedute (Volpato, 2007, p. 214).
Adottando la logica Open Innovation, Morellato ha introdotto prodotti sempre più complessi, non solo per l’impiego dei materiali che li compongono ma anche per tutto l’universo di significati e simboli che il gruppo ha saputo costruirvi intorno mediante gli importantissimi investimenti fatti in comunicazione. I prodotti risultano essere una combinazione delle attività svolte dai diversi attori nella rete del valore. Collaborare stimola molto il confronto da cui nasce poi l’innovazione. Contaminare il proprio business con idee esterne, favorisce lo sviluppo della creatività: i designer di Morellato provengono per la maggior parte da realtà diverse dal gruppo, in tal modo
possono apportare sempre idee fresche e innovative. Inoltre la collaborazione con attori esterni porta le imprese a superare la sindrome del “not invented here” di cui abbiamo discusso nella seconda parte di questa trattazione. Mediante i contratti di franchising, gli accordi strategici o le joint venture realizzate da Morellato, le innovazioni introdotte possono essere valorizzate e sfruttate in altri molti modi originali. Dall’utilizzo e dalla ricombinazione della conoscenza, infatti, emergono nuove abilità e competenze che possono tornare utili allo sviluppo del modello di business.
Soprattutto in Italia accade spesso che le piccole-medie imprese siano in possesso d’idee e competenze originali ma che non possano essere adeguatamente sfruttate e sviluppate a causa dei limiti dimensionali e di conseguenza finanziari. Con la logica della rete e dell’Open Innovation oggi non è più così poiché entrambe consentono alle imprese di esplorare e sfruttare idee provenienti dai rapporti di relazione esterni.
In merito a tale questione Bordignon e Mantovani affermano: la possibilità per un’impresa di aumentare la capacità di creazione e sfruttamento di nuove idee e conoscenze (attraverso collaborazioni di filiera, alleanze con imprese, una maggior apertura verso conoscenze e idee esterne), le spinte della globalizzazione, la crescente maturità del consumatore e il progresso tecnologico fanno emergere come l’adozione di logiche collaborative e lo sviluppo di modelli Open Innovation costituiscano non solo una ricca fonte di opportunità, ma anche una necessità sempre più stringente: fare affidamento sulle sole risorse interne diventa per la singola azienda sempre meno conveniente e sostenibile. (Bordignon, Mantovani, 2009).